Per motivi poco chiari i morti insepolti tornano in vita con impulsi cannibaleschi. Ogni persona ammazzata si trasforma in uno di loro. Sette persone cercano di resistere, barricandosi in una casa abbandonata. È il cult movie di basso costo che segnò una svolta nel cinema dell’orrore, portato da Romero fuori dagli studios , dalle convenzioni, dal ghetto. È un film pessimista che visualizza la fine del mito americano: è un nero a gestire la resistenza degli assediati dagli zombi, protagonista impensabile nel 1968 in un sistema di cinema commerciale, cioè consensuale. Ebbe seguiti, remake e innumerevoli imitazioni. Costato poco più di 100 000 dollari, ne incassò più di 5 milioni. Esiste una versione colorizzata. Nel 1998 fu rieditato con 13 minuti in più, tutti tagliati dal regista nel 1968. Operazione di marketing, non restauro con il Director’s Cut .
Quando un loro compagno viene assassinato dal trafficante nigeriano Adewale, quattro poliziotti corrotti pianificano una violenta vendetta e decidono di penetrare nel suo rifugio, situato all’ultimo piano di un fatiscente edificio della banlieue parigina. Adewale intuisce l’arrivo dei poliziotti e fa fuoco per primo, uccidendo l’agente Jimenez che, una volta morto, ritorna in vita cercando di mordere i compagni. È solo l’inizio di un assedio da parte di un’orda di zombi che hanno circondato l’edificio affamati di carne umana. Da Distretto 13 (1976) in avanti, non si contano le variazioni sul genere della parabola che vede degli oppositori allearsi all’interno di uno spazio preso d’assedio da un nemico invisibile. È un espediente narrativo che nell’horror fa furore (lo stesso Carpenter ne ha fatto il leitmotiv della sua intera opera), ma che trova negli zombie il più prolifico esercito di assedianti. Obbligata, quindi, la variante francese del tema, visto il processo di ridefinizione dei canoni dell’horror già tracciato dalla cinematografia nazionale. La horde tuttavia non parte dalla violenza “ascetica” dei vari Martyrs, Frontiers o À l’intérieur, ma da quel tipo di violenza surreale e incendiaria del “periodo rosso” di Robert Rodriguez (Dal tramonto all’alba, Planet Terror), e da lì costruisce il suo percorso. Sempre attento a mantenersi ben al di sopra delle righe, il film dei due esordienti Yannick Dahan e Benjamin Rocher passa senza soluzione di continuità dal genere “giustiziero” allo splatter, dall’hard boiled in stile Hong Kong all’umorismo demenziale, con un autocompiacimento fra l’ironia e la supponenza. Tanto è inutile il pretesto politico della banlieue e tanto e tale è invece il godimento dei due autori nel concepire il corpo a corpo più sguaiato o la scena più chiassosa, che alla fine questi elementi lasciano pensare che il film sia rivolto principalmente a loro stessi o, ancor peggio, che i due vogliano proporsi come innovatori di un nuovo sottogenere. “Che cos’è hardcore?” si chiede ad un certo punto del film uno dei personaggi assediati, un vecchio esaltato settantenne armato di ascia. La risposta arriva mentre fa esplodere in aria un gruppo di zombie con una granata: “Questo è hardcore!”.
Una famiglia di cinque persone è reclusa nella propria casa di campagna: i bambini, istruiti e completamente intrattenuti in casa, crescono pensando che gli aeroplani siano giocattoli e zombie i piccoli fiori gialli. Unico contatto con il mondo esterno è una vigilante della vicina fabbrica che il padre visita ogni volta che i bisogni sessuali del figlio devono essere soddisfatti. La felicità della famiglia finisce quando la vigilante offre un giocattolo alla sorella maggiore in cambio di qualcosa…
In un futuro imprecisato post-apocalittico la Terra è in mano ai predoni. Tra questi Immortan Joe, che controlla la Cittadella con il pugno di ferro, imponendo il culto della personalità. Finché la sua compagna e “Imperatrice”, Furiosa, lo tradisce, portando con sé le schiave e concubine di Immortan. Reboot, mash up o remake sono termini che aiutano a capire ma che non inquadrano completamente l’operazione alla base di Mad Max: Fury Road. Il ritorno alla regia di George Miller, atteso quanto insperato, forse prepara a una nuova saga, tutto sembra farlo credere, ma soprattutto cerca di riscrivere l’ultimo e debole – al di là dell’impatto iconografico della sfera del tuono – capitolo con Mel Gibson e Tina Turner, riproponendo Max in un contesto come quello attuale, sovraccarico di supereroi invincibili e di action movies che dall’universo distopico di Mad Max molto hanno saccheggiato.
Classico del terrore anni Quaranta, ispirato alla lontana a Jane Eyre. Una signorina viene assunta come infermiera nella casa di un ricco signore ad Haiti. La moglie di quest’ultimo mostra segni di progressiva follia.
Inghilterra, oggi. Durante un blitz un gruppo di animalisti irrompe in un laboratorio dove alcuni scimpanzè vengono sottoposti alla visione forzata di immagini violente. Il ricercatore che studia le cavie avverte gli attivisti che gli animali sono affetti da un virus sconosciuto e pericoloso. Malgrado ciò, i membri del commando decidono di liberare gli animali, da cui vengono immediatamente attaccati. 28 giorni dopo, Jim si risveglia in una Londra deserta e spettrale. La città sembra deserta e Jim vaga alla ricerca di esseri umani. E’ solo l’inizio di un’avventura dai risvolti terrificanti, dove l’uomo civilizzato si conferma come la belva peggiore… Dopo un paio di film sbagliati, Danny “Trainspotting” Boyle torna a far centro, con un horror a basso costo e girato in digitale che dà punti a molte produzioni miliardarie. Tutto già visto, intendiamoci, con profluvi di citazioni (da Romero alla serie Tv “i Sopravvissuti”) a volte decisamente perdenti rispetto agli originali. Ma almeno c’è un bel senso del ritmo, interpreti funzionali alla narrazione, qualche azzeccata soluzione di montaggio e una notevole colonna sonora. E qualche brivido è assicurato. Piacevole.
Rise of the Zombies, USA 2012, Azione, durata 89′ Regia di Nick Lyon Con Mariel Hemingway, Ethan Suplee, LeVar Burton, Danny Trejo, Heather Hemmens, French Stewart, Chad Lindberg, Madonna Magee, Andy Clemence, Peter Ngo
Durante una apocalisse di zombie generata da un virus, un gruppo di sopravvissuti di San Francisco si nasconde nella prigione dell’isola di Alcatraz con la speranza di scappare dalle crescenti orde di non vivi. Quando anche l’isola viene attaccata, il gruppo decide di rimettersi in viaggio alla ricerca di un luminare che sembra aver trovato un antidoto.
Un nuovo virus tiene in scacco l’Europa. Decisamente peggiore dell’influenza aviaria e di tutte le altre pandemie che hanno allarmato le organizzazioni sanitarie mondiali, il morbo di Gerber è una malattia a metà tra un’influenza e l’Aids. Scoperto in Germania nel 2008 e ormai diffuso in tutto il mondo, si contrae entrando in contatto con sangue o saliva infetti e si manifesta con una febbre molto alta e aggressiva. Ma ben presto la sindrome di Gerber rende gli esseri umani simili a zombie. Il virus si sta diffondendo a macchia d’olio, perché gli infetti perdono il controllo e tendono a essere violenti, attaccando chiunque capiti loro a tiro. Una volta contagiati, non c’è scampo. Il terzo stadio della malattia conduce, infatti, alla morte. Ecco perché è stato istituito un centro sanitario dedicato, il CS, in cui i malati vengono messi in quarantena e allontanati definitivamente dalla società. Una troupe televisiva decide di realizzare un documentario su questo nuovo e temibile virus, seguendo il lavoro di Luigi, un ventitreenne addetto alla sicurezza, incaricato di intercettare gli infetti segnalati e portarli al CS, e quello di un medico in prima linea, il dottor Ricardi, che si sta occupando del difficile caso di Melissa, una ragazza contagiata accidentalmente. Non è certo nuova la trovata di delineare una vicenda di finzione come se si trattasse di un evento reale. Girato nel 1965, The war game di Peter Watkins ha fatto scuola, raccontando in stile documentaristico un attacco nucleare alla Gran Bretagna. Da quel momento i mockumentary, o falsi documentari, hanno preso piede nel cinema mondiale, soprattutto statunitense, ma con esempi anche in casa nostra, basti pensare a Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato. Nel tempo, questo genere così ibrido si è sempre più legato all’horror, come mostra il caso del film The Blair Witch Project o il rilancio recente del mockumentary a opera di Rec, che è servito da spunto a tutta una serie di saghe dell’orrore basate sull’espediente del found footage, come Paranormal Activity. Proprio a Rec si richiama da vicino The Gerber Syndrome: Il contagio, un esperimento a metà tra un falso documentario e uno zombie movie. Niente di innovativo, quindi, se non per il fatto che a cimentarsi con questo cinema di genere sia una produzione italiana low budget, che ha avuto l’intelligenza di sfruttare le ristrettezze produttive a proprio favore. Il risultato dell’esperimento è un film dalle fattezze artigianali, girato come se si trattasse del documentario di una troupe televisiva, a cui generalmente si perdonano ingenuità e difetti di stile, fotografia, regia e montaggio, per concentrarsi piuttosto sull’impatto del racconto della realtà in presa diretta. Il regista Maxi Dejoie, al suo esordio nel lungometraggio, gioca con questi limiti, seppur vistosi e a tratti grossolani, e si assicura così la presa e il coinvolgimento emotivo dello spettatore, che non può fare a meno di chiedersi cosa accadrebbe se il morbo di Gerber fosse reale e colpisse le persone a noi care, precipitando in un’autentica spirale di angoscia di fronte alla terribile vicenda di una famiglia come tante, nella cui vita ordinaria irrompe una malattia straordinaria, con tutta la serie di decisioni dolorose che questa comporta. Tanto più che il Dejoie sceneggiatore chiama in causa dilemmi etici di difficile risoluzione, come quelli legati alla necessità di limitare la libertà personale per tutelare la salute collettiva. Il regista ha gioco facile nel fare leva sulle paure più irrazionali che albergano nel nostro animo, anche grazie all’interpretazione naturale degli attori, che rendono credibili e verosimili situazioni che si spera di non vivere mai. Interessanti appaiono poi le reazioni di alcuni gruppi, che rispondono alla totale mancanza di controllo provocata dal virus con feroci tentativi di farsi giustizia da soli, lanciandosi in azioni di “pulizia” che rendono sempre più labili i confini tra l’essere umano e la bestia.
Un film di Dan O’Bannon. Con Clu Gulager, James Karen, Don Calfa, Thom Mathews, Beverly Randolph, Linnea Quigley. Titolo originale The Return of the Living Dead.Horror, durata 85 min. – USA 1985. – VM 18 – MYMONETRO Il ritorno dei morti viventi valutazione media: 2,75 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
La Uneeda Medical Supply di Louisville conserva, per conto dell’esercito, in un magazzino top secret, misteriosi cadaveri emeticamente chiusi in speciali contenitori. Frank, il guardiano dello stabilimento, spiega al nuovo inserviente Freddie che si tratta dei corpi che anni prima ripresero temporaneamente vita a causa della terribile “diossina 204” fuoriuscita da un grosso centro industriale di Pittsburg, episodio dal quale – aggiunge – Romero trasse un celebre film… A conferma di quanto racconta, Freddie mostra al giovanotto uno dei contenitori e, per rassicurarlo che il corpo ivi racchiuso è ben protetto, vi picchia sopra: naturalmente, il contenitore si spacca e i due sono investiti da un soffio di gas che mentre li tramortisce fa risvegliare altri cadaveri. Tornati coscienti, e avvertito l’amministratore Wilson, Frank e Freddie fronteggiano uno degli zombi e, dopo averlo catturato, riescono a distruggerlo nel forno crematorio di Ernie, l’imbalsamatore tedesco che ha una ditta lì vicino. Il fuoco sembra l’unica arma per distruggere i mostri, ma le loro ceneri, passate per il camino e disperse nell’aria cadono, a causa di un improvviso acquazzone, sulle tombe di un piccolo cimitero resuscitando altri morti. Orde di zombi si riversano nei campi ed assediano il magazzino massacrando operai, infermieri e poliziotti. Wilson, dopo vari tentativi, riesce a mettersi in contatto con i comandi dell’esercito ma quando è convinto ormai di essere in salvo, una terribile esplosione si abbatte su Louisville: i militari per distruggere gli zombi hanno pensato bene di sganciare un’atomica sulla città. Fra gli innumerevoli film nati sulla scia della Notte dei morti viventi (qui esplicitamente citato in segno di ironica filiazione e, insieme, di divertito distacco), Il ritorno dei morti viventi è uno dei più originali e immeritatamente (in Italia) sottovalutati. Il regista O’Bannon – esperto sceneggiatore che ha all’attivo due capolavori come Dark Star ed Alien – sviluppa la macabra vicenda secondo il meccanismo di un gioco al massacro, avanzando, con l’arma della satira, serie perplessità sull’efficienza dei sistemi di sicurezza americani preposti alla salute pubblica e sulla rozza strategia del potere che mentre fronteggia i danni ne provoca altri maggiori.Il pretesto fantascientifico si riallaccia, qui, al filone catastrofico delle alterazioni ambientali, convenientemente tenute segrete al grosso pubblico, provocate da illeciti esperimenti militari o scientifici. Le situazioni orrorifiche si susseguono con buon ritmo senza smorzare lo spirito goliardico che pervade la storia. Tra una carneficina e l’altra O’Bannon trova anche il tempo di mostrarci lo spogliarello della splendida Linnea Quigley, nella parte di Trash, la ragazza punk che allieta i suoi compagni durante una “festicciola” al fatidico cimitero. Originariamente progettato in 3D per la regia di Tobe Hopper.
Un film di Ken Wiederhorn. Con Brooke Adams, John Carradine, Peter Cushing, Luke Halpin, Jack Davidson, Don Stout, Clarence Thomas, D.J. Sidney, Fred Buch Titolo originale Shock waves. Horror, durata 93 min. – USA 1975. MYMONETRO L’occhio nel triangolo valutazione media: 1,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un gruppo di turisti in viaggio nei mari delle Bermude naufraga su un’isola desolata il cui unico abitante sembra essere il solitario Scar. L’uomo accoglie i sopravvissuti ospitandoli in una fatiscente dimora ma li avverte di non allontanarsi dal luogo poiché la vegetazione intorno ed il mare nascondono mortali insidie. Le oscure minacce di Scar prendono corpo, durante la notte, nelle sagome di misteriosi individui che vestendo uniformi tedesche si aggirano per l’isola guidati da un istinto omicida. Quando si verificano le prime vittime, Scar è costretto a raccontare la sua storia… Durante la guerra, gli scienziati nazisti avevano sperimentato con successo la possibilità di creare in laboratorio “il soldato perfetto” restituendo vita artificale ai cadaveri di uomini distintisi per coraggio, obbedienza e spietatezza. Al momento della capitolazione Scar, ufficiale delle SS, aveva affondato in mare, nei pressi dell’isola, il drappello di creature che gli era stato affidato: ma i mostri non sono annegati e con il movimento delle maree ritornano in superficie per esigere un tributo di sangue. Ad un ad uno, tutti cadono massacrati dai morti viventi. Soltanto una ragazza riesce a fuggire su un’imbarcazione di fortuna, ma tratta in salvo da un peschereccio viene considerata inequivocabilmente pazza.Tra i film sugli zombi, con qualche spunto fantascientifico, Shock Waves è stato accolto dalla critica americana con inconsueta benevolenza. Da noi, salvo poche eccezioni, il film è stato ignorato o archiviato tra gli horror più dozzinali. Peter Cushing interpreta l’indecifrabile Scar e John Carradine il capitano Ben, l’irascibile comandante dello yacht dei turisti, tra i primi a cadere per mano dei misteriosi assassini. Il make-up dei nazi-zombi è opera di Alan Ormsby. Alcune fonti citano non accreditato l’onnipresente Fred Olen Ray tra i produttori esecutivi.
Uno studioso alla ricerca di un antico segreto esplora una oscura grotta e in qualche modo libera uno stuolo di zombie che tanto per cominciare se lo mangiano. Il conte George (Roberto Caporali) arriva all’isolata villa di famiglia assieme alla moglie Evelyn (Mariangela Giordano) e al figlio Michael (Peter Bark). Lì si sono già radunati svariati ospiti che li attendono festosamente. Manca solo il professore, anche se, dice la servitù, non c’è da preoccuparsi: altre volte si è assentato per parecchio.Invece c’è da preoccuparsi e molto perché il professore è lo studioso mangiato dagli zombie: apprendiamo infatti che stava studiando le pratiche magiche degli etruschi connesse con la sopravvivenza dei morti. Gli zombie si scatenano e danno l’assalto alla villa cominciando a nutrirsi dei vivi che devono cercare una difficile fuga. È il film famoso per la morsicatona del “figlioletto” Peter Bark alla tetta della mamma Mariangela Giordano, il quale da zombie trova il coraggio – che prima gli mancava – di realizzare il rapporto edipico latente. Puro delirio con dialoghi ridotti ai minimi termini, ma comunque irresistibili (“Non ha più il volto di un uomo”, “È come corroso dal tempo”, si dice di uno zombie; “Chi siete? Che cosa volete?”, chiede educatamente George, vedendone un altro particolarmente decomposto marciargli contro). Zombie adeguatamente cadaverici e incombenti realizzati piuttosto bene da Gino De Rossi e Rosario Prestopino. Grandi mangiate di interiora e inseguimenti a non finire. Cast terribile: si salva Mariangela Giordano. Prodotto da Gabriele Crisanti e sceneggiato da Piero Regnoli, è diventato a suo modo un cult.
In una scuola superiore sudcoreana, in una cittadina non troppo lontana da Seoul, dilaga il bullismo. Una vittima dei prepotenti è incapace di difendersi e preside e docenti non sono riusciti ad aiutarlo. Suo padre, professore nello stesso istituto, disperato per l’impotenza decide di sperimentare su di lui un siero che ne aumenti l’aggressività. Il risultato lo trasforma però in zombie e presto l’esperimento sfugge al controllo dell’uomo, infettando una studentessa che diffonde la piaga non solo a scuola ma pure in città…
A causa di una terribile epidemia i morti viventi seminano il panico in tutto il Regno Unito. La malattia si propaga a macchia d’olio e tra i pochi superstiti ci sono i concorrenti del Grande Fratello inglese, ignari di cosa stia accadendo. Sarà Kelly, l’assistente della produzione, a dare la sconvolgente notizia ai concorrenti che dovranno lottare per la loro sopravvivenza.
I morti escono dalle tombe e questa volta a partire dall’east end di Londra, ovvero la zona cockney, quella storicamente popolare della città. Al momento dell’inizio dell’invasione sono due i principali gruppi di resistenza umana che si formano, uno intorno a rapinatori improvvisati per necessità (con relativo bottino e ostaggi), l’altro intorno agli anziani e storici abitanti della zona riuniti in un ospizio. I due gruppi però sono più legati di quanto non sembri.
Il capitano Hopper (Saxon) libera da un campo di prigionia vietcong i marines Bukowski e Thompson che per sopravvivere agli stenti e alle torture si sono abbandonati perfino ad atti di cannibalismo. Qualche anno dopo, Bukowski, dimesso dall’ospedale psichiatrico di Atlanta dove è stato curato per liberarsi dall’incubo della tragica esperienza, cade improvvisamente vittima dell’irresistibile impulso di nutrirsi di carne umana. Aggredita una donna in un cinematografo, si barrica in un supermercato e soltanto l’intervento di Hopper – accorso in aiuto della polizia – lo dissuade dal commettere una strage. Nuovamente ricoverato in ospedale, Bukowski incontra l’ex commilitone Thompson, tutt’ora affetto da smanie cannibalesche, e insieme con lui scatena il terrore tra le corsie.
Un film di Tom Savini. Con Tony Todd, Patricia Tallman Titolo originale The Night of the Living Dead. Horror, durata 88 min. – USA 1990. MYMONETRO La notte dei morti viventi [2] valutazione media: 2,57 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Fiacco remake del macabro e sanguinoso originale di Romero, ai tempi (1968) molto apprezzato. Questa volta i malcapitati protagonisti sono due coppie più una bambina, ma la storia è quasi la stessa. A causa di oscuri esperimenti chimici un gruppetto di truculenti zombi esce dalla tomba e comincia a braccare i protagonisti, con la solita implacabile lentezza.
Z Nation è un serie televisiva post-apocalittica horror statunitense creata da Karl Schaefer e Craig Engler. La serie è prodotta da The Asylum per la rete via cavo Syfy. La prima stagione, composta da 13 episodi, ha debuttato il 12 settembre 2014. La serie è stata rinnovata per una seconda stagione.[1] In Italia la serie è trasmessa dal 10 giugno 2015 sul canale AXN Sci-Fi.
Tre anni dopo lo scoppio di un’apocalisse zombie, un gruppo di sopravvissuti dovrà riuscire a portare sano e salvo in California l’unico uomo che può fermare l’ epidemia, ovvero l’unico a cui è stato iniettato un vaccino sperimentale grazie al quale non si è trasformato dopo essere stato morso. Ma dovranno vedersela con tanti pericoli e segreti
Nella cittadina di Estherslope (USA) l’adolescente Dick (Bell, Billy Elliot ) fonda, con alcuni coetanei scialbi e annoiati come lui, il club dei Dandies che praticano il “pacifismo armato”. Tutti possiedono un’arma da fuoco che battezzano con dolci nomi (Wendy è la pistola di Dick), risoluti a non usarle mai contro il prossimo e a farle “cantare” soltanto in un tiro a segno. Il loro possesso dà fiducia e coraggio. Finiscono per usarle contro la polizia per riparare un’ingiustizia. Scritto da Lars von Trier – che fu con Vinterberg uno dei fondatori del movimento Dogma – e in parte ispirato ai testi delle canzoni degli Zombies, è un apologo edificante sulla non-violenza in una società violenta all’insegna di un minimalismo astratto con angolazione nordamericana. Convincente e provocatorio a metà.
Due studenti americani in vacanza nella brughiera inglese fanno una brutta fine: attaccati da un mostro, uno diventa un uomo-lupo, l’altro si trasforma in zombi. Landis mescola allegramente orrore e ironia, paura e buffoneria, gioca con spregiudicatezza anche se non sempre governa bene il cambio delle marce e dei toni. Oscar per il trucco a Rick Baker. Seguito nel 1997 da Un lupo mannaro americano a Parigi .
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo