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Regia di Harald Zwart, Petter Holmsen. Una serie con Kathrine Thorborg Johansen, Elias Holmen Sørensen, André Sørum, Kim Fairchild, Sara Khorami. Titolo originale: Post Mortem: No One Dies in Skarnes. Genere: Horror, Commedia Nera, Drammatico, Thriller. Paese: Norvegia. Anno: 2021 – in produzione. Durata: 40-45 min (episodio). Consigliato a: da 16 anni. Valutazione IMDb: 6.3/10.

Nella tranquilla e apparentemente sonnolenta cittadina norvegese di Skarnes, nota ironicamente per il suo basso tasso di mortalità, Live Hallangen, un’infermiera sulla trentina, viene trovata morta in un campo. Durante l’autopsia, la donna si risveglia miracolosamente e senza un apparente motivo, ma la sua resurrezione è accompagnata da una serie di cambiamenti fisici, tra cui un’insaziabile e sconosciuta sete di sangue. Nel frattempo, suo fratello Odd lotta disperatamente per mantenere a galla l’impresa di pompe funebri di famiglia, ormai sull’orlo del fallimento proprio a causa della carenza di decessi. La “nuova” condizione di Live, che le conferisce forza e una necessità inaspettata, potrebbe rappresentare la soluzione ai problemi finanziari dell’azienda, forzando Live e Odd a confrontarsi con dilemmi morali ed esistenziali.

Questa serie norvegese, distribuita da Netflix, si colloca nel filone della dark comedy scandinava, mescolando l’horror sovrannaturale con un umorismo nero e grottesco. La narrazione è incentrata sul paradosso della cittadina in cui “nessuno muore”, e sulla figura del becchino che si ritrova a desiderare più morti. La regia e la sceneggiatura sfruttano con efficacia l’ambientazione nordica e l’estetica fredda, creando un tono che oscilla costantemente tra il macabro e l’assurdo. Kathrine Thorborg Johansen fornisce una performance misurata e convincente nei panni di Live, gestendo bene la transizione del personaggio tra l’essere umano comune e l’essere redivivo. Sebbene l’introduzione sia intrigante, il procedere della trama talvolta si concentra eccessivamente sugli aspetti procedurali e sulle sottotrame minori, perdendo leggermente la tensione iniziale. Nonostante ciò, la serie è un divertissement valido per la sua originalità concettuale e l’interpretazione non convenzionale del mito dei vampiri, analizzando in modo acuto e satirico i temi della crisi economica e dei legami familiari disfunzionali in un contesto di provincia.

Regia di Mark Pellington. Un film con Richard Gere, Laura Linney, Will Patton, Debra Messing, Alan Bates. Titolo originale: The Mothman Prophecies. Genere: Thriller, Fantastico, Mistero, Drammatico. Paese: Stati Uniti d’America. Anno: 2002. Durata: 119 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 6.4.

John Klein, un rispettato giornalista del Washington Post, subisce un trauma profondo dopo la morte improvvisa della moglie, che poco prima dell’incidente aveva avuto una visione di una misteriosa creatura alata. Due anni dopo, John si ritrova inspiegabilmente a Point Pleasant, West Virginia, a centinaia di chilometri dalla sua destinazione, senza memoria di come ci sia arrivato. Qui, la popolazione è agitata da una serie di strane apparizioni e fenomeni inspiegabili, tutti collegati a una figura nota come l'”Uomo Falena” (Mothman), che sembra preannunciare catastrofi imminenti. Con l’aiuto della sceriffa locale, Connie Mills, John indaga sugli inquietanti presagi, cercando di trovare un nesso tra la leggenda, gli eventi attuali e le ultime, criptiche parole di sua moglie.

Il film, basato sull’omonimo saggio di John Keel, esplora in modo efficace i temi della preveggenza, del trauma irrisolto, della fragilità della realtà consensuale e del confine tra razionalità e paranormale. Mark Pellington dirige l’opera con uno stile visivo molto distintivo: l’atmosfera è costantemente cupa e inquietante, enfatizzata da una fotografia fredda e da un montaggio frammentato, pieno di flash visivi e sound design disturbante, che riflettono lo stato mentale confuso e ossessivo del protagonista. L’interpretazione di Richard Gere è misurata, sebbene a tratti distaccata, mentre Laura Linney offre una performance solida e umanizzante. L’opera è lodata per la sua capacità di generare tensione più per via atmosferica e psicologica che per l’azione o per la rappresentazione esplicita del mostro, lasciando l’entità Mothman un’ambigua e terrificante manifestazione di forze sconosciute. Nonostante alcune incongruenze narrative, il film è considerato un cult nel genere horror-mystery soprannaturale per la sua capacità di trasformare una leggenda metropolitana in un avvincente e malinconico dramma sul destino ineluttabile.

Alaska - Film (2015) - MYmovies.it

Regia di Claudio Cupellini. Un film con Elio Germano, Àstrid Bergès-Frisbey, Valerio Binasco, Elena Radonicich, Antoine Oppenheim. Titolo originale: Alaska. Genere: Drammatico, Sentimentale. Paese: Italia, Francia. Anno: 2015. Durata: 125 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 6.3.

Fausto è un giovane italiano ambizioso, determinato a scalare la gerarchia lavorativa di un prestigioso hotel parigino, mentre sogna di aprire un ristorante tutto suo. Nadine è una modella francese di vent’anni, bella ma fragile, con un passato difficile. I due si incontrano per caso sulla terrazza dell’albergo, e tra loro scatta un’immediata e intensa attrazione. Tuttavia, la loro nascente relazione viene bruscamente interrotta quando un evento violento e improvviso porta Fausto in prigione. Il film segue la loro tormentata storia d’amore nel corso degli anni, tra Parigi e Milano, fatta di ricongiungimenti casuali, alti e bassi emotivi, che mettono continuamente alla prova il loro legame e la loro ossessione reciproca.

Claudio Cupellini dirige un dramma sentimentale dalle tinte noir, una storia di passione bruciante e autodistruzione che esplora l’ossessione, il desiderio di riscatto sociale e l’impossibilità di sfuggire a un destino segnato. La regia è dinamica e visivamente curata, con una fotografia elegante che ben si adatta agli ambienti lussuosi e poi degradati in cui si muovono i personaggi. I temi del fallimento, della rincorsa a un’irraggiungibile felicità e della ciclicità del trauma sono centrali. Elio Germano, nel ruolo di Fausto, e Àstrid Bergès-Frisbey, in quello di Nadine, offrono performance fisiche e intense, capaci di sostenere l’energia irrequieta del racconto. Nonostante l’indubbia ambizione e la solida confezione tecnica, la sceneggiatura tende a un eccessivo melodramma e a un accumulo di colpi di scena spesso forzati che, in alcuni passaggi, rendono la storia meno credibile e l’approfondimento psicologico dei personaggi secondari sacrificato in favore del dinamismo narrativo. L’opera è un tentativo valido e a tratti convincente di rinnovare il genere melodrammatico nel cinema italiano contemporaneo.

Locandina De reditu (Il ritorno)

Regia di Claudio Bondì. Un film con Elia Schilton, Rodolfo Corsato, Romuald Andrzej Klos, Roberto Herlitzka, Paolo Lorimer. Titolo originale: De reditu – Il ritorno. Genere: Storico, Drammatico, Avventura. Paese: Italia. Anno: 2004. Durata: 100 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 6.3.

Il film è liberamente ispirato al poema latino De reditu suo di Claudio Rutilio Namaziano, e ci trasporta nell’Italia del V secolo d.C., in un momento di profondo disfacimento per l’Impero Romano, sconvolto dalle invasioni barbariche. Claudio Rutilio Namaziano, un anziano patrizio pagano ed ex prefetto di Roma, decide di intraprendere un difficile viaggio per mare per tornare nella sua natia Tolosa, in Gallia, allo scopo di verificare i danni subiti dai suoi possedimenti. La via consolare è impraticabile e il viaggio si trasforma in un’odissea lungo le coste, dove l’uomo incontra personaggi e situazioni che riflettono lo sfacelo della civiltà romana e la nascita di una nuova era, dominata dal cristianesimo e dalla barbarie.

De Reditu si configura come un’opera controcorrente nel panorama cinematografico italiano, per la sua scelta di affrontare un periodo storico complesso e per il suo tono meditativo e umanista. Il film è una riflessione sul declino della civiltà, sul conflitto tra paganesimo e il nascente cristianesimo, e sul tema dell’identità e del ritorno a casa. La regia di Claudio Bondì è sobria e non spettacolarizzata, concentrandosi sul dialogo e sull’evocazione di un’atmosfera di malinconia e disperazione per un mondo che sta svanendo. Le interpretazioni sono misurate e funzionali al racconto, con Elia Schilton che offre un ritratto convincente del patrizio esiliato. Sebbene la narrazione possa risultare a tratti didascalica e il ritmo lento, l’importanza del film risiede nella sua coraggiosa trasposizione di un’opera letteraria classica e nella capacità di rifuggire l’approccio kolossal, tipico delle produzioni storiche, per privilegiare un’analisi più intima e filosofica della fine di un’epoca.

Regia di R.L. Stine (ideatore). Un film con Justin Long, Rachael Harris, Zack Morris, Isaiah Stinehour, Miles McKenna. Titolo originale: Goosebumps. Genere: Horror, Commedia, Famiglia, Fantastico. Paese: Stati Uniti. Anno: 2023. Durata: 10 episodi (stagione 1). Consigliato a: Da 10 anni. Valutazione IMDb: 6.2.

La serie ruota attorno a un gruppo di cinque studenti delle scuole superiori che, senza volerlo, scatenano forze soprannaturali sulla loro piccola città. Mentre cercano di rimediare al caos e riportare l’ordine, si ritrovano non solo ad affrontare mostri e minacce provenienti dai libri di R.L. Stine, ma anche a svelare un mistero che risale a decenni prima, legato a un adolescente tragicamente scomparso e a un segreto celato dai loro genitori. I ragazzi devono unire le forze, superando le loro differenze, per combattere le manifestazioni oscure e svelare la verità nascosta dietro gli eventi.

Questo reboot televisivo prende ispirazione dalla popolare serie di libri, ma adotta una struttura narrativa più serializzata rispetto alla precedente antologia degli anni ’90. La serie mescola efficacemente l’horror per ragazzi con elementi di commedia e un dramma misterioso tipico della narrativa young adult. La regia e la produzione sono moderne, con un notevole miglioramento negli effetti speciali e un tono che bilancia l’ironia con momenti di genuina tensione. L’innovazione principale risiede nell’aver legato tutte le storie a una trama orizzontale coerente, offrendo un maggiore sviluppo dei personaggi. Sebbene la serie sia ben fatta e godibile per un pubblico di adolescenti e famiglie, alcuni puristi potrebbero trovare la trama troppo elaborata e meno fedele allo spirito delle brevi e concise storie autoconclusive dei libri originali. È un solido intrattenimento che tenta con successo di modernizzare il franchise per una nuova generazione.

Regia di Andrzej Żuławski. Un film con Sabine Azéma, Jean-François Balmer, Jonathan Genet, Victória Guerra, Johan Libéreau. Titolo originale: Cosmos. Genere: Drammatico, Commedia, Mistero. Paese: Francia, Portogallo. Anno: 2015. Durata: 103 min. Consigliato a: Da 16 anni. Valutazione IMDb: 6.4.

Witold, un giovane aspirante scrittore appena bocciato all’esame di legge, e il suo amico Fuchs, un sarto insoddisfatto, affittano una pensione di campagna gestita da Madame Woytis in cerca di ispirazione e tranquillità. Arrivati, si trovano subito di fronte a una serie di strani e inquietanti presagi: un passero impiccato nel bosco, un pezzo di legno sospeso e, all’interno della pensione, indizi bizzarri. Witold, ossessionato dalla bellissima Lena, la figlia sposata della proprietaria, e dal suo volto deforme, cerca di dare un senso a questi segni, convinto che nascondano un codice o una premonizione. La loro permanenza si trasforma in un’indagine febbrile e sempre più assurda sul significato del caso, della causalità e dell’esistenza.

Basato sull’omonimo romanzo di Witold Gombrowicz, il film è l’ultima opera del celebre regista polacco Andrzej Żuławski, un ritorno dopo quindici anni di assenza. L’analisi si concentra sulla disintegrazione del senso e sulla natura caotica e irrazionale del reale, tipici sia di Gombrowicz che di Żuławski. La regia è caratterizzata da dialoghi isterici e iper-verbali, movimenti di macchina frenetici e una recitazione volutamente sopra le righe, uno stile distintivo del regista che enfatizza l’isteria e l’angoscia esistenziale dei personaggi. Il film è una commedia nera e nichilista che si interroga sull’impossibilità di trovare un ordine nel cosmo. Nonostante la sua indiscutibile importanza storica come testamento artistico di un grande autore e la sua audacia stilistica, la pellicola è volutamente criptica, densa di simbolismi e richiede un’attenzione e una tolleranza al caos narrativo che possono renderla inaccessibile al grande pubblico. È un’opera polarizzante, lodata per il suo radicalismo ma criticata per la sua eccessiva verbosità.

Regia di Bruce LaBruce. Un film con Pier-Gabriel Lajoie, Walter Borden, Katie Boland, Marie-Hélène Thibault, Mark A. Krupa. Titolo originale: Gerontophilia. Genere: Commedia, Drammatico, Romantico. Paese: Canada. Anno: 2013. Durata: 85 min. Consigliato a: Da 18 anni. Valutazione IMDb: 6.2.

Lake è un diciannovenne sensibile e introverso che, dopo aver lasciato la fidanzata, accetta un lavoro estivo in una casa di riposo per anziani a Montréal. Qui, scopre di provare un’inattesa attrazione per le persone anziane, una preferenza che non ha mai osato ammettere. Lake sviluppa un legame emotivo e romantico con Mr. Peabody, un ottantaduenne vedovo e un po’ cinico. Incuriosito dalla prospettiva di dare un senso alla vita degli ospiti, Lake si scontra con le rigide regole della struttura e cerca un modo per evadere con il suo nuovo innamorato, desideroso di offrirgli la libertà e l’avventura che gli sono negate.

Il film, diretto dall’autore cult Bruce LaBruce, affronta il tema dell’amore intergenerazionale e delle dinamiche di potere in modo provocatorio ma sorprendentemente tenero. L’opera si distingue per l’audacia di trattare il feticismo in un contesto di accettazione, mettendo in discussione i preconcetti sociali sulla sessualità e l’invecchiamento. La regia è più sobria e accessibile rispetto ai lavori precedenti di LaBruce, pur mantenendo un tono ironico e dissacrante. La chimica tra i due protagonisti è lodevole e conferisce credibilità emotiva a una storia intrinsecamente eccentrica. L’analisi è focalizzata sulla solitudine della terza età e sul diritto all’amore, indipendentemente dall’età, in modo toccante e non convenzionale. Sebbene il film non sia esente da momenti kitsch e da alcune forzature narrative, è un’opera coraggiosa che invita alla riflessione sull’inclusività emotiva e che, nel suo piccolo, costituisce un’importante opera di rottura sui tabù legati all’età.

Risultato immagini per Kinatay - Massacro

Regia di Brillante Mendoza. Un film con Coco Martin, Maria Isabel Lopez, Julio Diaz, John Regala, Ping Medina. Titolo originale: Kinatay. Genere: Drammatico, Thriller, Poliziesco. Paese: Filippine. Anno: 2009. Durata: 98 min. Consigliato a: Da 18 anni. Valutazione IMDb: 6.4.

Peping è un giovane e promettente studente dell’Accademia di Polizia di Manila, da poco sposato e padre. Per guadagnare un po’ di denaro extra, accetta di accompagnare un suo superiore, il sergente Jacinto, in quello che crede sia un semplice lavoro di scorta. Presto si ritrova intrappolato in una notte di orrore: è costretto a guidare l’auto su cui viaggia una banda di poliziotti corrotti che devono riscuotere un debito. La situazione precipita quando il gruppo rapisce una prostituta, costringendo Peping ad assistere a un brutale omicidio e smembramento. Il film segue la discesa di Peping in un abisso di violenza, dove la sua innocenza viene spazzata via dalla corruzione istituzionale.

Brillante Mendoza prosegue qui il suo esame del lato oscuro della società filippina, trattando con implacabile realismo i temi della corruzione poliziesca, dell’impunità e della degradazione umana. La regia adotta uno stile iper-naturalistico che è il marchio di fabbrica di Mendoza: la camera a mano è onnipresente e si muove nervosamente, intrappolando lo spettatore nel limitato spazio dell’auto e nell’angoscia del protagonista. Tecnicamente, il film è notevole per il suo uso della luce naturale e per le sequenze notturne estese e tese, che contribuiscono a creare un senso palpabile di claustrofobia e disorientamento. Sebbene l’esposizione della violenza sia estrema e possa risultare disturbante, è funzionale al messaggio e ha permesso al film di vincere il premio per la miglior regia al Festival di Cannes. L’opera è un’analisi dura e necessaria della violenza sistemica, ma per la sua natura esplicitamente brutale e per il ritmo intenzionalmente lento e immersivo, può risultare ostica a un pubblico non preparato.

Regia di Brillante Mendoza. Un film con Jaclyn Jose, Julio Diaz, Felix Roco, Kristofer King, Mercedes Cabral. Titolo originale: Ma’ Rosa. Genere: Drammatico. Paese: Filippine. Anno: 2016. Durata: 110 min. Consigliato a: Da 16 anni. Valutazione IMDb: 6.7.

Rosa, affettuosamente nota come Ma’ Rosa, gestisce con il marito Nestor un piccolo negozio di generi di prima necessità in un umile quartiere di Manila. La vita è dura, e per sbarcare il lunario la coppia arrotonda spacciando piccole quantità di droga. L’equilibrio precario della famiglia, composta anche dai loro quattro figli, viene violentemente spezzato quando Rosa e Nestor vengono arrestati durante una retata della polizia. L’incubo inizia non appena i figli si ritrovano costretti a vagare per le strade e le stazioni di polizia corrotte di Manila per racimolare la somma necessaria a pagare la cauzione e l’estorsione chiesta dagli agenti, in una disperata corsa contro il tempo per la libertà dei genitori.

Il film affronta con crudezza i temi della povertà estrema, della corruzione istituzionale e della sopravvivenza in un contesto sociale degradato, mettendo in luce la straordinaria resilienza del nucleo familiare. Brillante Mendoza adotta un approccio neorealista e quasi documentaristico, utilizzando la camera a mano in modo frenetico e viscerale per immergere lo spettatore nel caos delle baraccopoli di Manila e nella claustrofobia delle stazioni di polizia. Jaclyn Jose, premiata a Cannes per la sua interpretazione, offre una performance potente e sommessa nel ruolo eponimo, incarnando la dignità della madre disposta a tutto per la sua famiglia. Nonostante uno stile ruvido e a tratti minimalista dal punto di vista tecnico, il film è un’opera di denuncia sociale di grande importanza culturale, che espone senza filtri il ciclo di disperazione e il sistema di corruzione che intrappola i cittadini ai margini della società filippina.

Regia di Kenneth Branagh. Un film con Kenneth Branagh, Tom Bateman, Annette Bening, Russell Brand, Gal Gadot. Titolo originale: Death on the Nile. Genere: Giallo, Drammatico, Mistero. Paese: USA, Regno Unito. Anno: 2022. Durata: 127 min. Consigliato a: Da 13 anni. Valutazione IMDb: 6.3.

Il celebre detective belga Hercule Poirot si gode una vacanza esotica in Egitto, ma la sua quiete viene interrotta da un efferato delitto a bordo del lussuoso battello a vapore Karnak, durante una crociera sul Nilo. La vittima è l’ereditiera Linnet Ridgeway, fresca di matrimonio con Simon Doyle, ex fidanzato della sua migliore amica Jaqueline de Bellefort. La crociera, inizialmente destinata a celebrare un amore appassionato, si trasforma rapidamente in un luogo di isolamento e sospetto, popolato da una variopinta schiera di passeggeri, ognuno dei quali ha un motivo per volerla morta, tra vecchi rancori, invidie e debiti non saldati. Poirot si ritrova così a dover navigare tra bugie e alibi per smascherare l’assassino prima che possa colpire ancora.

Questa trasposizione del classico di Agatha Christie affronta i temi universali dell’amore ossessivo, dell’inganno e della cieca avidità, esplorando la complessità delle passioni umane che sfociano nel crimine. Kenneth Branagh, oltre a dirigere, torna nel ruolo di Poirot, offrendo un’interpretazione che approfondisce il lato emotivo e il passato del detective. La regia è visivamente opulenta, sfruttando l’ambientazione esotica con un senso del dramma imponente, sebbene l’eccessivo ricorso alla computer grafica per gli sfondi del Nilo sia stato criticato per aver tolto autenticità al quadro generale. Il film è stilisticamente elegante e attento ai dettagli del periodo, ma pur non introducendo innovazioni tecniche rivoluzionarie, svolge un solido lavoro nel mantenere la struttura del whodunit classico, pur mancando forse della freschezza della precedente opera del regista sullo stesso filone, ma risultando comunque un giallo godibile e sontuoso.

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