Category: Cecoslovacchia


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Regia di Gustav Machatý. Un film con Hedy Kiesler, Aribert Mog, Zvonimir Rogoz, Leopold Kramer. Titolo originale: Ekstase. Genere: Drammatico, Sentimentale, Erotico. Paese: Cecoslovacchia, Austria. Anno: 1933. Durata: 82 min. Consigliato a: Adulti (contiene nudità e temi maturi). Valutazione IMDb: 6.0/10.

Eva Hermann, una giovane donna ricca e sensuale (interpretata da Hedy Kiesler, futura Hedy Lamarr), si sposa con l’anziano barone Emil, un uomo metodico, freddo e impotente, scoprendo la delusione di un matrimonio privo di passione. Amareggiata, Eva lascia la casa coniugale per ritirarsi nella tenuta di campagna del padre, un ambiente più libero e a contatto con la natura. Qui, durante un bagno in un lago, incontra casualmente Adam, un giovane e vigoroso ingegnere impegnato nella costruzione di una ferrovia, con il quale scopre l’intensità del vero amore fisico.

Questo film è un’opera chiave del primo cinema sonoro europeo, rinomato principalmente per il coraggio con cui affronta la tematica della sessualità femminile e del desiderio insoddisfatto, temi all’epoca assolutamente tabù. La regia di Machatý adotta un linguaggio visivo fortemente influenzato dall’estetica del cinema muto e dall’Espressionismo, con sequenze girate quasi senza dialoghi, affidando gran parte della narrazione alle immagini e alla musica sinfonica. L’innovazione stilistica risiede nell’uso di un montaggio rapido e suggestivo e di primi piani intensi per evocare lo stato d’animo della protagonista, simboleggiando l’estasi e il conflitto interiore. La fotografia di Jan Stallich è evocativa e sensuale. Il film fu oggetto di scandalo internazionale e censura a causa di alcune brevi ma esplicite scene di nudo e dell’allusione all’orgasmo femminile, lanciando la carriera di Hedy Kiesler, destinata a Hollywood. Nonostante le controversie, “Estasi” è un’opera di grande importanza storica per la sua audacia tematica e la sua potenza visiva.

Regia di Jan Švankmajer. Johann Sebastian Bach: Fantasia G-moll. Genere: Cortometraggio, Animazione, Sperimentale, Surrealista. Paese: Cecoslovacchia. Anno: 1965. Durata: 9-10 min. Consigliato a: Da 14 anni. Valutazione IMDb: [Non applicabile, cortometraggio].

Il cortometraggio presenta l’esecuzione dal vivo della Fantasia in Sol Minore, BWV 542 di J.S. Bach all’organo, in un ambiente che si presume essere una vecchia chiesa o un auditorium. L’azione si sposta rapidamente dall’organista concentrato a un montaggio serrato di immagini inanimate, principalmente muri di pietra grezza e dettagli architettonici degradati. Questi elementi fissi, come crepe, buchi, porte sbarrate e finestre con inferriate, vengono animati e deformati tramite la stop-motion e rapide carrellate, creando una tensione visiva e spaziale in diretta risonanza con la musica incalzante.

Questo lavoro segna la seconda incursione cinematografica di Jan Švankmajer ed è un’opera fondamentale del cinema d’avanguardia cecoslovacco. I temi principali sono il conflitto tra ordine e caos, il potere demolitore e liberatorio della musica e il senso di confinamento e oppressione burocratica. La regia è caratterizzata dall’uso di una cinematografia in bianco e nero altamente texturizzata e da un montaggio che sincronizza perfettamente l’esplosione musicale con la disintegrazione visiva degli oggetti. L’innovazione stilistica risiede nel trasformare la musica barocca in un commento surrealista sulla realtà, suggerendo che le onde sonore dell’organo siano sufficienti a frantumare muri e aprire barriere. Il film ha avuto un notevole impatto storico, vincendo il Premio della Giuria per il Miglior Cortometraggio al Festival di Cannes nel 1965, e stabilendo Švankmajer come un maestro del film d’animazione sperimentale.

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Regia di Jan Švankmajer. Titolo originale: Tma, světlo, tma. Genere: Animazione, Cortometraggio, Surrealista, Grottesco. Paese: Cecoslovacchia. Anno: 1989. Durata: 6-8 min. Consigliato a: Adulti, da 16 anni. Valutazione IMDb:

Il cortometraggio si svolge interamente in una piccola stanza vuota, che il titolo suggerisce essere un breve intervallo di “luce” tra due eternità di “oscurità”. Dall’oscurità iniziale, pezzi di corpo umano fatti di argilla e materiali organici cominciano a entrare nella stanza, tentando in modo goffo e primordiale di auto-assemblarsi in un uomo completo. Organi e arti si muovono autonomamente, interagendo in una sorta di danza meccanica e grottesca, cercando il loro posto anatomico in una caotica e comica ricostruzione dell’esistenza umana, che culmina quando il corpo è finalmente intero.

Il film è una delle massime espressioni della clay animation (animazione con plastilina) di Jan Švankmajer ed esplora i temi dell’auto-creazione, dell’identità corporea e della condizione umana come un ciclo di nascita e confinamento. La regia sfrutta al meglio la stop-motion per dare vita a materiali inorganici in modo fluido e perturbante, enfatizzando la tensione tra il biologico e il meccanico. L’uso di effetti sonori squamosi e animali in assenza di dialogo intensifica l’atmosfera surreale e umoristica, ma con un sottotono di claustrofobia. Quando il corpo è finalmente assemblato, riempie completamente la piccola stanza, lasciandolo immobilizzato e ansimante in uno spazio soffocante, un commento pessimista sulla natura effimera e limitata della vita. Il film è considerato un capolavoro dell’animazione surrealista e ha vinto numerosi premi internazionali.

Regia di Jan Švankmajer. Un film con Jiří Procházka, Bohuslav Šrámek (voci e animazione). Titolo originale: Punch and Judy. Genere: Animazione, Cortometraggio, Surrealismo, Commedia Nera. Paese: Cecoslovacchia. Anno: 1966. Durata: 10 min. Consigliato a: Per un pubblico maturo. Valutazione IMDb: 7.7.

Il cortometraggio si apre con una sequenza di scimmie meccaniche che introducono lo spettacolo teatrale. La scena si sposta su un palcoscenico in miniatura dove il burattino Mr. Punch è affettuosamente intento a prendersi cura di un porcellino d’India vivo, suo animale domestico. Un altro personaggio tradizionale delle storie di Punch and Judy, Joey (o il Vicino, a seconda delle versioni), entra in scena desideroso di comprare l’animale. Al rifiuto di Punch, la contesa si trasforma rapidamente in un’escalation di violenza assurda, con i due che si affrontano a colpi di bastone, usando infine una bara come strumento di ritorsione reciproca, il tutto osservato con indifferenza e poi con totale libertà dal porcellino d’India.

Questo cortometraggio animato è un esempio straordinario del surrealismo e della tecnica stop-motion di Jan Švankmajer. Il film esplora i temi della violenza gratuita, della follia domestica e della natura distruttiva delle relazioni umane, filtrate attraverso l’archetipo della lotta tra i burattini di Punch e Judy (sebbene Judy non appaia fisicamente ma sia menzionata nel titolo). La regia è geniale e frenetica, caratterizzata da un uso innovativo di oggetti reali (il porcellino d’India) e pupazzi animati per creare un senso di inquietudine e caos controllato. Le interpretazioni (sebbene si tratti di animazione) sono affidate alle voci e alla meticolosa manipolazione delle marionette e degli oggetti. L’innovazione stilistica risiede nell’uso di un umorismo nero e grottesco, tipico dell’autore, che eleva lo scontro di burattini a una parodia brutale della meschinità umana e della violenza meccanica. È un’opera densa e allusiva, fondamentale nel panorama dell’animazione d’avanguardia cecoslovacca e mondiale.

Regia di Paul Thomas Anderson. Un film con Thom Yorke, Dajana Roncione. Titolo originale: Anima. Genere: Cortometraggio, Musicale, Sperimentale. Paese: Repubblica Ceca, Francia. Anno: 2019. Durata: 15 min. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 7.5.

Il cortometraggio, che accompagna l’omonimo album di Thom Yorke, segue il protagonista in un viaggio surreale e onirico. In un’ambientazione distopica e caotica, un uomo alienato si muove in una metropolitana affollata, seguendo una coreografia ripetitiva e quasi robotica. Il suo percorso subisce una svolta quando incontra una donna, che lo spinge a evadere da questo ciclo opprimente e a riscoprire una connessione umana in un mondo sempre più disumanizzato.

“Anima” è un’opera visiva di grande impatto che trascende la definizione di semplice videoclip. La regia di Paul Thomas Anderson si sposa perfettamente con le musiche di Thom Yorke, creando un’esperienza immersiva e psichedelica. L’uso di coreografie complesse e di un’estetica visiva che richiama il cinema muto e l’espressionismo tedesco conferisce al corto un’aura di profonda malinconia e allo stesso tempo di speranza. Il film esplora temi universali come la solitudine, l’alienazione nella società moderna e la ricerca di un senso di appartenenza. “Anima” non si limita a illustrare le canzoni, ma le eleva a una nuova forma d’arte, diventando un “musical” atipico e un esempio di come la collaborazione tra talenti di diversi ambiti possa generare opere di straordinaria risonanza emotiva.

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Regia di Věra Chytilová. Un film con Ivana Karbanová, Jitka Cerhová. Titolo originale: Sedmikrásky. Genere: Commedia, Drammatico, Sperimentale, Surrealista. Paese: Cecoslovacchia. Anno: 1966. Durata: 74 min. Consigliato a: da 13 anni. Valutazione IMDb: 7.5.

Due giovani amiche, entrambe di nome Maria, decidono che il mondo è corrotto e che, di conseguenza, anche loro si comporteranno male. Iniziano così una serie di avventure anarchiche e irriverenti, che le vedono ingannare uomini anziani per ottenere cibo e denaro, distruggere oggetti e, in generale, provocare caos. Le loro azioni, apparentemente prive di senso, sono un’esplorazione del nichilismo e della ribellione contro il conformismo, in un’atmosfera volutamente caotica e senza una trama lineare.

Film manifesto della Nová vlna, il movimento della nuova onda cecoslovacca, “Le margheritine” è un’opera di rottura radicale, tanto nello stile quanto nel contenuto. La regia di Chytilová è audace e innovativa, caratterizzata da un montaggio frenetico, effetti visivi psichedelici e un uso avanguardistico del colore e del bianco e nero. Il film non segue una logica narrativa tradizionale, ma si basa su una serie di sketch e allegorie che esplorano i temi della libertà, del consumismo e della repressione sociale. Le due protagoniste incarnano un femminismo sovversivo e giocoso, che deride le convenzioni patriarcali dell’epoca. Censurato dal regime comunista cecoslovacco per il suo “nichilismo” e per lo “spreco di cibo” mostrato in una famosa scena del banchetto, il film ha avuto un impatto culturale duraturo, diventando un’icona del cinema underground e della critica politica attraverso la satira surrealista.

Regia di Alain Robbe-Grillet. Un film con Jean-Louis Trintignant, Ivan Mistrík, Zuzana Kocúriková, Sylvie Bréal. Titolo originale: L’homme qui ment. Genere: Drammatico, Sperimentale, Mistero. Paese: Francia, Cecoslovacchia. Anno: 1968. Durata: 96 min. Consigliato a: da 16 anni. Valutazione IMDb: 6,8.

Boris Varissa, uno straniero misterioso e ambiguo, arriva in un piccolo villaggio dell’Europa dell’Est. Afferma di essere un partigiano che ha combattuto durante la guerra, ma le sue storie sono contraddittorie e cambiano continuamente. Il suo scopo è trovare l’eroe locale, Jean Robin, ma le sue identità multiple e le sue menzogne disorientano gli abitanti del villaggio, confondono la distinzione tra verità e finzione.

Diretto da Alain Robbe-Grillet, figura di spicco del “Nouveau Roman”, il film è un’opera sperimentale che sfida le convenzioni narrative tradizionali. La regia è complessa, frammentata e si basa su un montaggio non lineare, con scene che si ripetono con leggere variazioni, riflettendo la natura inaffidabile del protagonista. Il film non ha una trama vera e propria, ma è piuttosto un’esplorazione del concetto di identità, memoria e menzogna. L’interpretazione di Jean-Louis Trintignant è eccezionale, capace di incarnare un personaggio elusivo e camaleontico. L’opera si distacca dal cinema convenzionale, richiedendo allo spettatore un’attenzione e una partecipazione attiva. È un film difficile e cerebrale, ma rappresenta un’importante testimonianza del cinema d’avanguardia europeo degli anni Sessanta, per la sua audacia stilistica e per il suo approccio intellettuale alla forma narrativa.

Locandina Qualcosa di Alice

Un film di Jan Svankmajer. Con Kristyna Kohoutová Titolo originale Neco z AlenkyAnimazionedurata 84 min. – Cecoslovacchia, Gran Bretagna, Germania, Svizzera 1987.

Alice è una bambina che immagina di lanciare sassi sulla riva di un fiume ma che, in realtà, vive in vecchio condominio circondata da bambole decrepite, cianfrusaglie scrostate ed animali imbalsamati. Quando un coniglio impagliato, all’improvviso, si anima fuggendo dalla teca di vetro nella quale era rinchiuso, Alice lo insegue a perdifiato, non esitando ad infilarsi all’interno del cassetto di una scrivania pur di raggiungerlo. Comincia così quest’opera monumentale del maestro Jan Svankmajer, forse l’ultimo vero surrealista ancora vivente in Europa, purtroppo ancora troppo poco conosciuto dal grande pubblico.

Alice (1988) on IMDb
Locandina Otesánek

Regia di Jan Švankmajer. Un film con Veronika Žilková, Jan Hartl, Jaroslava Kretschmerová, Pavel Nový. Titolo originale: Otesánek. Genere: Horror, Commedia nera, Fantastico. Paese: Repubblica Ceca, Regno Unito, Giappone. Anno: 2000. Durata: 132 min. Consigliato a: Per un pubblico maturo. Valutazione IMDb: 7.5.

Una coppia non può avere figli e, disperata, decide di adottare una radice d’albero che l’uomo scolpisce dandole le sembianze di un bambino. Miracolosamente, la radice prende vita, ma il “bambino” Otesánek si rivela avere un appetito insaziabile, crescendo a dismisura e divorando chiunque gli capiti a tiro, dai vicini di casa agli animali domestici. La coppia tenta di nascondere la sua natura mostruosa, ma la situazione diventa sempre più insostenibile.

“Otesánek” è un’opera geniale e disturbing di Jan Švankmajer, maestro dell’animazione surrealista e del cinema d’avanguardia. Il film, che mescola live-action e animazione stop-motion in modo impeccabile, è una rilettura inquietante e profondamente originale di una fiaba popolare ceca, trasformandola in una cupa allegoria sui desideri repressi, la maternità e l’ingestibilità delle proprie creazioni. L’estetica macabra, le sequenze oniriche e l’umorismo nero creano un’esperienza visiva e concettuale unica, che sfida le convenzioni e rimane impressa nella mente dello spettatore. È un capolavoro del cinema surrealista, imprescindibile per chiunque cerchi qualcosa di davvero fuori dagli schemi.

Otesánek (2000) on IMDb

Regia di Roman Polanski. Un film Da vedere 2005 con Ben KingsleyFrances CukaBarney ClarkLewis ChaseJake CurranHarry EdenCast completo Titolo originale: OLIVER TWIST. Genere Drammatico – Gran BretagnaRepubblica cecaFranciaItalia2005durata 130 minuti. Uscita cinema venerdì 21 ottobre 2005Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,09 su 21 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Se c’è chi pensa che il detto “si nasce rivoluzionari e si muore conservatori” valga per il Roman Polanski che “illustra” (come alcuni hanno scritto) “Oliver Twist” di Dickens non si illuda. Il regista di Rosemary’s Baby e di Il coltello nell’acqua ha conservato intatto il proprio sguardo attento agli angoli oscuri della società e della psiche. Uno sguardo mediato dall’esperienza di Il pianista e proprio da quel film di successo stimolato a rivisitare il proprio passato di bambino salvatosi dal ghetto di Cracovia con la madre uccisa ad Auschwitz. Lo fa per l’interposta persona di uno dei personaggi più famosi dell’universo dickensiano, quell’Oliver Twist che ha già costituito una fonte di ispirazione per il cinema.
Polanski legge la vicenda narrata dal grande autore inglese immergendola in una miseria materiale e morale quasi palpabile. Osservate l’illuminazione del film: è dominata da un buio sporco, per nulla gotico ma carico invece delle scorie prodotte dall’abbrutimento dell’essere umano al contempo carnefice e vittima nel tragico incedere dell’industrializzazione forzata. La luce di una bella giornata di sole è un fatto quasi incidentale, secondario, non “normale”. Così al centro della storia sono sì le vicende dell’innocente orfanello costretto a far parte di una banda di ladri organizzati. Ma chi gli ruba il proscenio è Fagin nell’interpretazione magistrale che ne dà un irriconoscibile Ben Kingsley. È lui, padre e padrone della banda di ladruncoli, che detta i ritmi della vicenda con il suo corpo laido che percorre le stanze e le vie del degrado umano ricordando a tratti le caricature infami con cui i nazisti dileggiavano gli ebrei. 

 Oliver Twist
(2005) on IMDb
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