Category: Storico


La Commune, Paris 1871 (2000) ~ Va' e Vedi - Il Cinema dello Sguardo Umano

Regia di Peter Watkins. Un film con Eliane Annie Adalto, Maylis Bouffartigue, Pierre Barbieux, Anne Carlier, Geneviève Capy. Titolo originale: La Commune (Paris, 1871). Genere: Drammatico, Storico, Documentario. Paese: Francia. Anno: 2000. Durata: 345 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 8.4.

Il film è una monumentale rievocazione storica della Comune di Parigi, il governo popolare e rivoluzionario che assunse il controllo della capitale francese dal 18 marzo al 28 maggio 1871. Utilizzando uno stile deliberatamente documentaristico e un cast composto principalmente da attori non professionisti (molti dei quali immigrati), Watkins ricostruisce in un’unica ambientazione i brevi ma intensi 72 giorni di autogoverno popolare. La narrazione si concentra sulle discussioni e sulle azioni dei communards nelle strade e nelle assemblee, interrotte da “reporter” di una fittizia TV Communarde e di una TV reazionaria controllata dal governo di Versailles, che offrono prospettive contrastanti sugli eventi e sui protagonisti.

La Commune (Paris, 1871) è un’opera radicale e imprescindibile, non solo come ricostruzione storica ma come critica feroce alla manipolazione mediatica e alla storiografia ufficiale. I temi centrali sono la democrazia diretta, la lotta di classe, il ruolo delle donne nella rivoluzione e la censura. Il docu-drama di Watkins demolisce le convenzioni narrative e cinematografiche, mescolando presente e passato attraverso la tecnica dello pseudo-documentario per stimolare una riflessione sul modo in cui la storia viene raccontata e recepita. La regia è impegnativa e volutamente grezza, con le lunghe sequenze di dibattito e l’uso di telecamere a mano che conferiscono immediatezza e realismo. Nonostante la sua durata eccezionale e la deliberata assenza di una trama convenzionale, il film è acclamato dalla critica come un capolavoro politico e un’innovazione stilistica, elogiato per la sua potenza intellettuale, la sua capacità di dare voce agli emarginati della storia e per il suo impatto duraturo sulla riflessione socio-politica e cinematografica.

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Regia di Barbet Schroeder. Un film con Jacques Vergès, Klaus Barbie (immagini d’archivio), Carlos lo Sciacallo (solo voce), Djamila Bouhired. Titolo originale: L’avocat de la terreur. Genere: Documentario, Biografico, Storico. Paese: Francia. Anno: 2007. Durata: 135 min. Consigliato a: Da 14 anni. Valutazione IMDb: 7.7/10.

Il documentario sonda la vita e la controversa carriera di Jacques Vergès, noto avvocato francese che si guadagnò l’epiteto di “avvocato del diavolo” per la sua scelta di difendere figure storiche notoriamente indifendibili. La narrazione ripercorre le tappe salienti della sua esistenza, a partire dal suo impegno giovanile nella lotta anticolonialista algerina, che lo portò a sposare la militante Djamila Bouhired, fino alla sua misteriosa sparizione di otto anni. Al suo ritorno sulla scena legale, Vergès divenne il difensore di noti criminali e terroristi internazionali, tra cui il nazista Klaus Barbie e il terrorista Ilich Ramírez Sánchez, meglio noto come Carlos lo Sciacallo.

Barbet Schroeder, regista noto per la sua capacità di scavare nelle figure controverse, realizza un ritratto complesso e non giudicante di un personaggio enigmatico. Il tema centrale è la zona grigia tra giustizia e vendetta, esplorando la filosofia di Vergès, che teorizzava la “strategia della rottura” in tribunale, trasformando il processo da dibattimento sul cliente a scontro ideologico contro il sistema accusatorio. La regia è impeccabile, affidandosi a un montaggio serrato di interviste attuali, testimonianze di ex colleghi e complici, e un ricchissimo repertorio di immagini d’archivio e filmati storici che ricostruiscono decenni di terrorismo e lotte politiche. Schroeder eccelle nel non offrire risposte facili, ma nel porre domande scomode, in particolare sulla rete di contatti che ha sostenuto il terrorismo internazionale per decenni e sul misterioso periodo di assenza di Vergès. L’opera è di fondamentale importanza storica per la ricostruzione di vicende cruciali del ‘900 e costituisce un eccellente esempio di giornalismo d’inchiesta cinematografico che, pur trattando un soggetto moralmente inquietante, mantiene un tono rigorosamente informativo e affascinante come un thriller politico.

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Regia di Daniele Luchetti. Un film con Paolo Hendel, Giovanni Guidelli, Margherita Buy, Ciccio Ingrassia, Nanni Moretti. Titolo originale: non disponibile. Genere: Commedia, Avventura, Storico. Paese: Italia. Anno: 1988. Durata: 92 min. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 6.8/10.

Nella Maremma del 1847, due sempliciotti butteri, Lupo ed Edo, decidono maldestramente di darsi al brigantaggio con esiti prevedibilmente disastrosi. La loro sfortunata rapina li costringe alla fuga, trasformandoli in due ricercati che si addentrano in un’Italia in fermento. Lungo il loro viaggio rocambolesco, i due ingenui protagonisti incrociano figure eccentriche e bizzarre, da un brigante temuto a un’aristocrazia decadente, fino a scontrarsi con gli albori dei moti risorgimentali del ’48. Le loro disavventure li portano in un mondo più vasto di quello che conoscevano, dove la Storia sta per essere scritta.

Opera prima del regista Daniele Luchetti, prodotta da Nanni Moretti, il film si distingue per la sua originale fusione di commedia picaresca e rievocazione storica in costume. Il principale tema trattato è l’ingresso dell’uomo comune e ingenuo nel turbine della Storia, esplorando l’Italia pre-unitaria con un tono leggero ma non superficiale. Luchetti dimostra una regia frizzante e ricca di trovate, attingendo alla tradizione della commedia all’italiana e del racconto filosofico. Le interpretazioni di Paolo Hendel e Giovanni Guidelli, in coppia, risultano affiatate e convincenti nel ruolo dei candide vittime degli eventi. La pellicola si segnala per la sua notevole libertà stilistica, la fotografia curata che valorizza i paesaggi maremmani e per il coraggio di affrontare un genere, quello storico in costume, con un approccio fresco e ironico. Pur non essendo un capolavoro esente da qualche piccola incertezza tipica degli esordi, “Domani accadrà” è un film valido e culturalmente rilevante per aver saputo reinterpretare, con intelligenza e umorismo, un momento cruciale della storia italiana.

Regia di Benjamín Ávila. Un film con Teo Gutiérrez Romero, Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, César Troncoso, Cristina Banegas. Titolo originale: Infancia clandestina. Genere: Drammatico, Storico, Guerra. Paese: Argentina, Spagna, Brasile. Anno: 2011. Durata: 112 min. Consigliato a: Da 14 anni. Valutazione IMDb: 7.2.

Argentina, 1979. Juan è un ragazzino di dodici anni che, dopo un periodo di esilio a Cuba, ritorna a Buenos Aires con la sua famiglia. I suoi genitori e lo zio Beto sono membri attivi dell’organizzazione peronista Montoneros e combattono in clandestinità contro la brutale dittatura militare. Per questo motivo, a Juan viene imposta una nuova identità: per il mondo esterno, inclusi i suoi compagni di scuola e l’amata Maria, egli deve chiamarsi Ernesto. La sua vita è un precario equilibrio tra la normalità della scuola e dei primi amori e il costante terrore della scoperta, dove un errore nel pronunciare il nome sbagliato può mettere a rischio l’intera cellula familiare e rivoluzionaria.

Il film è un intenso romanzo di formazione che affronta il trauma della dittatura argentina (la Guerra Sporca) adottando un punto di vista originale e potentemente emotivo: quello di un bambino. I temi centrali sono la militanza, la clandestinità e la necessità di proteggere l’innocenza in un contesto di violenza politica. Il regista Benjamín Ávila, basandosi sulla propria esperienza autobiografica, dirige con una sorprendente delicatezza, evitando la retorica e il sensazionalismo. La sua scelta più audace è l’uso dell’animazione in stile fumettistico per rappresentare le scene di violenza o gli eventi più brutali legati alla repressione, un espediente stilistico che riflette la comprensione distorta e filtrata di quegli orrori da parte del protagonista bambino. L’interpretazione del giovane Teo Gutiérrez Romero e la performance convincente di Natalia Oreiro e Ernesto Alterio, capaci di trasmettere il coraggio e la disperazione dei genitori militanti, sono lodevoli. L’opera è un contributo significativo alla memoria storica argentina e ha avuto un notevole impatto, venendo selezionata come candidata ufficiale dell’Argentina agli Oscar.

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Regia di Bertrand Tavernier. Un film con Bernard-Pierre Donnadieu, Julie Delpy, Niels Tavernier, Monique Chaumette. Titolo originale: La passion Béatrice. Genere: Drammatico, Storico. Paese: Francia, Italia. Anno: 1987. Durata: 131 min. Consigliato a: V.M. 14 anni. Valutazione IMDb: 6.4.

Ci troviamo nella Francia rurale del 1347, all’inizio della Guerra dei Cent’anni. François de Cortemart, un nobile condottiero spietato e pragmatico, torna al suo castello nei Pirenei insieme al figlio Arnaud, dopo essere stato liberato da una lunga e rovinosa prigionia in Inghilterra, riscattato a caro prezzo dalla famiglia. Ad attenderlo c’è Béatrice, la figlia devota e matura, cresciuta in assenza del padre. Il ritorno di François, tuttavia, non porta gioia, ma l’inizio di una tirannia domestica: trasformato dalla guerra in un uomo cupo e crudele, l’uomo comincia a esercitare il suo potere e la sua follia sulla famiglia, dando il via a un ciclo di abusi e umiliazioni. La giovane Béatrice si ritrova così costretta a confrontarsi con l’ombra di un patriarca diventato un mostro.

Questo film di Bertrand Tavernier è un’immersione cruda e potente nel Medioevo, un’epoca raramente rappresentata con tale realismo brutale e assenza di romanticismo. Il tema centrale è l’esplorazione distruttiva del Quarto Comandamento (“Onora il padre e la madre”) messo alla prova da un padre che tradisce ogni principio di onore e responsabilità. La regia è rigorosa, quasi ascetica, con un uso notevole dell’illuminazione naturale che contribuisce a creare un’atmosfera torbida e annichilente. Bernard-Pierre Donnadieu offre una prova attoriale memorabile nella rappresentazione della tirannia paterna, mentre Julie Delpy, alla sua prima importante prova, incarna con intensità la figura tragica della figlia. L’importanza storica del film risiede nella sua capacità di demistificare l’iconografia medievale, offrendo un affresco psicologico e storico di grande impatto, lodato anche dallo storico Jacques Le Goff per la sua accuratezza ambientale. È un dramma cupo e complesso, una critica feroce alla legge del potere patriarcale, che merita di essere riscoperto per il suo coraggio tematico e stilistico.

Risultato immagini per Dear America - Lettere dal Vietnam

Regia di Bill Couturié. Un film con Tom Berenger (voce), Ellen Burstyn (voce), Willem Dafoe (voce), Robert De Niro (voce), Michael J. Fox (voce). Titolo originale: Dear America: Letters Home from Vietnam. Genere: Documentario, Guerra, Storico. Paese: USA. Anno: 1987. Durata: 87 min. Consigliato a: da 13 anni (PG-13). Valutazione IMDb: 7.9.

Il documentario trasporta lo spettatore nel cuore della Guerra del Vietnam attraverso la voce autentica dei soldati americani. La narrazione è composta dalla lettura di lettere reali scritte dai militari al fronte alle loro famiglie e amici a casa. Queste missive personali, lette da un cast corale di noti attori, si fondono con un’accurata selezione di filmati d’archivio, tra cui cinegiornali dell’epoca e riprese del Dipartimento della Difesa, per offrire una prospettiva intima e non filtrata del conflitto. Il film copre il periodo cruciale della guerra, dalla partenza al fronte fino al rientro.

L’opera è un potente mosaico di immagini d’epoca e parole toccanti che eleva la narrazione storica a esperienza emotiva diretta. I temi centrali sono il trauma, l’alienazione, la paura costante e la disillusione dei giovani inviati in un conflitto di cui spesso non comprendevano il senso. La regia di Couturié è impeccabile nell’assemblare il materiale d’archivio, creando un flusso narrativo coeso e visivamente devastante, dove le immagini supportano e a volte contrastano la sincerità delle lettere. Le interpretazioni vocali, pur essendo solo audio, sono intense e credibili, prestando profondità alle parole dei soldati. L’innovazione stilistica risiede proprio nell’uso esclusivo di materiale originale (filmati e lettere), trasformando il documentario in una testimonianza storica essenziale che ha avuto un notevole impatto culturale, contribuendo a umanizzare la memoria dei veterani del Vietnam. È un documento storico acuto e straziante, lontano da ogni retorica.

Risultati immagini per Marco Polo - serie 2015

Regia di Joachim Rønning, Espen Sandberg, Alik Sakharov (vari episodi). Una serie con Lorenzo Richelmy, Benedict Wong, Joan Chen, Pierfrancesco Favino, Rick Yune. Titolo originale: Marco Polo. Genere: Storico, Drammatico, Avventura, Azione. Paese: Stati Uniti. Anno: 2014-2016. Durata: 60 min (episodio). Consigliato a: Per un pubblico adulto (età 16+). Valutazione IMDb: 7.6.

Dopo essere stato abbandonato dal padre Niccolò come merce di scambio, il giovane Marco Polo si ritrova alla corte del potente imperatore mongolo Kublai Khan in quella che oggi è Pechino. Marco entra in un mondo di cospirazioni politiche, rivalità interne all’impero, intrighi sessuali e battaglie epiche, diventando un osservatore fidato, e a tratti un consigliere, del Gran Khan. La serie segue la sua crescita personale e la sua lotta per la sopravvivenza in un ambiente esotico e pericoloso, mentre Kublai cerca di espandere ulteriormente il suo sterminato dominio, in particolare contro la dinastia Song.

Ideata da John Fusco, questa produzione Netflix si distingue per l’opulenza visiva e l’ambizione produttiva, con scenografie maestose e costumi ricchi. La serie ha l’intento di portare in scena un dramma storico di ampio respiro, con toni cupi e adulti, spesso accostati per stile a serie come Game of Thrones, in particolare per l’enfasi su violenza e intrighi. Le migliori performance sono quelle di Benedict Wong nel ruolo di Kublai Khan, che dona profondità e complessità al regnante mongolo, e di Joan Chen nei panni dell’Imperatrice Chabi. Tuttavia, nonostante l’impatto visivo e le scene d’azione ben coreografate (in particolare i combattimenti di arti marziali del personaggio Cento Occhi), la narrazione talvolta arranca, sacrificando lo sviluppo approfondito dei personaggi secondari in favore di un’azione costante e di una trama densa. Sebbene sia stata cancellata dopo sole due stagioni a causa degli elevati costi di produzione, la serie rimane un notevole esempio di grande dispiego di mezzi per un’epopea storica per il piccolo schermo, lodabile per la sua ricchezza estetica e per aver esplorato la figura di Kublai Khan con intelligenza.

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Regia di Giuliano Montaldo. Una miniserie con Kenneth Marshall, Denholm Elliott, Tony Vogel, Burt Lancaster, Ruocheng Ying. Titolo originale: Marco Polo. Genere: Storico, Avventura, Drammatico, Azione. Paese: Italia, Stati Uniti, Cina. Anno: 1982. Durata: 8 puntate da circa 60 min (versione originale) o 4 puntate lunghe. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 7.6.

La miniserie ripercorre la celebre e lunga odissea del giovane veneziano Marco Polo, partendo dalla sua adolescenza e dal primo incontro con il padre Niccolò e lo zio Matteo, di ritorno dal loro primo viaggio in Oriente. La narrazione prende il via dalla decisione di Marco di seguire i parenti lungo la Via della Seta verso il lontano Catai, in un’epoca di grandi traversate terrestri e tensioni politiche fra Occidente e Oriente. La serie segue l’evoluzione del protagonista attraverso l’Asia, fino al suo arrivo alla corte del potente imperatore mongolo Kublai Khan.

La produzione RAI, ambiziosa per l’epoca e realizzata in co-produzione internazionale, offre uno sguardo imponente e dettagliato sui temi del viaggio, dello scontro e dell’incontro tra culture e della scoperta. La regia di Giuliano Montaldo si distingue per l’epicità delle riprese, sfruttando ampi e magnifici paesaggi (la miniserie è stata la prima grande co-produzione a girare in Cina), che conferiscono al racconto un respiro cinematografico. Le interpretazioni di un cast globale, con Ken Marshall nel ruolo del protagonista e celebri nomi come Burt Lancaster e Leonard Nimoy in ruoli di contorno, sono solide e contribuiscono a rendere credibile l’affresco storico. L’impatto culturale fu notevole, in quanto segnò un passo importante nella collaborazione audiovisiva tra l’Occidente e la Cina e per la sua capacità di far rivivere in televisione un’epopea storica in modo sfarzoso e didattico. Da notare l’ottima colonna sonora, opera del maestro Ennio Morricone. La serie è un prodotto di alto valore storico-televisivo, lodabile per l’accuratezza della ricostruzione e per il coraggio produttivo.

Locandina Katyn

Regia di Andrzej Wajda. Un film con Maja Ostaszewska, Artur Żmijewski, Andrzej Chyra, Danuta Stenka, Jan Englert. Titolo originale: Katyń. Genere: Drammatico, Storico, Guerra. Paese: Polonia. Anno: 2007. Durata: 118 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 7.5.

Il film è ambientato in Polonia nel 1939, quando il Paese viene invaso contemporaneamente da nazisti a ovest e dall’Armata Rossa a est. La narrazione si concentra inizialmente sulle vite interrotte degli ufficiali dell’esercito polacco, catturati dai sovietici, e in particolare sulle vicende di Andrzej e di altri soldati, la cui sorte è presto destinata a compiersi in modo tragico. Il vero cuore del film è però la lotta delle loro famiglie, in particolare Anna, moglie di Andrzej, che per anni vive nell’incertezza e nel dolore, costretta a navigare attraverso le bugie e la propaganda dei regimi totalitari (prima nazista, poi sovietica) che tentano di nascondere o manipolare la verità sull’eccidio di massa nella foresta di Katyń.

Andrzej Wajda, il cui padre fu egli stesso vittima del massacro, realizza un’opera di memoria storica urgente e profondamente personale, dedicandola alle madri, mogli e figlie delle vittime. Il film è un affresco corale che fonde la dimensione intima del lutto e della speranza con l’implacabilità della Storia. La regia è misurata, pur non rinunciando a momenti di grande intensità emotiva, culminando nella rappresentazione cruda e stilizzata dell’eccidio, posizionata volutamente come conclusione agghiacciante e definitiva. L’analisi si concentra sulla manipolazione della verità storica e sull’obbligo morale della memoria in un contesto post-bellico dominato dalla dittatura comunista. Le interpretazioni sono toccanti, in particolare quella di Maja Ostaszewska. Si tratta di un film essenziale, un documento di cinema civile che rende onore a una delle pagine più oscure e a lungo negate della Seconda Guerra Mondiale, confermando l’importanza di Wajda come coscienza storica della Polonia.

Locandina Il regno del terrore

Regia di Anthony Mann. Un film con Robert Cummings, Richard Basehart, Arlene Dahl, Richard Hart, Arnold Moss. Titolo originale: Reign of Terror. Genere: Noir, Thriller, Storico, Drammatico. Paese: Stati Uniti d’America. Anno: 1949. Durata: 89 min. Consigliato a: Da 13 anni. Valutazione IMDb: 6.9.

La vicenda si svolge a Parigi nel 1794, nel pieno del Regime del Terrore guidato da Maximilien Robespierre. Il clima di sospetto e le esecuzioni sommarie dominano la scena politica, mentre un gruppo di cospiratori, guidato dall’astuto politico François Barras, trama per rovesciare il dittatore giacobino. Il protagonista è Charles D’Aubigny, un agente incaricato da Barras di recuperare il famigerato “Libro Nero”, un elenco segreto di nomi che Robespierre intende mandare alla ghigliottina, indispensabile per il successo del colpo di stato. D’Aubigny si infiltra nell’apparato del Terrore assumendo l’identità di un magistrato e deve muoversi con cautela tra spie, traditori e le insidie di Fouché, braccio destro di Robespierre, il tutto con la scorta della misteriosa Madelon.

Il film è un notevole esempio di come il regista Anthony Mann abbia saputo trasferire gli elementi stilistici e tematici del film noir in un’ambientazione storica in costume. I temi centrali sono la paranoia politica, la corruzione del potere e la lotta per la sopravvivenza in un ambiente claustrofobico e letale. La regia è tesa e dinamica, sfruttando al meglio la fotografia espressionista di John Alton, che con contrasti estremi di luce e ombra e angolazioni inusuali crea un’atmosfera di minaccia costante. Le interpretazioni di Richard Basehart nel ruolo di un freddo e calcolatore Robespierre e di Robert Cummings sono solide. Il film, pur prendendosi delle libertà storiche per alimentare la suspense, è un thriller storico avvincente e ben costruito, che anticipa l’approccio psicologico che Mann svilupperà nei suoi successivi western.

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