Sean Casey, ex poliziotto nominato Pubblico Ministero a New York nel processo contro un noto trafficante di droga accusato dell’omicidio di un ufficiale di polizia
Emily, poliziotta di New York, deve indagare sulla morte di un ebreo. Con l’assenso della famiglia dell’ucciso, la donna si inserisce in quell’ambiente e fa le sue indagini. Emily si trova ben presto a suo agio. Intanto ottiene dei risultati: trova il cadavere scomparso della vittima e raccoglie degli elementi che la portano a sospettare di una giovane drogata membro della comunità. I sospetti sono fondati. Emily, in quell’ambiente dalle regole tanto diverse, deve affrontare una crisi di identità. Non sarà mai più quella di prima. Un altro buon esercizio di Lumet, un autore coerente e costante, sempre promosso all’esame
Nell’estate 2006 a New York, dopo un lungo lavoro di preparazione con gli attori, all’età di 82 anni Lumet girò il film più angoscioso della sua carriera, il 45° per il cinema. La sceneggiatura, la prima, è del rinomato commediografo Kelly Masterson. Al sarcastico titolo italiano (il 4° comandamento del Decalogo di Mosè) si oppone quello originale, tratto da un arguto detto irlandese: “Meglio arrivare in paradiso mezz’ora prima che il diavolo sappia che sei morto”. È la storia di una famiglia della media borghesia che deve affrontare il peggiore dei nemici, sé stessa, in un conflitto che nasce dal denaro: la rapina in una gioielleria che ha tragiche e impreviste conseguenze è il motore dell’azione, esposta in una struttura temporalmente frantumata prima e dopo l’evento. Attraverso una trafila di debiti, falsi in bilancio, sensi di colpa, ricatti, tradimenti, vendette, provocando situazioni in cui ogni membro maschile della famiglia (donne quasi escluse) fa emergere il peggio di sé stesso, si arriva a un finale sconvolgente. Tragedia o melodramma? Il formidabile cast degli interpreti è una sfilata di Oscar, compreso quello alla carriera dato a Lumet nel 2005, ma anche tra le figure di contorno non mancano gli attori decorati con premi teatrali o televisivi. Occorre citare almeno Hoffman (doppiato da Pino Insegno) il cui talento gli ha permesso di essere promosso, come qui, da caratterista a protagonista.
Pete St. John (R. Gere) è un professionista di campagne pubblicitarie elettorali, “capace di trasformare Gheddafi in Babbo Natale”. Cinico senza freni, ha per avversario il suo ex socio e maestro (G. Hackman), persuaso, invece, che non si può lanciare chiunque. Scritto dal giornalista David Himmerlstein, è un film politico sulla politica, interessante per le riflessioni che suggerisce sulla natura della democrazia politica USA, sullo strapotere di manipolazione dei mass media nella civiltà dello spettacolo dove l’immagine conta più che le idee, l’apparire prevarica sull’essere. Generoso, ambizioso, apprezzabile come testimonianza della coerenza di S. Lumet, vecchio liberal, ma troppo verboso e predicatorio, con personaggi che sono portavoci di idee.
Danny Ciello, giovane detective della sezione narcotici, è convinto da due magistrati a collaborare a un’inchiesta sulla corruzione nella polizia di New York. Ispirato alla storia – vera – di Bob Lenci e al libro biografico di Robert Daley è uno dei migliori film USA del 1981. Oltre a essere un’inchiesta e una denuncia sulla corruzione nella polizia, è anche un esempio di superbo artigianato cinematografico, ricco di risonanze etiche e politiche. È il solo film in cui l’onesto Lumet sfodera un’energia alla Scorsese.
Un giovane poliziotto, ingenuo e onesto, rivela ai suoi superiori di aver scoperto le attività illegali di alcuni colleghi. Respinto e isolato, consapevole che la sua vita è appesa a un filo, rifiuta di legarsi sentimentalmente e si salva a stento da una missione mortale. Poco dopo, rivelate pubblicamente le sue scoperte, si dimette e si ritira in Svizzera.
Dopo aver vissuto alla giornata per anni, un uomo decide di mettere radici in un piccolo paese. Qui conosce una donna più anziana di lui, maltrattata dal marito infermo, e se ne innamora, ricambiato. Quando il marito scopre la relazione, scoppia il dramma: provoca un incendio nel quale trovano la morte i due sfortunati amanti.
Il più lungo processo per crimini della storia degli Stati Uniti giunge sullo schermo ad opera di un grande Vecchio del cinema americano: Sidney Lumet. Dopo anni di indagini la polizia riuscì a incriminare 20 membri della famiglia Lucchese con 76 capi d’imputazione. Il processo durò 21 mesi (1987-88) in un’aula in cui erano presenti 20 imputati con 19 difensori. Perché questa disparità? Perché il mafioso Jackie Dee DiNorscio (già condannato a 30 anni) non solo rifiutò di collaborare con la Giustizia ma decise di difendersi da solo. La sua incultura mista a uno spirito caustico e a una assoluta identificazione con la lealtà dovuta alla famiglia trasformò questo dibattimento in un evento. Il regista di film che rimangono nella storia del cinema giudiziario e poliziesco, con la libertà che è propria dell’età inoltrata si interessa a questo caso e ne trae una tragicommedia che ribalta i ruoli. Sin dall’inizio si fa il tifo per i cattivi (grazie anche a un Vin Diesel strepitoso nella versione originale) e che questo accada in un “Lumet’s movie” potrà forse indispettire qualcuno. Altri potranno invece (più proficuamente) chiedersi il perché. I tempi cambiano. Al cinema e nella realtà.
Ex carcerato vuole svaligiare in un sol colpo a Ferragosto tutti gli appartamenti di un lussuoso palazzo. Ha cinque complici e un boss mafioso che lo finanzia. Ma la polizia li tiene sotto controllo. Veloce, spezzettato, ritmo serrato e riprese concise, il film rispetta le regole del genere poliziesco, ma è anche un commento sull’America moderna: la manipolazione, il denaro, la corruzione. Da un romanzo di Lawrence Sanders.
Pregiudicato e scarcerato, un po’ ritardato e quietamente asociale, il giovane Jong-du di Seul corteggia Hang Gon-ju, handicappata cerebrolesa. Cerca di stuprarla, fugge, ritorna, avvia con lei una relazione fortemente emotiva che diventa amore, osteggiato dalle famiglie. Lui le restituisce la femminilità; lei lo fa sentire adulto e responsabile. Scandalo rientrato alla Mostra di Venezia 2002 dove vinse il premio per la regia e altri 4 minori tra cui quello della Fipresci e il Mastroianni a Moon So-ri, migliore attrice esordiente. Scandalo annullato dal rigore della messinscena dei due congressi carnali, l’uno straziante e l’altro tenero, e dalla capacità del regista/sceneggiatore, al suo 3° lungometraggio, di raccontare, senza demagogia, l’orrore che si cela nella rispettabilità egoistica e meschina della gente normale e delle convenzioni sociali. Definito dall’autore un film sui confini: tra normalità e handicap, tra realtà e fantasia, tra vita e cinema, tra crudezza e poesia. Una conferma della ripresa del cinema sudcoreano, iniziata a metà degli anni ’90, parallelamente al cambiamento del clima politico in senso democratico.
Famoso industriale e attrice scompaiono alla stessa ora e nelle stesse circostanze. Ricompaiono e scompaiono due volte, tornando con un annuncio extraterrestre: al bando le armi atomiche! Col suo cinema della facilità e dell’imbroglio, adornato di brillanti paradossi e di esercizi di prestigio, Lelouch porta la sua pietruzza alla causa del disarmo nucleare.
Serge Tanneur, stimato attore, si è ritirato in campagna dove vive come un eremita. Va a trovarlo Gauthier Valence, amico e collega, acclamato divo di una serie TV, che gli propone di rimettere in scena insieme Il misantropo di Molière, alternandosi nelle parti del protagonista Alceste e di quella di Philinte. Serge è scettico. Poi gli propone di fermarsi per fare insieme le prove dell’esperimento. La presenza inattesa di Francesca, una vicina italiana in partenza, seduce Serge. Dal “come” i 2 protagonisti si divertono a improvvisare la parodia dei modi di declamare i versi alessandrini, risulta che si parla anche di una specie di fantasia di potere. Quello della lotta per il potere è un tema serio espresso in modi leggeri. Quando Gauthier gli restituisce la gioia di vivere, Serge passa dalla misantropia vendicativa dell’inizio a un nobile distacco, finché nel finale si riconcilia con sé stesso. In qualche modo i 2 finiscono per farsi del bene l’un l’altro. Attori bravissimi, specialmente Luchini.
Si raccontano gli antefatti del serial TV Twin Peaks , cioè i sette giorni che precedono la morte di Laura Palmer, schiava della cocaina e di una dissoluta vita sessuale, vittima di un padre potenzialmente incestuoso che a sua volta è posseduto da un demone. Stroncato dai critici a Cannes, il film è alleggerito nella prima parte da graffiate umoristiche e grottesche e procede poi trasformandosi in un incubo sanguinoso. È sicuramente un’opera manierista, ma di alta classe, e di un pessimismo inquietante, avvolto dalla colonna musicale di Angelo Badalamenti di turgido maledettismo e da un sound design (di Lynch) che ne fanno un film sensitivo in cui i rumori hanno la stessa importanza espressiva (espressionistica) delle immagini. La sequenza della discoteca-bordello storpiata dal distributore italiano. “Sembra un pessimo film diretto da un ottimo regista, stanco di perder tempo con un pubblico televisivo!” (D. Malcolm).
“Turni di notte” di anziano neosposo che, non pago della moglie, non trascura le due cognatine. Quando decide di occuparsi anche della graziosa domestica gli viene un colpo. Interpretazione memorabile di Tognazzi, misurato protagonista di un film crudele, demistificatorio e non consolatorio (per lo spettatore) che si stacca dagli schemi della commedia all’italiana media. Fotografia: Lamberto Caimi. Musiche: Fred Bongusto. Dal romanzo La spartizione (1964) di Piero Chiara, scritto da Lattuada con A. Baracco, T. Kezich, P. Chiara. Girato a Luino (VA).
Un film intelligente e profondo che racconta la passione amorosa di un avvocato intrallazzone (Proietti) per una minorata mentale (Ann- Savoy) sullo sfondo di una Puglia tradizionalista e cattolica. L’avvocato Mazzacolli vuole mettere le mani sulle proprietà di una contessa (Papas) e – aiutato da un nobile locale (Scaccia) – inscena il rapimento della figlia ritardata che aveva chiesto in sposa. La manovra dovrebbe forzare la mano alla contessa, soprattutto per spingerla a concedere l’usufrutto delle proprietà al futuro marito. L’avvocato Mazzacolli si serve di un paio di complici sui quali vorrebbe far ricadere la colpa e la contesa non denuncia niente alla polizia, ma risolve in segreto il problema. Il finale è a sorpresa, anche perché l’avvocato non ha fatto i conti con l’amore, sentimento imprevedibile che modifica idee e situazioni.
Avventura veneziana assai Kitsch di una zitella americana (Hepburn in gran forma) con l’amante latino già sposato (chi se non Brazzi?). Regia accurata e convenzionale di Lean per un film turistico-sentimentale che spiacque ai critici, ma ebbe un grande successo nei paesi di lingua inglese, aprendo al regista la via alle successive coproduzioni internazionali. Bella fotografia di J. Hildyard. Tratto dalla commedia The Time of the Cuckoo (1952) di A. Laurents. Musiche di Alessandro Cicognini, il compositore preferito di V. De Sica. Titolo in GB: Summer Madness.
Brown è a capo di una potente organizzazione fuorilegge e il tenente Diamond cerca disperatamente di rintracciare Alicia, moglie di Brown, che con la sua testimonianza potrebbe far condannare il marito. Ma la donna è tenuta prigioniera dal gangster il quale, nel tentativo di fuggire in seguito al tradimento di alcuni suoi affiliati, porta con sé Susan, una splendida ragazza che lo amava prima di sapere chi egli fosse in realtà. Susan interessa anche a Diamond, il quale insegue i due e fa arrestare Brown, non senza qualche difficoltà.
Di Elizabeth Schragmüller, spia tedesca realmente vissuta e operante durante la prima guerra mondiale con il nome di “Fräulein Doktor”, si sa molto poco. Il primo che raccontò le gesta di questa temibile spia fu George Pabst nel 1936.
Cristoforo Colombo è uno sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI nel 1984 e andato in onda in quattro puntate nel marzo dell’anno seguente, per la direzione di Alberto Lattuada.
Tratto da Cristoforo Colombo di Massimo Grillandi, Cristoforo Colombo: diario di bordo di Alberto Lattuada e Brizio Montinaro e Cristoforo Colombo nella Genova del suo tempo di autori vari, è uno sceneggiato kolossal realizzato mediante una co-produzione internazionale.In esso vengono narrate le vicende relative al navigatore e cartografo genovese prima, durante e dopo la sua celebre spedizione alla scoperta di una nuova via navigabile per le Indie.Si racconta degli indizi che Colombo trovò in gioventù durante le sue navigazioni per mare e che gli suggerirono che fosse possibile traversare l’oceano Atlantico, e delle carte geografiche di cui si servì per determinare rotta e distanze durante il viaggio dell’ottobre del 1492.
Nella Firenze del Cinquecento, un avventuriero, per godere della moglie di un credulone sterile, organizza una colossale beffa con l’aiuto di un amico: per portarla a termine, si traveste prima da medico e poi da mendicante.
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