Unione Sovietica, 1941, a seguito dell’invasione da parte della Germania, Leningrado viene raggiunta e quasi completamente circondata; la stampa straniera viene evacuata ma una giornalista, Kate Davis, è data per morta e non riesce ad imbarcarsi sull’aereo. Rimasta sola nella città assediata viene aiutata da Nina Tsvetnova, una giovane ed idealista funzionaria di polizia, ed insieme si troveranno a combattere sia per la loro sopravvivenza che per quella della popolazione
Cesare – Il creatore che ha distrutto (チェーザレ 破壊の創造者 Chēzare hakai no souzousha?) è un mangaseinen creato da Fuyumi Sōryō[1] assieme a Motoaki Hara ed edito in Giappone con una serializzazione irregolare su Weekly Morning della Kōdansha[2].Cesare è un manga storico dedicato alla figura di Cesare Borgia, alla quale la mangaka ha dichiarato di dedicarsi per gran parte della sua carriera[3]. Nel manga appaiono molti personaggi storici realmente esistiti, e vi è ricostruita in modo accurato la vita scolastica dell’Università di Pisa nel Rinascimento[4]. In Italia è edito dalla casa editrice Star Comics dal 18 ottobre 2007.
Questo manga è ambientato nella Pisa del 1491, durante il dominio dei Medici. Pisa in quel periodo è sede della più grande università italiana dopo quella di Bologna, e in questa sede di cultura sono presenti grandissimi personaggi storici rinascimentali. Tra di essi anche Cesare Borgia.La storia segue la vita dell’ingenuo Angelo da Canossa, un giovane fiorentino di umili origini, che con la protezione di Lorenzo de’ Medici può accedere all’Università di Pisa. Qui, grazie alla sua intelligenza, conoscerà personaggi come Leonardo da Vinci, Giovanni de’ Medici, Michelotto da Corella e lo stesso Cesare Borgia.Attraverso gli occhi di Angelo ci viene narrata la vita di questo grande condottiero e della sua entrata in scena nella politica del Rinascimento italiano.
Durante un ricevimento ufficiale presso lo shogun di Tokyo, il cerimoniere viene minacciato con la spada all’interno del palazzo. L’autore dell’avventato gesto verrà costretto a fare hara-kiri lasciando i quarantasette samurai al suo servizio senza padrone. I samurai, divenuti quindi ‘ronin’, giurano di vendicare il loro padrone.
Maria Stuarda (1542-87) non vuole rinunciare al trono e affronta Elisabetta (1533-1603) regina d’Inghilterra, sua rivale gelosa. Accusata di cospirazione, viene imprigionata, processata e condannata. Primo dei tre consecutivi drammi in costume interpretati dalla Hepburn e sua unica esperienza con Ford, è un film elegante e misurato, sorretto dallo scenario di Dudley Nichols, emozionante, volutamente statico. “È un’opera impregnata di religiosità nel senso più ampio: sottomettendosi al proprio destino Maria vince, anche nel momento in cui perde tutto”.
Versione è più che buona e, soprattutto, “integrale”. Il film è quasi interamente doppiato in italiano, i pochissimi brani in lingua originale (quelli che probabilmente erano stati tagliati) sono stati più che opportunamente sottotitolati.
La storia della guerra nella contea di Johnson nel Wyoming. I grandi allevatori organizzano una spedizione punitiva contro i contadini. Ma costoro si difendono strenuamente guidati da uno sceriffo. Uno dei più grossi smacchi commerciali degli anni Ottanta. Portò al fallimento la United Artists e alla morte presunta il genere western.
Alessandria d’Egitto. Seconda metà del IV secolo dopo Cristo. La città in cui convivono cristiani, pagani ed ebrei è anche un vivo centro di ricerca scientifica. Vi spicca, per acume e spirito di indagine, la giovane Ipazia, figlia del filosofo e geometra Teone. Ipazia tiene anche una scuola in cui l’allievo Oreste cerca di attirare la sua attenzione. C’è però anche un giovane schiavo, Davus, attratto dalla sua bellezza e dalla sua cultura. Col trascorrere degli anni la tensione tra gli aderenti alle diverse religioni diviene sempre più palese e finisce col divampare vedendo il prevalere dei cristiani i quali godono ormai della compiacenza di Roma (anche se non di quella di Oreste divenuto prefetto). Guidati dal vescovo Cirillo e avvalendosi del braccio armato costituito dai fanatici monaci parabalani, i cristiani riescono ad annullare la presenza delle altre forme di religione e intendono regolare i conti con il pensiero che oggi definiremmo ‘laico’ di Ipazia. Ci sono fasi della storia del cattolicesimo che sono rimaste nell’ombra e sicuramente quella della presa di potere da parte dei cristiani di Alessandria, guidati da un vescovo autoritario e violento salito anche all’onore degli altari, appartiene al versante di cui non è il caso di andare fieri e neppure di cercare alibi in una diversa sensibilità rispetto al passato remoto. Il cinema, quando gliene viene offerta l’opportunità, fa bene a fare luce anche su questi aspetti. Se si prende delle licenze narrative può anche essere giustificato da esigenze di trasposizione. Quella che però non può essere in alcun modo apprezzata è la scelta linguistica adottata in questa occasione da un pur apprezzato regista quale è Alejandro Amenabar. Dinanzi a una tematica così complessa il regista spagnolo sceglie la via del “peplum post litteram” in cui tutto è palesemente finto e si finisce con l’attendere il Maciste di turno che faccia crollare le colonne di gommapiuma del lontano passato di Cinecittà. L’eroina è proprio bella (e muore nuda), i cattivi sono cattivi che più non si può (e sono tutti dalla parte dei cristiani) e non c’è costume a cui manchi il cartellino della tintoria. Se ci si aggiunge qualche lezioncina sull’astronomia del tempo e qualche scontro armato dilatato per fare metraggio si raggiunge la durata giusta per un passaggio televisivo in due parti. Ma ci sono miniserie tv come Empire che hanno meno pretese e una resa perlomeno uguale.
1579. Nobunaga Oda, signore della guerra intenzionato a conquistare tutto il Giappone, chiede ai propri vassalli di stanare Murashige Araki, datosi alla macchia e sospettato di cospirare contro Oda. Ma è tutta la corte a essere un coacervo di intrighi e doppiogiochismi, di cui Oda è consapevole. In particolare si distinguono l’astuto Mitsuhide Akechi e lo scanzonato Hideyoshi Hashiba, soprannominato “la Scimmia”. Umiliati dagli abusi di Oda, i vassalli cominciano a coalizzarsi per cospirare contro di lui, anche se nessuno sembra essere completamente affidabile.
La leggenda racconta che nel 1993 Akira Kurosawa, dopo aver ascoltato l’idea di Takeshi Kitano su un film epico di samurai da realizzare, sentenziò che, una volta concluso, sarebbe stato superiore al suo capolavoro I sette samurai.
Trent’anni dopo Kitano riesce finalmente a portare a termine quel progetto, dopo aver condotto nel frattempo una lunga carriera, costellata di grandi film e con qualche sporadico inciampo. Difficile dire come sarebbe stato allora, visto che il Kubi che conosciamo è figlio del suo tempo, il 2023, e di un regista che sembra sempre più prossimo a un abbandono più volte preannunciato (benché sempre smentito), per ragioni anagrafiche e di crisi di ispirazione (come a suo tempo evidenziò il geniale dittico di Takeshis’ e Glory to the Filmmaker!, seduta di auto-analisi condotta attraverso il cinema).
Lo sguardo di Kitano quindi unisce il disincanto della maturità all’entusiasmo del progetto di un tempo, in un contrasto che risulta a volte stimolante e in altri casi semplicemente bizzarro e dissonante. A mettere in chiaro cosa riserveranno i 130 minuti di film è la sequenza di apertura, in cui da un corpo decapitato, inquadrato in primo piano, fuoriescono dei granchi. Grand guignol e humour nero caratterizzeranno da lì in avanti la mattanza tra i samurai al servizio di Oda, con l’introduzione di una moltitudine di personaggi piuttosto complessa da memorizzare.
Nella coralità di Kubi lo spazio su grande schermo viene ripartito tra le varie star coinvolte, quali Ryo Kase (Hill of Freedom), Hidetoshi Nishijima (Drive My Car) e Tadanobu Asano (Tabù – Gohatto), che affiancano l’anziano Beat Takeshi, di nuovo presente davanti e dietro alla macchina da presa. Per sé Kitano ritaglia un ruolo ormai classico, che ricorda molto da vicino l’Otomo della trilogia di Outrage.
Trasponendo nel war movie in costume quanto visto in Outrage Beyond per il mondo yakuza, abbiamo la storia dell’improbabile ascesa di un uomo che si è fatto da solo, provenendo dalla campagna, e che non ha mai mostrato ambizioni in un mondo di squali disposti a tutto per raggiungere il potere. Mentre i capi si tradiscono e si scannano, a prevalere alla fine è il sempliciotto che irride le regole non scritte della comunità di appartenenza, la “scimmia” a cui nessuno dava importanza, e a cui Kitano infonde il suo inconfondibile humour bislacco.
Un soldato in fuga. Diciannove anni, tanta inesperienza, altrettanta paura, più un’innata voglia di sopravvivere. Scappa da una squadra nazista che lo rincorre a colpi di fucile. Siamo nella Germania del 1945, la guerra sta per finire, ma lui non lo sa. Quando trova un’uniforme nazista da indossare nulla sarà più come prima e lui sarà il primo a comportarsi come i suoi stessi persecutori.
Regia di Luigi Magni. Un film con Nino Manfredi, Serena Grandi, Alberto Sordi, Massimo Wertmüller, Luca Barbareschi, Elena Sofia Ricci.Cast completo Genere Storico – Italia, 1990, durata 110 minuti. – MYmonetro 3,73 su 15 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. Siamo nel 1849, nel momento in cui la Repubblica romana dovette arrendersi alle truppe dell’esercito francese capitanate dal generale Oudinot. La cronaca dell’avvenimento in questione e gli altri accadimenti a Roma e nel resto dell’Italia sono la materia del film di Luigi Magni. Molti sono i personaggi che sfilano: il prete barnabita Ugo Bassi, papa Pio IX, Luciano Manara, celebre esponente monarchico, i patrioti Daverio, Messina, Narducci, Dandolo, il poeta Belli e Goffredo Mameli, autore dell’inno italiano. Affresco condotto con mano sicura da Magni anche se le interpretazioni non sono mai folgoranti.
Seconda guerra mondiale. Quattro giovani maghrebini, ognuno con la propria vita: Messaoud l’innamorato, Yassir il mercenario, Said il povero che cerca fortuna all’estero e Abdelkader l’idealista. Dopo un breve periodo di addestramento, vengono mandati a combattere i tedeschi in diversi teatri europei: la celebre battaglia di Montecassino, risoltasi in una carneficina, l’arrivo in Provenza, l’avanzata nella valle del Rodano e la spedizione nell’Alsazia.
Nel corso della campagna militare, si rendono conto che solamente i soldati francesi sono promossi, hanno cibo migliore e possono visitare le proprie famiglie, mentre i maghrebini sono vergognosamente discriminati e trattati come combattenti di second’ordine. Ai giorni nostri, l’ultimo superstite Abdelkader, oramai anziano e povero, residente in Francia, fa visita alle tombe dei suoi compagni.
Prodotto da Dino De Laurentiis, diviso in 2 parti, racconta i primi 22 capitoli del Genesi. La parte introduttiva della Creazione è affidata alle immagini del fotografo Ernst Haas. Colosso mitico-religioso hollywoodiano in salsa italiana con alcune sequenze di alta suggestione spettacolare (l’arca di Noè, la torre di Babele). Non è difficile per i fan di Huston individuarvi le costanti tematiche e stilistiche dell’agnostico regista americano; agli altri basta lo spettacolo. “… le autorità ecclesiastiche hanno così paura delle controversie dogmatiche che preferiscono vedere un ateo che filma il Genesi piuttosto che affidarlo a un cattolico. Sono persuaso che se non avessero trovato un ateo si sarebbero accontentati di un ebreo” (J. Huston). Tra gli interpreti spicca la coppia Scott-Gardner. Uno degli sceneggiatori è il raffinato Christopher Fry.
L’attacco alla base americana di Pearl Harbor apre un nuovo fronte delle ostilità in Giappone. Desmond Doss, cresciuto sulle montagne della Virginia e in una famiglia vessata da un padre alcolizzato, decide di arruolarsi e di servire il suo Paese. Ma Desmond non è come gli altri. Cristiano avventista e obiettore di coscienza, il ragazzo rifiuta di impugnare il fucile e uccidere un uomo. Fosse anche nemico. In un mondo dilaniato dalla guerra, Desmond ha deciso di rimettere assieme i pezzi. Arruolato come soccorritore medico e spedito sull’isola di Okinawa combatterà contro l’esercito nipponico, contro il pregiudizio dei compagni e contro i fantasmi di dentro che urlano più forte nel clangore della battaglia.
Maggio, 1940. Sulla spiaggia di Dunkirk 400.000 soldati inglesi si ritrovano accerchiati dall’esercito tedesco. Colpiti da terra, da cielo e da mare, i britannici organizzano una rocambolesca operazione di ripiegamento. Il piano di evacuazione coinvolge anche le imbarcazioni civili, requisite per rimpatriare il contingente e continuare la guerra contro il Terzo Reich. L’impegno profuso dalle navi militari e dalle little ship assicura una “vittoria dentro la disfatta”. Vittoria capitale per l’avvenire e la promessa della futura liberazione del continente.
Anno 1776: in America si respirano le prime avvisaglie della Rivoluzione. A New York, assediata dagli inglesi, un uomo decide di arruolarsi tra i coloni dopo che gli insorti gli hanno sequestrato la barca da pesca, sua unica fonte di sostentamento. Suo figlio, appena quattordicenne, è arruolato come tamburino dagli inglesi. Tra padre e figlio, più volte separati e ritrovati, si inserisce una bella ragazza borghese, contagiata dall’atmosfera rivoluzionaria.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Dal 28 settembre al 1° ottobre 1943 il popolo napoletano sentì di avere davanti non soltanto i tedeschi del colonnello Scholl da buttar fuori, ma tutti gli oppressori stranieri del passato. Prodotto dalla Titanus, è un film corale dal ritmo largo che alterna belle pagine a ridondanze retoriche, mescolando con sagacia volti e casi privati con l’epopea collettiva. Il soggetto originale è di Vasco Pratolini. Qualche tarantella di troppo nella colonna musicale di C. Rustichelli. 3 Nastri d’argento: film (ex aequo con Salvatore Giuliano ), sceneggiatura, R. Bianchi.
Ad Alessandria Tolomeo e sua sorella Cleopatra intrigano per il potere. Il dissidio facilita la penetrazione di Roma in Egitto per opera di cesare, ma Cleopatra riesce a sedurre il Dittatore che la investe del potere, non senza per altro averla voluta prima al suo seguito a Roma per completare il trionfo.
Roma, 48 a. C. Sconfitto Pompeo nella battaglia di Farsalo, Giulio Cesare sbarca ad Alessandria d’Egitto, dove il suo avversario si è rifugiato. Pompeo spera di ottenere l’aiuto del giovane faraone Tolomeo XIII, ma il sovrano lo fa uccidere e consegna la sua testa a Cesare. La monarchia assoluta è, intanto, agitata da tensioni interne. Tolomeo non vuole condividere il trono con la sorella Cleopatra e prova a farla assassinare, ma la giovane e bellissima donna tenta di portare Cesare dalla sua parte. L’impresa è decisamente semplice: il condottiero supremo di Roma cade tra le sue braccia, tanto più che Cleopatra gli dà la gioia di quel figlio tanto atteso e mai arrivato dalle nozze precedenti.
In Inghilterra regna il primo dei Lancaster, Enrico IV, salito al trono dopo torbide lotte. Le rivendicazioni sollecitano i tentativi ribelli, di cui si fa portavoce il giovane Enrico Percy, detto Hotspur. Egli giura di vendicarsi, e vorrebbe uccidere il principe ereditario, se non sapesse che questi è inviso al padre, perché preferisce passare il tempo a gozzovigliare con amici, tra i quali l’inseparabile Falstaff, bivaccando in una malfamata locanda. Ma gli eventi precipitano: Hotspur prende la via della ribellione aperta sobillando la gente del suo popolo, mentre Enrico IV manda a chiamare il figlio, affinché assolva gli obblighi militari che gli competono come principe ereditario.
Dopo il crollo del Terzo Reich, l’ingresso delle truppe alleate in Berlino dà avvio, oltre che alla spartizione della città, al processo di denazificazione. Chiunque abbia collaborato coi nazisti deve essere epurato. Cio’ avviene in tutti i settori, nessuno escluso. Un alto graduato americano, interpretato da Harvey Keitel, ha l’incarico di occuparsi di Wilhelm Furtwangler, il famoso direttore d’orchestra. Il Maestro è principalmente accusato di aver diretto un concerto in occasione del compleanno di Hitler. Lo scontro tra l’accusatore e l’accusato occupa ampia parte del film. Ma non si tratta né di un film biografico, né, ancor meno, di una di quelle opere che mutuano dal cinema processuale le loro figure retoriche. Grazie alla recitazione dei protagonisti il confronto tra due uomini si tramuta in uno scontro tra culture. Su un tema facilmente manipolabile come è quello dell’acquiescenza alla dittatura, Szabó innesta una riflessione sulla chiusura mentale del militare statunitense. Anche nel compiere un’azione utile e necessaria dimostra i limiti di una cultura con radici troppo recenti per potersi addentrare in territori ‘alti’. Quando poi la giovane assistente dice all’americano: “Sono stata interrogata dalla Gestapo e i metodi erano come i suoi” la memoria non può non andare alla prigione di Guantanamo. Coraggiosa la Berlinale a programmarlo.
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