Walter ed Eve, giovani sposi in crisi, partono per un viaggio-salvezza in California. Durante il ritorno, i due offrono un passaggio ad un autostoppista: questi è un bandito in fuga.
Ritorno di Alberto Sordi dietro alla macchina da presa dopo alcuni anni. La sua interpretazione riesce in alcuni momenti a ritrovare i fasti di un tempo ma la regia lascia sempre a desiderare sul piano del ritmo narrativo. Questa volta si fa della satira sulle beghe televisive dei grossi gruppi italiani. Il successo non è arrivato neanche da parte del pubblico cinematografico. Segno che solo televisivamente il “nostro” Albertone raccoglie buoni esiti.
28 marzo 2023 – Sostituita versione tvrip con vhsrip migliore
Assunta Spina è un film del 1915 considerato uno dei film di maggiore successo del cinema muto italiano. All’estero è conosciuto anche con il titolo di Sangue Napolitano. La parte della protagonista venne affidata a Francesca Bertini, che aveva già recitato in teatro nell’omonimo dramma di Salvatore Di Giacomo in una parte secondaria, e interviene con una certa frequenza nella messa in scena, sì da essere considerata co-regista della pellicola.
Assunta Spina è fidanzata con un macellaio di nome Michele Boccadifuoco ma è anche corteggiata da Raffaele, che Assunta rifiuta senza remore. Per vendicarsi Raffaele invia una lettera anonima a Michele dicendo che la sua fidanzata quando lui lavora si consola con qualcun altro. Allora Michele decide di portare Assunta Spina a Napoli trovandole un lavoro in una lavanderia vicino alla sua macelleria. Il giorno del compleanno di Assunta il fidanzato Michele la porta a Posillipo ma lui non le presta molte attenzioni, finché arriva anche Raffaele. Per ripicca, decide allora di ballare con Raffaele, e il dramma va in scena
Dall’acclamato dramma dialettale in due atti (1909) di S. Di Giacomo, già filmato nel 1915 e nel 1928, adattato da Eduardo (riservandosi la parte del geloso Michele), concentra l’azione in una Napoli squallida e violenta, ritratta in due sequenze documentaristiche (il miracolo di San Gennaro, la processione) sotto l’influenza del neorealismo in auge; una sceneggiatura non priva di sconnessioni temporali nella prima parte, ma che dà risalto ai personaggi centrali: non soltanto a una A. Magnani di cupa intensità (luminosa e ridente soltanto nel flash-back al tabarin in un duetto con Eduardo), ma anche a un A. Centa in un insolito personaggio negativo senza riscatto. Merita di essere visto per il quarto d’ora finale con il dialogo tra Assunta e la timida guardia abruzzese Flaiano e l’uccisione fuori campo dell’ipocrita e bugiardo cancelliere. Fotografia: Gabor Pogany. Musiche: Renzo Rossellini.
Vita dura di un emigrato italiano negli anni Venti in Usa. Bandini, muratore, lavora solo nella bella stagione. D’inverno fa fatica a tirare avanti con la sua numerosa famiglia. Una calorosa vedova gli offre lavoro. Ma anche il suo letto.
Un giovane studente senegalese dopo la morte del padre emigra in Italia. Riesce a trovare un lavoro precario a Villa Literno, si trasferisce a Firenze da una cugina che fa l’indossatrice per poi giungere a Torino. Qui, grazie anche a un’insegnante di italiano, trova una situazione stabile. Ma un’aggressione razzista lo spinge a riconsiderare tutto.
Un telegramma dal Sud Africa riunisce e movimenta la vita di cinque fratelli: un vecchio zio è morto e la sua vedova è in arrivo. Tutti, ad eccezione di uno, cercano di evitare la zia che suppongono vecchia. Sorpresa: arriva una giovane in Cadillac accompagnata da un’altra giovane. Anche il testamento dello zio prende in contropiede i fratelli.
Un corteo in cui spiccano 5 donne cammina verso il cimitero di un villaggio tra i monti. Reggono le foto dei loro uomini perduti in guerra. La processione poi si divide in 2 gruppi, musulmani e cristiani. La stessa scena si ripete nel finale – dopo aver visto come gli uomini siano sempre pronti alla rissa tra le opposte fazioni e le donne, al contrario, unite nel voler distogliere a qualunque costo mariti e figli dalla violenza – con la domanda del titolo. 2° LM – dopo Caramel , 2007 – della Labaki che l’ha scritto con Jihad Hojeily, Rodney Al Haddid e Sam Mounier. Parlato in arabo da interpreti non professionisti, girato in 3 paesi, prodotto da Anne Dominique Toussaint, attiva dal 1990. Costumi della sorella della regista, Caroline, musiche del marito, Khaled Mouzanar. Per evitare di farne un’opera politicizzata, non si dice mai che l’azione si svolge in Libano, da molti anni e a più riprese in preda a una guerra civile in prevalenza di carattere religioso. Ricco di scene in cui si canta e si balla, si voleva farne una commedia più che un dramma, progetto riuscito in parte che si rivela come un limite. Premio del pubblico al Festival di Toronto 2011. Distribuisce Eagle.
Dal romanzo di Maria Giacobbi. A Nuoro viene dibattuto un processo. Un quattordicenne viene accusato dell’omicidio di un altro giovanissimo, Giosuè, ucciso per aver visto qualcosa che non doveva vedere. Emerge il quadro di una terra particolare come la Sardegna, dove i rapporti sono difficili e occorre sempre fare i conti con una certa cultura che rende tutto complicato, a cominciare dal legittimo bisogno di giustizia che anima la gente. Gli attori non sono professionisti, parlano la lingua del posto.
Alla vigilia delle nozze, Marisa (T. Aumont) va a farsi predire l’avvenire da Maria delle Rose Tarantino (L. Bosé), cartomante lucana immigrata a Milano, il cui figlio, apprendista stregone, la violenta. Scritto dal regista con Kim Arcalli e prodotto a basso costo, è un film rituale ed eccentrico sul disordine metropolitano e i suoi misteri, difficile da catalogare e da decifrare perché conduce il suo discorso per linee interne con accostamenti e contrapposizioni di carattere poetico più che prosastico, in continua oscillazione tra antropologia e psicanalisi, normale e paranormale, realistico e fantastico, magia e rivolta sociale. Eastmancolor di Dario De Palma. Insolita colonna musicale di Romolo Grano e Berto Pisano con un ossessivo brano di violino che fa da Leitmotiv, trascrizione di un brano popolare macedone. Una memorabile Bosé.
Paco è di origine spagnola e fa il panettiere ad Algeri insieme all’amico Said. Paco è sposato con Alice e ha due figli, Antoine e Vincent. Alice ha una sorella minore, Angéle, che lavora con lei alla fabbrica Bastos. Angéle è molto attratta da Said e assume nei suoi confronti atteggiamenti provocanti, che sconcertano Alice. In fabbrica le condizioni di lavoro sono pesanti e vengono commessi molti abusi, anche di carattere sessuale: alcune operaie, fra cui Angéle, ne hanno abbastanza e cominciano uno sciopero. Intanto Alice e Paco sono diventati gestori della panetteria, ma la rabbia e la violenza stanno per esplodere con conseguenze imprevedibili.
Un uomo in fuga (Montefiori), inseguito da un prete (Purdom), si ferisce gravemente mentre cerca di scavalcare il cancello di una villa abitata da una ragazza semiparalitica, dal suo fratellino, dalla baby-sitter e da qualche domestico. Condotto in ospedale, i medici disperano di salvarlo, ma, incredibilmente, le ferite si rimarginano e l’uomo, uccisa un’infermiera, elude la sorveglianza. Il prete spiega alla polizia che l’assassino è uno psicopatico al quale, tempo prima in Grecia, uno scienziato ha inoculato un siero che rigenera le cellule: praticamente indistruttibile e immensamente forte, può essere annientato soltanto con una pallottola nel cervello.
Cesàr è un giovane di successo che cambia continuamente amanti: una sera, a una festa, conosce e si innamora follemente di Sofia, ma il destino ha in serbo per lui un tragico scherzo: tornando a casa si imbatte infatti in una sua ex delusa, Nuria, che esce volontariamente di strada con la sua macchina, trovando la morte, e lasciando Cesàr sfigurato per sempre. In ospedale, il protagonista comincia però ad avere strane visioni e la sua vita cambia radicalmente quando Nuria torna a farsi viva, asserendo di essere Sofia. Clamoroso successo di pubblico in patria, film amatissimo da Tom Cruise che girerà il remake meno riuscito Vanilla Sky (durante la cui lavorazione inizierà la liason con la Cruz che porterà alla dissoluzione del suo decennale matrimonio con Nicole Kidman), Apri gli Occhi è l’affascinante e complessa opera seconda del talentuoso Amenabar: difficile da seguire e comprendere, per il continuo alternarsi di piani narrativi differenti e passaggi tra finzione e realtà, il film rappresenta un’affascinante incursione nel mondo del subconscio, dell’amore, della sfera emozionale che ognuno di noi possiede e che spesso fatica a emergere, affossata com’è dalla banalità del quotidiano: qui un evento tutto sommato comune, ma al contempo straordinario, come una storia d’amore si trasforma in efficace volano per riflettere sulle mille maschere che indossiamo ogni giorno e sui dubbi e le incertezze che attanagliano la nostra società. Impeccabile il cast, Noriega e Cruz in testa, e grande fotografia di Hans Burmann: tra forma e filosofia, vince il sentimento.
Film semi-musicale che impiega i divi della canzone del momento e che sembra realizzato anche allo scopo di far conoscere al grande pubblico le bellezze dell’arcipelago partenopeo.
Il capitano Hopper (Saxon) libera da un campo di prigionia vietcong i marines Bukowski e Thompson che per sopravvivere agli stenti e alle torture si sono abbandonati perfino ad atti di cannibalismo. Qualche anno dopo, Bukowski, dimesso dall’ospedale psichiatrico di Atlanta dove è stato curato per liberarsi dall’incubo della tragica esperienza, cade improvvisamente vittima dell’irresistibile impulso di nutrirsi di carne umana. Aggredita una donna in un cinematografo, si barrica in un supermercato e soltanto l’intervento di Hopper – accorso in aiuto della polizia – lo dissuade dal commettere una strage. Nuovamente ricoverato in ospedale, Bukowski incontra l’ex commilitone Thompson, tutt’ora affetto da smanie cannibalesche, e insieme con lui scatena il terrore tra le corsie.
In un’isola greca un uomo, diventato cannibale dopo essere rimasto senza viveri in un canotto in compagnia del cadavere della moglie, stermina una comitiva di turisti.
Due tra le più riuscite gag del grande attore romano scomparso nel 1936, Nerone e Medico per forza, vengono riproposti in questo spaccato artistico del comico dall’ironia tagliente e provocatoria.
Nel 1935 onesto impiegato municipale siciliano è costretto a iscriversi al PNF. Quando nel 1944 arrivano gli Alleati, il sindaco che, come podestà, gli aveva imposto di prendere la tessera fascista, lo epura. Con Anni facili e L’arte di arrangiarsi è la 1ª parte di una trilogia che Vitaliano Brancati scrisse per Zampa, traendola qui dal racconto Il vecchio con gli stivali (1944). Efficace mistura tra satira e pathos. Oltre alle violente ripulse sulla stampa di destra, dove si arrivò a chiederne il sequestro per diffamazione della patria, suscitò un acceso dibattito.