Nel 1928 in una cittadina del Kansas nasce l’amore tra due liceali, contrastato dai rispettivi genitori e dalla loro repressione sessuale. In preda a una forte depressione.
Nella Polonia alle soglie degli anni Cinquanta, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Wiktor, il direttore del coro, nasce un grande amore, ma nel ’52, nel corso di un’esibizione nella Berlino orientale, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. S’incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, diversamente accompagnati , ancora innamorati. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica.
L’unica figlia di una famiglia di rancheri bianchi è in realtà un’orfanella pellerossa, ma i suoi tre fratelli lo ignorano. Quando la tribù dei Kiowa la reclama, esplode il dramma. Uno dei due western di Huston che lavorò nelle migliori condizioni possibili: alto costo, due star, uno sceneggiatore d’ingegno (Ben Maddow con cui aveva lavorato in Giungla d’asfalto, 1950), un operatore tedesco di merito (F. Planer), un musicista di successo (D. Tiomkin). In questa vicenda che capovolge quella di Sentieri selvaggi (1956) di John Ford, anch’esso ispirato a un romanzo di Alan Le May, il tema del razzismo è affrontato in modo indiretto, ma efficace: non contano tanto il sangue e il colore della pelle quanto le affinità con una civiltà. La cultura pesa più della natura. Il passar del tempo ha lavorato per il film invece di logorarlo: sono più evidenti le sue ambizioni di tragedia corneilliana (conflitti tra passioni e doveri); la simbiosi tra uomo e natura, specialmente nella 1ª parte; le magnifiche folate di invenzione cinematografica. Parzialmente riuscito e meno vitale di L’uomo dai sette capestri (1972).
Tratto da un romanzo di Stephen King. Misery è la creatura letteraria di uno scrittore che ha avuto enorme successo proprio in virtù di quel personaggio. Lo scrittore sta raggiungendo la sua villa in montagna e ha un incidente d’auto. Così deve ricorrere all’aiuto di un’infermiera, Annie. La donna è semplicemente una pazza e quando viene a sapere che il personaggio di Misery sta per morire, comincia a boicottare l’uomo in tutti i modi, arrivando anche alle più crudeli forme di violenza. Un film di ottima tensione e di buon successo con Kathy Bates (l’infermiera) che ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista.
Un film di Ron Howard. Con Lili Taylor, Mel Gibson, Gary Sinise, Rene Russo, Delroy Lindo.Poliziesco, durata 121 min. – USA 1996. MYMONETRO Ransom – Il riscatto valutazione media: 3,64 su 13 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Tom Mullen (Gibson) possiede una linea aerea, è un uomo di grande successo, deciso e d’azione. Gli rapiscono il figlio di dieci anni (interpretato da Brawley Nolte, figlio di Nick). Si viene a sapere quasi subito che il rapitore, insieme ad altri complici, è un poliziotto deluso e invidioso di Tom. Alla richiesta del riscatto il padre, mettendosi contro tutti, dall’FBI alla moglie, dichiara in televisione che non pagherà e…che userà quei cinque milioni di dollari per dare la caccia ai rapitori, “per tutta la vita”. Da quel momento è un susseguirsi di colpi di scena mai prevedibili. Finalmente un film autenticamente d’azione e d’emozione, senza esplosioni al rallenty, senza paradossi alla Schwarzenegger e senza qualche entità visionaria che salti fuori. Si potrebbe dire storia vecchia maniera. Ne sentivamo il bisogno. Si tratta di unremake di un film del 1956, Il ricatto più vile, con Glenn Ford. Ron Howard è una delle poche “sicurezze” del cinema degli anni Novanta: racconta delle storie e le racconta bene
L’identità segreta di Spider-Man è stata svelata al mondo al termine del film precedente e ora Peter Parker via una situazione ingestibile. Assediato da media, accusato dai federali, tormentato da chi crede alle ultime dichiarazioni di Mysterio e pensa che lui sia un assassino… Anche solo andare a scuola diventa un incubo e Peter viene considerato persona non grata dalle università a cui vorrebbe iscriversi. Un problema questo che si estende alla sua cerchia più ristretta di amici: MJ e Ned Ellis. Con confuso altruismo, per risolvere soprattutto i loro guai e quelli della zia, Peter si rivolge al Doctor Strange, ma la magia ha sempre un costo…
Operaio sordomuto e licenziato vende al mercato nero un rene da trapiantare a sua sorella, gravemente malata, ma rimane fregato. Una sua amica anarchica e rivoluzionaria gli propone un piano: rapire la figlia del suo ex datore di lavoro e ottenere col riscatto la somma necessaria al trapianto. Il piano va a ramengo, innescando aggressioni, torture e omicidi in serie. Premiato al Noir in Festival 2003 di Courmayeur, rivelò in Europa il talento e il nichilismo estremo del coreano Park. È di una violenza fisica e psicologica così radicale che in Italia è passato direttamente nell’home video. È una violenza speculare e radicata in un mondo senza pietà. Il che spiega, senza giustificarli, i soprattoni di denuncia politica e una certa confusione narrativa nel ricorso al flashback. Apre la trilogia della vendetta che continua con Oldboy (2004) e Lady Vendetta (2005).
The Leisure Seeker è il soprannome del vecchio camper con cui Ella e John Spencer andavano in vacanza coi figli negli anni Settanta. Una mattina d’estate, per sfuggire ad un destino di cure mediche che li separerebbe per sempre, la coppia sorprende i figli ormai adulti e invadenti e sale a bordo di quel veicolo anacronistico per scaraventarsi avventurosamente giù per la Old Route 1, destinazione Key West. John è svanito e smemorato ma forte, Ella è acciaccata e fragile ma lucidissima. Il loro sarà un viaggio pieno di sorprese.
In 12 parti del mondo atterrano 12 astronavi aliene identiche. Il governo USA mette insieme una squadra speciale capeggiata dalla dottoressa Louise Banks, linguista di fama mondiale, in seria difficoltà a elaborare il lutto per la morte dell’adorata figlia. Mentre il mondo impazzisce e tutti le sono contro, tranne un fisico teorico che fa parte del suo gruppo e la appoggia, Louise trova il modo di comunicare con gli alieni ed evitare un conflitto globale. Villeneuve dimentica spettacolarità già vista, battaglie intergalattiche, camminate nello spazio e affini e costruisce un film intimo, profondo: quello che gli interessa è il lato “umano”, degli scienziati e degli alieni, la possibilità di comunicare, non di invadersi o farsi la guerra. È un film di fantascienza intellettuale, ingenua e interessante nello stesso tempo, ma anche un thriller psicologico appassionante. Originale e affascinante.
Santiago del Cile, 1973. Mario Corneo lavora come funzionario presso l’obitorio. Trascrive a macchina le autopsie. Si innamora di una ballerina di cabaret, Nancy, sua vicina di casa. Ma sono i giorni del colpo di stato, l’obitorio si riempie di cadaveri, della casa e della famiglia di Nancy non rimangono tracce. La ragazza si nasconde nel cortile della casa di Mario, che le porta il cibo e le sigarette. Intanto, all’obitorio, i morti riempiono le sale, i corridoi, le scalinate dell’ospedale. Il cileno Pablo Larrain dà nuovamente prova, dopo Tony Manero, di una capacità di racconto ammirabile, perché inedita ed efficace. Il protagonista è ancora Alfredo Castro, figura ambigua, tra obbedienza e umanità (rispetto alla tragedia in atto), sentimento e istinto (nel rapporto con Nancy, e fino all’epilogo), mondo dei vivi e terra dei morti. Un essere che appartiene da subito all’universo del Post Mortem che dà al film il titolo e diversi significati. La sua esistenza squallida, priva di qualsivoglia slancio vitale, si movimenta un giorno al contatto con la morte, scuotendo improvvisamente anche il film intero e ridisegnandone le coordinate.
Sarah, adolescente sognatrice, una sera in cui rimane sola a casa con il fratellino e innervosita dai suoi pianti, invoca il re degli gnomi Jareth, pregandolo di portarlo via. Toby scompare. Sarah, pentita, corre a riprenderselo affrontando ogni sorta di pericoli: nani, paludi, porte magiche. Quando rivede finalmente Toby… si risveglia.
Ultima impresa bellica del non più giovane, ma valoroso, sergente Highway, detto Gunny, che ha una dura carriera alle spalle nei Marines, Corea e Vietnam. Nel 1983 gli viene dato l’incarico di formare, da un manipolo di sfaticati, un comando di “uomini veri”. Nel frattempo incontra Aggie, la sua ex moglie che lo aveva lasciato perché trascurata; l’amore tra loro è sempre vivo. Arriva un allarme vero: andare a combattere sull’isola di Grenada. L’impresa darà delle belle soddisfazioni a Gunny, che si riprenderà la moglie e andrà a coltivare avocado.
1948, la Guerra Fredda arriva in Cile. Il Senatore Pablo Neruda accusa il governo di tradire il Partito Comunista. È messo sotto accusa dal Presidente González Videla e diventa il ricercato numero 1 inseguito dal Prefetto della Polizia, Oscar Peluchonneau, che dà il via a una caccia all’uomo, ossessiva per lui, un gioco per Neruda. Traendo ispirazione dai drammatici eventi della sua vita da fuggitivo, Neruda scrive la sua epica raccolta di poesie, Canto General . Quello del regista Larraín e dello sceneggiatore Guillermo Calderón ( Il Club ) è un gioiello di cinema acuto, visionario e originale nel giocare con realismo e finzione, con Storia e Leggenda, filosofico nell’indagare la storia un Paese attraverso le sue fazioni opposte. Non ci sono eroi senza cattivi, e il cattivo deve la sua ragione d’essere all’eroe.
La vita di 12 scienziati in una base militare in Alaska è in pericolo. Le radiazioni hanno dissepolto un essere mostruoso che assume sembianze animali e umane. Ad uno ad uno muoiono tutti e anche gli ultimi due superstiti sperano, terrorizzati, che i soccorsi arrivino prima della “cosa”. Remake di La cosa da un altro mondo (’51) con musiche di Morricone.
Un film di Joseph L. Mankiewicz. Con Cary Grant, Jeanne Crain, Finlay Currie Titolo originale People Will Talk. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 110 min. – USA 1951. MYMONETRO La gente mormora valutazione media: 3,67 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Il medico di una cittadina americana non esita a farsi passare per stregone in quanto spesso e volentieri cura i mali dei suoi pazienti con la psicologia piuttosto che con inutili medicine.
È il seguito di Regalo di Natale (1986), uno dei film più riusciti di P. Avati, insolito perché, nella finzione come nella realtà, avviene 18 anni dopo. È anche uno dei suoi pochi film ambientati nell’Italia contemporanea, l’unico situato nel presente della natia Bologna. Il che spiega il più alto tasso di amarezza civile, di squallore arrogante e, forse, di misantropia che impregna il racconto. Anche qui la partita a poker serve a togliere le maschere ai personaggi e a rivelarne l’indole nascosta o la vulnerabilità, ma non c’è soltanto un traditore come nell’altro film. Lo stesso Franco (Abatantuono), vecchia vittima, è predisposto a barare. L’Italia odierna è più abominevole e corrotta che nel 1986. Alla riuscita del film, scritto da Avati (con la consulenza pokeristica, non sempre ascoltata, di Giovanni Bruzzi, come in Regalo di Natale ), contribuiscono i 5 attori, perfetti anche nel mostrare gli effetti che l’orologio biologico ha avuto su di loro.
Terrorista dell’IRA, tormentato dal rimorso per la morte di un soldato di colore inglese che teneva in ostaggio, rinuncia alla lotta e va a cercare la donna del defunto. Sorpresa. Praticamente il film è diviso in due parti e la seconda è quella che intriga, spiazza, sorprende, seduce. In sapiente equilibrio tra cinema d’azione e racconto psicologico, affidato alla rara arte di saper fare attendere lo spettatore, recitato benissimo, il film è un’originale esplorazione dell’Eros e una riflessione non scontata sulla violenza e il fanatismo nella lotta politica. Oscar a Jordan per la sceneggiatura e altre 5 candidature.
Un film di Charles Chaplin. Con Charles Chaplin, Dawn Addams, Phil Brown, Michael Chaplin, Oliver Johnston.Titolo originale A King in New York. Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 105 min. – Gran Bretagna 1957. MYMONETRO Un re a New York valutazione media: 3,63 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Un re europeo deposto sceglie gli Stati Uniti per la garanzia di libertà che questo paese offre. Ma l’aggressività della polizia, la violenza diffusa, la pubblicità battente, la commissione per le attività antiamericane lo disgustano.Famosa la sequenza dell’incontro con il giovane fanatico estremista, interpretato dal figlio di Chaplin, Michael. Un film che venne un po’ maltrattato alla sua uscita, ma che il tempo ha rivalutato. Chaplin si vendicò dell’America, che lo aveva praticamente costretto a scappare negli anni della caccia alle streghe proclamata dal senatore McCarthy.
Film di famiglia e diario intimo, l’8° lungometraggio di N. Moretti comincia il 28 marzo 1994 (vittoria elettorale della destra berlusconiana), termina nell’agosto 1997 quando l’autore decide di tornare al cinema di finzione con un musical, e fa perno sul 18 aprile 1996 quando gli nasce il figlio Pietro, mentre, vinte le elezioni, il centrosinistra dell’Ulivo va al governo. È un film che dice e riferisce molto, insegna moltissimo, suggerisce poco, non racconta quasi mai. A differenza di Caro diario , il mix di privato e pubblico non è riuscito. Sul primo versante si limita a microesercizi autocritici di umorismo sulle fisime di padre attardato; sul secondo il resoconto è fiacco e smunto, se si tolgono pochi momenti (il corteo del 25 aprile 1994 a Milano sotto la pioggia, l’arrivo degli albanesi a Brindisi) e la bella invenzione del grande lenzuolo di ritagli di giornale. Ma sono lucciole nel grigiore. È un film regredito e regressivo, frutto di un blocco creativo dell’autore, che ha diviso in due fazioni pubblico e critica, persino i suoi ammiratori.
Appena entrato in un istituto per sordomuti di Kiev, il 20enne Sergey è reclutato da una gang dedita allo sfruttamento della prostituzione, ai furti, ai pestaggi e alle sbronze. Si innamora di una delle due ragazze della banda e le impedisce di prostituirsi infrangendo la legge del branco. Dopo 5 corti, l’autore ucraino Slaboshpytskiy spara un lungometraggio anomalo e straniante, privo di parole e musica, fatto soltanto di immagini, linguaggio gestuale e rumori di fondo, con attori selezionati tra 300 sordomuti. Racconta una storia realistica e attuale che assume la valenza di un mito primordiale sulle pulsioni ferine e sulla violenza innata della specie umana. Magistrale uso del piano-sequenza e della camera a mano, ma finale troppo ellittico. Premio Semaine de la Critique di Cannes e miglior film al MilanoFilmFestival. Distribuisce Officine UBU.