Intorno al 1880 una diligenza parte con sette passeggeri da Tonto diretta a Lordsburg, nel Nuovo Messico, attraverso un territorio occupato dagli Apaches di Geronimo. Per la strada sale Ringo, ricercato per un delitto che non ha commesso. Dovrà vedersela con i fratelli Plummer, i veri responsabili del crimine di cui è accusato. Sceneggiato da Dudley Nichols sulla base del racconto Stage to Lordsburg di Ernest Haycox (ispirato a Boule de suif di Maupassant), è forse _ almeno in Italia per due generazioni di critici e di cinefili _ il western più famoso e amato di tutti i tempi. Questo “Grand Hotel” su ruote, come fu definito sul New Yorker, si presta a letture di ogni genere, come ogni classico. Ebbe 5 nomination agli Oscar e ne vinse 2: Mitchell (attore non protagonista) e la musica, che attinge al folclore americano. Il western precedente di Ford è del 1926.
Dal romanzo Il postino suona sempre due volte (1934) di James Cain: malmaritata a un uomo più vecchio di lei, una donna induce un giovane vagabondo di cui è diventata l’amante a uccidere il consorte in un incidente automobilistico truccato. Qualcosa di più di un film: una bandiera, un manifesto, un simbolo. Memorabile esordio di Visconti, aprì la strada al neorealismo postbellico, agganciò il cinema italiano alla cultura europea della crisi, fu la scoperta di un’Italia amara, fatta con violento pessimismo, tramite il filtro del romanzo nordamericano e del realismo francese di J. Renoir. Nonostante difetti, eccessi, compiacimenti estetizzanti, un ammirevole esempio di fusione tra realismo e decadentismo. Scritto da Visconti, G. De Santis, M. Alicata, M. Puccini e, non accreditati, R. Assunto e S. Grieco. Fotografia: Aldo Tonti, Domenico Scala. Musica: Giuseppe Rosati. Marcuzzo (nel film lo Spagnolo) fu impiccato per errore con il fratello Armando (e seppelliti vivi) nell’aprile 1945 da una banda di partigiani, comandata dal sanguinario Gino Simionato detto il Falco che, con altri 3, fu indagato e prosciolto nel ’54 per amnistia. Il romanzo di Cain fu filmato dal francese P. Chenal (1939) e dagli americani T. Garnett (1946) e B. Rafelson (1981).
1897-98 nelle campagne della Bassa bergamasca: la vicenda corale di alcune famiglie contadine che lavorano la terra a mezzadria tra duri sacrifici, ma con grande dignità. Solenne e sereno, grave e pur lieve come le musiche di Bach che l’accompagnano, il 9° di Olmi è _ con Novecento (1976) di B. Bertolucci che è il suo opposto _ il più grande film italiano degli anni ’70, e l’unico, forse, in cui si ritrovano i grandi temi virgiliani: labor, pietas, fatum. Gli sono stati rimproverati una rappresentazione idealizzata, troppo lirica, del mondo contadino, la cancellazione della lotta di classe, la rarefazione spiritualistica del contesto sociale.È indubbio che al versante in ombra (grettezza, avidità, violenza, odi feroci) del mondo contadino Olmi ha fatto soltanto qualche accenno, e in cadenze bonarie, ma anche in quest’occultamento è stato fedele a sé stesso e alla sua pietas. Il sonoro originale fu doppiato dagli stessi attori non professionisti in un dialetto italianizzante. Alcune copie circolarono con sottotitoli in italiano nei dialoghi più ostici. Venduto in un’ottantina di nazioni. Palma d’oro e Premio Ecumenico a Cannes. César per il film straniero in Francia.
Un vecchio medico parte in auto con la nuora, carica vari autostoppisti, va a trovare la vecchissima madre, arriva all’università di Lund dove si festeggia il suo giubileo, il 50° anniversario della sua attività professionale. Alle vicende del viaggio si alternano sogni, incubi, ricordi che si fanno parabola sulla morte nascosta dietro le apparenze della vita. “Non avevo capito che V. Sjöström si era preso il mio testo, l’aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue esperienze… Si era impadronito della mia anima nella figura di mio padre e se ne era appropriato” (I. Bergman). È, forse, il più alto risultato di Bergman negli anni ’50. Orso d’oro al Festival di Berlino 1958 e molti altri premi. Il grande regista e attore Sjöström (1879-1960) morì 3 anni dopo le riprese.
Mentre sta portando a termine la ricostruzione dello scheletro di un dinosauro, un goffo paleontologo s’imbatte in Susan, ricca ed eccentrica signorina che, invaghitasi di lui, gli combina un sacco di guai. Di questo capolavoro della screwball comedy degli anni ’30 Hawks, produttore-regista per la RKO, diceva che ha un grave difetto: tutti i personaggi sono picchiatelli sebbene, nonostante le apparenze, il più “normale” sia proprio Susan.
Un film di Charles Chaplin. Con Isobel Elsom, Charles Chaplin, Martha Raye, Mady Correll, Allison Roddan.Comico, Ratings: Kids+13, b/n durata 122 min. – USA 1947. MYMONETRO Monsieur Verdoux valutazione media: 4,57 su 18 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Per mettere al riparo dalla rovina economica la moglie e il figlio, Verdoux, bancario licenziato, corteggia ricche vedove, le sposa e poi le uccide intascandone i quattrini. Lo stratagemma dura per anni, finché, quando la moglie e il figlio muoiono, Verdoux si costituisce. Viene condannato a morte e fa notare che, a confronto delle spaventose stragi di cui è capace la guerra moderna, il suo delitto è ben poca cosa.
Un film di Robert Bresson. Con Claude Laydu, Jean Danet, Jean Rivière, André Guibert, Antoine Balpêtre, Bernard Hubrenne, Gaston Séverin. Titolo originale Le journal d’un curé de campagne. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 110′ min. – Francia 1950. MYMONETRO Il diario di un curato di campagna valutazione media: 4,50 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un giovane parroco frequenta un castello il cui padrone, un conte, inganna la moglie con grande pena del figlio. Il prete si attira l’ostilità di entrambi. Malato di cancro, va a morire in casa di un prete spretato.Splendida, austera trasposizione del romanzo (1936) di Georges Bernanos. “Un’opera tutta fatta di verità interiore ha potuto per la prima volta passare sullo schermo senza la più piccola concessione” (Julien Green). Indimenticabile.
Nell’ottobre 1957, mentre i paracadutisti del colonnello Mathieu rastrellano la Casbah, Ali La Pointe, uno dei capi della guerriglia algerina, rievoca il passato, l’organizzazione dell’FLN (Fronte di Liberazione Nazionale), gli attentati, gli scioperi, le delazioni. Ali La Pointe è ucciso, ma tre anni dopo, in dicembre, il popolo algerino scende in piazza, proclamando la propria volontà di indipendenza. Sobria rievocazione di taglio documentaristico sulla base di una solida sceneggiatura di Franco Solinas che, con forte coralità e qualche dilatazione nelle fasi degli attentati, mostra una guerra di popolo, spiegando anche le ragioni del “nemico”, i francesi. Leone d’oro a Venezia, il film ebbe vasta risonanza internazionale, soprattutto sui mercati di lingua inglese, diventando, fra l’altro, un film di studio per le Black Panthers. Musica di E. Morricone e splendido bianconero scope di Marcello Gatti.
I meriti più evidenti dell’opera includono un cast impeccabile. Sarebbe difficile immaginare attori diversi al posto di Claude Rains e Cary Grant, apoteosi dei loro personaggi sullo schermo. La scelta di Ingrid Bergman era quasi indispensabile, insieme a Casablanca sarebbe stato uno dei ruoli iconici della sua carriera. Ma il vero trionfo del film è la complessità emotiva e morale della vicenda. Lo script di ferro di Ben Hecht e Oden Clifford è geniale nel gioco di due uomini, uno contro l’altro, innamorati della stessa donna: l’intreccio sentimentale più lineare che esista. È l’anatomia di una storia d’amore in cui ne sono mappati gli elementi di contraddizione, tra tradimento e lealtà, tra onore e irresponsabilità. Una duplicità che serve ad intensificare la potenza del suo finale dall’impianto quasi bressoniano. Per il cineasta il film è ricco di echi delle sue opere precedenti e future e segnato dalla presenza di temi molto ricorrenti nella sua cinematografia (dall’inganno di identità alle madri invadenti). La pellicola fu una delle esperienze hollywoodiane di maggior successo per il grande maestro, dopo Rebecca, la prima moglie il regista cominciò a ad andare maggiormente incontro ai gusti del pubblico e agli stilemi americani. Durante la preparazione della sceneggiatura Hitchcock si mise alla ricerca di un Mac Guffin attorno a cui far ruotare la storia e alla fine decise che i cospiratori avrebbero trafficato illecitamente dell’uranio allo scopo di realizzare una bomba atomica. Gli Studios si disinteressarono addirittura al film, pensando che il MacGuffin fosse troppo ridicolo. Ironicamente Hitchcock aveva centrato l’elemento segreto e l’FBI lo aveva seguito per tre mesi per scoprire la fonte della sua informazione. Nel 1946 il governo degli Stati Uniti era ancora molto sensibile all’argomento e J. Edgar Hoover, allora capo del FBI secondo alcune indiscrezioni si mostrò titubante per la realizzazione del film, fermo restando che nel copione non vi era alcuna menzione del FBI o di armi nucleari. È celeberrima la sequenza che partendo dall’alto di una scalinata (uno dei topoi adorati dal maestro del brivido, essendo la scala sempre al centro di moltissime scene madri dei suoi film), con un vertiginoso movimento di gru, arriva scendendo in mezzo ad una folla fino ad una chiave stretta nelle mani di Ingrid Bergman. Da antologia. Per TruffautNotorius è la quintessenza di Hitchcock.
Fotoreporter costretto all’immobilità per una frattura alla gamba inganna il tempo spiando i vicini. Convinto di avere scoperto un assassino nella casa dirimpetto, riuscirà, con l’aiuto della fidanzata, a far luce su un delitto. E a rompersi l’altra gamba. Tratto da un racconto di Cornell Woolrich e sceneggiato da J.M. Hayes (che per Hitchcock ha scritto anche Caccia al ladro , La congiura degli innocenti e L’uomo che sapeva troppo ), è un classico (per alcuni “il” classico) di Hitchcock, uno dei suoi film più armoniosi e meglio costruiti, un capolavoro di economia e di ingegnosità che agisce come una pentola a pressione: nulla viene disperso in pezzi di bravura e in virtuosismi. “È il film dell’indiscrezione, dell’intimità violata e sorpresa nel suo carattere più ignobile, della felicità impossibile, della biancheria sporca che si lava in cortile, della solitudine morale: una straordinaria sinfonia della vita quotidiana e dei sogni distrutti” (F. Truffaut). 3 nomination agli Oscar: sceneggiatura, regia, fotografia di R. Burks.
Il film si apre sull’inquadratura di un cielo nuvoloso. Attacca la voce fuori campo: “Questo è quanto io ricordo della storia di un giovane dalla personalità non comune che ebbi la ventura di incontrare in varie fasi della mia vita. Nell’estate del ’19 io ero di passaggio a Chicago, quando un mio amico, Elliott Templeton, che avevo incontrato a Londra e a Parigi, mi invitò a pranzo. Il ricevimento doveva aver luogo in uno di quei brillanti circoli di campagna tipici di quel dopoguerra americano…”. Il racconto è di Somerset Maugham (impersonato da Herbert Marshall), il grande scrittore inglese che pubblicò il romanzo nel 1944. Maugham conosce in pochi istanti, al suono di una dolce orchestra, tutti i personaggi che comporranno la storia: la stupenda Isabella (Tierney), la romantica Sofia (Baxter, premio Oscar), Gray (Payne), rampollo ricchissimo innamorato di Isabella. Ed è in scena anche Elliott (Webb), delizioso snob a oltranza (“… non capirò mai come si possa andare a Parigi senza abiti da sera…”). Poco dopo appare Larry, il protagonista, interpretato da Tyrone Power. Maugham continua il suo racconto: “È questo il giovane di cui scrivo. Non è celebre. Forse, quando la sua vita giungerà al termine, egli non avrà lasciato maggior traccia di quella che lascia il sasso che cade nell’acqua, e forse la vita che egli si è scelta avrà un’influenza sempre crescente sull’umanità e molto tempo dopo la sua morte ci si renderà conto che ai nostri tempi viveva una creatura non comune…”. Isabella vorrebbe sposare Larry, che però ha in programma una vita particolare: non lavorerà, ma girerà il mondo alla ricerca di se stesso. Isabella per un po’ lo aspetta, poi sposa Gray, mentre Larry continua la sua ricerca fra gli artisti di Parigi, i lavori in miniera, la frequentazione di ogni tipo di umanità, e l’India, dove un santone gli impartisce le lezioni decisive. Nel frattempo Sofia si è “perduta” e Isabella ha continuato a essere innamorata di Larry. È un’espressione esemplare del grande cinema di mestiere hollywoodiano. Un grande romanzo, di un grande scrittore, tradotto secondo le regole del grande cinema. La voce fuori campo rappresenta un altro esercizio strano e splendido. Il fraseggio della scrittura viene ridotto allo spazio della necessità del film, un’operazione che solo apparentemente è blasfema. La sintesi che ne risulta, rispetto al racconto, spesso è più efficace del romanzo stesso. Il compromesso filologico, in sostanza, può risultare ottimo cinema.
Da un romanzo di Budd Schulberg (autore anche della sceneggiatura) e articoli di Malcolm Johnson. Terry Malloy, scaricatore di porto ed ex pugile, ha per fratello il pezzo grosso di una gang che controlla il sindacato dei portuali di New York. Una faticosa crisi di coscienza lo spinge a testimoniare contro la sua corruzione criminale. Film nero _ girato per intero a New York, quasi sempre in esterni _ con forti implicazioni sociali, sottintesi etici, risvolti politici e accensioni melodrammatiche, è il trionfo dell’ambiguità di Kazan che, come Schulberg, aveva molti conti da regolare con i comunisti e li regola, imbrogliando le carte. È anche il trionfo di uno stile di recitazione, quello del Metodo, cioè dell’Actors’ Studio. Brando memorabile come il bianconero di Boris Kaufman. 7 Oscar (film, regia, sceneggiatura, fotografia, scenografia, Brando, Saint, montaggio) e un Leone d’argento a Venezia.
Intorno al 1630 il giovane guascone D’Artagnan arriva a Parigi. Diventato amico dei moschettieri Porthos, Athos e Aramis, entra anche lui al servizio di Luigi XIII. I quattro devono lottare contro gli intrighi del Cardinale Richelieu e della sua perfida agente Milady de Winter, riuscendo a salvare l’onore della regina, presunta amante del duca di Buckingham. Giustiziano Milady che ha ucciso il duca e una cameriera della regina, amata da D’Artagnan, che diventa luogotenente. Athos si ritira in campagna, Porthos si sposa, Aramis si fa abate. Dopo numerosi adattamenti del cinema muto, è il 1° film sonoro hollywoodiano (RKO) tratto dal popolare romanzo di Alexandre Dumas e, forse, il peggiore per fiacchezza di regia e di recitazione, nonostante la sceneggiatura dello stimato Dudley Nichols e dello stesso Lee.
La timida seconda moglie di Maxim de Winter, facoltoso gentiluomo della Cornovaglia, è ossessionata nella dimora di Manderley dall’immagine della prima moglie defunta. Dal romanzo (1938) di Daphne du Maurier. Dopo Intrigo internazionale il più lungo film di Hitchcock – qui al suo esordio a Hollywood – che gli valse 8 nomination e 2 premi Oscar (miglior film, fotografia di G. Barnes). Soprattutto nella 1ª parte una romantica, angosciosa, disperata mystery story. Nel racconto gotico è una vetta.
Ucciso un rivale in amore, l’operaio François si barrica nella propria stanza, assediato dalla polizia e rivive la sua storia. Una delle vette del realismo poetico francese prebellico. Determinante l’apporto dei dialoghi di J. Prévert alla sceneggiatura di Jacques Viot in questo film assai concreto, eppur ricco di echi simbolici che non contraddicono l’impianto realistico dell’azione.” ci ha sorpreso come una voce amica nel deserto” (E. Flaiano, 1940). Tutto concorre alla felicità creativa del risultato complessivo: il bianconero di Curt Courant, le scenografie di A. Trauner, la recitazione. Ma è straordinario l’uso del materiale plastico: le sigarette, l’orsacchiotto, la rivoltella, la sveglia, fotografie, cappelli, cartoline, mobili, fiori, ecc. Influenzò il cinema “nero” americano degli anni ’40. Rifatto a Hollywood nel 1947: La disperata notte.
Sostituita versione dvdrip con bdrip 720p.
I subita li ho tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Dal romanzo The Short Timers di Gustav Hasford: in un campo di addestramento dei Marines nel South Carolina diciassette giovani civili vengono trasformati in combattenti (macchine da guerra e di morte); partito per il Vietnam, Joker, uno dei diciassette, lavora per un giornale militare e si trova coinvolto nell’offensiva del Tet (1968). Per la prima volta in venticinque anni Kubrick fa i conti con la realtà di oggi, nuda e cruda, andando al di là del Vietnam per prendere a bersaglio l’atrocità del secolo, il tempo sporco della Storia. Iperrealistico, è un film in prosa asciutta, quasi sciatta, di una secchezza fertile, attraversato da una gelida brezza di umor nero sulla violenza dell’istituzione militare. Diffama la guerra e l’esercito. Girato interamente in Inghilterra. La voce italiana del sergente Hartman (Ermey) è di Eros Pagni.
Un film di Robert Wiene. Con Conrad Veidt, Werner Krauss, Friedrich Feher, Lil Dagover Titolo originale Das Kabinett des Dr. Caligari. Horror, Ratings: Kids+16, b/n durata 65′ min. – Germania 1920. MYMONETRO Il gabinetto del dottor Caligari [1] valutazione media: 4,52 su 15 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Nella cittadina tedesca di Holstenwall intorno al 1830 il dottor Caligari esibisce in un baraccone da fiera il sonnambulo Cesare, inconsapevole esecutore dei suoi delitti. Lo studente Franz scopre che Caligari è il direttore di un manicomio e lo smaschera. In una sequenza finale, ambientata nel manicomio, si viene a sapere che Franz è pazzo e che tutto il racconto è frutto di una sua ossessione. Responsabile della scelta, per le scene (tutte dipinte) e i costumi, dei pittori Walter Reimann, Walter Röhrig e dell’architetto Herman Warm e del regista Wiene (che sostituì Fritz Lang), il produttore Erich Pommer aggiunge il finale (e il prologo) alla sceneggiatura di Carl Mayer e Hans Janowitz. I due protestarono perché l’espediente contraddiceva le loro intenzioni satiriche contro l’autoritarismo prussiano che tende a trasformare gli uomini in automi. Opera espressionistica per eccellenza, capolavoro del muto di straordinaria influenza sul cinema successivo, è probabilmente il 1° film di culto della storia del cinema, il 1° film horror di valore e il 1° a proporre la teoria che il terrore psicologico può essere spaventevole quanto quello fisico. Oltre alla sua forza claustrofobica figurativa – frutto di un coerente apporto di scene, costumi, illuminazione, recitazione – che crea un mondo di caos, paura, incomunicabilità, il film è assai moderno nella sua tematica per l’intersecazione dei suoi livelli di realtà e l’ironica ambiguità del suo scioglimento. Intitolato Dott. Calligari (con 2 elle!) ottenne il nulla osta il 30-1-1924. Annullato dalla censura il 4-2, ripristinato il 4-9 e definitivamente vietato per decreto ministeriale il 14-12-1924.
I Thévenot e i Sénéchal continuano a scambiarsi inviti per un pranzo, ma non riescono mai a mangiare. Scritto col fido Jean-Claude Carrière, questo opus n. 30 dello spagnolo di Calanda è forse il suo film più francese e squisito: la trovata del Pranzo Continuamente Interrotto potrebbe far da motore a una commedia di boulevard. L’angelo sterminatore ha in mano il fioretto dell’ironia e lo maneggia con grazia incantevole, ma, surrealista sereno e sorridente, ricorre all’esplosivo onirico per far saltare in aria la borghesia e i suoi pilastri: polizia, chiesa, esercito. I sogni non servono a evadere dalla realtà, ma a farla conoscere più profondamente. Un compendio di tutto il cinema buñueliano.
Come una madre che osserva e veglia, nelle prime immagini del primo capolavoro di Truffaut, quello che lo ha fatto passare dai banchi di scuola dei “Cahiers du Cinema” alla cattedra della macchina da presa, la Tour Eiffel è sempre presente, e domina Parigi. I 400 colpi è anche il primo film del personaggio Antoine Doinel, alter ego del regista, sempre interpretato da Jean Pierre Leaud, che accompagnerà nella vita cinematografica il cineasta francese.
Kyoto, periodo Heian. Un boscaiolo, un monaco e un vagabondo si interrogano su una vicenda, l’assassinio di un samurai e lo stupro di sua moglie per mano del bandito Tajômaru, che li ha coinvolti come testimoni. Mentre si susseguono le dichiarazioni dei protagonisti davanti a un tribunale sulla loro versione dei fatti, la verità anziché emergere sembra vieppiù allontanarsi.
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo