Category: Svizzera


Regia di Michael Haneke. Un film con Arno Frisch, Angela Winkler, Ulrich Mühe, Ingrid Stassner, Stephanie Brehme. Titolo originale: Benny’s Video. Genere: Drammatico, Thriller psicologico. Paese: Austria, Svizzera. Anno: 1992. Durata: 105 min. Consigliato a: Da 18 anni. Valutazione IMDb: 7,2 (valore stimato, Metacritic 60/100).

Benny è un adolescente benestante e solitario di Vienna, la cui vita è ossessionata dalla videocamera e dalle immagini che vede sui vari schermi, al punto da confondere sempre più il confine tra la realtà e la sua rappresentazione mediata. La sua stanza è un laboratorio di riprese amatoriali e filmati noleggiati. Un fine settimana, con i genitori assenti, Benny porta a casa una ragazza sconosciuta e compie un atto di violenza inaudita, riprendendolo con la sua videocamera, proprio come aveva precedentemente filmato in modo ossessivo l’uccisione di un maiale in un mattatoio. Al loro ritorno, i genitori scoprono il video e l’orrore, e invece di affrontare la realtà, decidono di coprire il crimine, dando il via a una glaciale spirale di complicità familiare.

Questo film è la seconda parte della “Trilogia della glaciazione” di Michael Haneke e si concentra sui temi dell’alienazione borghese, dell’assuefazione alla violenza mediata e della totale incapacità di comunicazione emotiva. Haneke utilizza una regia distaccata, fredda e minimalista, spesso attraverso piani sequenza statici e l’uso dello schermo del video come filtro della realtà, forzando lo spettatore a confrontarsi con l’atto violento in un anti-spettacolo crudele e disturbante. Le interpretazioni, in particolare quelle di Arno Frisch e della coppia genitoriale (Ulrich Mühe e Angela Winkler), sono chirurgicamente precise nel rendere la passività emotiva e la vacuità morale dei personaggi. È un capolavoro del cinema d’autore europeo per la sua spietata lucidità nell’analizzare la patologia sociale contemporanea e la corrosione etica della famiglia, un film essenziale che critica apertamente l’impatto anestetizzante dei media sulla percezione della realtà e della morte.

Risultati immagini per Das Fräulein

Regia di Andrea Štaka. Un film con Mirjana Karanović, Marija Škaričić, Ljubica Jović, Andrea Zogg, Pablo Aguilar. Titolo originale: Das Fräulein. Genere: Drammatico. Paese: Svizzera, Germania. Anno: 2006. Durata: 81 min. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 7.2.

Il film è ambientato a Zurigo e ruota attorno a Ruža, una donna serba cinquantenne che ha lasciato il suo Paese d’origine venticinque anni prima e gestisce con rigore una mensa aziendale, conducendo un’esistenza estremamente metodica e priva di gioie. La sua routine, condivisa con l’anziana e più affabile dipendente Mila, croata che sogna di tornare a casa, viene sconvolta dall’arrivo di Ana, una giovane bosniaca impulsiva e piena di vita, fuggita da Sarajevo. Nonostante Ruža sia inizialmente infastidita dall’esuberanza della nuova arrivata, l’incontro tra le tre donne, tutte legate da un passato nei Balcani e dall’esperienza dell’emigrazione, innesca un lento e inatteso processo di confronto con le loro scelte di vita e con i traumi mai risolti.

Vincitore del Pardo d’oro al Festival di Locarno, questo film è un’opera di grande sensibilità che esplora con delicatezza le dinamiche dell’esilio, dell’identità e della solitudine. La regista Andrea Štaka, di origine bosniaca e croata, utilizza il microcosmo della mensa e la fredda ambientazione svizzera per mettere in luce il contrasto tra l’ordine esteriore e il caos emotivo interiore dei personaggi. La forza del film risiede nelle eccezionali interpretazioni delle tre protagoniste, in particolare Mirjana Karanović, che riescono a trasmettere un profondo senso di malinconia e resilienza. La regia predilige un approccio quasi documentaristico, con una fotografia sobria e un ritmo meditato, che enfatizzano i silenzi e gli sguardi. È un dramma maturo e autentico che, pur trattando temi universali, offre una prospettiva intima e culturalmente significativa sulle conseguenze della guerra e della migrazione sull’animo femminile.

Regia di Michelangelo Frammartino. Un film con Giuseppe Fuda, Bruno Timpano, Nazareno Timpano, Artemio Vellone. Titolo originale: Le quattro volte. Genere: Drammatico, Documentario, Sperimentale. Paese: Italia, Germania, Svizzera. Anno: 2010. Durata: 88 min. Consigliato a: Per amanti del cinema d’autore e d’osservazione. Valutazione IMDb: 7.7.

Il film è ambientato in un antico e isolato paese in Calabria, dove il tempo sembra seguire i ritmi della natura. Non c’è una trama tradizionale, ma un’osservazione del ciclo della vita attraverso la teoria pitagorica delle “quattro volte” (umano, animale, vegetale e minerale). La narrazione segue, senza dialoghi, gli ultimi giorni di un anziano pastore malato, per poi passare all’osservazione di un capretto appena nato, di un albero di abete e, infine, della trasformazione dell’albero in carbone. La vera protagonista è l’anima che migra e si trasforma, mostrando l’interconnessione tra tutti gli elementi del mondo.

L’opera è un audace e lirico poema visivo sul ciclo eterno di morte e rinascita, un’indagine etnografica e filosofica sulla vita rurale e le sue tradizioni dimenticate. La regia di Michelangelo Frammartino è rigorosa e meditativa, caratterizzata da lunghi piani sequenza e un uso sapiente del suono in presa diretta, che amplifica la presenza del mondo naturale. L’assenza quasi totale di dialoghi e l’impiego di attori non professionisti contribuiscono a una purezza d’osservazione che sfiora il cinema-verità. L’innovazione stilistica risiede nell’aver tradotto un concetto filosofico (la metempsicosi) in un’esperienza cinematografica trascendente e concretamente radicata nel paesaggio. Il film ha avuto un notevole impatto nel circuito del cinema d’autore internazionale, ottenendo riconoscimenti in festival prestigiosi e venendo lodato come un’opera di rara bellezza e profonda originalità nel panorama italiano.

Risultati immagini per Jonas che avrà vent'anni nel 2000

Regia di Alain Tanner. Un film con Jean-Luc Bideau, Myriam Boyer, Roger Jendly, Dominique Labourier, Myriam Mézières. Titolo originale: Jonas qui aura 25 ans en l’an 2000. Genere: Commedia, Drammatico. Paese: Svizzera, Francia. Anno: 1976. Durata: 110 min. Consigliato a: Da 14 anni. Valutazione IMDb: 7.7.

Ambientato nella Ginevra di metà anni Settanta, il film intreccia le vite di otto personaggi, tutti con nomi che iniziano per “Ma”, le cui esistenze sono state segnate e, in parte, deluse dalle speranze rivoluzionarie del Maggio ’68. Tra un ex professore di storia, una cassiera ribelle, un orticoltore eremita e un tipografo sindacalista disoccupato, si sviluppa una micro-comunità in una fattoria di campagna. Il filo conduttore è la loro ricerca di un modo di vivere più autentico e la speranza riposta in Jonas, il bambino che nascerà e che nel 2000 avrà venticinque anni, simboleggiando il futuro.

L’opera di Alain Tanner si configura come un acuto affresco sociale e politico che analizza il tema del “riflusso” post-sessantottino, ovvero la ritirata dagli ideali di cambiamento radicale verso un ripiegamento sul privato e sulla ricerca di un’utopia limitata. La regia è caratterizzata da un tono leggero, quasi da commedia filosofica, e da uno stile naturalistico arricchito da inserti surreali e da una narrazione corale che omaggia il cinema di Renoir. Le interpretazioni del cast sono misurate e convincenti, contribuendo a delineare un ritratto complesso di intellettuali e operai alla deriva ideologica. Il film è considerato un’opera chiave del cinema svizzero degli anni Settanta per la sua capacità di catturare lo spirito di un’epoca, ponendo interrogativi sulla possibilità di mantenere vivo lo slancio utopico in un mondo che si avvia al neoliberismo. Il suo impatto risiede nel valore storico come documento della disillusione politica e nella sua qualità di “film-speranza” ancora oggi lucido e attuale.

Regia di Richard Linklater. Un film con Ethan Hawke, Julie Delpy, Andrea Eckert, Hanno Pöschl, Erni Mangold. Titolo originale: Before Sunrise. Genere: Sentimentale, Drammatico, Commedia. Paese: USA, Austria. Anno: 1995. Durata: 101 min. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 8.1.

Su un treno diretto a Vienna, il ventitreenne studente francese Céline e il coetaneo americano Jesse, di ritorno dalle vacanze, si incontrano e danno vita a un’immediata e intensa connessione. Spinto da un’intuizione, Jesse convince Céline a scendere dal treno con lui a Vienna, dove passerà la notte prima del suo volo mattutino. I due giovani trascorrono la notte passeggiando per le affascinanti strade della capitale austriaca, condividendo sogni, paure, opinioni sulla vita, sull’amore e sulla morte, nell’arco di una singola, magica, notte che culminerà con la promessa di un futuro incontro.

Prima dell’Alba è la pellicola che ha dato il via alla trilogia Before e si configura come uno dei più influenti e celebrati film romantici degli anni ’90. L’intera opera è quasi interamente sostenuta dai dialoghi tra i due protagonisti, un tour de force verbale che si svolge in tempo quasi reale e che funge da vera e propria sceneggiatura. Il regista Richard Linklater cattura con una sensibilità unica l’euforia e l’idealismo della gioventù, concentrandosi sul fascino delle occasioni irripetibili e sulla bellezza della connessione intellettuale e spirituale che precede l’intimità fisica. Le interpretazioni di Ethan Hawke e Julie Delpy sono di una naturalezza disarmante, la loro chimica è la vera forza trainante che rende i lunghi scambi conversazionali non solo credibili, ma avvincenti. La scelta di ambientare il film a Vienna, utilizzata come un terzo, silenzioso personaggio, conferisce al racconto un’aura di romanticismo senza tempo, rendendo l’incontro tra Jesse e Céline un evento tanto spontaneo quanto fatale. Il film è un inno all’amore giovanile e al potere delle parole, un classico moderno.

Regia di Erwin C. Dietrich. Un film con Margrit Siegel, Ingrid Steeger, Kathrin Eberle, Raphael Britten. Titolo originale: Die Stewardessen. Genere: Commedia, Erotico. Paese: Svizzera, Germania Ovest. Anno: 1971. Durata: 84 min. Consigliato a: Per un pubblico adulto. Valutazione IMDb: 4.8.

Un gruppo di avvenenti hostess si ritrova a lavorare per una compagnia aerea sgangherata, tra voli improvvisati e situazioni comiche e piccanti. Il film segue le loro avventure tra il lavoro e la vita privata, fatta di flirt, equivoci e relazioni superficiali. La trama, quasi inesistente, è un pretesto per una serie di scenette a sfondo erotico, con dialoghi spesso banali e un’ambientazione che strizza l’occhio al genere della “sexploitation”. L’azione si sposta tra Copenaghen, Roma, Zurigo e Monaco di Baviera, seguendo le variegate esperienze delle protagoniste a terra e in volo.

Il film, firmato dal regista Erwin C. Dietrich con lo pseudonimo di Michael Thomas, si inserisce nel filone della commedia erotica tipica degli anni ’70. La regia è essenzialmente funzionale all’esposizione di situazioni audaci e umoristiche, senza particolari ambizioni artistiche o tecniche. Le interpretazioni del cast sono deboli e superficiali, non riuscendo a dare spessore ai personaggi, che rimangono stereotipi. L’impatto culturale del film è limitato al suo specifico genere di nicchia, non offrendo nulla di memorabile se non come testimonianza di un certo tipo di cinema popolare dell’epoca, basato più sull’erotismo soft e sulla comicità sguaiata che su una narrazione solida o una critica sociale.

Regia di Kit Hung. Un film con Lu Yulai, Bernhard Schütz, Marie-Therese Futterknecht. Titolo originale: 無聲風鈴. Genere: Drammatico, Romantico. Paese: Hong Kong, Svizzera, Cina. Anno: 2009. Durata: 100 min. Consigliato a: Per un pubblico adulto. Valutazione IMDb: 7.3.

Il film segue la storia d’amore tra Ricky, un giovane e introverso ragazzo cinese che si è trasferito a Hong Kong, e Pascal, un ladro svizzero dall’animo vagabondo. La loro relazione, nata in un momento di solitudine e incertezza, è intensa ma segnata da alti e bassi. Attraverso una narrazione che si muove avanti e indietro nel tempo, il film esplora i momenti felici e le difficoltà del loro legame, mostrando come il passato e il presente si intreccino in un doloroso percorso di amore, perdita e memoria.

“Soundless Wind Chime” è un’opera cinematografica intimista e profondamente malinconica, che si distingue per la sua narrazione non lineare e la sua spiccata sensibilità. La regia di Kit Hung utilizza il montaggio per creare una struttura poetica che riflette la natura frammentata dei ricordi e del dolore, tessendo insieme momenti di tenerezza e di profonda angoscia. La fotografia è curata e capace di catturare l’atmosfera multiculturale di Hong Kong e la fredda bellezza della Svizzera. I due protagonisti offrono interpretazioni convincenti e toccanti, capaci di trasmettere la complessità emotiva dei loro personaggi. Il film affronta con delicatezza e onestà i temi della solitudine, dell’identità e della difficoltà delle relazioni interpersonali, offrendo uno sguardo crudo e al tempo stesso romantico su un legame che sfida le convenzioni. Sebbene la sua struttura possa risultare un po’ dispersiva, la forza del film risiede nella sua profonda onestà emotiva, che lo rende un’esperienza toccante e memorabile.

Locandina italiana North Face

Regia di Philipp Stölzl. Un film con Benno Fürmann, Florian Lukas, Johanna Wokalek, Georg Friedrich, Ulrich Tukur. Titolo originale: Nordwand. Genere: Avventura, Drammatico, Storico. Paese: Germania, Austria, Svizzera. Anno: 2008. Durata: 126 min. Consigliato a: Per un pubblico maturo. Valutazione IMDb: 7.3.

Estate 1936. Il film narra la drammatica e veritiera storia di due alpinisti tedeschi, Toni Kurz e Andreas Hinterstoisser, che tentano di scalare l’allora inviolata parete nord del monte Eiger, una delle vette più pericolose delle Alpi. Spinti da un mix di passione sportiva, ambizione personale e dalla pressione della propaganda nazista, che vedrebbe in una vittoria un trionfo della razza ariana, i due si avventurano in un’impresa che attira l’attenzione della stampa internazionale. La loro scalata si trasforma ben presto in una lotta disperata per la sopravvivenza quando le condizioni meteorologiche mutano drasticamente.

Il film si distingue per la sua capacità di immergere lo spettatore nella cruda realtà dell’alpinismo estremo. La regia di Philipp Stölzl sfrutta in maniera eccellente la fotografia e le riprese in alta montagna per trasmettere un senso tangibile di vertigine e pericolo. Le performance del cast, in particolare di Benno Fürmann e Florian Lukas, sono convincenti e restituiscono la determinazione e la fragilità dei protagonisti. L’opera è ben più di un semplice film d’avventura; affronta temi come il coraggio, l’amicizia, la strumentalizzazione politica dello sport e la battaglia dell’uomo contro la natura. Sebbene la narrazione possa soffrire di qualche cliché tipico del genere, la tensione emotiva e il realismo delle scene in parete rendono il film un’esperienza cinematografica intensa e memorabile.

Regia di Paolo Sorrentino. Un film Da vedere 2015 con Michael CaineHarvey KeitelRachel WeiszPaul DanoJane FondaCast completo Titolo originale: Youth. Genere Drammatico, – ItaliaFranciaSvizzeraGran Bretagna2015durata 118 minuti. Uscita cinema mercoledì 20 maggio 2015 distribuito da Medusa. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,58 su 7 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Fred e Mick sono due amici da moltissimo tempo e ora, ottantenni, stanno trascorrendo un periodo di vacanza in un hotel nelle Alpi svizzere. Fred, compositore e direttore d’orchestra famoso, non ha alcuna intenzione di tornare a dirigere un’orchestra anche se a chiederglielo fosse la regina Elisabetta d’Inghilterra. Mick, regista di altrettanta notorietà e fama, sta invece lavorando al suo nuovo e presumibilmente ultimo film per il quale vuole come protagonista la vecchia amica e star internazionale Brenda Morel. Entrambi hanno una forte consapevolezza del tempo che sta passando in modo inesorabile.
Paolo Sorrentino era atteso al varco con questo film che arriva dopo l’Oscar de La grande bellezza e la sua estetica così personale tanto da aver diviso critica e pubblico in estimatori e detrattori molto decisi. Per di più il regista tornava in competizione a Cannes dove solo due anni fa la giuria non aveva degnato del benché minimo riconoscimento il film ricoperto successivamente da molteplici allori. Il rischio maggiore però, che era più che lecito paventare da parte di chi amava il suo cinema ma non era impazzito di gioia dinanzi al suo ultimo lavoro, era quello di ritrovare un Sorrentino ormai divenuto manierista di se stesso. Il trailer del film seminava più di un indizio in tal senso ma, fortunatamente, i trailer non sono i film. Perché il Sorrentino regista è tornato a confrontarsi con il Sorrentino sceneggiatore. Se entrambi avevano deciso di convivere senza intralciare il lavoro dell’altro dando così luogo a ridondanze e compiacimenti oltremisura, in questa occasione l’uno non ha concesso all’altro (e viceversa) più di quanto fosse giusto concedergli. Ne è nato così un film compatto a cui non nuocciono neppure le molteplici sottolineature del finale. Perché questa volta il modello di Sorrentino torna ad essere se stesso, senza più o meno consci confronti con i maestri che, anche quando citati, vengono metabolizzati nel suo universo creativo. Non mancano anche qui personaggi più o meno misteriosi che appaiono e scompaiono e a cui ora è comunque lo spettatore a poter assegnare la valenza simbolica che preferisce. Perché Fred e Mick sono persone che sono state personaggi nella loro vita ma che su questo schermo tornano a presentarsi come persone. Con le loro angosce, con le loro attese, con i loro segreti e, soprattutto, con la consapevolezza di una memoria destinata a perdersi nel tempo come le lacrime del Roy Batty bladerunneriano.
Sorrentino non ne fa due vecchie glorie più o meno coscienti delle proprie attuali forze fisiche e intellettuali ma offre loro anche i ruoli di genitori che conoscono luci ed ombre di un’arte altrettanto difficile: quella che i figli pretendono che venga esercitata nei loro confronti, non importa in quale età essi si trovino. In tutto ciò, ci si può chiedere, che ruolo viene assegnato alla giovinezza del titolo? Quello di specchio riflettente (e deformante al contempo) di passioni, desideri, fragilità. Su tutto questo e su molto altro ancora Sorrentino torna a trovare la profondità, la leggerezza ma anche la concentrazione che permettono al film di levitare. Chi lo vedrà capirà il senso del verbo.

Youth (2015) on IMDb

Regia di Jesús Franco. Un film con Ada Tauler, Karine Gambier, Jack Taylor, Nanda Van Bergen, Vicky Adams. Titolo originale: Der Ruf der blonden Göttin. Genere: Erotico, Thriller, Drammatico. Paese: Svizzera. Anno: 1977. Durata: 89 min. Consigliato a: V.M. 18. Valutazione IMDb: 4,8.

La giovane e fragile Susan si trasferisce su un’isola caraibica per raggiungere il marito console, Jack Owens. Non appena arriva, la donna inizia a essere tormentata da incubi ricorrenti e visioni inquietanti, che la portano a sospettare di essere la vittima di misteriosi riti voodoo. Mentre il confine tra realtà e allucinazione si fa sempre più sottile, Susan si ritrova coinvolta in un pericoloso intrigo che mette a rischio la sua sanità mentale e la sua stessa vita, tra riti esotici e oscure macchinazioni.

Tipico esempio del cinema exploitation di Jesús Franco, questo film si presenta come un thriller erotico che promette molto più di quanto non riesca a mantenere. La trama, debole e confusa, si perde tra sequenze voyeuristiche e una generale mancanza di coesione narrativa, il che rende l’esperienza di visione tediosa e priva di veri colpi di scena. Le interpretazioni degli attori sono spesso dilettantistiche, e la regia, per quanto stilisticamente riconoscibile, non riesce a sollevare il livello di un’opera che sembra più un pretesto per mostrare nudità che un vero e proprio tentativo di costruire una storia. Un prodotto destinato esclusivamente ai cultori del regista, ma che non ha praticamente nulla da offrire al di fuori di quell’ambito.

Voodoo Passion (1977) on IMDb
Powered by WordPress | Theme: Motion by WordPress.org
© 2025 Ipersphera. All rights reserved.