Dal romanzo (1749) di Henry Fielding: nell’Inghilterra del Settecento il trovatello Tom, adottato da un ricco filantropo, cresce nel lusso finché viene buttato fuori di casa dal legittimo erede. Dopo molte avventure, sposa la figlia del benefattore. Debordante di artifizi e di civetterie, realizzato con entusiasmo più che con disciplina, felicemente infedele al romanzo trasformato in uno scattante racconto di cappa e spada, in bilico tra satira e parodia sulla scorta di una sagace e aguzza sceneggiatura di J. Osborne, è un film colorito e mosso, ricco di divertimento e sorprese, recitato bene da tutti, benissimo da A. Finney. Ebbe 9 nomine e 4 premi Oscar: film, regia, sceneggiatura e musiche di J. Addison. Voce off italiana di E.M. Salerno.
Durante la guerra 1914-18 il tenente Thomas Edward Lawrence (1888-1935), agente del servizio segreto britannico, trasforma in guerriglia la rivolta degli arabi contro i turchi, guida i beduini alla conquista di Damasco e poi si ritira nell’anonimato. In questo sontuoso megafilm epico su uno dei più affascinanti avventurieri del primo Novecento il vero protagonista è il deserto. Solida sceneggiatura di Robert Bolt, splendida fotografia, musica sovrabbondante, 7 premi Oscar (miglior film, regia, fotografia, colonna sonora, scenografia, montaggio e suono). All’epoca O’Toole fu una rivelazione.
Ispirato a un fatto reale di cronaca avvenuto a Chicago nel 1966, il film del cineasta giapponese Koji Wakamatsu racconta l’eccidio di un gruppo di giovani infermiere da parte di un impiegato. Nel dormitorio femminile di un ospedale di provincia, alcune donne, angeli in camice bianco, invitano un giovane uomo a entrare. Presto si rivelerà uno spietato assassino, tormentato da incubi e allucinazioni e sessualmente represso. Alla violenza inflitta con sadismo, si alterna la concessione di un amore malato. Un film girato in bianco e nero, con solo due impressionanti scene a colori, che parla di ossessioni, impotenza, volontà, lucida follia e persino amore.
Poppo subisce uno stupro di gruppo sul tetto di un palazzo sotto gli occhi dell’imbelle Tsukio. Anch’egli ha subito un trauma analogo e, dalla condivisione del proprio malessere, tra i due nasce un’intesa che assomiglia a una relazione. Tutto ciò che Poppo desidera, però, è morire, ma Tsukio si rifiuta di ucciderla senza motivo. Come è tipico del primo Wakamatsu, gli schemi sono quelli del genere pinku eiga, in termini di durata e di moderata esposizione di nudità femminili, ma i contenuti escono da qualsiasi steccato o stereotipo. Per molti il film-manifesto del primo periodo del regista nipponico, Su su, per la seconda volta vergine condensa, in un’ora abbondante di disagio palpabile, il sottile mix di esistenzialismo avant e fascinazione per le tematiche di sesso brutale e violenza efferata alla base del lato più oscuro della nouvelle vague giapponese. L’amore è lontano mille miglia, un miraggio che per un attimo sembra concretizzarsi negli sguardi dei due protagonisti, martiri e carnefici, emblema dell’impossibilità di un rapporto tra i sessi che sia paritario e reciprocamente soddisfacente. Rabbia e nichilismo che esplodono in sete di vendetta di fronte alla bestialità del (resto del)l’umanità, preda di un istinto sessuale insaziabile e perverso tanto nelle giovani generazioni (i teppisti tossici che si aggirano per il condominio in cui il film è ambientato) che nelle precedenti (gli scambisti bestiali che abusano di Tsukio). Violenza chiama violenza in un anno zero post-apocalittico che in fondo poco ha a che fare con la sua epoca di speranze (il ’68 appena trascorso) mentre molto strettamente si lega al DNA post-atomico giapponese; tutt’altro che casuale il legame con il lato più oscuro dell’era-hippie evidenziato dall’apparizione sulfurea di Roman Polanski e Sharon Tate tra le pagine di un manga. Non è un’esagerazione definire il primo Wakamatsu Koji – e in particolare Su su, per la seconda volta vergine – come il precursore dei Noriko’s Dinner Table o dei This World of Ours che portano all’estremo il messaggio di Wakamatsu nel fosco terzo millennio del Sol Levante. Al resto ci pensano musiche suggestive, tra tradizione jazz e coraggioso sperimentalismo, e l’uso del contrasto tra bianco e nero e colore, esasperazione visiva della voglia di morte di Tsukio e del sangue come sola traccia di vita (che se ne va) tra corpi e animi vuoti, consegnati alla morte. Fulminea comparsata per un giovanissimo Takeshi Kitano.
Un film di Kôji Wakamatsu. Con Hatsuo Yamane, Miharu Shima Titolo originale Taji Ga Mitsuryo Suru Toki. Psicologico, b/n durata 72 min. – Giappone 1966. MYMONETRO Embrione valutazione media: 3,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Una commessa viene sedotta dal proprietario del grande magazzino dove lavora. L’uomo la porta in un appartamento semivuoto dove la tiene prigioniera e la sottopone a sevizie e brutalità, spinto da una psicosi che gli impedisce di avere rapporti normali con qualsiasi donna, comprese l’ex-moglie e la defunta madre. Vol. II della serie “Violence movies”. Più violento che mai, Wakamatsu è all’acme della sua visionarietà, riuscendo in un connubio tra sadismo e poesia che a parole sarebbe difficile spiegare. Disturba, e non poco, più perché spinge ad inquietanti riflessioni che non perché disgusti.
Un Lord appena risposato è sospettato dalla polizia d’essere l’assassino della prima moglie, del padre e della cognata, dovrà dimostrare la sua innocenza.
Il film, basato su un fatto realmente accaduto, racconta la storia di una donna, Teresa, rimasta sola dopo l’arresto del marito da parte dei tedeschi, avvenuto nel ’44. Per vivere, gestisce un caffè in una cittadina francese. Ma un giorno, dopo sedici anni, il marito torna inaspettatamente a casa.
Un giovane industriale non s’accontenta del piccolo stabilimento tessile di cui è proprietario e dà il via a grossi progetti che minacciano di rovinarlo finanziariamente. Mentre i suoi affari vanno a rotoli, scopre che la moglie lo tradisce con uno studente.
Un gruppo dell’alta borghesia messicana si riunisce in un salone ma non può più uscirne, bloccato da una forza misteriosa. E nessuno può entrare. Quando l’incantesimo si rompe, si ritrovano in una chiesa. È una commedia nera ricca di acri succhi antiborghesi e anticlericali. In questa vicenda onirica, in questo mostruoso giro di atti mancati, il surrealismo di Buñuel si manifesta in tutta la sua ricchezza fantastica. Pur essendo assai precisa l’analisi di classe, si ha il sospetto che in questo verdetto d’impotenza Buñuel alluda a condanne più vaste e vi coinvolga il genere umano nel suo complesso. Scritto da L. Buñuel e Luis Alcoriza, rielaborazione del cinedramma Los naufragos de la calle Providencia, messo in scena da José Bergamín. Premio Fipresci a Cannes, Giano d’oro al Festival Latinoamericano di Sestri Levante, premio A. Bazin al Festival di Acapulco.
Il killer a contratto Shuji Kamimura ( Joe Shishido ) e il suo partner Shun Shiozaki ( Jerry Fujio) vengono assunti dal capo della yakuza Senzaki per eliminare un ex partner, il capo Shimazu, che si è appropriato di una cooperativa internazionale tra i due uomini.
Graziosa e abile suonatrice d’organo sembra essere l’unica sopravvissuta di un incidente d’auto in cui muoiono annegate due sue amiche. Dopo essersi ripresa, abbandona la cittadina in cui vive, accettando un lavoro presso la parrocchia di un altra città dove inizia a soffrire di strane e terrificanti visioni ed avvertire una misteriosa attrazione per i vicini ruderi di un’antica fiera circense abbandonata.
Una coppia di sposi si stabilisce su un’isola semideserta: lui, in preda ad un forte esaurimento nervoso, è assalito da incubi spaventosi; lei, dopo avere cercato di aiutarlo, ne resta influenzata. Il dramma esplode al ritorno dalla festa in un castello abitato da gente crudele che uccide l’uomo sotto gli occhi impotenti di sua moglie. La donna porterà per tutta la vita il peso della sua impotenza.
Dal romanzo The Manchurian Candidate (1959) di Richard Condon, sceneggiato da George Axelrod: subìto il lavaggio del cervello da parte dei comunisti, un sergente americano rientra dalla Corea trasformato in sicario telecomandato per un attentato politico che potrebbe sovvertire la situazione degli USA. Snobbato ai suoi tempi da 9 critici su 10, attaccato da destra e da sinistra, ma rivalutato più tardi (e non soltanto perché anticipa la fine tragica dei Kennedy) e persino ridistribuito nel 1987. Per l’allucinata costruzione e gli effetti barocchi, a mezza strada tra Hitchcock e Welles, questo thriller fantapolitico può riuscire anche divertente al suo livello di corrosiva satira politica. Squadra di attori di prim’ordine. Rifatto nel 2004 da J. Demme col titolo The Manchurian Candidate.
Dramma a sfondo fantascientifico che racconta la tragica vicenda di un uomo, Okuyama , rimasto orribilmente sfigurato nell’esplosione accidentale di un laboratorio chimico. Con il volto interamente fasciato dalle bende, egli tenta disperatamente di reinserirsi nella società, ma la sensazione di essere allontanato dai colleghi e la difficoltà di ristabilire una relazione affettiva con la moglie lo spingono a chiedere ad uno psichiatra – che è anche valente chirurgo – di applicargli una nuova faccia. L’operazione, tuttavia, non migliora la sua esistenza poiché l’uomo avverte, in maniera ancor più allarmante, una dissociazione della propria personalità, quasi che il nuovo volto voglia impadronirsi della sua anima. La vicenda di Okuyama si sviluppa parallelamente a quella di una giovane, anche lei deturpata nel viso, che si suicida dopo aver sedotto il proprio fratello in un impeto disperato di vita. Girato negli stessi anni anni del meno problematico film di Pavel Hobl Ztracena Tvar, Tanin no kao è un’allegoria sui temi dell’alienazione, dell’emarginazione del “diverso”, della dialettica tra realtà e apparenza. Sviluppato su due tragiche storie parallele con tecnica volutamente frammentaria e allusiva, è una delle opere più conosciute del regista Hiroshi Teshigahara, l’acclamato autore della Donna di sabbia (Suna no onna) del 1962.Machiko Kyô – che qui interpreta il ruolo della moglie di Okuyama – è nota al pubblico occidentale come protagonista di Rashômon e della Casa da té alla luna d’agosto.
Un ritratto affascinante e umano di un pilota di caccia un tempo famoso e fedele stalinista di nome Nadezhda Petrovna. Ora una maestra provinciale di 41 anni, ha così interiorizzato le idee militari di servizio e obbedienza che non può adattarsi alla vita in tempo di pace.
Un film di Seijun Suzuki. Con Jô Shishido, Koji Nanbara, Isao Tamagawa Titolo originale Koroshi no rakuin. Hard boiled, Ratings: Kids+13, b/n durata 92 min. – Giappone 1967.MYMONETRO La farfalla sul mirino valutazione media: 3,13 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari
Hanada è sicario di un’organizzazione criminale di cui per le sue capacità è considerato il n. 3, ma, quando fallisce una missione (al momento dello sparo una farfalla gli si è posata sul mirino), deve morire. L’incarico viene affidato prima a sua moglie che non ci riesce, poi alla bella Misako che rinuncia per amore. Recatosi dal suo capo per vendicarsi, lo trova morto e capisce che dovrà regolare i conti con il n. 1. È l’ultimo dei 39 film che Suzuki diresse per la Nikkatsu in undici anni, uno dei più originali per la forte coscienza formale e la stilizzazione straniante con cui manipola una materia narrativa da cinema popolare, impregnato di violenza, erotismo, irrealismo. Qui la stilizzazione arriva a toni parodici (specialmente nella colonna musicale) e a prestiti dai film underground. Il titolo giapponese sta per Il marchio dell’assassino , il tatuaggio che i sicari esibiscono prima di colpire il nemico. È l’unico suo film distribuito sul mercato italiano.
Per motivi poco chiari i morti insepolti tornano in vita con impulsi cannibaleschi. Ogni persona ammazzata si trasforma in uno di loro. Sette persone cercano di resistere, barricandosi in una casa abbandonata. È il cult movie di basso costo che segnò una svolta nel cinema dell’orrore, portato da Romero fuori dagli studios , dalle convenzioni, dal ghetto. È un film pessimista che visualizza la fine del mito americano: è un nero a gestire la resistenza degli assediati dagli zombi, protagonista impensabile nel 1968 in un sistema di cinema commerciale, cioè consensuale. Ebbe seguiti, remake e innumerevoli imitazioni. Costato poco più di 100 000 dollari, ne incassò più di 5 milioni. Esiste una versione colorizzata. Nel 1998 fu rieditato con 13 minuti in più, tutti tagliati dal regista nel 1968. Operazione di marketing, non restauro con il Director’s Cut .
Tratto dal romanzo di Robert Musil (1880-1942), Il film effettua una minuziosa registrazione dei rituali sadici che scandiscono la convivenza fra studenti, dei meccanismi di sopraffazione e del disprezzo per la libertà dell’individuo, che automaticamente dividono il mondo adolescenziale in carnefici e vittime, legati tra loro da morbose e torbide passioni.. Attraverso il paradigma del collegio, il regista tedesco vuol guardare al baratro nel quale erano sprofondati i popoli di lingua tedesca sotto il nazismo.
Organizzazione segreta offre, dopo la morte apparente dell’interessato, una nuova vita e una diversa identità. Un industriale insoddisfatto accetta di sottoporsi al trattamento. È, in una certa misura, il patto di Faust aggiornato alla moderna tecnologia. L’idea originale è di un romanzo di David Ely, sapientemente sceneggiato da Lewis John Carlino. Come con la fantapolitica di Va’ e uccidi (1962), Frankenheimer è a suo agio con la fantasociologia; gli dà una mano con un suggestivo bianconero il vecchio James Wong Howe, operatore di merito. Finale allucinante, attaccare le cinture.
Stanco della moglie e invaghito di una cugina sedicenne, barone siculo induce la consorte al tradimento e poi la uccide. È condannato a una pena minima per “delitto d’onore” e può sposare la cugina. Si può fare una commedia intelligente, lesta, graffiante anche illustrando un articolo (il 587) del Codice Penale. Se c’è un’arte che nasce dall’indignazione, questo film le appartiene. Oscar per la sceneggiatura a Ennio De Concini, Alfredo Giannetti e Germi e il premio della migliore commedia a Cannes. Rita Savagnone ha dato la voce sia a D. Rocca sia a S. Sandrelli.
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo