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Regia di Oliver Stone. Un film Da vedere 1986 con Tom BerengerWillem DafoeCharlie SheenJohnny DeppJohn C. McGinleyDavid NeidorfCast completo Titolo originale: Platoon. Genere Drammatico – USA1986durata 120 minuti. – MYmonetro 3,86 su 5 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Settembre 1967, la compagnia Bravo 2 americana agisce in Vietnam vicino al confine con la Cambogia. Tra i soldati c’è anche il nuovo arrivato Chris Taylor, partito volontario “perché non trovavo giusto che a combattere fossero solo i poveri o gli uomini di colore”. Al suo fianco ci sono il brutale e cinico sergente Bob Barnes e il più comprensivo e umano sergente Elias Grodin, che combatte già da tre anni, in continua lite sul da farsi. Il soldato è così iniziato alle marce estenuanti nella giungla, alle trincee da scavare, alle notti di guardia, alle imboscate dei vietcong e alle droghe per sostenere le atrocità. Diventato amico di Grodin, vendicherà lui e le tante crudeltà inflitte dall’altro ufficiale agli abitanti dei villaggi.

Platoon (1986) on IMDb

Ho rivisto questo film dopo tanti anni e mi ha colpito come e più della prima volta. Capolavoro. Willem Dafoe in stato di grazia.

Risultati immagini per Schindler's ListUn film di Steven Spielberg. Con Liam Neeson, Ben Kingsley, Ralph Fiennes, Caroline Goodall, Jonathan Sagalle.Titolo originale . Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 200 min. – USA 1993.MYMONETRO Schindler’s List * * * * - valutazione media: 4,32 su 190 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Tratto dal libro di Thomas Keneally è la vera storia di Oscar Schindler, industriale tedesco, che nel 1938 capisce che è bene legarsi ai comandanti militari. Li frequenta nei locali notturni, offre bottiglie preziose. Quando gli ebrei sono relegati nel ghetto di Cracovia Schindler riesce a farsene assegnare alcune centinaia come operai in una fabbrica di pentole. All’inizio sembra sfruttarli, in realtà li salva. Di fronte alla persecuzione tremenda, il tedesco trasforma quella sua prima iniziativa in una vera missione, fino a comprare letteralmente le vite di quasi milleduecento ebrei (la famosa lista) che sicuramente morirebbero nel campo di Auschwitz. Film concepito e costruito per essere definitivo, come memoria, opera d’arte e documento. La qualità cinematografica è altissima, del resto nessuno ne avrebbe dubitato conoscendo le attitudini di Spielberg. L’impressione in chi vede il film è profonda, molto studiata è la mediazione fra il cuore e il pensiero. Il regista ha usato il bianco e nero ispirandosi ai documentari dell’epoca nelle sequenze corali e alle immagini espressioniste nelle scene private. Ci sono momenti straordinari, come l’attacco al ghetto di Cracovia e alcuni episodi del campo di concentramento. Quando “tocca” Auschwitz e deve sintetizzare in pochi momenti al regista basta mostrare il grande fumaiolo nella notte per far capire tutto. C’è anche una piccola licenza squisitamente cinematografica, quando vediamo una bambina che riesce a salvarsi dalla strage del ghetto e poi la troviamo morta su un carro nel campo: per farla riconoscere le è stato colorato il cappottino di rosso pallido. Trattandosi del più importante cineasta contemporaneo, capace di muovere il costume, è doveroso essere severi. Ma è davvero difficile esere critici. Si può parlare di troppa Hollywood presente nonostante il tentativo di nasconderlo (certo, Spielberg non è Rossellini) e si può parlare di troppa pianificazione, anche strumentale: con tanto movimento (presentazioni in Germania, a Varsavia, in Israele, con l’avallo di Wiesenthal, il grande nemico dei nazisti, e con l’intervento delle potenti comunità ebraiche del mondo) come si sarebbe potuta negare a Spielberg una bella messe di Oscar? Infatti ne ha raccolti sette, compresi i due maggiori, al film e alla regia. Ma ribadiamo: è un film che “rimarrà”.

Schindler's List (1993) on IMDb

SACRIFICIO - Spietati - Recensioni e Novità sui FilmUn film di Andrei Tarkovsky. Con Erland Josephson, Susan Fleetwood, Gudrun Gisladottir, Allan Edwall, Sven Wollter, Valerie Mairesse. Titolo originale Offret/Sacrificatio. Drammatico, durata 145′ min. – Svezia 1986. MYMONETRO Sacrificio * * * * - valutazione media: 4,38 su 16 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Nella sua casa su un’isola svedese l’anziano intellettuale Alexander festeggia con i familiari il suo compleanno quando arriva per televisione l’annuncio di una catastrofe misteriosa. Ritrovando le parole del Pater Noster, Alexander lo invoca, offrendogli tutto quel che ha pur che tutto ritorni come prima. Dà fuoco alla sua casa, rinuncia al figlioletto, si vota al silenzio, accetta di essere scambiato per un folle. Caso più unico che raro di film in forma di preghiera, è una parabola mistica sull’assenza di spiritualità nella nostra cultura occidentale, fondata sull’avere più che sull’essere, e un apologo metafisico sulla paura e la disperazione rimossa dell’apocalisse nucleare. È anche una variazione sul tema dell’uccisione del Padre, ossia della figura che di generazione in generazione dev’essere venerata e, insieme, sacrificata, come suggerisce l’immagine finale del bambino, figlio amatissimo di Alexander, sdraiato sotto un albero spoglio. Questo film sul silenzio ha un fascino sonoro pari, se non superiore, a quello visivo, affidato al cromatismo depurato di Svan Nykvist, operatore prediletto di Ingmar Bergman. Lento e austero come una cantata di Bach, l’ultimo di A. Tarkovskij è uno dei suoi film più limpidi, fondato su una drammaturgia semplice, persino didascalica, sebbene non vi manchino i nodi enigmatici né i personaggi misteriosi (la moglie Adelaide; il postino che cita Nietzsche; l’umile serva islandese Marie dai poteri benefici; il medico di famiglia), ciascuno dei quali è una porta attraverso la quale, a sua scelta, lo spettatore può entrare nel film e dargli la sua interpretazione.

 Sacrificio
(1986) on IMDb
Dersu Uzala. Il piccolo uomo delle grandi pianure / Dersu Uzala ( Deruzu  uzâra ) [ Origine Spagnolo, Nessuna Lingua Italiana ]: Amazon.it: Film e TV

Un film di Akira Kurosawa. Con Juri Solomin, Maksim Munzuk, Yuri Solomin, Svetlana Danilchenko, Dmitri Korshikov. Titolo originale Dersu Uzala. Avventura, Ratings: Kids+16, durata 140′ min. – URSS, Giappone 1975. MYMONETRO Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure * * * * - valutazione media: 4,38 su 15 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


Da due libri di viaggio (1923) di Vladimir K. Arseniev: nel 1902 in una zona selvaggia lungo il fiume Ussuri ai confini con la Manciuria, Dersu Uzala, solitario cacciatore mongolo senza età né fissa dimora, incontra la piccola spedizione cartografica del capitano russo Arseniev con cui si lega di profonda amicizia e al quale salva la vita. 1° premio al Festival di Mosca e Oscar 1976 per il miglior film straniero, è un’opera che ricorda Flaherty e Dovženko per l’intensa, lirica,panteistica rappresentazione del rapporto tra uomo e natura. Dersu Uzala _ impersonato con eccezionale mimetismo da un attore non professionista mongolo che nella vita fa il musicologo _ vive in armoniosa e religiosa simbiosi con la natura, parla col fuoco e gli animali, ma ha poco da spartire con il mito del “buon selvaggio”.

 Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure
(1975) on IMDb

Risultati immagini per Carlito's WayUn film di Brian De Palma. Con Al Pacino, Sean Penn, Penelope Ann Miller, John Leguizamo, James Rebhorn. Drammatico, durata 144′ min. – USA 1993. MYMONETRO Carlito’s Way * * * * - valutazione media: 4,18 su 87 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Dai romanzi Carlito’s Way (1975) e After Hours (1979) di Edwin Torres. Ambientato nel 1975 a Harlem, il ritratto di Carlos Brigante, malavitoso portoricano che tenta invano di cambiare vita, la traiettoria di un destino che ha per traguardo una morte violenta. Almeno 4 sequenze di rilievo in questo opus n° 22 di B. De Palma, uno dei suoi migliori, tutto narrato in flashback; 2 forti interpretazioni di A. Pacino (doppiato benissimo da Giancarlo Giannini) e S. Penn, una sapiente sceneggiatura di David Koepp. Unico difetto di questo film neoromantico, vicino al noir più che al gangster: il convenzionale tema nostalgico della malavita che “non è più quella di una volta”.

Carlito's Way (1993) on IMDb

Regia di Clint Eastwood. Un film Da vedere 2016 con Tom HanksAaron EckhartLaura LinneyAnna GunnAutumn ReeserSam Huntington.Cast completo Titolo originale: Sully. Genere BiograficoDrammatico – USA2016durata 95 minuti. Uscita cinema giovedì 1dicembre 2016distribuito da Warner Bros Italia. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 4,29 su 81 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Il 15 gennaio 2009 un aereo della US Airways decolla dall’aeroporto di LaGuardia con 155 persone a bordo. L’airbus è pilotato da Chesley Sullenberger, ex pilota dell’Air Force che ha accumulato esperienza e macinato ore di volo. Due minuti dopo il decollo uno stormo di oche colpisce l’aereo e compromette irrimediabilmente i due motori. Sully, diminutivo affettivo, ha poco tempo per decidere e trovare una soluzione. Impossibile raggiungere il primo aeroporto utile, impossibile tornare indietro. Il capitano segue l’istinto e tenta un ammarraggio nell’Hudson. L’impresa riesce, equipaggio e passeggeri sono salvi. Eroe per l’opinione pubblica, tuttavia Sully deve rispondere dell’ammaraggio davanti al National Transportation Safety Board. Oggetto di un’attenzione mediatica morbosa, rischia posto e pensione. Tra udienze federali e confronti sindacali, stress post-traumatico e conversazioni coniugali, accuse e miracoli, Sully cerca un nuovo equilibrio privato e professionale.
Che cos’hanno in comune gli eroi di Clint Eastwood? Sono quasi sempre personaggi destabilizzati dal destino, da un crimine, da un’ingiustizia, dalla marginalità. Tutti, ciascuno a suo modo, sono alla ricerca dell’unità perduta. Non si tratta di una semplice risorsa narrativa, destinata a suscitare l’adesione del pubblico, per l’autore americano quella ricerca riflette l’esplorazione filosofica e artistica del suo cinema, producendo una felice coincidenza tra forma e contenuto. 
Quello che innerva la sua filmografia e gli conferisce una rimarchevole coerenza è il raggiungimento, la restaurazione e la formalizzazione estetica di una nozione sostanziale per l’uomo: l’equilibrio. Abilmente dissimulata sotto la vernice della narrazione, la ricerca del giusto mezzo si manifesta essenzialmente nella relazione che l’individuo intrattiene con la società e le istituzioni, l’insieme delle strutture politiche, giuridiche ed etiche che la cultura ha imposto alla natura. Sully, ritratto di un eroe della working class ‘processato’ da una gerarchia senza cuore e troppi cavilli, corrisponde alla perfezione questa relazione che Eastwood affronta sempre in maniera risolutamente conflittuale. 
Tom Hanks, everyman umanista del cinema classico, incarna in faccia alla commissione d’inchiesta, obbligatoria in caso di incidenti, il fattore umano, la scintilla dell’esperienza, l’essenza nobile del lavoro fatto semplicemente come dovrebbe essere fatto. Non per denaro, non per gloria, non per vanità, non per approvazione. Eroe ordinario alle prese con la realtà della sua situazione, Sully è fedele al giuramento prestato e alle conoscenze acquisite con la sua professione. 
Girato con la tecnologia Imax, che offre allo spettatore un’immersione piena nell’azione, accomodandolo nella cabina di pilotaggio a ‘vivere’ letteralmente l’esplosione dei motori, il silenzio che segue e le turbolenze dell’aereo che plana sul fiume, Sully resta nondimeno un film intimo, svolto nella testa del suo protagonista. Quello che ha fatto ‘in emergenza’ è inseparabile da quello che immagina, sente, conosce. Eastwood ricostruisce con lucidità l’esperienza e le attitudini del suo eroe, l’esordio giovanile, gli anni nella Air Force, perché è su quella pratica e su quella competenza che Sully decide di prendere la via del fiume. Lo sguardo dell’autore e l’interpretazione dell’attore trovano in Sully intimi cedimenti, confrontando il capitano eroico che ha gestito in volo crisi e destino con l’uomo a terra a disagio nel ruolo di eroe e in conflitto con quello che avrebbe potuto essere. 
Ammarando, il film emerge i flussi di coscienza del suo protagonista, interrompendo coi sogni angosciosi la linearità della rotta, scivolando nel passato per mettere l’incidente in prospettiva con la vita di Chesley Sullenberger. Con Sully e dopo Flags of Our Fathers e American Sniper, il regista interroga di nuovo la nozione ambivalente di eroismo che è al cuore dell’immaginario americano. Ma se il primo procede alla destrutturazione dell’eroicità e il secondo contraddice la missione del ‘primo violino’ dell’esercito americano in Iraq, Sullyriconfigura l’eroe. Eastwood ne distilla l’essenza andando oltre la sua rappresentazione mediatica e riabilitandone la natura tragica attraverso la paura incombente della morte. Con quella paura il protagonista fa i conti dal principio, il film si apre su un aereo che scivola lungo lo skyline di New York e si schianta contro il paesaggio urbano deflagrandolo. Prima di distinguere l’oggettività della vicenda, l’aereo di Sully è realmente ammarato, Eastwood mostra allo spettatore la visione ipotetica, l’enunciato condizionale, l’incubo di Sally, l’incognita mortale connessa con l’atterraggio. Come Zemeckis (The Walk) prima di lui, recupera la gravità dell’iconografia storica US, l’immagine depositata nella coscienza collettiva e la compensa, risvegliando Sully dall’incubo e suturando le ferite di New York. Al rigore geometrico dell’uomo che cade, fotografato da Richard Drew e allineato alla verticalità della Torre Nord, Sully replica la geometria orizzontale e variabile delle ali di un airbus che galleggiano e sorreggono la vita. Quella che Sully ha garantito con un gesto solerte, abile, puro. Eppure una sorta di inerzia scorata, prodotta da una società che ha estinto l’afflato leggendario dietro a regole, protocolli, simulazioni e statistiche, prova a trascinarlo sul fondo. Certo il National Transportation Safety Board pone domande legittime e cerca la risposta giusta (ne esiste una?) ma il processo è viziato da un’accusa tacita, uno scetticismo tenace, un’idea di colpevolezza poi smentita dai fatti. Sully ha preso una decisione, probabilmente l’unica possibile. Ed è quella decisione a determinare la misura del suo eroismo, il carico di responsabilità che il protagonista ha condiviso con l’equipaggio, il co-pilota, i controllori di volo, gli agenti di polizia, i soccorritori. Insieme hanno realizzato il “miracolo dell’Hudson”, ribadendo la natura etica del lavoro (di ogni lavoro) e provando l’inscindibilità ineluttabile dei destini umani. 
In aula e in fondo al film, Clint Eastwood rimette in quota il suo eroe e trasmette la medaglia da veterano ai soli eroi che la valgono: non più quelli che sparano ma quelli che si espongono. Non più quelli che scaricano coi colpi la responsabilità ma quelli che l’assumono mani alla cloche

Sully (2016) on IMDb

Un Tram Che Si Chiama Desiderio: Amazon.it: Leigh,Brando, Leigh,Brando,:  Film e TVUn film di Elia Kazan. Con Marlon Brando, Vivien Leigh, Karl Malden, Kim Hunter, Rudy Bond. Titolo originale A Streetcar Named Desire. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 122′ min. – USA 1951. – VM 18 MYMONETRO Un tram che si chiama Desiderio * * * * - valutazione media: 4,30 su 25 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Blanche Dubois, vedova sessualmente repressa, va ad abitare a New Orleans in casa della sorella Stella, cerca di farsi sposare da un maturo corteggiatore, ha un ambiguo rapporto di seduzione col rozzo cognato che si chiude con uno stupro e scivola nella follia. Tratto da un dramma in undici scene di Tennessee Williams (messo in scena dallo stesso Kazan nel 1947 con gli stessi interpreti principali e Jessica Tandy nella parte di Blanche). Kazan usa la cinepresa come un microscopio che penetra nella psicologia dei personaggi, punta sulla crudeltà del linguaggio nell’esibizione dei corpi, del sudore o dell’odore, scarta una scelta naturalistica nella scenografia, si affida alla violenza della parola per suggerire le pulsioni di morte che dominano il testo. 9 nomination agli Oscar e 3 statuette per V. Leigh, K. Hunter, K. Malden. Rieditato nel 1993 con i 4 minuti a suo tempo censurati. Rifatto 2 volte per la TV.

A Streetcar Named Desire (1951) on IMDb

Risultati immagini per Passione bergmanUn film di Ingmar Bergman. Con Max von SydowLiv UllmannBibi AnderssonErland JosephsonErik Hell.  Titolo originale En passionDrammaticodurata 101 min. – Svezia1969MYMONETRO Passione * * * * - valutazione media: 4,34 su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Come L’ora del lupo e La vergogna, girati negli stessi anni, anche questa pellicola si svolge in un’isola del Baltico dove i personaggi si torturano psicologicamente a vicenda. I protagonisti principali sono un artista di mezza età e una donna che forse è stata responsabile d’un incidente in cui hanno perso la vita il marito e il figlio. I due provano a vivere insieme, ma il tentativo finirà in un disastro.

The Passion of Anna (1969) on IMDb
Risultati immagini per Grizzly Man

Un film di Werner HerzogDocumentariodurata 103 min. – USA 2005uscita venerdì 24 novembre 2006. MYMONETRO Grizzly Man

“Una natura stupida, oscena e sbagliata”. Questa è la conclusione cui si arriva di fronte alla toccante riflessione per immagini del regista tedesco, lacerante docu-dramma che ripercorre le tredici estati (dal 1990 al 2003) trascorse in Alaska dall’americano Timothy Treadwell, attivista/ecologista animato dall’ossessione di proteggere dai bracconieri una comunità di orsi grizzly.
Alternando estratti da quel “film di estasi umana e di cupo tumulto interiore” (come l’ha definito il regista) realizzato da Treadwell stesso, suggestive riprese naturalistiche e interviste realizzate a parenti e amici di Tim dallo stesso Herzog, la pellicola va a costruire una drammatica parabola esistenziale sull’utopico sogno dell’Uomo di poter dominare, seppur benevolmente, una Natura atavicamente spietata e violenta . 
Riecheggiando quella di tanti travagliati eroi solitari del cinema di Herzog, la storia di Tim si conclude infatti tragicamente con il brutale attacco da parte di un grizzly all’uomo e alla fidanzata Amie Huguenard, quell’estate al suo fianco. Attacco registrato dal microfono della videocamera di Tim, testimone esclusivamente sonora di una tragedia annunciata. E dolorosamente ripercorsa nel film da Herzog che, mettendosi in campo in prima persona, in maniera toccante e discreta fa sua – ma fortunatamente non nostra – questa straziante e privata tragedia sonora.
Il regista tedesco ribadisce così la sua pessimistica visione del mondo della natura, restituendoci allo stesso tempo tutta l’innocenza e la spontaneità di uno spirito umano ingenuo e vitale. Ultimo amico della natura, oltre ogni limite.

Grizzly Man (2005) on IMDb

La cosiddetta Trilogia del dollaro, altrimenti conosciuta come Trilogia dell’uomo senza nome, comprende i tre primi film western diretti dal regista romano Sergio Leone e aventi per protagonista un giovane Clint Eastwood, con le colonne sonore di Ennio Morricone.

Benché non fosse nelle intenzioni di Sergio Leone i tre film vennero considerati parte di una trilogia grazie al successo della figura enigmatica dell’Uomo senza nome (Clint Eastwood, che indossa gli stessi abiti e recita con la stessa mimica in tutti e tre i film). Il buono, il brutto, il cattivo viene considerato da molti un prequel, poiché il personaggio di Eastwood trova gradualmente gli abiti che indossa negli altri due film. Inoltre, nell’ultimo film la Guerra di secessione americana è in pieno svolgimento, mentre nel secondo probabilmente è già conclusa. In realtà Sergio Leone non ha mai dato ulteriori informazioni sull’argomento. Leone, probabilmente, non rinuncia a scherzare e la questione dell’antefatto non va presa alla lettera: è uno dei tanti modi che il regista usa per giocare con i personaggi e con il pubblico. Secondo i ricordi di Carlo Verdone, che nel 2009condusse uno speciale su Sky dedicato alla carriera di Sergio Leone dal titolo Verdone racconta Leone, il regista aveva chiesto alla produzione americana attori di spicco come Charles Bronson ed Henry Fonda. Essi, non conoscendo Leone, chiesero molti soldi pur di non fare i film. Al regista fu allora suggerito un giovane Clint Eastwood, reduce del successo della serie televisiva Rawhide.

All’interno della trilogia si sviluppa anche il personaggio caratteristico dell’Uomo senza nome: il protagonista è sempre lo stesso uomo, con gli stessi atteggiamenti e vestito sempre dello stesso sarape e dello stesso cappello. Occasionalmente il personaggio ha un nome. Per esempio, nella sceneggiatura de Il buono, il brutto, il cattivo viene chiamato Joe, anche se nel film quel nome non viene mai pronunciato. Gli altri personaggi lo chiamano semplicemente “il biondo”. Nel primo dei tre film viene chiamato Joe per tre volte, mentre nel secondo è conosciuto come “il monco”, per via dell’utilizzo della mano destra unicamente per sparare. Nella trilogia del dollaro la voce italiana di Clint Eastwood era di Enrico Maria Salerno.

A Fistful of Dollars (1964) on IMDb

L'Avventura - WikipediaUn film di Michelangelo Antonioni. Con Gabriele Ferzetti, Monica Vitti, Lea Massari, Renzo Ricci, Dominique Blanchar. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 140 min. – Italia 1960. MYMONETRO L’avventura * * * * - valutazione media: 4,31 su 29 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

I protagonisti deL’Avventura sono sostanzialmente tre: Sandro (Ferzetti), architetto, Anna (Massari), ricca e viziata, legata a Sandro, e Claudia (Vitti), romantica e abbastanza per bene, e amica di Anna. Durante una crociera alle Eolie, Anna scompare. Tutto il gruppo di amici la cerca fra gli scogli e in mare, fino a notte. Nulla. La cosa è molto misteriosa, viene avvertita la polizia. Sandro e Anna decidono di cercarla per proprio conto. Arrivano in Sicilia e di paese in paese domandano di Anna. Ma continuano a non venire a capo di niente, la donna è come un fantasma imprendibile. Ritrovano i loro amici, tutti squinternati, senza morale, senza vocazioni, senza niente, solo con un po’ di soldi: una del gruppo seduce un giovane artista nel suo studio, praticamente davanti agli occhi di Claudia. Nel frattempo qualcosa è nato fra Sandro e Anna: un sentimento indecifrabile e indefinibile, che comunque si consuma in un campo vicino a una ferrovia. Anna ne è abbastanza felice, ma anche impaurita: ha tradito la sua amica. Sandro, su un campanile, improvvisamente chiede a Claudia di sposarlo, poi si lamenta del proprio lavoro: lui, architetto che fa i calcoli per i progetti degli altri. Nella piazza di una chiesa rovescia di proposito un calamaio sul disegno di una giovane. Li ritroviamo in una piazzetta di Taormina, all’alba. Lui è seduto su una panchina, lei gli si avvicina e, faticosamente, lo accarezza. Questo film consacrò Antonioni a livello internazionale. Il regista aveva trovato un equilibrio esatto e suggestivo, fotografando paesaggi e sentimenti con pulizia e rigore e lasciando trasparire nelle possibilità di comportamento dei personaggi cose che potevano anche essere sconvolgenti. Niente era dipendente da una volontà, non c’erano onestà, coerenza, umanità, logica, speranza, al massimo poteva esserci convenzione. Sandro è tutto questo, capace di fare qualsiasi cosa, di prendere tutte le decisioni in quel momento. Non ha morale, non ha talento, non ha volontà, parla e non si fa capire, ascolta e non capisce. È solo educato, com’era, come continua ad essere la borghesia che interessa ad Antonioni. Nel precedente Il grido il regista si era assunto responsabilità minori, tutto era determinato dalla necessità e dal piccolo sentimento, quasi dalla biologia. Per questo L’avventura mantiene minore vedibilità rispetto al primo, che è un’opera d’arte totale e perfetta, anche se, appunto, di respiro più corto. Certo, c’è sempre il gesto finale di Claudia, che può essere un richiamo di tenerezza e di speranza. Il film ebbe un clamoroso successo a Cannes (1960) anche se non vinse la Palma: è ormai tradizione consolidata che il film migliore non vinca la Palma ma ottenga premi speciali della critica. I temi deL’Avventura, distruttivi e senza speranza, indussero la magistratura a sequestrare il film per oscenità e offesa al pudore. Del resto l’incomprensione fa parte della liturgia del mito. Da secoli.

The Adventure (1960) on IMDb
Locandina italiana Sugar Man

Un film di Malik Bendjelloul. Con Stephen Segerman, Dennis Coffey, Steve Rowland, Mike Theodore, Dan Dimaggio. Titolo originale Searching for Sugar Man. Documentario, durata 86 min. – Svezia, Gran Bretagna 2012. – I Wonder e Unipol Biografilm Collection uscita giovedì 27 giugno 2013. MYMONETRO Sugar Man * * * * - valutazione media: 4,33 su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


I primi anni ’70 del rock americano sono una stagione che definire memorabile è riduttivo, per quantità e qualità di offerta musicale: l’onda lunga dei ’60 mescolata alle diramazioni rivoluzionarie che verranno, l’album che si afferma definitivamente sul singolo, i generi che cominciano a mescolarsi in ibridi sempre più suggestivi. Una stagione talmente aurea da costare il semi-anonimato per talenti tutt’altro che trascurabili: gente come Bruce Palmer, Shuggie Otis o Sixto Rodriguez. La parabola di quest’ultimo, però, è così carica di curiosità e sfortunate vicissitudini da meritare un discorso à rebours, che porta a un documentario che diviene dapprima un caso e in seguito un Oscar (per una volta) indiscutibile.

Searching for Sugar Man (2012) on IMDb
Locandina Il cameraman

Un film di Buster Keaton, Edward Sedgwick. Con Buster Keaton, Harold Goodwin, Marceline Day, Sidney Bracy Titolo originale The Cameraman. Comico, b/n durata 88 min. – USA1928. MYMONETRO Il cameraman * * * * - valutazione media: 4,38 su 16 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Un goffo cameraman non riesce a combinare niente di buono: potrebbe riprendere fatti importanti se non dimenticasse di inserire la pellicola in macchina e se non sovrapponesse due filmati. Sta per abbandonare il lavoro quando una scimmietta, che ha ripreso involontariamente due scene interessantissime, gli porta il successo e l’amore di una bella ragazza.

The Cameraman (1928) on IMDb

Regia di Fred Zinnemann. Un film Da vedere 1966 con Susannah YorkRobert ShawPaul ScofieldNigel DavenportCorin RedgraveOrson WellesCast completo Titolo originale: A Man for All Seasons. Genere Drammatico – Gran Bretagna1966durata 120 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 4,36 su 1 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Come Thomas More (1478-1535), umanista, giurista, cancelliere del regno si rifiutò, fermo nelle sue convinzioni religiose, di avallare il divorzio di Enrico VIII da Caterina d’Aragona e lo scisma anglicano. Fu condannato a morte e decapitato il 7 luglio 1535; fu canonizzato nel 1935 sotto papa Pio XII. È un più che dignitoso esempio di teatro in scatola che un regista galantuomo ha messo in immagini con una cura pari all’adesione appassionata alla tematica del dramma. 5 premi Oscar: miglior film, regia, sceneggiatura di Robert Bolt – che è anche l’autore del dramma teatrale (1960) -, fotografia di Ted Moore, Scofield. Welles ha la piccola parte del cardinale Wolsey. Grande successo soltanto in Gran Bretagna.

A Man for All Seasons (1966) on IMDb
Locandina The Raid 2 - Berandal

Un film di Gareth Evans. Con Iko Uwais, Julie Estelle, Alex Abbad, Marsha Timothy, Mathias Muchus. Titolo originale Berandal. Azione, durata 148 min. – Indonesia 2013. MYMONETRO The Raid 2 – Berandal * * * * - valutazione media: 4,33 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Dopo aver sgominato una gang e aver attirato le attenzioni della mala indonesiana, Rama è costretto a cambiare identità: dovrà trascorrere un periodo in carcere per infiltrarsi nell’organizzazione di Bangun e dell’ambizioso figlio Uco e rompere la ragnatela di corruzione estesa come un virus in tutta Djakarta.
Dopo aver sconvolto il mondo del cinema di genere con The Raid: Redemption ripetersi, anzi superarsi, pareva un compito arduo per Gareth Evans. Il gallese emigrato in Indonesia ha scelto quindi di non affrontare il medesimo schema del predecessore e prestare il fianco a paragoni scomodi, ma di costruire un action movie radicalmente differente per struttura, nonché unico per dimensioni e ambizioni. Dove The Raid: Redemption era la cronaca a colpi di arti marziali di una battaglia tra guardie e ladri svolta nell’arco narrativo di ventiquattro ore, il sequel parte da quella conclusione ma spazia su diversi anni della vita di Rama, raccontando la sua caduta negli inferi della malavita e la sua difficoltosa risalita assetata di vendetta e di giustizia. I tempi si dilatano quasi inevitabilmente, specie in una prima parte tesa a (ri)costruire il background dei personaggi e a preparare la tensione per l’escalation finale: che è progressiva, non improvvisa, ed evita fino all’epilogo il pattern marziale più consueto dell’eroe che affronta in sequenza villain di abilità crescente.

Le sequenze di lotta cercano ambientazioni nuove – il carcere e la lotta nel fango immortalata dall’alto – o si servono di elementi spurii – armi da fuoco o da taglio – per preservare al meglio la purezza del gesto marziale in vista dello showdown, la resa dei conti, in cui il cinema action raggiunge forse il suo apice contemporaneo. È difficile, se non impossibile, chiedere di più in termini di spettacolo a un cinema che sfrutta al massimo il potenziale di campioni di silat e stuntmen temerari, di un budget che consenta riprese ardite e impensabili – la sequenza di lotta nell’automobile, oltre qualunque legge della cinetica – e di un’inventiva che riesca a caratterizzare ogni singolo villain, ogni singolo duello, dal virtuoso delle mazze da baseball (un po’ I guerrieri della notte e un po’ Kill Bill) alla killer letale con i martelli da falegname (ancora Kill Bill e Matrix).
Ma le citazioni, i possibili richiami (Solo Dio perdona di Refn, in primis) sono poco più che spunti, strizzate d’occhio che aggiungono (tutto The Raid 2 lavora per “addizione”, mai per sottrazione) deliziosi ricami a un core stilistico-narrativo già di per sé solido e inattaccabile.
L’antica tecnica di Jackie Chan, quella di rendere oggetti che sono parte dell’environment strumenti letali di lotta viene spinta all’eccesso: dai boccioni dell’acqua ai fornelli da cucina, nelle mani di Iko Uwais ogni cosa diviene un’arma, ogni oggetto una minaccia. The Raid 2 è molto semplicemente lo zenith del cinema di azione, oltre il quale sembra umanamente impossibile spingersi. Un’esperienza sensoriale unica, una prova di resistenza per lo spettatore che lo rende pari al più prodigioso degli incassatori, in cui i limiti del visibile e dell’umanamente sostenibile sono forse stati irreversibilmente toccati.

The Raid 2 (2014) on IMDb

Regia di Karel Reisz. Un film Da vedere 1981 con Jeremy IronsMeryl StreepLeo McKernLynsey BaxterPeter VaughanDavid WarnerCast completo Titolo originale: The French Lieutenant’s Woman. Genere Drammatico – USA1981durata 123 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 4,34 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Nell’Inghilterra della regina Vittoria (1867), una donna troppo libera sconvolge la vita di un ricco gentleman. Più di 100 anni dopo 2 attori, entrambi sposati, hanno una passionale relazione sul set di un film ispirato alla stessa vicenda. “L’amore è soltanto follia” (Shakespeare). Da un romanzo (1969) di John Fowles, sceneggiato da Harold Pinter su un doppio binario temporale. Accolto con molte riserve dai critici che lo giudicarono un film sbagliato con qualche passaggio di magica suggestione, pur apprezzandone la recitazione, il Technicolor (Freddie Francis) e le scene (Assheton Gorton). Suggestiva musica notturna (Carl Davis) di un quartetto per due voci. Da rivalutare. La Streep è più che brava. Candidatura all’Oscar per lei (la sua prima) e anche per la sceneggiatura e il montaggio (John Bloom).

The French Lieutenant's Woman (1981) on IMDb
Donne in amore (1969) regia di Ken Russel | cinemagay.it

Un film di Ken Russell. Con Glenda JacksonOliver ReedJennie LindenAlan BatesEleanor Bron. continua» Titolo originale Women in LoveDrammaticodurata 129 min. – Gran Bretagna 1969. – VM 18 – MYMONETRO Donne in amore ****- valutazione media: 4,34 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Al matrimonio di Laura, quattro persone hanno l’occasione di conoscersi. Da quel momento le loro vite si intrecciano in modo vario e inestricabile. Il personaggio fondamentale è Gerald, fratello di Laura, che vede la sorella morire tragicamente e cerca di vivere una forma d’amore anticonvenzionale. Una personale ed efficace rivisitazione del celebre libro di D.H. Lawrence.

Women in Love (1969) on IMDb

Regia di Louis Malle. Un film Da vedere 1963 con Jeanne MoreauMaurice RonetYvonne ClechLéna Skerla. Titolo originale: Le feu follet. Genere Drammatico – Francia1963durata 110 minuti. – MYmonetro 4,34 su 5 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Cronaca angosciosa e lucida delle ultime trentasei ore di un uomo che deve morire. Deve perché l’ha deciso lui, Alain Leroy, convinto che il suicidio sia l’ultimo, e l’unico, atto che gli resti da compiere. Rigorosa parafrasi di un romanzo (1931) di P. Drieu La Rochelle, postdatato di trent’anni con qualche sfasatura, è uno dei migliori e più personali film di Malle e, in assoluto, il migliore di Ronet in un formidabile monologo

The Fire Within (1963) on IMDb
Il mio viaggio in Italia - Film (1999)

Regia di Martin Scorsese. Un film Da vedere 2000 Genere Storico biografico – USA2000durata 245 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 4,34 su 1 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Segue A personal journey with Martin Scorsese through American movies, questo film-racconto sul cinema italiano. Ma se quello era un lavoro che ritraeva in maniera piuttosto documentaristica il cinema americano preferito dal regista di Taxi driver, Il mio viaggio in Italia è il racconto della sua vita, della sua infanzia. Attraverso il cinema italiano classico, infatti, Scorsese ha imparato a conoscere le sue origini italiane quando era ragazzino a New York. Il film dura più di quattro ore, ma si tratta di un tempo che scivola via come acqua leggera, ed è composto da tutta una serie di celebri spezzoni di grandi film italiani (di Rossellini, di De Sica, di Visconti) splendidamente (ed emotivamente) uniti dal cuore di Scorsese, dal suo amore per il cinema e per la vita. Le immagini sembrano tratte dagli occhi di uno spettatore qualunque, che rivive le sensazioni generate dalla visione di un film. Con innocenza e voglia di comunicare: ed infatti la sua voce fuori campo è come quella di un bambino pieno d’entusiasmo, di capacità di stupirsi, di voglia di conoscere e conoscersi. Nulla di accademico, dunque: anzi, Il mio viaggio in Italia sembra una specie di mappa per accostarsi al grande cuore del cinema. Per imparare a vederlo in profondità, non nozionisticamente.

My Voyage to Italy (1999) on IMDb

Regia di Marco Bellocchio. Un film Da vedere 1965 con Paola PitagoraLou CastelMarino MaséLiliana Gerace. Genere Drammatico, – Italia1965durata 107 minuti. Uscita cinema lunedì 19 ottobre 2015 distribuito da Cineteca di Bologna. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 4,36 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

In un’agiata casa borghese di Bobbio (PC) una madre cieca vive di ricordi con 4 figli, uno dei quali, epilettico ed esaltato, la elimina e uccide anche un fratello deficiente. Colpito da una crisi mentre ascolta La Traviata di Verdi, è lasciato morire dalla sorella Giulia. Dopo Ossessione di Visconti non c’era mai stato nel cinema italiano un esordio così clamoroso e autorevole. Non c’è più stato nemmeno nei 20 anni seguenti. Bellocchio sfida il grottesco senza cadervi. Duro, crudele, angoscioso.

Fists in the Pocket (1965) on IMDb