Un film di Zeresenay Berhane Mehari. Con Meron Getnet, Tizita Hagere, Haregewoin Assefa, Shetaye Abreha, Mekonen Laeake.Titolo originale Difret. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 99 min. – Etiopia, USA 2014. – Satine Film uscita giovedì 22 gennaio 2015. MYMONETRO Difret – Il coraggio per cambiare valutazione media: 3,47 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
1996. Etiopia. In un villaggio nell’area di Addis Abeba la quattordicenne Hirut viene rapita e violentata da colui che la pretende come sposa nonostante l’opposizione dei genitori di lei. La ragazzina riesce a fuggire impossessandosi di un fucile e uccidendo il suo sequestratore come auto difesa. Tutto però è contro di lei, sia la legge dello stato sia le regole ancestrali delle comunità rurali. Solo Meaza Ashenafi, avvocato e leader dell’associazione Andenet (uno studio legale al femminile che assiste gratuitamente donne che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di difendersi dai soprusi di una società dominata dai maschi) decide di assisterla. La battaglia contro i pregiudizi non sarà facile né indolore.
“Difret” in etiope significa avere coraggio, osare. Il titolo rappresenta con efficacia il senso della vicenda anche sul piano produttivo. Alle origini del film ci sono personaggi reali: la produttrice è la sempre più impegnata sul piano sociale Angelina Jolie e alla regia c’è qualcuno che, seppur residente negli Usa, ha le proprie radici in Etiopia ed è lì che ha preteso (e ottenuto) di andare a girare un’opera che ha vinto al Sundance.
Nella vicenda di Hirut si intrecciano le due tensioni che attraversano, seppur con caratteristiche diverse, più di un Paese del continente africano. Da un lato la progressiva emancipazione delle donne che trova nelle città occasioni per affermarsi e dall’altro un mondo rurale in cui vigono regole imposte dai maschi e la più completa sottomissione della donna all’uomo. Ai tribunali previsti dall’ordinamento statale si sovrappongono le “corti di giustizia” che si riuniscono in un campo sotto un albero e in cui nessuna donna è presente. Hirut ha difeso la propria dignità di essere umano e questo la allontana dalla comunità proiettandola in una realtà aliena, quella della città in cui rumori e stili di vita la disorientano.
Accanto a lei Meaza (a cui è stato assegnato un prestigioso riconoscimento per l’attività svolta) che rivede nella ragazzina la stessa esigenza che provava lei quando aveva la sua età: il bisogno di far compiere all’intera società il passaggio necessario che porti a una trasformazione profonda dei costumi. Il magistrato che rappresenta l’accusa è una perfetta rappresentazione della difficoltà dell’impresa: vive in una realtà che dovrebbe favorirne l’apertura mentale ma resta legato ai pregiudizi maschilisti che gli sono stati inculcati. Ci vuole davvero coraggio per sfidare regole, scritte e non, come ha fatto Meaza Ashenafi riuscendo al contempo a ‘leggere’ una realtà in cui gli happy end non sono poi così happy.