Nel 1761 a Londra il manicomio di Bedlam è gestito dal dispotico e malvagio Sims (B. Karloff) che organizza degradanti spettacoli pubblici con i suoi ricoverati. Amante di Lord Mortimer (B. House), l’attrice Nell Bowen (A. Lee) denuncia il fatto, ma, grazie agli intrighi di Sims, è internata a Bedlam dove, commossi dalla sua dolcezza, i malati la proteggono. Ispirato a una stampa della Carriera di un libertino di William Hogarth e prodotto per la RKO dal geniale Val Lewton (che firma la sceneggiatura come Carlos Keith) è un piccolo, intelligente film che curiosamente anticipa alcuni temi del Marat-Sade di Peter Weiss. S’avvale di una preziosa fotografia di Nicholas Musuraca, tiene in sapiente equilibrio melodramma, horror, critica sociale. Bocciato dalla censura britannica che non gli rilasciò il certificato di distribuzione nel Regno Unito.
Ex leader della contestazione in un’università USA vuole tirare i remi in barca e diventare professore; due ostacoli: il “sistema” e la propria coscienza politica. Interessante commedia sul ’68 americano. Vanta una buona prova di Gould, ma è prolisso e irrimediabilmente datato.
Praga, 1820. Balduin (Wegener), studente povero, vende a Scalpinelli (Gottowt) la propria “immagine” (l’immagine riflessa che si stacca dallo specchio) per 100 000 fiorini. Con l’oro maledetto spera di avere più facile accesso alla casa della ricca aristocratica (Berger) della quale è invaghito. Il suo “doppio” comincia a perseguitarlo, finché, incontratolo in casa, Balduin gli spara. E ferisce a morte sé stesso. Ispirato a La meravigliosa storia di Peter Schlemihl (1814) di Adalbert von Chamisso, sceneggiato da Hanns Heinz Ewers e ambientato sullo sfondo di una Praga di cui la fotografia di Guido Seeber sottolinea, con sovrimpressioni e trucchi ottici, gli aspetti più angosciosi e inquietanti, è considerato il precursore dell’espressionismo al cinema. Ne riprende temi (sdoppiamento della personalità, violenza del destino), segni, sortilegi, pathos luttuoso. Attraverso la presenza di Wegener, pure collaboratore alla sceneggiatura e futuro regista (e qui, come attore, fisicamente fuori parte), c’è chi vi vede l’influenza del grande ed eclettico Max Reinhardt. Fu considerato la 1ª opera d’arte del cinema germanico. La sua componente espressionista fu accentuata nel rifacimento del 1926, diretto da Henrik Galeen con Conrad Veidt e Werner Krauss. 2° remake nel 1935 con la regia di Arthur Robison.
1) “Fatebenefratelli” (Comencini con Spaak, Law): adolescente svelta tenta di sedurre giovane prete; 2) “La vedova” (Castellani con Spaak, Salvatori): giovane vedova siciliana è costretta dalla famiglia del marito a rinunciare agli uomini; 3) “La moglie bambina” (Rossi con Spaak, Salerno, Celi): sposato con una bella ragazza, insegnante deve difendersi dall’invidia del prossimo. Caso raro di un film a episodi in funzione di una star non ancora ventenne: la belga C. Spaak (1945) che aveva esordito da protagonista nel 1960 con I dolci inganni . Tre racconti garbati, un po’ sciapi ma mai volgari.
Un film di Roberto Rossellini. Guerra, b/n durata 77 min. – Italia 1941. MYMONETRO La nave bianca valutazione media: 2,75 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Una nave di guerra viene colpita da un cannone nemico. La nave bianca, ospedale galleggiante, la soccorre. Film che unisce momenti del conflitto ad altri di finzione.
Ambientato in Marocco all’indomani della guerra 1914-18, contrappone Arabi e soldati della Legione Straniera, gli uni in difesa dei propri diritti, gli altri impegnati a osservare il loro codice d’onore. Un incidente di percorso nell’itinerario di Richards che ha voluto rivisitare il sottogenere della Legione Straniera. Poiché del film è anche produttore e soggettista, lo sbaglio è senza attenuanti.
Sedicenne che sogna la vita del cowboy s’aggrega a una spedizione di bestiame. Dopo disavventure, sparatorie, soprusi e un massacro conclusivo, getta disgustato la pistola. Apprezzabile opera prima di un ex fotografo e pubblicitario che si è proposto fin troppo programmaticamente di illustrare realisticamente la durezza, la fatica, la sporcizia e la violenza della transumanza, cioè della vita del cowboy. Eccellente fotografia modellata sui dagherrotipi e i quadri di Russell, Remington e C.
Dal romanzo (1945) di Carlo Levi (1902-75): un intellettuale torinese, medico e scrittore antifascista a contatto con l’antica civiltà contadina della Lucania dov’è confinato intorno al 1935. F. Rosi mette la sordina alla dimensione antropologica e magica del bel libro di Levi e l’accento su quella sociale e politica. Un po’ raggelato nei paesaggi o lirici o didattici, ma ammirevole per l’intensità della sua delicatezza. Accanto a un G.M. Volonté introspettivo e sommesso e ad attori naturali ben guidati c’è un ottimo P. Bonacelli. La versione televisiva dura 270 minuti.
Un extraterrestre scende sulla Terra con l’intenzione di sfruttare le sue conoscenze scientifiche più evolute per approntare le misure necessarie a salvare dalla siccità il suo pianeta morente. Assunte sembianze umane e il nome di Thomas Jerome Newton, l’alieno fonda ben presto un impero finanziario rivoluzionando il mondo delle comunicazioni ed avviando la costruzione di un’astronave per trasportare acqua alla sua gente. Mary-Lou, donna con la quale ha stretto amicizia, scopre la vera identità di Newton e il professor Bryce, venutone a conoscenza, lo denuncia alle autorità. I beni di Newton vengono sequestrati e incamerati dallo Stato e Newton stesso è fatto oggetto di studio da parte degli scienziati governativi. Rapito, torturato, umiliato, e infine svuotato di ogni volontà, l’alieno diventa sempre più simile all’uomo: abbrutito dall’alcol e in completa solitudine, continua a vegetare tra gli uomini tormentato dalla visione della sua famiglia, della sua gente e del suo pianeta morenti. Ispirandosi liberamente al romanzo di Walter Tevis, Nicolas Roeg realizza un’opera drammatica e visionaria, pregevole per ricchezza formale e coinvolgente. Più interessato al contenuto della vicenda che non ai possibili risvolti avventurosi, Roeg concentra la sua attenzione sul protagonista. Attraverso un sapiente mosaico di inquadrature che confondono i confini spazio-temporali, il regista conduce lo spettatore a sostenere emozionalmente la tragica esperienza dell’extraterrestre che in un processo di degradazione psicologica e fisica è forzato a farsi uomo per abbandonare la sua (inquietante per gli uomini) diversità. Una storia simbolica, che sacrifica in più di un momento la struttura logica, per far risaltare la bassezza delle passioni umane, dall’odio all’invidia, l’istinto aggressivo e la paura del perturbante.David Bowie nel ruolo dell’alieno/Newton fornisce la sua interpretazione migliore e più convincente.Il soggetto ricorda nelle linee essenziali quello di un trascurato film del 1951, The Man from Planet X. Rifatto per la televisione nel 1987 (S.O.S. Terra, titolo italiano per The Man Who Fell to Earth).
Una famiglia vive nella campagna messicana allevando tori da combattimento. Esther si occupa della conduzione del ranch mentre Juan, che è un poeta molto noto, è addetto alla selezione e all’allevamento del bestiame. Quando Esther sembra essersi innamorata dell’addetto all’addomesticamento dei cavalli, Juan vede crollare tutte le sue certezze.
Per motivi poco chiari i morti insepolti tornano in vita con impulsi cannibaleschi. Ogni persona ammazzata si trasforma in uno di loro. Sette persone cercano di resistere, barricandosi in una casa abbandonata. È il cult movie di basso costo che segnò una svolta nel cinema dell’orrore, portato da Romero fuori dagli studios , dalle convenzioni, dal ghetto. È un film pessimista che visualizza la fine del mito americano: è un nero a gestire la resistenza degli assediati dagli zombi, protagonista impensabile nel 1968 in un sistema di cinema commerciale, cioè consensuale. Ebbe seguiti, remake e innumerevoli imitazioni. Costato poco più di 100 000 dollari, ne incassò più di 5 milioni. Esiste una versione colorizzata. Nel 1998 fu rieditato con 13 minuti in più, tutti tagliati dal regista nel 1968. Operazione di marketing, non restauro con il Director’s Cut .
Un uomo dal passato burrascoso sposa controvoglia l’amante, poi la lascia per dedicarsi al ring. Sotto la guida di un buon allenatore ottiene successi e ricchezza. Montatosi la testa e cambiato manager ne seduce la moglie e, dopo poco tempo, perde il contratto. Pentito, ma solo apparentemente, torna dalla moglie del vecchio allenatore.
Usciti dalle tombe e dalle cripte, gli zombi sono ormai padroni del mondo, anche se un manipolo di uomini, asserragliati in un bunker, tenta di organizzare un’ultima resistenza. George Romero riprende il filone degli “zombi” che gli diede la notorietà. Ma ormai il “genere” è esausto, anche s’è ancora apprezzabile il mestiere con cui il regista di Pittsburgh orchestra le sue orripilanze.
William Pitsenbarger, medico dell’aviazione e protagonista di un eroico sacrificio durante un episodio tragico della guerra in Vietnam, non ha mai ricevuto la Medaglia d’onore, massimo riconoscimento al valore dell’esercito degli Stati Uniti d’America. A trent’anni di distanza, nel 1999, i veterani di quella battaglia e gli anziani genitori dell’eroe non si rassegnano e si rivolgono a Scott Huffman per perorare la causa di Pitsenbarger. Huffman inizialmente crede che sia una perdita di tempo e lavora alla pratica senza passione, ma dopo aver conosciuto genitori e reduci e ascoltato le loro testimonianze, vuole andare fino in fondo e scoprire cosa sia successo in questi trent’anni.
Jean è una donna affascinante, che ha successo nel lavoro e nella vita privata. Una conoscente, che l’ama alla pari del marito e della figlia, è uno strano personaggio di nome Marion. Nessuno sa cosa faccia di preciso e qualcuno sussurra addirittura che sia una strega. Il film meno conosciuto in assoluto di George A. Romero regista di La notte dei morti viventi.
I Mennoniti costituiscono una comunità di ispirazione religiosa che vive nel nord del Messico. Essi traggono origine dagli anabattisti protestanti svizzeri del Sedicesimo secolo. Ritengono che il battesimo sia una scelta che va compiuta da adulti, sono legati a un pacifismo di impronta radicale e, pur accettando le auto e la medicina moderna, rifiutano i mezzi di comunicazione di massa come il telefono o Internet. Il film di Reygadas narra le vicende di uno di loro, Johan, il quale, sposato e padre si innamora di un’altra donna. Il regista che ha visto nascere e consolidarsi la propria fama internazionale proprio grazie al Festival di Cannes (prima con Japon e poi con Battaglia nel cielo) si diverte (nel senso positivo del termine) a stupire. Se con Battaglia nel cielo aveva scandalizzato grazie a una sessualità esibita a pieno schermo, qui assume uno sguardo che fa prevalere l’attenzione al paesaggio. Tanto da far parlare di cinema dreyeriano con però una variante fondamentale: in Dreyer oltre lo schermo c’è Dio, mentre qui l’Essere Supremo è assente. È forse però proprio grazie a questa ecletticità di stile che Reygadas ci dimostra di essere un regista meritevole di attenzione. C’è chi come Kim ki-Duk ha bisogno di coerenza, e chi invece ci guadagna nel mutare ottica. A ciascuno il suo cinema. L’essenziale, sia per il critico che per lo spettatore, è che si percepisca un’onestà di fondo. Che a Reygadas non fa difetto.
Insegnante accetta l’ingrato compito di docente nel riformatorio Malaspina di Palermo dove sperimenta il suo metodo antiautoritario e democratico, scoprendo nei ragazzi devianti e sbandati la dimensione della dignità. Il materiale narrativo di Aurelio Grimaldi, la sagace drammaturgia di Rulli e Petraglia, l’occhio di Risi junior, la verità degli attori (professionisti e non), ne hanno fatto un film “giusto”, necessario, coinvolgente. Efebo d’oro 1989.
Gangacharan è il bramino di un villaggio, dove si occupa di insegnare, organizzare eventi religiosi e prevenire le epidemie. Ma nel 1943 imperversa la guerra, e con essa la carestia.
Purtroppo non ho trovato versione in ita e neanche versione con subita.
Guai a chi si avvicina alla casa di Mary, che altri non è se non una bionda bambina sotto le cui spoglie si manifesta la forza del male. Nessuno ne esce vivo. Tipico film dell’orrore con tanti effettacci.
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