2027. In un futuro non troppo distante, in cui il mondo non può più procreare, l’Inghilterra rimane unica zona franca, per non confrontarsi con le guerriglie urbane. Theo (Clive Owen), rapito da Julian (Julanne Moore), una donna attivista amata in passato, ha una grande responsabilità. Dovrà condurre salva una giovane donna fino a un santuario sul mare, e dare la possibilità al mondo di evitare l’estinzione. Sulla linea degli scrittori utopistici e futuristici, P.D.James ha scritto il romanzo da cui è tratto il film, in cui Cuaròn fin dalle prime sequenze ci illustra un mondo grigio, oppressivo, incolore, fra il pre-industriale (le costruzioni e i palazzi sembrano proprio quelli della “industrial revolution”), e il post-atomico, (per la scarsità di vegetazione). Londra appare come non cambiata, se non per i mercati ai bordi delle strade e gli autobus a due piani completamente scrostati dal tempo. In questo ambiente senza profondità si muovono i protagonisti. Ne sono una conferma gli stereotipi del multirazzialismo e del multilinguistico (quello che sarà non è per forza diverso da quello che è oggi). Nel panorama così definito, la macchina da presa segue Theo-Clive Owen in tutte le situazioni, come un inviato di guerra in una visione quasi documentaristico-soggettiva del futuro per acuire il senso di chiuso, di claustrofobia, e di mancanza di certezze. Ne è un esempio la guerriglia che, all’esterno della zona franca, appare come uno spaccato del conflitto jugoslavo, dove tutti sparano a tutti, e un proiettile vagante ha il potere di cambiare il personale futuro (la sequenza dei carrarmati che colpiscono una palazzina, è una scena di guerra impressionante). Per antitesi, la speranza di vita, rinascita di un “nuovo mondo”, è l’unica apertura del film all’ottimismo, in un percorso al buio, in cui il caso regna sulle esistenze di tutti. Children of Men è un film corale, è dell’umanità, (si propone raramente come singolo, per esempio nel caso dello scienziato Justice, Michael Caine, eremita per scelta ai bordi della società), perchè il futuro della terra non è dellindividuo singolo. È semplicemente globale.
Nel 1942 tenente americano è aggregato a un reparto inglese che, in un’isola delle Ebridi, deve distruggere una stazione radio giapponese. Lunga, pericolosa fuga finale. Per il cinico Aldrich non è mai stato tempo d’eroi. Di giocatori, caso mai. Qui la guerra assomiglia al football americano. La 1ª parte è vigorosa e appassionante.
Killer psicopatico si traveste da donna per compiere efferati delitti. Il figlio della vittima e squillo di lusso si mettono sulle sue tracce. Grande ammiratore e studioso di Hitchcock, De Palma lo echeggia nello stile ( Psyco , La donna che visse due volte ) ma dal maestro non ha appreso la logica dell’intrigo, l’onestà verso lo spettatore e la credibilità umana dei personaggi. Entra di diritto, comunque, nell’antologia dell’erotismo. Colonna sonora assai efficace di Pino Donaggio.
Andrew, un autore di gialli, decide di far pagare cara al rivale la relazione con sua moglie: è disposto a farsi derubare purché l’uomo si tiri in disparte. Senonché, al momento del furto, Andrew spara al rivale, ma questi non muore, e qualche giorno dopo si presenta allo scrittore per vendicarsi.
Durante la guerra dei Trent’anni, un professore trova rifugio in un piccolo villaggio di montagna scampato miracolosamente alla distruzione. S’illude, stabilendovi un clima di pace e di solidarietà, di risparmiare il paesino dalle violenze della guerra.
Londra, fine ‘800. Robert Angier (Jackman) e Alfred Borden (Bale) sono due prestigiatori/illusionisti di successo, specialmente il primo. Da amici com’erano, sono diventati più che rivali: si odiano. Nella loro acerrima competizione sono coinvolti il comune maestro di un tempo (Caine), una giovane apprendista (Johansson) e l’inventore (Bowie) di un marchingegno di teletrasporto. Come si dice nel film, ogni trucco è diviso in tre tempi: la presentazione, il colpo di scena e il prestigio, qualcosa che non si era mai visto prima. Sembra un film da (sullo) spettacolo, un esercizio elegante e sorprendente sull’illusione contrapposta alla realtà. Tratto da un romanzo di Christopher Priest. Grazie alla calibrata sceneggiatura – scritta con il fratello Jonathan – l’inglese C. Nolan va al di là e in profondo su temi gravi: ambizione, inganno, vendetta, ossessione, gelosia, insomma il legno storto dell’umanità. Alla resa dell’ambiente e dell’atmosfera dà molto la fotografia di Wally Pfister. Attori magnetici.
Mentre la Terra si desertifica, Murph, la figlia adolescente dell’agricoltore ex pilota Cooper, scopre nella sua stanza misteriosi segni di sabbia. Decodificandoli, Cooper arriva alla centrale sotterranea di una NASA segreta, i cui scienziati hanno progettato 2 piani per salvare la specie umana dall’estinzione. Sfruttando un wormhole , cioè una scorciatoia nello spaziotempo, messo a disposizione da misteriosi esseri impercettibili, Cooper dovrà cercare il pianeta più adatto su cui far sopravvivere l’umanità. Lo troverà proprio ai bordi di Gargantua, un enorme buco nero, tuffandosi nel quale alla fine riuscirà a chiudere il cerchio spaziotemporale. Ossessionato dal problema del tempo fin da Memento (2000), Nolan, con il fratello Jonathan, vi impernia la scrittura di un SF action thriller che non fa mistero di voler essere un compendio del genere – da 2001: Odissea nello spazio (1968) a Gravity (2013) passando per Star Trek (1979-2009) e Guerre stellari (1997-2008), Signs (2002) e Inception (2010) – ma anche di ambire a esserne il nuovo apice. Ci riesce – su tutti la visionaria rappresentazione dell’irrealtà del tempo, ispirata a Escher, a Borges e alle fughe di Bach per le musiche (Hans Zimmer) – ma pecca di zelo accumulatorio e di affettazione declaratoria. Grazie alla consulenza del fisico Kip Thorne (anche produttore esecutivo), e a 165 milioni di dollari, ha il merito di contribuire alla divulgazione scientifica, ma anche in parte di confonderla, perché scivola sempre più nel fantastico.
3° episodio. Sono passati 8 anni dalla sconfitta di Joker e dalla morte di Harvey Dent/Due Facce. Batman è scomparso assumendosi la colpa dell’omicidio di Dent per assicurare alla polizia gli strumenti necessari per portare avanti un’efficace lotta alla criminalità organizzata di Gotham. Bruce Wayne, straziato dalla morte di Rachel e sfiduciato, vive come un eremita in una parte della sua magione. Torna in attività quando compaiono la ladra Catwoman (che gli risveglierà anche i sensi) e il terrorista Bane con il suo piccolo esercito. Accusato ed esaltato dalle diverse fazioni di nemici e fans, è il degno epilogo della trilogia cinematografica che Nolan ha tratto dal fumetto di Bob Kane: spettacolare e ingenuo, fantasioso ed esagerato, dagli impeccabili effetti speciali e di grande successo (box office mondiale: 1 miliardo di dollari).
Il crimine organizzato a Gotham City ha le ore contate. Batman, il tenente Gordon, il nuovo Procuratore Distrettuale e alcuni improbabili epigoni dell’Uomo Pipistrello in imbottiture da hockey hanno dichiarato guerra ai criminali. La loro fortuna e i loro dollari, accumulati in una banca di massima sicurezza, vengono rubati da Joker, un pagliaccio sadico e mascherato che getterà la città nel disordine e nell’anarchia. Riempite le tasche di lame, polvere da sparo e lanugine, Joker sfiderà il cavaliere oscuro di Bruce Wayne e rivelerà il lato oscuro di Harvey Dent, l’eroe procuratore che applica la giustizia e agisce a volto scoperto. Negli anni il fumetto ideato da Bob Kane si è “riletto” per riscriversi in nuove forme, in questo modo ha riscritto anche il proprio rapporto con il cinema. Si è perciò compiuto il progetto di portare sullo schermo Batman, evitando l’estetica pop-camp di una precedente età televisiva, interiorizzando le proprietà narrative del fumetto e quelle del video e procedendo verso la loro integrazione radicale.
Bruce Wayne, giovane rampollo di un illuminato filantropo di Gotham City, vede i suoi genitori assassinati da un rapinatore. Incapace di liberarsi del senso di colpa, inizia un vagabondaggio che lo porta fin sulle vette dell’Himalaia, dove Ra’s Al Ghul e il suo fido Ducard lo iniziano alla via del loro culto ninja. Wayne è deciso a servire la giustizia e tornato a Gotham, trova in Falcone, potente trafficante di droga, e in Crane, altrettanto corrotto psichiatra, i due più acerrimi nemici, dietro ai quali però pare celarsi qualcuno di ancor più potente. L’unico modo per combatterli è diventare un simbolo, che dia forza e speranza alla gente. Per chi non l’avesse capito, questo simbolo si chiamerà Batman, l’uomo-pipistrello, terrore dei criminali nella metropoli della corruzione. L’ambiguità psicologica di Wayne/Batman diventa finalmente il fulcro di un film a lui/loro dedicato: non poteva essere messo in mani migliori, visto che Nolan, nella sua pur breve carriera, ha dimostrato di avere una somma predilezione per i meandri più fangosi della mente umana.
Per rubare una preziosa scultura cinese ci si mettono in tre: un avventuriero, uno scultore e una donnina allegra. Sorpresa finale. Un meccanismo molto scorrevole sui toni comico-giallo-rosa. Una S. MacLaine eurasiatica non si era mai vista.
Un commando britannico, formato da ex detenuti, nell’Africa occidentale ha l’ordine di distruggere un deposito di carburante tedesco situato 400 miglia dietro le linee nemiche. “Quella sporca dozzina” su scala ridotta con qualche risvolto di umorismo inglese. Niente di nuovo, ma corretto, efficace con un’ambientazione convincente, un buon rimbombo di sparatorie.
Dal romanzo The Berlin Memorandum di Len Deighton: Harry Palmer, agente segreto britannico, deve far passare il muro di Berlino a un colonnello sovietico che intende disertare, ma c’è un altro agente inglese che fa il doppio gioco. 2° film della serie Harry Palmer, dopo Ipcress (1965) e prima di Il cervello da un miliardo di dollari (1967). Prima intrigante, poi sempre più confusa, la vicenda ha tante giravolte che persino Sherlock Holmes ne rimarrebbe spiazzato. C’è suspense, comunque, e alcuni colpi di scena sono ben piazzati.
Tratta dall’omonima opera di Michael Frayn, si tratta di una commedia scoppiettante, dal ritmo incalzante e con spassosissime gag che si susseguono vorticosamente. La trama del film riguarda le varie fasi della costruzione di uno spettacolo da parte di una bizzarra compagnia: dalle prove, al debutto, alla tournée, che inizialmente risulta essere positiva, ma poco tempo dopo si rivela un disastro per ripicche e screzi fra attori – sul palcoscenico e fuori accade di tutto: interruzioni, errori, isterie, conflitti, tensioni, rappacificazioni – ma alla prima a Broadway è un trionfo. Regia sardonica e impeccabile, con degli straordinari attori tutti in stato di grazia, parecchie e buone le occasioni di risata. Era dai tempi della “screwball comedy” degli anni Trenta che non ci si divertiva così vedendo una commedia.
Una bellissima nera viene rapita per essere venduta come concubina a un principe arabo. Il marito organizza la ricerca aiutato da strani personaggi. Praticamente viene attraversata l’Africa.
In occasione della “notte degli Oscar”, al Beverly Hills Hotel si svolgono le vicende parallele di 4 coppie. Allegro, burrascoso, divertente. 2 episodi _ Smith-Caine e Fonda-Alda _ sono ammirevoli, percorsi da un insolito brivido drammatico. Da pochade l’episodio Matthau-May. Tratto dalla commedia Plaza Suite (1968) di Neil Simon che l’ha anche adattata.
Da un romanzo di Jack Higgins. Nel 1943 un commando di paracadutisti tedeschi atterra in una località della costa occidentale inglese col proposito di rapire Winston Churchill. Sturges è un regista rispettabile per il mestiere, soprattutto nelle sequenze d’azione e nella cura dei particolari. Duvall dà malinconica dignità al suo colonnello guercio
Harry Brown ha 76 anni, è pensionato ed è stato un marine. Oggi vive da solo in un quartiere popolare turbolento, dove imperano il crimine e lo spaccio di droga. Il suo unico impegno è giocare a scacchi al pub con Leonard. Quando il suo amico viene ucciso e la polizia sembra inerme, decide di reagire per conto proprio.
1997. Durante una missione in Medio Oriente, l’agente segreto Harry Hart, dal nome in codice di “Galahad“, vede morire il suo giovane protetto Lee Unwin a causa di un suo errore. Tornato in Inghilterra, consegna personalmente una medaglia d’onore alla vedova del caduto e all’orfano, Eggsy, dicendo loro che, se un giorno dovessero aver bisogno di aiuto, dovranno chiamare il numero inciso sul retro della medaglia.
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo