Rimasta vedova, Keiko deve preoccuparsi di mandare avanti un negozio di liquori che la famiglia del marito vorrebbe vendere. I problemi aumentano quando suo cognato Koji le dichiara il suo amore, che da tempo coltivava in segreto. La donna si convince a cedere l’attività e nel contempo rifiuta le avances di Koji; senza più legami, si lascia tutto alle spalle avventurandosi in un viaggio in treno. Ma Koji decide di seguirla… Un capolavoro in cui Naruse convoglia alcuni dei motivi tipici del suo cinema: l’attenzione per la routine quotidiana (ottima la fotografia di Jun Yasumoto), l’espressione sincera dei propri sentimenti come indizio di debolezza, l’ineluttabilità di un destino drammatico che si accetta pur di preservare una parvenza di status quo. Splendida la scena conclusiva, con un intensissimo primo piano di Hideko Takamine.
Yumiko ed il marito Hiroshi stanno progettando il loro trasferimento negli Stati Uniti quando un giorno l’uomo rimane vittima di un incidente stradale. Mishima, il responsabile, cerca di espiare la tragedia ed ottenere il perdono di Yumiko, ma riesce solo a farle accettare un vitalizio in denaro. Quando però la donna, perduta insieme al nome del marito anche l’eredità, va ad abitare nell’albergo di campagna gestito dalla sorella, il destino le farà reincontrare Mishima. Al suo ultimo film, Naruse ritorna al colore, con una fotografia dai toni saturi che rischia qua e là (come nella scena del temporale) di sopraffare il film. L’opera si dimostra comunque riuscita.
Dal romanzo di Pascal Brukner. Due coppie si incontrano su una nave in crociera per l’India: Nigel e Fiona, Oscar e Mimì. Nigel è un manager piuttosto convenzionale; sua moglie sembrerebbe la sua perfetta omologa, almeno in apparenza. Oscar è su una sedia a rotelle: è un cinico e depravato scrittore americano fallito che vive a Parigi. Mimì è bellissima, parigina e magica, fa sparire le altre donne. Oscar si accorge che Nigel mira a sua moglie e lo incoraggia, ma “in cambio” dovrà ascoltare tutta la sua storia, come fosse un analista.
Compagnia della 101° divisione aerotrasportata americana è accerchiata a Bastogne (Belgio) nell’inverno 1944, durante la controffensiva tedesca delle Ardenne. Wellman sfalda la statua retorica dell’eroe combattente per mostrare la guerra nella sua terribile e umile realtà, attraverso una serie di annotazioni molto realistiche. Oscar per la sceneggiatura (R. Pirosh) e la fotografia (P.C. Vogel).
Siamo nelle campagne attorno a Londra. Maggie ha un nipotino gravemente ammalato e in procinto di morire. Solo un’operazione in Australia può salvarlo ma i genitori non hanno il denaro necessario per il viaggio. Maggie va nella capitale a cercare lavoro ma per lei, donna sulla sessantina, non ci sono offerte. Decide allora di tentare con una proposta di assunzione come hostess. La prestazione però non è quello che lei, ingenuamente, crede. Dovrà masturbare i clienti di un locale porno i quali non avranno la possibilità di vederla. La donna, pensando alla salvezza del nipote, accetta nonostante tutto. Affinerà a tal punto la propria abilità nel ‘lavoro’ da diventare la mano più richiesta dai clienti, che faranno la fila per ‘Irina Palm’.
Una bellissima ragazza viene uccisa all’interno di un container pieno di capelli. Un uomo con un insaziabile feticismo per i capelli ruba il cadavere, i cui capelli crescono all’infinito, e decide di venderli come extension ai parucchieri. Poco dopo si rende conto che questi capelli contengono lo spirito vendicativo della ragazza che uccide chiunque li indossi.
I subita nella versione dvdrip sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
La serie è ambientata nella fittizia cittadina montana di Twin Peaks situata nello Stato di Washington, a cinque miglia dal confine tra Stati Uniti e Canada[1]. L’apparente tranquillità di questo piccolo paese degli Stati Uniti d’America viene turbata dal ritrovamento del cadavere di Laura Palmer, figlia unica del noto avvocato Leland, nonché una delle ragazze più popolari della città. Le indagini sono affidate alla locale polizia e anche all’agente speciale Dale Cooper dell’FBI E permettono di far affiorare il lato oscuro e nascosto del luogo e dei suoi abitanti.
Repulsione, ovvero storia di una nevrosi, quella di Carol Ledoux, avvenente estetista ossessionata dagli uomini. Il secondo lungometraggio di Roman Polanski, il primo girato fuori dalla Polonia, è una lenta discesa di una donna verso la follia più estrema. Dall’occhio atterrito di Carol adulta che fa da sfondo ai titoli di testa fino ad arrivare all’occhio diabolico della bambina che è stata, nel finale, Polanski registra un tortuoso percorso in una psiche sempre più disturbata. E lo ambienta tra le quattro mura (crepate) di un appartamento, luogo chiuso, tetro e claustrofobico che spesso di qui in avanti sarà teatro delle ossessioni e delle allucinazioni dei suoi personaggi (Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano). I rari momenti all’esterno, per strada o nel salone estetico in cui la ragazza lavora, sono altrettanto angoscianti e non rappresentano certo una tregua, né per Carol né per lo spettatore. E allora si ritorna in casa, quella casa che Carol condivide con una sorella così diversa da lei. I problemi aumentano proprio quando quest’ultima decide di partire per un viaggio con il suo amante sposato, lasciandola sola in casa con un coniglio in putrefazione. Da qui inizia la sua confusione tra realtà e allucinazione e la progressiva discesa agli inferi della sua mente, in cui Polanski fa intuire, senza mai rivelare, un trauma trascorso che l’ha irrimediabilmente segnata fino a trasformarla in una bellissima e catatonica bambola assassina. Scritto dal giovane Polanski insieme a Gérard Brach, con cui a Parigi aveva già collaborato per un episodio di Le più belle truffe del mondo (1963), Repulsion è un’asfissiante opera di realismo fantastico e psicologico che atterrisce grazie alla forza espressionistica del bianco e nero fotografato da Gilbert Taylor, alle soluzioni visive ardite e macabre, oltre naturalmente alla magistrale interpretazione di una spaventosamente imbambolata Catherine Deneuve, dolce e agghiacciante insieme. Con quest’opera, vincitrice dell’Orso d’argento a Berlino 1965, Polanski dà il via alla sua perversa e malata indagine nei meandri della psiche umana, rappresentata dagli spazi angusti di squallidi appartamenti popolati da vicini di casa benpensanti e da anziane signore imbellettate e ficcanaso, troppo sorridenti e troppo truccate per non avere nessun sospetto su un budino preparato da loro. Rosemary lo sa bene.
Un film di Adachi Masao del 1968. Drammatico. Giappone.
Ispirato dalla vera storia di una geisha assassinata in una città famosa per le sue terme, Adachi ha forgiato qui il suo stile preferito, una sorta di documentario concettuale che racconta l’incidente in tono monotono. Lo stesso evento che all’inizio di Violated Angels sfuggiva a ogni principio di causalità, viene qui rappresentato come un singolare antispettacolo.
Se c’è chi pensa che il detto “si nasce rivoluzionari e si muore conservatori” valga per il Roman Polanski che “illustra” (come alcuni hanno scritto) “Oliver Twist” di Dickens non si illuda. Il regista di Rosemary’s Baby e di Il coltello nell’acqua ha conservato intatto il proprio sguardo attento agli angoli oscuri della società e della psiche. Uno sguardo mediato dall’esperienza di Il pianista e proprio da quel film di successo stimolato a rivisitare il proprio passato di bambino salvatosi dal ghetto di Cracovia con la madre uccisa ad Auschwitz. Lo fa per l’interposta persona di uno dei personaggi più famosi dell’universo dickensiano, quell’Oliver Twist che ha già costituito una fonte di ispirazione per il cinema. Polanski legge la vicenda narrata dal grande autore inglese immergendola in una miseria materiale e morale quasi palpabile. Osservate l’illuminazione del film: è dominata da un buio sporco, per nulla gotico ma carico invece delle scorie prodotte dall’abbrutimento dell’essere umano al contempo carnefice e vittima nel tragico incedere dell’industrializzazione forzata. La luce di una bella giornata di sole è un fatto quasi incidentale, secondario, non “normale”. Così al centro della storia sono sì le vicende dell’innocente orfanello costretto a far parte di una banda di ladri organizzati. Ma chi gli ruba il proscenio è Fagin nell’interpretazione magistrale che ne dà un irriconoscibile Ben Kingsley. È lui, padre e padrone della banda di ladruncoli, che detta i ritmi della vicenda con il suo corpo laido che percorre le stanze e le vie del degrado umano ricordando a tratti le caricature infami con cui i nazisti dileggiavano gli ebrei.
Chloé ha un dolore che non passa. Giovane donna fragile, somatizza un segreto che custodisce nel ventre e affronta in terapia. Paul, lo psichiatra, la ascolta senza dire niente fino al giorno in cui decide di mettere fine alle sedute. La seduzione che Chloé esercita su di lui è incompatibile con la deontologia professionale. Ma Chloé ricambia il sentimento di Paul e trasloca la sua vita (e il suo gatto) nel suo appartamento. Tutto sembra volgere al meglio, quando scopre che il compagno le nasconde la sua parte oscura: Louis, gemello monozigote che svolge la stessa professione in un altro quartiere di Parigi. Intrigata, prende un appuntamento. L’attrazione è fatale. Chloé li ama entrambi, uno con dolcezza, l’altro con bestialità. Alienata e divisa, scende progressivamente all’inferno.
Un ammiraglio, alla vigilia della pensione, rievoca vent’anni di marina statunitense. La storia di come ebbe per primo (o quasi) l’idea delle portaerei.
In un misurato appartamento di Brooklyn due coppie provano a risolvere uno smisurato accidente. Zachary e Ethan, i loro figli adolescenti, si sono confrontati incivilmente nel parco. Due incisivi rotti dopo, i rispettivi genitori si incontrano per appianare i conflitti adolescenziali e riconciliarne gli animi. Ricevuti con le migliori intenzioni dai coniugi Longstreet, genitori della parte lesa, i Cowan, legale col vizio del BlackBerry lui, broker finanziario debole di stomaco lei, corrispondono proponimenti e gentilezza. Almeno fino a quando la nausea della signora Cowan non viene rigettata sui preziosi libri d’arte della signora Longstreet, scrittrice di un solo libro, attivista politica di troppe cause e consorte imbarazzata di un grossista di maniglie e sciacquoni. L’imprevisto ‘dare di stomaco’ sbriglia le rispettive nature, sospendendo maschere e buone maniere, innescando un’esilarante carneficina dialettica.
A Venice (Los Angeles) il giovane Derek (E. Norton) riacquista la libertà dopo tre anni di carcere per l’omicidio di due balordi neri che stavano per rubargli l’auto. Il fratello e gli amici, fanatici aderenti a un movimento neonazista, lo accolgono come un eroe, ma Derek è cambiato. Epilogo sanguinoso. Scritto da David McKenna e diretto dall’esordiente T. Kaye, noto regista pubblicitario, il dramma concentra nel giro di 24 ore la memoria e il senso di tre anni con l’ottica di Danny (E. Furlong), fratello minore di Derek e suo succubo. Interessante a livello sociologico come rapporto sull’odio razzista nelle grandi aree metropolitane degli USA, il film soffre di schematismo didascalico e di scarsità di sfumature nel disegno dei personaggi, anche e soprattutto in quello del protagonista, pur interpretato con istrionismo ben controllato dall’ottimo E. Norton.
Carolina del Nord, anni cinquanta. Abbandonata progressivamente dalla madre e dai fratelli, la piccola Kya cresce sola con un padre violento, anch’egli destinato a sparire, in una casa nella palude. Circondata da acqua e natura la ragazza si costruisce un mondo tutto suo, mentre gli abitanti del vicino villaggio la deridono e la ignorano. Anni dopo, Kya viene arrestata per un omicidio, e solo l’avvocato in pensione Tom Milton si offre di aiutarla durante un processo che getterà luce sui rapporti di Kya con due spasimanti, il tenero Tate e l’aggressivo Chase.
Nel 1761 a Londra il manicomio di Bedlam è gestito dal dispotico e malvagio Sims (B. Karloff) che organizza degradanti spettacoli pubblici con i suoi ricoverati. Amante di Lord Mortimer (B. House), l’attrice Nell Bowen (A. Lee) denuncia il fatto, ma, grazie agli intrighi di Sims, è internata a Bedlam dove, commossi dalla sua dolcezza, i malati la proteggono. Ispirato a una stampa della Carriera di un libertino di William Hogarth e prodotto per la RKO dal geniale Val Lewton (che firma la sceneggiatura come Carlos Keith) è un piccolo, intelligente film che curiosamente anticipa alcuni temi del Marat-Sade di Peter Weiss. S’avvale di una preziosa fotografia di Nicholas Musuraca, tiene in sapiente equilibrio melodramma, horror, critica sociale. Bocciato dalla censura britannica che non gli rilasciò il certificato di distribuzione nel Regno Unito.
Ancora innamorato dell’ex moglie, un uomo, pur di riconquistarla, entra a far parte della banda di malviventi capeggiata dal nuovo marito della donna. Durante l’esecuzione del primo colpo si impadronisce della refurtiva e, essendo ferito, la affida alla moglie. Fatto sequestrare dal rivale mentre si trova all’ospedale, tenta di corrompere un bandito, ma inutilmente: il gangster elimina sia lui che la donna.
Delphine è l’autrice di un romanzo dedicato a sua madre che è diventato un best seller. La scrittrice riceve delle lettere anonime che l’accusano di avere messo in piazza storie della sua famiglia che avrebbero dovuto rimanere private. Turbata da questa situazione Delphine sembra non riuscire a ritrovare la volontà per tornare a scrivere. C’è però un’appassionata lettrice che entra nella sua vita. Sembra riuscire a comprenderla e a sostenerla in questo momento difficile con la sua capacità di intuizione e con il suo charme tanto da divenirle così necessaria da invitarla a condividere il suo appartamento. Sarà una buona scelta?
Shigemori, tra i migliori avvocati del paese, si trova costretto a difendere Misumi dall’accusa di omicidio del suo datore di lavoro al cui cadavere è stato dato fuoco e a cui è stato sottratto il portafoglio. Misumi era già stato condannato 30 anni prima per un reato analogo e ora confessa anche il nuovo omicidio. Quando sembra ormai chiaro che l’uomo sarà condannato alla pena di morte, Shigemori inizia a sospettare che l’uomo non dica la verità.
Sentimentalismi deamicisiani in versione sushi. Incontro tra un bambino abbandonato dalla madre e un yakuza, un mafioso giapponese, dal cuore d’oro. Hana-bi era un film notevole, molto migliore di quest’altra opera di Kitano.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.