Le avventure della piccola Dorothy e del suo cagnolino Totò in un mondo fantastico in cui sono stati trasportati da un ciclone. In compagnia di tre simpatici amici, il leone, lo spaventapasseri e l’omino di ferro
Da un romanzo (1957) di José Giovanni. Nel 1947 nel carcere della Santé di Parigi 5 detenuti tentano di evadere scavando una galleria. Uno di loro tradirà. Ultimo film di J. Becker e con Casco d’oro uno dei suoi capolavori, ormai considerato un “classico” del cinema francese, opera che fa da cerniera tra i film cosiddetti “di qualità” e quelli della Nouvelle Vague. Racconta un gruppo di criminali con la loro dignità di uomini. Un inno alla libertà, ma anche alla pazienza, all’amicizia, alla solidarietà. Un’epopea alla Bresson, senza enfasi oratoria né messaggi umanitari.
Mamma Roma, prostituta, decide di diventare una rispettabile piccolo borghese. Con il figlio Ettore va ad abitare in un appartamento della periferia romana. Saputa la verità su di lei, il ragazzo delinque, è arrestato e muore in carcere per i maltrattamenti subiti, invocando Guidonia, il paese dov’è cresciuto, ma anche metafora della Madre e del grembo materno. 2° film di Pasolini dopo Accattone, fondato sulle figure retoriche dell’ossimoro e della sineciosi (in cui s’affermano, di uno stesso oggetto, due contrari); che all’uomo dà una vera grandezza. Bianconero: Tonino Delli Colli (con echi di Caravaggio). Musica: Concerto in Do Maggiore di A. Vivaldi.
Nishi, ex detective della polizia di Tokyo, ha due rimorsi (la paralisi di un collega suo coetaneo e la morte di un collega giovane di cui si sente responsabile) e uno strazio (la moglie, malata terminale di leucemia). Per pagare i debiti e fare una vacanza con lei, fa una rapina (sequenza geniale). Epilogo tragico su una spiaggia che ricorda Visconti (Morte a Venezia) e Fellini (La dolce vita). Film polimorfico che parte come un poliziesco d’azione, continua come un noir, finisce nel melodramma esistenziale. Alterna il lirico e il tragico, scoppi di violenza e digressioni sulla pittura. Spiazza, coinvolge, intenerisce, colpisce, commuove. 7ª regia di Kitano, comico e showman TV, popolare come Beat Takeshi, poeta, romanziere, umorista, pittore (i dipinti che si vedono nel film sono suoi). Leone d’oro a Venezia 1997. Belle musiche di Joe Hisaishi.
Un attore ebreo, in analisi da quindici anni, s’innamora a New York di una ragazza svitata di buona famiglia che viene dal Middle West. Vincitore di 4 Oscar (film, sceneggiatura, regia, Keaton), è il 1° film della maturità di Allen regista che lo scrisse con Marshall Brickman e che, per giustizia narrativa prima che per amore o galanteria, lo intitolò col nome del personaggio femminile: Annie Hall . Un capolavoro dell’allenismo: caldo, spiritoso, ironico, delizioso. Vi appaiono per pochi secondi Sigourney Weaver, Beverly D’Angelo, Jeff Goldblum. Diventeranno famosi.
1850. Jeremiah Johnson viaggia verso le montagne dello Utah, ai confini del mondo civilizzato; trova moglie e adotta un ragazzo. Un gruppo di soldati gli impone di guidarli nell’attraversare un cimitero indiano, luogo tabù.
In un mitologico jianghu al di là dello spazio e del tempo, Ouyang Feng è un maestro di spada decaduto che vive ritirato nel deserto fra cinismo e solitudine. Abbandonata la spada, svolge ormai solo il ruolo di tramite fra spadaccini mercenari e uomini desiderosi di vendetta. In un ciclo completo delle stagioni dell’Almanacco cinese, passano dalla sua casa l’affascinante cavaliere errante Huang Yaoshi, i due ambigui fratelli Yin e Yang del Clan Murong, uno spadaccino tradito dalla moglie sulla via della cecità e il rozzo e affamato guerriero Hong Qi. Il loro passaggio dà luogo a sanguinosi combattimenti, ma per Ouyang Feng segna soprattutto una diversa prospettiva sul valore dei ricordi, la precarietà dei sentimenti e il suo amore perduto di un tempo.
Per impedire la chiusura della loro vecchia scuola, due fratelli organizzano un concerto. Combinano tanti guai che l’intera polizia di Chicago li insegue con ogni mezzo. Un classico della nuova comicità demenziale, un film di culto per i fan di Belushi. Anche l’orecchio ha la sua parte con molti divi del Rhythm and Blues, da Ray Charles a Cab Calloway e Aretha Franklin. Scritto da Landis con D. Aykroyd e costato 27 milioni di dollari, è basato su una coppia di personaggi popolari nella trasmissione TV Saturday Night Live . Tra gli ospiti di passaggio i registi Frank Oz e Steven Spielberg e l’ex fotomodella Twiggy.
Dopo due omicidi a freddo di un serial killer lucidamente folle (Bardem), la storia comincia con Moss (Brolin) che s’imbatte nel deserto in un camioncino circondato da cadaveri. Nel portabagagli un carico di eroina e una valigetta con 2 milioni di dollari. Nell’andarsene col denaro, innesca una reazione a catena di violenze letali che nemmeno un paziente e disincantato sceriffo (Jones) riesce ad arginare. Il Texas del romanzo (2005) di Cormac McCarthy, che la Paramount Vantage ha messo a disposizione dei fratelli Coen, è un paese di morti e per morti, un assolato universo fuori dal tempo ma non dalla Storia. Che cos’è il loro 13° film: un western? un noir? L’uno e l’altro, e qualcosa di diverso. Non c’è cinefilia compiaciuta né nostalgia del passato e dei suoi miti in questa sfilata di cadaveri putrefatti dal sole. Con la loro scrittura classica, ma ricca di scarti e sottrazioni, deviazioni e stonature calcolate, i Coen hanno messo insieme una gelida metafora del nostro tempo. Coinvolge, fa aspettare, sorprende, persino diverte, ma lascia dentro un inesprimibile malessere. Tutti interpreti funzionali ai personaggi con un Bardem assassino periodico che mette spavento. Colpo di genio e di coraggio: colonna musicale praticamente assente. 4 Oscar: film, regia, sceneggiatura non originale, attore non protagonista (Bardem). 2 Globi d’oro: sceneggiatura e Bardem. morale.
Vecchio e malato ammazzasette arriva nel 1901 a Carson City a mettere ordine nella sua vita, affrontando a muso duro i nemici e la morte vicina. Western autunnale quasi da camera, quasi funerario, da crepuscolo degli dei. Un epitaffio su un genere o su un eroe? Grande congedo melodrammatico di J. Wayne. Ottima sceneggiatura di M. Hood Swarthout e S. Hale (da un romanzo di Glendon Swarthout) messa in immagini con uno stile asciutto. Musica di Elmer Bernstein.
Dal romanzo (1922) di Rafael Sabatini: chirurgo irlandese, condannato da un tribunale britannico per aver curato un ribelle ferito, viene inviato in un bagno penale. Diventato pirata nel mar dei Caraibi, si riscatta combattendo contro i francesi. Prodotto dalla Warner, ben sceneggiato e dialogato da Casey Robinson, ricco di briose sequenze d’azione,magnificamente fotografato (Hal Mohr, Ernest Haller), interpretato da un E. Flynn in gran forma è uno dei più scattanti film di pirati mai realizzati. Eccellente colonna musicale del compositore austriaco Erich Wolfgang Korngold, al suo esordio a Hollywood. Il romanzo di Sabatini era già stato filmato nel 1925 da D. Smith. Il personaggio fu ripreso da L. Hayward in Le avventure di Capitan Blood (1950) e Il corsaro (1952).
Un film di Zhang Yimou. Con Gong Li, He Caifei, Cao Cuifeng, Jin Shuyuan Titolo originale Dahong Denglong Gaogao Gua. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 126′ min. – Cina 1991. MYMONETRO Lanterne rosse valutazione media: 4,21 su 19 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Tratto dal romanzo Mogli e concubine di Su Tong, ambientato nella Cina del Nord dei primi anni ’20, è la storia di una studentessa povera che interrompe gli studi per diventare la quarta moglie, dunque concubina, di un ricco signorotto. Situata in un bellissimo edificio di articolata struttura architettonica, è una dolente sinfonia in rosso minore sulla condizione femminile, il rapporto dei sessi, le logiche del potere dove lo splendore formale si coniuga col rigore morale e l’asciuttezza narrativa. Leone d’argento a Venezia, non distribuito nella Cina Popolare.
Moglie masochista e frigida di un medico parigino, Séverine si prostituisce dalle 14 alle 17 in una casa di appuntamenti, spinta da un ambiguo senso di colpa e da un’ansia di espiazione che non riuscirà a realizzare. Da un mediocre romanzo (1929) di Joseph Kessel, sceneggiato con J.-C. Carrière, Buñuel ha tratto un film soltanto esteriormente “rosa” ed elegante, di struttura binaria, basato sulla doppiapersonalità della protagonista, la continua oscillazione (e confusione) tra realtà e sogno, il binomio Sade/Freud e quello sessualità/cattolicesimo. Lo governano una geniale ironia e la leggerezza del tocco. Dall’edizione italiana la censura ha tolto 3 brevi scene tra le quali l’importante flashback su Séverine bambina che rifiuta di fare la Prima Comunione. Fotografia di Sacha Vierny. Leone d’oro a Venezia 1967.
4 storie di violenza s’intersecano in una struttura apparentemente circolare che va avanti e indietro nel tempo: 1) due balordi (Roth, Plummer) si accingono a fare una rapina in una tavola calda; 2) due sicari (Travolta, Jackson) recuperano una valigetta preziosa, puliscono la loro auto, insozzata dal sangue e dal cervello di un uomo ucciso per sbaglio, con l’aiuto di Mr. Wolf (Keitel), l’uomo che risolve problemi, e vanno a mangiare nella tavola calda della rapina; 3) uno dei due sicari (Travolta) deve portare a ballare Mia (Thurman), moglie del capo (Rhames), ma lei va in overdose; 4) il pugile Butch (Willis) vince un incontro che doveva perdere e scappa con la borsa. Ispirato a quella narrativa popolare di ambiente criminale che, dagli anni ’30 e ’40, era pubblicata dai pulp magazines , il 2° film di Q. Tarantino (1963) procede sul filo di un’irridente ironia, di un efferato umorismo nero, di una dialettica tra buffonesco e tragico (tra fun e funesto) che mettono azioni, gesti e personaggi come tra parentesi, in corsivo, anche quando, come nel torvo episodio della sodomizzazione, questo film divertente e caustico dai dialoghi irresistibili penetra nell’abominio del male. Vietato in Italia ai minori di 14 anni. Palma d’oro a Cannes e Oscar per la sceneggiatura (Tarantino, Roger Avary).
Dal romanzo (1962) di Anthony Burgess: in una Inghilterra di un non lontano futuro Alex (McDowell) e i suoi 3 Drughi si dedicano allo sport dell’ultraviolenza: torturano, stuprano, uccidono. Abbandonato dai suoi, Alex è arrestato e condannato a 14 anni. In carcere si sottopone volontariamente al trattamento Ludovico che, privandolo del libero arbitrio, gli toglie ogni pulsione aggressiva e lo obbliga a odiare la musica di Beethoven (la Nona Sinfonia) che adora. Guarito e liberato, si trova in un mondo più violento di prima e subisce le vendette delle sue vittime. Dei 3 film di Kubrick che si possono considerare fantascientifici, è il più violento, quello in cui più si parla del presente, appena connotato da riferimenti al futuro. Frutto di una rischiosa contaminazione di generi letterari e filmici (favola filosofica, film a tesi, teatro, satira, grottesco, umorismo nero, fantasia, fantascienza), intende (di)mostrare – più che nelle pagine di Burgess – che la violenza della società è peggiore e più pericolosa di quella dell’individuo. Non a caso suggerisce che c’è qualcosa di Alex in ciascuno di noi, proponendo allo spettatore di identificarsi con lui, più vitale, intelligente, spiritoso, onesto degli adulti che lo circondano in un mondo crudele. La sua violenza è stilizzata, assai meno realistica di quella delle istituzioni che lo riducono a essere un’arancia meccanica, umana fuori, meccanizzata dentro. È un film ambivalente, non ambiguo. Barocco, non naturalistico. Forse è proprio il suo spinto barocchismo grottesco a renderlo più vulnerabile e datato degli altri suoi film. Fotografia: John Alcott. Musiche: Walter Carlos, Beethoven, Purcell, Rossini, Elgar, Rimski-Korsakov. Prodotto da Warner-Polaris Prod. (Kubruck).
Edipo è stato allevato dal re di Corinto come un figlio, ma non sa di essere un trovatello. Quando viene a conoscenza di una terribile predizione secondo la quale egli ucciderà il proprio padre e sposerà la propria madre, fugge dalla città e arriva a Tebe. Può essere considerato una trasposizione cinematografica dell’autobiografia ideale dell’autore: l’antica tragedia greca è infatti un mezzo del quale egli si serve per parlare di sé e dei propri problemi.
Un film di Peter Weir. Con Rachel Roberts, Dominic Guard, Helen Morse, Jacki Weaver, Vivean Gray, Kirsty Child Titolo originale Picnic at Hanging Rock. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 115 min. – Australia 1975. MYMONETRO Picnic ad Hanging Rock valutazione media: 4,20 su 40 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Australia, inizio secolo. Le ragazze del collegio di Appleyard si recano in gita ad Hanging Rock, una suggestiva formazione rocciosa, vanto della zona. Tre delle fanciulle scompaiono misteriosamente, e a nulla valgono le ricerche cui partecipano tutti gli abitanti del paese. Dopo una settimana, una ragazza ritrova una delle scomparse. La giovane non è in grado di dare alcuna spiegazione. Viene alla luce il losco passato della direttrice, ma l’episodio rimarrà sempre avvolto nel mistero.
Saturo del suo mestiere di yakuza, Murakawa (Kitano) è inviato dal suo capo sull’isola di Okinawa a dare una mano a una banda di amici contro i rivali. Non tarda ad accorgersi di essere stato messo in trappola. Un noir alla Melville dove scorre il sangue come in un film di Peckinpah diretto da un ideale allievo di Ozu. Scoperto in Europa con Hana-Bi (1997), l’attore, scrittore, showman televisivo e regista Kitano si è rivelato, almeno nella ristretta cerchia dei cinefili, come uno degli inventori di forme nel cinema degli anni ’90. Lavora per sottrazione, astrazione, stilizzazione, traducendo in immagini infallibili una sconsolata visione del mondo e della vita sull’orlo del nichilismo. La struttura tripartita è paragonabile a una sonata. Comincia con un andante di azioni e macchinazioni gangsteristiche e termina con un adagio sostenuto e fremente verso l’epilogo tragico. In mezzo, imprevedibile e quasi surreale, c’è un tempo di scherzo in cui Murakawa e i suoi yakuza si divertono sulla spiaggia come bambini in giochi pericolosi e burle ridanciane. 1° premio al Festival di Taormina, trasmesso in TV da “Fuori Orario” e distribuito in sala nell’estate 2000.
Tre storie: 1) “In Vespa”: traversata di Roma, semideserta in agosto, che termina a Ostia là dove fu ucciso Pasolini; 2) “Isole”: gita alle Eolie; 3) “Medici”: rapporto su un’odissea sanitaria che N. Moretti ha vissuto a causa di un morbo di Hodgkin (sistema linfatico) che una catena di medici aveva diagnosticato in altro modo. Premio per la regia al Festival di Cannes. Nonostante le apparenze, e anche se le confidenze non mancano, è il film in cui N. Moretti parla meno di sé: la morte di P.P. Pasolini è un vuoto che tocca molti di noi; quel che racconta o inventa delle vacanze insulari corrisponde alla realtà; persino il 3° capitolo, il più autobiografico, è lo specchio di un dramma collettivo. Stilisticamente il più maturo, fisico, inventato dei suoi film.
A Kyoto nel 1865, nella Shinsengumi – milizia speciale istituita dal governo dello Shogun per contrastare i samurai favorevoli a un ritorno al potere dell’imperatore – viene reclutato Sozaburo Kano, giovane ed esperto schermidore di efebica bellezza, che innesca tra compagni e superiori appetiti omosessuali, rivalità, persino delitti. Da due racconti di Shinsengumi Keppuroku di Ryotaro Shiba, Oshima – inattivo nel cinema di fiction dal 1986 – ha tratto “insieme a Eyes Wide Shut il film più mortuario, cimiteriale degli ultimi anni” (A. Termenini) che riesce a essere, al tempo stesso, rituale e anarchico, geometrico e imperscrutabile, astratto e ironico; qua e là nella 2ª parte in bilico sull’estetismo, ma con un radicale rifiuto degli schemi e degli stereotipi del cinema asiatico.