Famoso industriale e attrice scompaiono alla stessa ora e nelle stesse circostanze. Ricompaiono e scompaiono due volte, tornando con un annuncio extraterrestre: al bando le armi atomiche! Col suo cinema della facilità e dell’imbroglio, adornato di brillanti paradossi e di esercizi di prestigio, Lelouch porta la sua pietruzza alla causa del disarmo nucleare.
Film politico collettivo diviso in 11 sequenze con introduzione ed epilogo: 1) “Bomb Hanoi!”; 2) “A parade is a parade”; 3) “Johnson piange”; 4) “Claude Ridder”; 5) “Flashback”; 6) “Camera Eye”; 7) “Victor Charlie”; 8) “Why We Fight”; 9) “Fidel Castro”; 10) “Ann Uyen”; 11) “Vertigo”. 6 registi e 150 tecnici per un film militante _ girato in 16 e 35 mm, prodotto e supervisionato da Chris Marker _ che sposa esplicitamente una tesi, quella contro gli Stati Uniti e a favore del popolo vietnamita. Fu il preludio agli Stati generali del cinema, creati in Francia durante il maggio ’68, e aprì la strada ad altre esperienze collettive di cinema militante che furono fatte in Francia e in altri Paesi d’Europa dopo il ’68 e negli anni ’70. Le sequenze documentaristiche in senso stretto (portaerei americana, Saigon, la giungla, manifestazioni pro e contro la guerra) sono dovute a Ivens, Lelouch, Klein o ad anonimi operatori di cinegiornali. L’episodio più citato (“Camera Eye”) è la confessione di Godard che _ tra paradossi, sincerità, dubbi, incertezze, esibizionismi _ ricalca la tesi guevarista dei molti Vietnam; il più problematico (“Claude Ridder”) è di Resnais-Sternberg che tenta il ritratto di un intellettuale parigino “di cattiva coscienza e dunque di mala fede”. Come organizzatore e impaginatore, il vero autore del film è Marker con la sua visione terzomondista e la sua appassionata utopistica volontà che il Vietnam parli all’Europa.
Si tratta della rievocazione di cinquanta anni di vita francese, attraverso le avventure della figlia di un industriale calzaturiero, che prima s’innamora di un cantante e poi di un ladro.
Vengono narrate le vicende di 4 famiglie che vivono rispettivamente negli Usa, in Urss, in Germania e in Francia nel corso di 45 anni di storia che precedono, attraversano e seguono la Seconda Guerra Mondiale. La musica (che comprende, oltre a pezzi jazz e canzoni popolari, il Bolero di Ravel e brani di Chopin, Liszt, Brahms e Beethoven) fa da trait d’union tra le differenti storie. “La memoria compie al nostro posto delle scelte che intervengono sulla nostra personalità e fanno di ognuno di noi il riflesso di ciò che il nostro cervello ha immagazzinato”. Così Claude Lelouch che alla memoria affida la riuscita di questo film dalle proporzioni monumentali già nell’impianto cronologico. Si va infatti dal 1936 al 1981 e il materiale di base è fornito dai suoi ricordi personali e da ciò che gli è stato raccontato.
Protagonisti sono cinque estrosi malviventi, che adottano coperture ideologiche per ogni crimine: rapiscono Johnny Hallyday, cantante di successo del sistema neocapitalistico, dirottano un aereo in Africa dove sono accolti trionfalmente dalla popolazione come rivoluzionari, e infine organizzano il rapimento del Papa, chiedendo come riscatto un franco ad ogni cattolico del mondo.
Due vedovi si incontrano durante una visita al collegio dei rispettivi figli, si rivedono, si separano, si ritrovano ancora, rimanendo fondamentalmente sé stessi. È il 6° film di Lelouch il più bel fotoromanzo della storia del cinema (francese)? “Anche l’amore è inquadrato in un’ottica piccolo borghese che, inserendo il sentimentalismo del vivere quotidiano negli stilemi romantici, rasenta il Kitsch ma crea una serie di trappole sentimentali nelle quali è difficile non cadere.” Un critico francese lo definì un’autentica impresa di seduzione, un tranquillante su pellicola. Tutto è ripulito, levigato, dolce come la pelle di un bebé, fresco come l’alito Colgate. Anche la morte è ingentilita, disumanizzata. Dove non arriva la sua poetica di carosello pubblicitario, a colpi di zoom e di carrelli frenetici, subentra la musica carezzevole di Francis Lai con il suo motivo conduttore. Oscar per il miglior film straniero e Palma d’oro a Cannes. Seguito da Un uomo, una donna oggi (1986)
Pregiudicato decide di rapinare in una gioielleria sulla Croisette di Cannes. S’innamora di un’antiquaria e si camuffa da vecchio e ricco uomo d’affari. Ventura e la Fabian hanno preso un premio per il miglior attore e attrice al Festival di San Sebastian. È uno dei film più maturi e completi di Lelouch proprio perché non ha troppe pretese: una storia d’amore movimentata da un pizzico di giallo.
Fotografo “d’assalto”, Jacques Kaminski ha viaggiato molto e amato molte donne, dalle quali ha avuto 4 figlie che ha sempre trascurato per lavoro e viaggi. Passati i 70, è in montagna con l’ultima compagna quando riceve la visita delle ragazze. Loro sanno il motivo di questa riunione di famiglia, lui no. Uscito in Italia con 3 anni di ritardo, è forse il più autobiografico dei film del francese Lelouch (che ha 7 figli da 5 donne diverse) e che dà a Hallyday (troppo dedito a chirurgie plastiche facciali) l’onore e l’onere di mettere a nudo la sua dimensione più intima e personale. Come sempre ci mette il carico di citazioni cinefile e autocitazioni, di tante musiche (quelle che ama di più), di eccessi qua e là di zucchero e buoni sentimenti familiari. Risultato abbastanza noiosamente egoriferito, ma con eleganza.
Ci sono giorni in cui tutto va storto… e notti di luna piena malefiche: s’intrecciano gli itinerari di tredici personaggi che il destino riunisce a Marne-la-Coquette. Il tappeto è tessuto bene, gli attori sono bravi per brio e naturalezza, i dialoghi funzionano, i piccoli drammi quotidiani sono gonfiati a misura di tragedia per rotocalchi rosa.
Ciò che l’occhio non vede è una sorta di documentazione d’autore firmata da otto registi durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. Il critico Tullio Kezich scrive a proposito di questo documento: «Ciò che l’occhio non vede lo vede l’obiettivo della macchina da presa. Questa tesi, che si direbbe di ispirazione antonioniana, mosse quattro anni fa l’iniziativa del produttore americano David L. Wolper che in occasione dei giochi di Monaco ha invitato alcuni autori cinematografici a illustrare ciascuno un aspetto della manifestazione.
È la storia di due destini che s’incrociano: un spregiudicato industriale sottaniere (Tapie) e un attore frustrato (Luchini) che fa il poliziotto hanno disturbi di stomaco ed entrambi fanno una Tac. Per vendicarsi dell’industriale infedele, una bella dottoressa (Martines, moglie di Lelouch) scambia i referti, cambiando la vita a entrambi. 35° film di Lelouch: divertente, spiritoso, ben recitato, infarcito di un’overdose di aforismi da Baci Perugina. Ottima A. Aimée come vedova in gramaglie che accalappia al cimitero vedovi benestanti. Imprenditore ingegnoso e discusso uomo politico, ex ministro con conti da regolare con la giustizia, noto in Francia quasi quanto Silvio Berlusconi in Italia, Tapie se la cava bene anche come attore.
Lelouch scrive e dirige ed è fedele a se stesso e alla prima opzione del cinema che è quella di essere diverso dalla vita, lui dice più grande della vita. E ricorre l’eterno tema lelouchiano del caso che determina la vita. Miriam perde il figlio e il compagno in un incidente di mare. Per affrontare il dolore che la travolgerebbe decide di ripercorrere da sola il viaggio favoloso che avrebbero dovuto fare tutti insieme, e di documentarlo con una telecamera. E c’è un docente-attore canadese che la cerca dovunque fino ad incontrarla. Il finale è lieto. Ma la trama serve solo al “cinema” che c’è intorno. Ecco la Venezia dei ponti e dei canali, e poi Parigi, ecco i balli tipo Folies bergères e le giravolte dei Dervishi e lei, la Martines, sempre in scena, sempre oltre le righe, o troppo felice o troppo sofferente, o troppo bella o troppo sciupata. Lei depone fra le onde la videocassetta che ha girato, per i suoi cari rimasti in mare. E quando è pronta per il grande appuntamento nell’altra vita, ecco che questa vita riprende il sopravvento. Cinema per il cinema. Niente è reale, non c’è un minimo di verità, c’è troppa letteratura, troppa bellezza e poesia. Il film non è stato bene accolto al festival di Venezia. Certo, adesso il cinema avrebbe altre funzioni, sempre più vicine alla realtà, quando non ci sono di mezzo gli effetti speciali. E pur essendo, in quella “chiave normale” tutto sbagliato, noi riteniamo che questo sia un grande film, uno dei più vivi e potenti delle ultime stagioni. Nonostante le due principali presenze maschili: Arditi ha sempre lo sguardo languido del seduttore, ed è ridicolo; Hollagne – il giovane cui alla fine approderebbe Miriam – sembra un saltarello, imbarazzante tanto è brutto. Alessandra è straordinaria, davvero completa, e magica. Non ne abbiamo un’altra. Ha ottenuto il premio come migliore attrice al festival di Chicago.
Èun atto d’accusa contro la pena di morte. Un operaio, sposato e con figli, è affetto da un complesso di origine sessuale che lo ha spinto a uccidere tre prostitute. Quando viene identificato e arrestato, confessa ed è condannato alla pena capitale, benché al momento dei tre delitti non fosse in grado di intendere e volere.
Protagonisti sono cinque estrosi malviventi, che adottano coperture ideologiche per ogni crimine: rapiscono Johnny Hallyday, cantante di successo del sistema neocapitalistico, dirottano un aereo in Africa dove sono accolti trionfalmente dalla popolazione come rivoluzionari, e infine organizzano il rapimento del Papa, chiedendo come riscatto un franco ad ogni cattolico del mondo.
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