Lascia l’America per andare da un amico messicano, miliardario e corrotto politicante, ma tutto si incrina quando scappa con la giovane moglie. Intruglio di orgoglio, pregiudizio, tradimento, vendetta, violenza, sesso con un pizzico di horror: tremendo. Come mangiare a cucchiaiate farina cruda.
Architetto nero di New York, con moglie e figlia, ha una relazione con la segretaria italoamericana, che ha il babbo e due fratelli a carico. Male accolta nei rispettivi ambienti, la loro storia li fa espellere dalle famiglie. Passata la febbre, vi rientrano. L’intrigo, semplice, del 5° film dell’afroamericano Lee serve per affrontare 2 temi principali: i rapporti interrazziali e quello della droga (da lui condannata con lucido furore). Concretezza, lucidità, energia e irridente umorismo sono le qualità del film, al servizio dell’efficacia del disegno dei personaggi. Superba compagnia di interpreti, colonna musicale curata da Stevie Wonder con le voci di Frank Sinatra e Mahalia Jackson. Premio a Cannes per S.L. Jackson.
Duranti i difficili e sanguinosi lavori di costruzione della ferrovia tra l’Atlantico e il Pacifico si svolge la storia d’amore tra la figlia di un macchinista e un sorvegliante. La ragazza sposa un bandito per salvare l’amato, e quando il marito muore ucciso dai suoi uomini, i due si riuniscono.
Dal teledramma (1956) di Rod Sterling: un peso massimo del pugilato, alla fine di una carriera impietosamente sfruttata da un manager esoso, passa al catch, diventando l’amara caricatura del campione che fu. Un film sulla boxe alquanto sopravvalutato. Il regista e un po’ anche A. Quinn risolvono in melodramma quel che nell’originale TV di Sterling era asciutto e senza fronzoli sentimentali. Notevoli l’evocazione soggettiva di un KO e lo spietato finale. Appare anche Cassius Clay.
Santa Vittoria è un paese italiano famoso per il suo vino. I tedeschi durante l’occupazione vogliono farsi dire ad ogni costo dove è nascosta la famosa riserva da un milione di bottiglie. Ma la riserva è imboscata bene. E il sindaco, da tutti ritenuto un imbelle, non parla nonostante le pressioni anche violente cui è sottoposto dal maggiore nazista.
Il figlio di un ricco possidente violenta e uccide la moglie indiana dello sceriffo. Questi scopre il colpevole in un altro paese e lo arresta. Il padre del ragazzo, deciso a difenderlo ad oltranza, provoca l’incendio dell’albergo in cui sono alloggiati. Sceriffo e prigioniero escono insieme; il secondo viene ucciso per errore e anche suo padre ci lascia la vita.
La vita tormentata di Vincent Van Gogh. Dalla sua esperienza di missionario nelle miniere di carbone nel Belgio agli inizi come pittore a Parigi, alla parentesi ad Arles assieme all’amico Paul Gauguin, fino al suicidio, in un campo di grano, durante una delle sue violente crisi depressive. Il film fece vincere ad Anthony Quinn (Gauguin) il secondo Oscar della sua carriera (ma Kirk Douglas mancò per un pelo la statuetta e se la meritava).
Libia 1929-31. Il governo italiano deve far fronte alla guerriglia che i beduini Senussi – sotto la guida di Omar Al-Mukhtar, insegnante di professione e ribelle per dovere – conducono in Cirenaica contro la colonizzazione italiana e la rinascita dell’impero romano in Africa (la Quarta Sponda). Mussolini nomina il generale Rodolfo Graziani (Reed) governatore di Libia e gli mette a disposizione un esercito moderno, il primo che, nella storia delle guerre coloniali, usò autoblindo, carri armati e aerei. Seguendo una strategia predisposta dal generale Pietro Badoglio (non nominato nel film), Graziani deporta le popolazioni di pastori seminomadi, fa distruggere il loro bestiame e costruire un reticolato di 270 km al confine con l’Egitto. Organizza campi di concentramento dove regnano denutrizione, stenti, epidemie e soffoca nel sangue la ribellione. Al-Mukhtar fu impiccato. Scritto da H.R.L. Craig. Fotografato in Cinemascope dal britannico Jack Hildyard ( Il ponte sul fiume Kwai ) e musica altisonante di Maurice Jarre, costato 25 milioni di petro-dollari, è un war film con tutte le carte (e gli stereotipi) in regola. Diretto da un regista siriano, già aiuto di Sam Peckinpah, sembra un western filoindiano in cui si parteggia per i più deboli. Quinn con barba bianca impersona il vecchio leone con biblica dignità e una sorta di eroica dolcezza. Non mancano i militari italiani “buoni” (Vallone, Capolicchio); quelli “feroci” hanno la camicia nera della Milizia. Steiger ripete il suo Mussolini di maniera, la Papas vaga qua e là senza sapere bene cosa fare. Le immagini dei lager, rinforzate da brani di cinecronache, vanno a segno. Dice, in fondo, qualcosa che i libri di scuola (italiani) hanno sempre taciuto. Nel luglio 1983 fu dato in anteprima al festival di Montecatini.
Bella, ricca e sofisticata porta lo scompiglio nella vita di un torero che per lei trascura moglie e corrida. Poi lei si stanca. Lui, disperato, cerca di riconquistarla. 2ª versione del romanzo (1908) di Vicente Blasco Ibáñez (dopo quella con Rodolfo Valentino del 1922). È il film che segnò il successo di R. Hayworth in un’indimenticabile interpretazione. Brillante regia, fotografia di Ernest Palmer e Ray Rennahan ispirata alla pittura spagnola che vinse un Oscar. Rifatto nel 1989 come Ossessione d’amore con Sharon Stone.
Dal romanzo (1946) di Nikos Kazantzakis: un giovane scrittore inglese a Creta fa amicizia con un greco dai mille mestieri che gli cambia la vita. Grande successo internazionale, coronato con 2 Oscar (L. Kedrova, fotografia di Walter Lassally) e 4 nomination. Vi contribuirono le musiche popolari di Mikis Theodorakis, l’esuberante interpretazione di Quinn in un personaggio “più grande della vita”, una robusta regia, le escrescenze melodrammatiche della storia.
Protagonista è Inuk, un esquimese. Si sposa, ha un figlio e un giorno uccide un bianco che ha rifiutato l’offerta della moglie da parte sua, secondo un’usanza degli esquimesi. Dovrebbe essere arrestato e due poliziotti lo trovano. Uno muore di freddo, l’altro viene salvato da Inuk. Il poliziotto dirà che l’assassino è morto e l’esquimese potrà continuare a vivere la sua difficile esistenza, sempre in lotta con la natura.
Nel Messico dominato dal dittatore Porfirio Diaz, Emiliano Zapata alla testa dei peones conduce, insieme a Pancho Villa, la lotta contro gli oppressori fino ad abbatterli. Ma la pace non torna nel paese: il nuovo presidente, un uomo debole e incapace, viene spodestato e ucciso. Diventato presidente per acclamazione, lo stesso Zapata cadrà poi vittima di un attentato.
L’ex amante di un bandito è contesa tra questi e il marito. Tornerà dal marito dopo un’avventura durante la quale il malvivente morirà, dando loro prova del suo pentimento.