Na-young e Hang-seo sono fidanzatini alle scuole medie, ma i genitori di Na Young devono trasferirsi da Seoul a New York. Da questa dolorosa separazione trascorrono dodici anni, dopo i quali Na-young, che ora si chiama Nora, e Hang-seo riescono a ritrovarsi e a comunicare via Skype. Di fronte all’impossibilità di incontrarsi nello stesso luogo, Nora sceglie di interrompere la relazione a distanza e concentrarsi sulla propria carriera di scrittrice a New York. Dopo altri dodici anni, Hang-seo vola a New York per vedere Nora.
Justin Kemp, giovane uomo con un passato alcolico e un futuro da papà – la moglie aspetta la loro bambina -, è convocato come giurato in un sordido caso di omicidio alle porte di Savannah, in Georgia. La vittima, Kendall Carter, è stata presumibilmente picchiata a morte e abbandonata in un fosso dopo una violenta discussione col suo ragazzo, membro pentito di una gang di quartiere. Il colpevole ideale per i dodici giurati e per il procuratore della contea in piena campagna elettorale. Faith Killebrew espone i fatti e la vertigine sale.
Clint Eastwood non ha più tempo da perdere, a 94 anni continua a girare con la regolarità di un metronomo e va dritto al punto, piombandoci in una (messa in) scena coniugale, un’immagine che il film metterà rapidamente in crisi. Giurato numero 2 gioca costantemente col motivo del visibile e dell’invisibile, dell’evidente e del nascosto: la sposa bendata, il protagonista abbacinato dal temporale, il testimone confuso dalla distanza, il pubblico ministero ‘accecato’ dalla carriera… L’autore passa il tempo a evidenziare i punti ciechi, quello che i personaggi non vedono o non vogliono vedere. Ma è tutto lì, in piena luce. La fotografia è limpida, l’illuminazione uniforme, l’inquadratura spinta al massimo punto di eccellenza, eppure tutti guardano senza vedere. E qui risiede la profondità del film, molto più che nel dilemma morale che deve affrontare l’eroe e che richiede una sola scelta giusta. Non è tanto la morale in sé a essere messa in discussione, quanto la nostra capacità di cogliere i fatti a cui applicarla.
Ultimo film di Clint, non ai livelli dei capolavori del passato comunque un ottimo film che merita una visione.
Quando nel 1945, dopo aver dominato per due generazioni un clan di mafia italoamericana, Don Vito Corleone muore, suo figlio Michael accetta con riluttanza di occuparsi degli affari di famiglia. Imparerà presto. Da un romanzo (1969) di Mario Puzo che l’ha sceneggiato con il regista, è la storia di un sistema familiare e di clan con sottofondo nostalgico per la forza di quei legami che nell’America di oggi sembrano svalutati (come fu letto dalla maggioranza del pubblico), ma possiede anche una profonda e fertile ambiguità. C’è il parallelismo mafia-politica che diventa equivalenza nel Padrino-Parte II; c’è la magistrale ricostruzione di un’epoca e di una morale del crimine, di una struttura patriarcale più italiana che americana. Coppola sa di cosa parla e ne sa le ragioni anche se non le condivide: il suo sguardo è più distaccato che affascinato. Spaccò la critica in due ed ebbe ovunque un grande successo. 7 nomine e 3 Oscar: film, sceneggiatura e M. Brando.
Fox, un agente di borsa desideroso di far carriera, ottiene il denaro di Gekko, potente finanziere, per speculazioni borsistiche. Resosi conto che Gekko si sta servendo di lui per loschi traffici, lo smaschera. Non è una critica del capitalismo in quanto tale, ma del capitalismo cattivo e dei suoi eccessi speculativi. A livello descrittivo ha, specialmente nella 1ª parte, grinta, forza, ritmo. Si sente che Stone parla di quel che conosce bene: il film è dedicato alla memoria del padre, agente di borsa. Oscar per Douglas nell’anno dell’ Ultimo imperatore.
Una delle prime versioni cinematografiche tratte dai romanzi di Lewis Carroll; il film aveva come protagonista Viola Savoy. Nata nel 1899 a Brooklyn, l’attrice interpretò sullo schermo solo questo ruolo insieme a un altro film, The Spendthrift.
Alice, recatasi a un picnic con la sorella, mentre quest’ultima legge ad alta voce vicino a un ruscello, si mette a sonnecchiare. In sogno, Alice è condotta dal coniglio bianco nel paese delle meraviglie dove la ragazza vivrà una serie di avventure: incontrerà un bruco che fuma il narghilè, la duchessa, Panco Pinco e Pinco Panco, lo Stregatto. Giocherà a croquet con il re e la regina di cuori usando come mazza un fenicottero e vedrà eseguire la quadriglia da trichechi e aragoste. Dopo essere stata chiamata come testimone a un processo che potrebbe finire con una condanna capitale, lei si rifiuta di testimoniare dichiarando che tutti i partecipanti non sono altro che un mazzo di carte da gioco.
La maschera che Michael Myers indossa per coprire le fattezze del suo volto, è stata creata ispirandosi al volto del capitano Kirk di Star Trek.
1963. Nella città di Haddonfield, Illinois, il ragazzino di 6 anni, Michael M. Myers (Michael Myers), nato il 19 ottobre 1957, durante la notte di Halloween uccide la sorella maggiore che gli stava facendo da baby-sitter. Da allora Michael rimane in un ospedale psichiatrico sotto l’osservazione dello psicologo Samuel Loomis. Passati quindici anni Michael evade nella notte di Halloween e ritorna ad Haddonfield.
Nel 1979 Fritz Von Erich, un wrestler massiccio e tenace, sogna il titolo di campione del mondo e per costruirsi un’immagine di successo noleggia con fatica un’auto di lusso. Non gli sarà bastato, ma anni dopo avrà comunque fatto abbastanza soldi da comprarsi un piccolo ranch e mettere su una nutrita famiglia. Ora la sua missione nella vita è far sì che siano i figli a conquistare l’agognata cintura, ma il primo è morto a soli cinque anni, Kevin è imponente e abile sul ring però incespica al microfono, Kerry si è dato all’atletica e solo David sembra avere tutti i numeri necessari. Il più giovane Mike invece è meno muscoloso e pure meno interessato al wrestling, nonostante le pesanti pressioni del padre. Quando gli Stati Uniti decidono di non partecipare alle Olimipiadi di Mosca, Kerry torna a casa e il padre indirizza anche lui verso il ring, aumentando ulteriormente la competizione tra fratelli.
Matrix è un media franchise basato su una serie di film diretti da Andy Wachowski e Larry Wachowski; i primi tre capitoli sono usciti tra il 1999 e il 2003, mentre il quarto è stato distribuito nel 2021, ad oltre diciott’anni di distanza dal precedente.
Un mondo che sembra reale ed è invece solo un paravento per nascondere la realtà vera. Seguendo un tatuaggio sulla spalla di una ragazza, l’hacker Neo scopre che la cosiddetta ‘realtà’ è solo un impulso elettrico fornito al cervello degli umani da un’intelligenza artificiale. La Terra era sopravvissuta alla catastrofe ma l’umanità ha avuto bisogno delle macchine per sopravvivere. E queste hanno vinto. Ma le macchine necessitano degli uomini e della loro energia. L’illusione in cui li fanno vivere è finalizzata a ‘coltivarli’ meglio. Nessuno è a conoscenza del tempo che è passato da quando il neurosimulatore ha assegnato una data fittizia al tempo. Solo Neo, con l’aiuto del pirata informatico Morpheus e della bella Trinity, può tentare di scoprire la verità. Ma non sarà facile.
A Mega City Four il crimine è tenuto a bada dai Giudici, che sono contemporaneamente poliziotti, giudici ed esecutori. Il più spietato e freddo è Dredd, muso da mastino, modi ancor più brutali. Per lui rispettare la legge è tutto ciò che conta (il suo motto è leggenda: “Io sono la legge”). Finché non viene accusato di omicidio e condannato all’ergastolo. Dietro all’infondata accusa c’è un complotto, che vede coinvolto anche Rico, un vecchio nemico di Dredd che gli somiglia moltissimo… Dai fumetti di John Wagner e Carlos Esquerra un film su misura per Sylvester Stallone nel ruolo di Dredd. Va detto che quando i due lo crearono, decenni fa, si ispirarono nelle fattezze proprio al giovane e promettente Sly. Il cerchio si chiude con un film che perde gran parte del fascino malato del fumetto, un capolavoro fanta-sociologico intriso di sangue e cinismo (Dredd è stato spesso accusato di essere di stampo nazista) che ha fatto la fortuna della britannica casa editrice 2000AD e resiste ancor oggi in vetta alle classifiche di vendita di fumetti nel mondo. Il film si lascia guardare, ma per chi conosce il fumetto è solo un’occasione mancata. Un esempio per tutti: nei comics, in 30 anni di pubblicazioni, non è mai stato dato di vedere che faccia avesse Dredd – eccezion fatta per la mascella di marmo; nel film, dopo mezzo minuto già ci tocca sorbirci l’occhio da triglia dello stallone italiano. Che delusione.
Fondazione (Foundation) è una serie televisivastatunitense di fantascienza liberamente ispirata dall’omonima serie di libri di Isaac Asimov e prodotta da David S. Goyer per Apple TV+. I primi due episodi della serie sono stati trasmessi il 24 settembre 2021. Lo stesso produttore David S. Goyer, in una intervista del gennaio 2021, ha auspicato uno sviluppo complessivo di 80 ore complessive per un totale di 80 episodi.
Trentacinque anni prima del presente, nell’anno 12067 dell’Era Imperiale, Gaal Dornick, una ragazza prodigio proveniente dal pianeta di Synnax, viene chiamata sul pianeta Trantor, capitale dell’impero, come apprendista di un famoso scienziato, Hari Seldon. L’uomo è l’inventore di una nuova scienza, la psicostoria, per cui grazie alla matematica e alla statistica è in grado di ricavare proiezioni su eventi storici futuri e sul comportamento di grandi fette di popolazione. Grazie a questi studi, Seldon prevede la rovina della casata imperiale che da migliaia di anni governa sulla galassia, professando ordine e pace tra i vari popoli e pianeti. A causa di queste ipotesi, Seldon e l’appena arrivata Gaal vengono arrestati e condotti a processo davanti agli imperatori;
Scott Lang ha salvato il mondo, insieme agli Avengers, poi ha scritto un libro e ora vive di quello. Sua figlia Cassie invece è un’attivista che non ha paura di mettersi nei guai con la polizia. Inoltre è anche un genio della scienza e con l’aiuto di Hank Pym e Hope Van Dyne ha ideato un sistema per sondare il regno quantico. Janet Van Dyne, che della sua lunga prigionia nel regno quantico preferisce non parlare, ne è all’oscuro e quando lo scopre è troppo tardi per fermare Cassie: il suo esperimento finisce per trasportare tutti in questa fantastica dimensione, dove si trova anche… il Conquistatore!
Prima dell’avvento dell’umanità, altre civiltà hanno esplorato le stelle. Sul pianeta Somaris, Mills è con la moglie e la figlia: sono gli ultimi giorni che passerà con loro prima di partire per due anni in una missione spaziale. Un incarico che ha accettato per poter pagare le cure della figlia gravemente malata. Il viaggio è travolto da una pioggia di asteroidi e Mills finisce per precipitare su un pianeta alieno. L’atmosfera è respirabile, ma la giungla è popolata da… dinosauri! Mills è infatti finito sulla Terra di 65 milioni di anni fa e l’unica altra sopravvissuta è una ragazzina di nome Koa, che ha perso i genitori nello schianto. I due comunicano a fatica, perché parlano lingue diverse e il traduttore si è guastato, ma dovranno imparare a collaborare per fuggire dal pericolosissimo pianeta.
Mi chiedo perchè uno bravo come Adam Driver debba fare film cosi mediocri.
La narrazione di Inside Man scorre su un doppio binario: una trama è ambientata in una prigione americana dove Grieff, un criminologo uxoricida in attesa di esecuzione, accetta di aiutare chi gli chiede di risolvere casi di sparizione.
Accanto a lui un assassino seriale insanamente gioviale con memoria eidetica (il Dillon di Atkins Estimond) che gli fa da segretario e telecamera umana. L’altra parte si svolge nel Regno Unito, dove il parroco protestante Hary (David Tennant) con un figlio adolescente (Ben, Louis Oliver) si ritrova in una situazione impossibile quando la donna che dà ripetizione al ragazzo, Janice (Dolly Wells) lo scambia per un pedofilo. Il prete, preso dal panico, la rinchiude in cantina e cerca un modo per uscirne. Le quattro puntate di Inside Man rimbalzano da un luogo all’altra, da Grieff a Harry, da Tucci a Tennant. Sono entrambi molto bravi: il primo gioca a fare un po’ Sherlock Holmes un po’Hannibal Lecter,
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