Privo di linearità narrativa e interamente risolto nella provocazione, il film di Derek Jarman è una sorta di manifesto della filosofia punk che spara a zero contro ogni certezza del pensiero autocelebrandosi nella dimensione pagana di una libertà assoluta, necessariamente distruttiva e amorale.Come tutte quelle pellicole che trovano giustificazione soltanto nell’ambito di una personalissima “visione” d’autore, anche questa esula da qualsiasi classificazione in un genere, ma, come le altre, non può fare a meno di scaturire da una premessa descrittiva che ad un genere si riallaccia. In questo caso, il classico meccanismo fantascientifico del viaggio nel tempo si rivela funzionale all’incubo (o l’utopia) di Derek Jarman che ricongiunge le sue situazioni futuribili al contesto di una secolare tradizione culturale inglese.

