Un film di Mario Camerini. Con Anna Magnani, Massimo Girotti, Checco Rissone, Enrico Glori, Peppino Spadaro.Commedia, Ratings: Kids+13, b/n durata 90 min. – Italia 1948. MYMONETROMolti sogni per le strade valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Un disoccupato ruba, per disperazione, la macchina di un industriale. Poi si pente e la riporta in garage. Ma intanto la moglie l’ha denunciato alla polizia. Quando viene a sapere del ravvedimento del consorte, la donna ritira la denuncia. Faranno pace.
La commessa di un grande magazzino è accusata di furto per aver “preso in prestito” un costume da sci in occasione di una gita con il proprio volubile fidanzato. Prima che venisse sorpresa a riporre il vestito, però, già altri furti si erano verificati e il giovanotto, autista della ditta, svolgendo indagini per proprio conto scopre che il responsabile è proprio il capo del personale. Plateale punizione del colpevole e riconciliazione dei due innamorati.
Bella mugnaia dai rustici vezzi accende le voglie di un governatore potente e babbeo. Ne derivano insidie all’onore coniugale e alla domestica pace. Remake di Il cappello a tre punte , realizzato nel ’34 dallo stesso Camerini con i De Filippo. Minestra riscaldata. E più gaglioffa. La Loren e la Sanson, per una volta insieme, gareggiano in scollature.
Gianni (De Sica), edicolante romano, aspira a frequentare il bel mondo e, sotto il nome di Max, conduce una doppia vita. S’innamora di una istitutrice che nutre sul suo conto ragionevoli sospetti. Scritta con Mario Soldati, è una commedia dal ritmo perfetto, tipica dei “telefoni bianchi”, basata com’è sul classico scambio dei ruoli e dei personaggi. Regista dai mezzi toni, Camerini riscatta il moralismo della storia (il confronto tra la sana piccola borghesia e la vacua aristocrazia) con giusta dosatura di ironia e sentimento. Premiato a Venezia per la regia. Rifatto come Il conte Max nel 1957 con Alberto Sordi e nel 1991 con Christian De Sica.
Dopo un tentato suicidio, figlia di un industriale travolto da crollo finanziario, accetta di sposare laborioso cugino, unico sostegno di una famiglia alla deriva. Tratto da una famosa commedia (1900) di Giuseppe Giacosa (già filmata nel 1916) è uno dei meno originali, ma dei più compatti e armonici film di Camerini. Riscritto completamente nei dialoghi, è fedele allo spirito.
Le due lettere del titolo sono 1) quella che Tullio (Toso) manda a Bruno (Checchi), reduce dal fronte russo e poi partigiano, per rivelargli che durante la sua assenza Gina (Calamai), la sua donna, s’era messa con lui; 2) quella che lo stesso Tullio invia ai tedeschi per denunciare l’attività partigiana di Bruno. Scritto da Ivo Perilli con Camerini, Carlo Musso, Nino Novarese e Turi Vasile, è il 1° film italiano sulla Resistenza e uno dei rari imperniati su un personaggio femminile (una Calamai convincente). Nel suo turgore melodrammatico non manca di azzeccate notazioni d’ambiente che restituiscono l’aria romana del tempo. Fotografia: Massimo Terzano. Scene: Gastone Medin. Musica: Alessandro Cicognini. Prodotto da Carlo Ponti, Lux-Ninfa. Distribuito dalla Lux alla fine del ’45. Irritò una parte del pubblico e alcuni recensori di Roma perché sottolinea il collaborazionismo con i tedeschi occupanti.
Tre uomini e due donne fanno conoscenza su un treno per Nizza. Una volta a destinazione, vengono coinvolti in un delitto che non hanno commesso. Il caso e la dabbenaggine fanno sì che venga messo insieme un vero castello di prove che li inchioderebbe, se non fosse per l’intelligenza dell’ispettore che riesce piano piano a venire a capo di tutto. Ma non è finita: al ritorno a Roma i cinque si mettono ancora nei guai.