Detenuto di mezza età esce dal carcere in una zona rurale dell’Argentina dopo alcuni anni, intraprendendo un lungo cammino verso due precise destinazioni: consegnare la lettera destinata alla figlia di un suo compagno di prigione e recarsi a trovare la propria figlia che vive in una sperduta regione della foresta tropicale.
Regia, soggetto, sceneggiatura/director, story, screenplay Lisandro Alonso fotografia/director of photography Lucio Bonelli montaggio/film editor Lisandro Alonso, Delphina Castagnino musica/music FlorMaleva suono/sound Catriel Vildosola interpreti/cast Argentino Vargas, Misael Saavedra, Carlos Landini, Jorge Franseschelli, Martinez Rivero
Il cinquantaseienne Argentino Vargas arriva a Buenos Aires. Nella hall centrale del teatro San Martín aspetta che qualcuno venga a prernderlo per portarlo al decimo piano dove viene proiettato il film di cui è protagonista. Non ha mai messo piede in un cinema. Anche Misael Saavedra è invitato alla medesima proiezione, ma si perde nel teatro alla ricerca della sala. Il grande edificio, le toilettes, le scale, gli ascensori e gli atelier sono i veri protagonisti di questo mistero due uomini estranei a questi luoghi devono scoprire.
Nel bel mezzo dell’oceano Atlantico, Farrel chiede al capitano della nave sulla quale lavora il permesso di scendere a terra. Il suo scopo è quello di recarsi nella città in cui è nato per vedere se sua madre è ancora viva.
1882. In un avamposto sperduto nel deserto al fondo della Patagonia, il capitano danese Gunnar e la figlia di quindici anni Ingeborg sono di stanza sulla costa, con pochi uomini dell’armata argentina impegnata nella campagna di genocidio degli indigeni. Unica femmina del luogo, adocchiata da un ufficiale, Inge scappa invece nottetempo con un soldato semplice. Gunnar parte, allora, solitario a cavallo, alla sua disperata ricerca. Jauja è il nome di una leggendaria terra di abbondanza e felicità, per cercare la quale tanti esploratori hanno perduto il cammino e non hanno mai fatto ritorno. Dove sono finiti? Dove finiamo tutti, per poi fare ritorno, per vie misteriose? L’ultimo viaggio di Alonso, sceneggiato dal poeta argentino Fabian Casas, recupera la materia primigenia del cinema, la sua magia fotografica, il muto, il mascherino, l’assenza di direttive narrative imposte, che lascia spazio allo spettatore, lo ingloba nel processo creativo. Viggo Mortensen si mette con straordinaria disponibilità al servizio di questo sogno in movimento, splendidamente fotografato da Salminem.
Opera prima per questo regista argentino di 26 anni. Il film segue, come in un documentario, la vita di un taglialegna della Pampa. È isolato da tutto e da tutti e vive in una tenda. La sua vita è fatta solo di lavoro. Da apprezzare il tentativo ma le basi per creare un film veramente equilibrato non ci sono.