Un giovane, rilasciato anticipatamente dal carcere per buona condotta, finisce nuovamente dentro per colpa di un giudice. Tornato in libertà, è convinto che ormai la strada della “normalità” gli sia preclusa: compie una rapina dopo l’altra, affida la refurtiva a una ragazza e decide di farsi catturare.
Il ventenne Benjamin Braddock torna a casa dopo aver concluso gli studi, e nell’attesa di scoprire cosa vuole fare nella vita inizia una relazione con l’affascinate e matura signora Robinson. Quando conosce la figlia di lei, però, se ne innamora…
Odissea di un francese, condannato ai lavori forzati nel bagno penale della Guyana, che _ grinta bronzea, coltello facile, fibra a prova di aguzzino _ cerca più volte di evadere con un collega. Tratto da un best seller autobiografico (1969) di Henri Charrière e sceneggiato da Dalton Trumbo e Lorenzo Semple Jr., è un costosissimo, prolisso, pomposo e un po’ tedioso film d’avventure con una forte dose di violenza e sequenze oniriche piuttosto penose.
Dal romanzo di Avery Corman. Moglie insoddisfatta lascia il marito e il figlioletto. Il babbo si trasforma in mamma e conquista l’affetto del bambino, ma diciotto mesi dopo lei ritorna a reclamare la custodia. Finiscono in tribunale. Strappalacrime e spezzacuori, tutto raccontato dalla parte di lui. Il che non impedisce di ammirarne la maestria ruffiana. 9 Nomination e 5 premi Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura, attore protagonista, attrice protagonista), enorme successo di pubblico.
Cowboy texano arriva a New York deciso a fare soldi con le donne ma passa brutte esperienze e un duro inverno con Ratso Rizzo, italoamericano zoppo e tubercolotico. Cinedramma patetico su una strana amicizia che sboccia come un fiore nel fango di Manhattan.Ebbe 3 Oscar: film, regia, sceneggiatura (Waldo Salt, da un romanzo di James Leo Herlihy). Per Hoffman, piccolo grande uomo, soltanto una nomination; la ebbe anche Voight. Fu per entrambi il 3° film e il definitivo lancio come star. Grande successo anche per la canzone “Everybody’s Talkin'” di Fred Neil, cantata da Henry Nilsson.
Studente universitario di storia ebreo, appassionato della corsa, s’imbatte in criminale di guerra nazista che torna dall’Uruguay a New York per entrare in possesso di diamanti, custoditi per lui dal fratello ora defunto. Duello mortale. Diretto con sapienza un po’ accademica e qualche effettismo, basato su una sceneggiatura di William Goldman (da un proprio romanzo) che è una fantasia ebraica di vendetta, sembra che voglia dire la sua sul nazismo, la libertà e il maccartismo, ma presto si rivela un thriller efficace con un finale discutibile. Passata in antologia la scena del dentista.
Dal romanzo di Thomas Berger, sceneggiato da Calder Willingham: all’età di 121 anni Jack Crabb racconta la sua vita avventurosa nel West; come nel 1859, decenne, fu rapito dai pellerossa con la sorellina e, ritornato giovanotto tra i “visi pallidi”, imparò i principi religiosi da un pastore e il sesso da sua moglie, fino alla sua partecipazione alla battaglia di Little Bighorn. Western anomalo e, in un certo senso, unico, ha qualcosa del racconto filosofico francese del Settecento (non lontano dal Candide di Voltaire) e del romanzo picaresco spagnolo. La smitizzazione del West e dei suoi miti (bianchi) è radicale nella sua continua (e un po’ prolissa) mistura tragicomica; la simpatia per i pellerossa, il rispetto per la loro cultura, la denuncia del loro genocidio non scadono quasi mai nel (melo)dramma didattico. Hoffman allo zenith del suo fregolismo istrionico.
Dustin Hoffman nella parte di un malato di autismo (patologia che rende la possibilità di comunicare molto ardua, e che impedisce l’autosufficienza dei colpiti, li condanna all’emarginazione). Hoffman ha ereditato tre miliardi e il suo giovane fratello (Tom Cruise), traffichino di pochi scrupoli, cerca di mettere le mani su una fetta, con la scusa di avere l’affido. Ma un viaggio verso Los Angeles riavvicinerà i due fratelli. Paradossalmente sarà proprio l’handicappato a giovare di più al fratello sano, facendogli vincere una ragguardevole somma (Dustin è un genio della matematica, anche se severamente carente in altre attività intellettuali).
Come due giovani cronisti del quotidiano Washington Post _ Carl Bernstein e Bob Woodward (autori del libro sul quale si basa la sceneggiatura di William Goldman) _ scoprirono il collegamento tra la Casa Bianca e il caso Watergate, provocando nel 1974 le dimissioni del presidente Nixon. Piatto come un tavolo di biliardo (ma esiste anche un fascino dell’orizzontalità) nello scrupolo quasi maniacale della ricostruzione dei fatti senza invenzioni romanzesche né indugi psicologici, racconta un’altra volta la vecchia storia di Davide che sconfigge Golia ed è un eccellente rapporto sul giornalismo americano e, forse, l’omaggio più esplicito che il cinema abbia mai reso al “quarto potere”. Incassò negli USA 30 milioni di dollari. 4 Oscar: sceneggiatura, scenografia, suono e Robards attore non protagonista.
Un film di Bob Fosse. Con Valerie Perrine, Dustin Hoffman, Jan Miner, Stanley Beck, Gary Morton Biografico, b/n durata 112 min. – USA 1974. – VM 18 – MYMONETRO Lenny valutazione media: 3,63 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il film racconta la storia di Lenny Bruce, celebre attore e cabarettista che scandalizzò la società americana negli anni Cinquanta per il suo linguaggio estremamente crudo e per il suo atteggiamento di aperta critica alle abitudini e ai pregiudizi degli ambienti tradizionali.
Michael Dorsey, attore di Broadway bravo ma disoccupato perché rompiscatole, raggiunge il successo quando si traveste da donna: Dorothy Michaels, poi detta Tootsie. Comincia in farsa, si trasforma in commedia e finisce quasi come un dramma. Riflessione sul mestiere dell’attore: descrizione critica, non priva di veleni satirici, dell’ambiente televisivo: storia di un uomo che, costretto a fare i conti con la componente femminile della propria natura e a vivere in prima persona la condizione di una donna, migliora. Hoffman, piccola grande donna, è perfetto. Messo sotto come regista, Pollack s’è preso una piccola rivincita come attore. 6 candidature agli Oscar (tra cui quella per la sceneggiatura di Larry Gelbart e Murray Shisgal sotto il controllo di Hoffman), ma una sola statuetta per la Lange. 1° film di G. Davis.
Max Brackett (Hoffman), giornalista televisivo bravo e spregiudicato, relegato in provincia e in perenne attesa dello scoop che lo riporterà in auge, si trova in un museo proprio mentre Sam (Travolta), un guardiano licenziato, si barrica dentro con una scolaresca. Ha un fucile e della dinamite, rivuole il suo posto di lavoro. Sam non è un criminale, né un violento, è solo alterato e sprovveduto, e abusa di pillole di caffeina. Incidentalmente gli parte un colpo e ferisce un’altra guardia fuori dal museo. Max prende l’occasione al volo, organizza una diretta, intervista l’uomo, ne fa un personaggio.
Il famoso poliziotto nato dalla penna di Chester Gould trasportato dai fumetti al cinema. Già interpretato negli anni Quaranta da Morgan Conway e Ralphy Byrd, questa volta Dick Tracy viene impersonato da Warren Beatty che è anche regista e produttore. Volutamente girato come un cartone animato il film è un giocattolo molto suggestivo. L’interpretazione del protagonista è quasi piatta al contrario dei comprimari che sono più emotivi, fino ad arrivare alle comparse di lusso che sono sopra le righe. Beatty dà il meglio di sé nella regia, Madonna è sufficientemente efficace, mentre il migliore in campo è il cattivissimo Al Pacino. Altre comparsate le fanno Paul Sorvino, Dustin Hoffman e James Caan ben camuffati mentre Charles Durning è un simpatico poliziotto.
Trasposizione cinematografica del celeberrimo dramma teatrale di Arthur Miller. Willy Loman (un misurato e attento Hoffman reduce dai successi sul palcoscenico di Broadway) è il viaggiatore di commercio invecchiato e sconfitto il cui sogno di successo si è invece risolto in un fallimento professionale e affettivo: solo il suicidio potrà servire a risollevare amaramente parte della situazione. Schlondorff confeziona un prodotto di alta e sicura classe nel rispetto delle tematiche e delle atmosfere di Miller. Eccellente la prova di recitazione non solo di Hoffman ma di tutto il cast, soprattutto del giovane e promettente John Malkovich.
La vedova di un broker ucciso da un folle che ha compiuto una strage decide di citare in tribunale un’importante industria di armi e si fa rappresentare da Wendall Rohr (Hoffman), tenace avvocato che crede nel trionfo della giustizia. All’ombra di quello della controparte, invece, è stato posto Rankin Fitch (Hackman), corrotto e spregiudicato, ma rinomatissimo “consulente per giurie”. E mentre i due principi del foro si fanno la guerra, Nick Easter (Cusack), uno dei giurati in isolamento, con la segreta complicità della sua bella fuori, manipola la giuria per ottenere il verdetto che vuole. Da un best seller di John Grisham con 2 sostanziali differenze: nel libro la vedova di un uomo morto per tumore ai polmoni trascina in tribunale una multinazionale del tabacco; l’azione è spostata da Biloxi in una suggestiva New Orleans (350 miglia). Una macchina-film che funziona a meraviglia fino alla sorpresa finale politically correct . Due mostri sacri, entrambi vincitori di 2 Oscar, si contendono la scena con due personaggi opposti in tutto e si divertono gigioneggiando alla grande. Ne escono alla pari. L’incontro-scontro nei bagni vale da solo la visione del film. Ma sono bravi anche gli altri, primo fra tutti Cusack.
Dal romanzo di Avery Corman. Moglie insoddisfatta lascia il marito e il figlioletto. Il babbo si trasforma in mamma e conquista l’affetto del bambino, ma diciotto mesi dopo lei ritorna a reclamare la custodia. Finiscono in tribunale. Strappalacrime e spezzacuori, tutto raccontato dalla parte di lui. Il che non impedisce di ammirarne la maestria ruffiana. 9 Nomination e 5 premi Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura, attore protagonista, attrice protagonista), enorme successo di pubblico.
Impiegatuccio di Ascoli Piceno vede marcire la sua storia d’amore per via della smania possessiva della moglie. Si risposa ma le cose non vanno meglio. Germi riprende il discorso sconsolato di Divorzio all’italiana per trovare che, nonostante il divorzio, le cose non vanno bene neanche adesso. Hoffman è credibile, ma giù di corda. Fiacco, fiacco.
Danny e Matthew sono figli dello stesso padre, Harold, ma di madri diverse. Le loro vite hanno seguito direzioni divergenti. Danny è un loser che ha abbandonato una carriera da musicista, è terrorizzato dal mondo ed è privo di fiducia in se stesso; Matthew è un manager di successo che ha lasciato la via indicata dal genitore, scultore il cui talento non è mai stato riconosciuto.
Un film di Peter Yates. Con Dustin Hoffman, Mia Farrow, Michael Tolan, Sunny Griffin Titolo originale John and Mary. Commedia, b/n durata 92 min. – USA 1969. MYMONETRO John e Mary valutazione media: 2,75 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un ragazzo e una ragazza, dopo una festa in casa di amici, finiscono a casa di lui senza nemmeno conoscere i rispettivi nomi. L’imbarazzo e la diffidenza per l’intimità precipitosa li separa ma, dopo una lunga riflessione, entrambi capiscono che vale la pena di approfondire la loro conoscenza.
Lo psicologo Norman Johnson è chiamato, apparentemente, a prestare soccorso ai superstiti di un disastro aereo verificatosi nell’Oceano Pacifico, ma, trasportato in elicottero sul posto, apprende dal capitano Barnes che non si tratta di un comune incidente. Durante i lavori per la posa di un cavo di fibre ottiche ad una profondità di 300 metri, è stata, infatti, rinvenuta un’astronave che, per l’avanzatissima tecnologia, si ritiene di origine extraterrestre e che, in base allo strato di corallo formatosi nel frattempo, dovrebbe essere precipitata nel lontano 1709.
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo