Category: Ferrario Davide


Regia di Davide Ferrario. Un film Da vedere 1997 con Valerio MastandreaCarlo MonniAdriana RinaldiCaterina CaselliBenedetta MazziniCast completo Genere Commedia – Italia1997durata 94 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 3,41 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Rientrato in famiglia a Torino, il ventiduenne Walter Verra, figlio di un operaio, disoccupato, obiettore di coscienza, iscritto alla facoltà di filosofia per inerzia, vergine un po’ per scelta e un po’ per pigrizia, concupito dalle donne, vive alla giornata in una Torino multirazziale finché la morte di un’amatissima zia e l’incontro con una giovane gitana lo fanno passare all’età adulta. Forse. Da un romanzo (1994) di Giuseppe Culicchia una commedia acida, romantica e vitale che conta come ritratto di un personaggio (specifico più che tipico) più che come spaccato sociologico: “rivela un ritmo studiatissimo, ma frenetico … sorprende per questa sua generosità di riprese” (L. Pellizzari). Ha in Mastandrea un decontratto interprete del malessere generazionale e una colorita galleria di figure tra cui spicca una ritrovata C. Caselli come zia alternativa. Prodotto dal valente Gianfranco Piccioli. Dedicato a Lindsay Anderson. Sottovalutato da molta critica trovò il suo pubblico e 2 premi.

Regia di Davide Ferrario. Un film Da vedere 2008 con Kasia SmutniakFabio TroianoGianluca GobbiCristiano GodanoLuciana LittizzettoCast completo Genere Drammatico, – Italia2008durata 102 minuti. Uscita cinema venerdì 10 aprile 2009 distribuito da Warner Bros Italia. – MYmonetro 3,23 su 8 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Questa commedia con musica è forse il film italiano più originale della stagione 2008-09. Alla sua 9ª fiction, l’ha scritto, prodotto e diretto Ferrario, uno dei più dotati “fuori strada” del nostro cinema. Irena Mirkovic, regista teatrale serba d’avanguardia, accetta la proposta di don Iridio, cappellano in un carcere di Torino, di fare una Passione interpretata da detenuti, ma nessuno vuole impersonare Giuda Iscariota che per loro è solo un “infame”. Perché non raccontare la storia escludendo tradimento, condanna e morte di Gesù? Don Iridio si oppone a quella versione blasfema, ma Irena ha l’appoggio di Libero, direttore del carcere con cui ha una relazione amorosa. Reduce da una lunga frequentazione dei carceri milanesi, Ferrario ha fatto un film “nel” carcere, non “sul” carcere. Ateo convinto e sereno, che capisce il senso della religione come risposta alle grandi domande sulla vita, si è arrischiato in una impresa contraddittoria: trasformare una storia intellettual-filosofica in una vicenda realistica (con un certo margine di improvvisazione), in conflitto con la sua forma di musical in cui si canta e si danza. I detenuti l’hanno corrisposto con fervore: in prigione la corporalità è ridotta al minimo. Girato in digitale Genesis Panavision (D. Cecchin), sorretto dalle coreografie di Laura Mazza e dalle musiche (Marlene Kuntz, Cecco Signa, Fabio Barovero), ha fatto centro anche grazie alla scelta della Smutniak in un personaggio memorabile. Produzione: Rossofuoco. Distribuzione: Warner.

SUL 45� PARALLELO - Dalla pianura padana alla Mongolia ...

Un film di Davide FerrarioDocumentariodurata 50 min. – Italia 1997.

La storia è la seguente: finito di girare insieme Tutti giù per terra, Davide Ferrario (regista) vorrebbe seguire la tournèe in estremo oriente dei Csi (fra i protagonisti del film); per varie ragioni la tournèe diventa un molto più modesto viaggio di piacere in Mongolia per il cantante e il chitarrista della band, ovvero Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni. Ma Ferrario è impegnato nella rifinitura della pellicola e così manda un operatore, Marco Preti, a seguire i due musicisti, rimanendo però in continua comunicazione con il trio; nel frattempo il regista si ritaglia tempi e luoghi, nella pianura padana dove vive e lavora, per girare materiale sorprendentemente affine a quello che sto accadendo dall’altra parte del mondo. Sullo stesso parallelo, il quarantacinquesimo: come uno spartiacque, una linea di demarcatura (è anche il parallelo che divide a metà l’emisfero settentrionale del pianeta) che congiunge non solo idealmente luoghi fra loro remoti e in apparenza molto dissimili. Ecco così che assistiamo alle imprese di lottatori mongoli e di culturisti italiani, conosciamo un contadino emiliano che, senza essere mai stato in Asia, parla quasi cento lingue di quei luoghi, vediamo lo scorrere della vita in Asia  e in Italia “come corsi d’acqua che prendono linee impreviste e in fondo si mescolano sempre tutte”, osserviamo insomma come la natura abbia in realtà reso vicini e in un certo senso fratelli anche gli esseri umani più distanti fra loro. Il tutto amabilmente condito da una colonna sonora eccezionale: le (al momento) nuovissime canzoni di Tabula Rasa Elettrificata, disco appena finito di registrare dai Csi, che peraltro contro ogni previsione andrà filato al primo posto in classifica. Un documentario essenzialmente ‘povero’, cioè privo di grandi scene a effetto, abbastanza corto (50 minuti) e realizzato con estrema naturalezza, per di più con una piccolissima troupe, ma nel quale ciò che conta sono le idee alla base: e quelle sono ricchissime. 

Regia di Davide Ferrario. Un film con Elisabetta CavallottiFlavio InsinnaStefania Orsola GarelloYorgo VoyagisAngelica IppolitoCast completo Genere Drammatico – Italia1999durata 95 minuti. – MYmonetro 2,35 su 3 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Attrice di pornofilm, Nina ha una storia con Cristiana, redattrice di una pornorivista e madre di un bambino. Malata di linfoma, si sottopone alla chemioterapia durante la quale conosce Flavio, insegnante malato di tumore che s’innamora di lei. Nina guarisce: prima di morire, Flavio le chiede di fare l’amore con lui. Ispirato alla vicenda di Moana Pozzi, tra i film italiani della stagione 1999-2000, è il più disturbante e fassbinderiano, il meno compreso. Vale per la vivace e puntuale descrizione del microcosmo del porno cinema hard; il disegno di Nina (un’ottima e credibile Cavallotti), esibizionista, schizofrenica e beffarda nella sua strategia di potere (“Gli uomini hanno paura di me. Mi desiderano, ma io li possiedo”); il lucido e sconveniente coraggio con cui mescola il tema del porno con quello della malattia su un registro narrativo che svaria dal mélo all’ironia; il sincopato linguaggio registico ricco di invenzioni.