Anna, una donna sulla trentina, rievoca l’infanzia funestata da morti, incubi e nevrosi. A dieci anni, dopo la morte dell’amatissima madre, aveva tentato di uccidere il padre, non riuscendovi. Costui era poi morto d’infarto, e di Anna si era occupata una zia. Solo con la fine dell’adolescenza si era poi liberata delle sue angosce.
Vincitore degli 8 principali premi Goya (tra cui regia, sceneggiatura, 3 attori), 15 milioni di euro di incassi in Spagna. Nella sezione di sicurezza della prigione di Zamora scoppia una rivolta, mentre un giovane agente è in visita il giorno prima di prendere servizio. Colto da malore, è messo in fretta nella cella vuota 211. Si spaccia per un detenuto nuovo, conquista la fiducia e l’amicizia di Malamadre, capo della rivolta.
Oppresso e depresso dalle responsabilità, scienziato nucleare americano trova rifugio a Calabuch, paesino catalano di pescatori, dove, con la pace, trova 928 amici e il piacere della vita. Apologo dolcemente pacifista, insaporito dai dialoghi di Ennio Flaiano, 2 o 3 momenti geniali (la corrida), e il veleno nella coda quando un’intera flotta arriva a prendere in consegna lo scienziato e riportarlo ai suoi laboratori. Premio dell’OCIC (cattolico) alla Mostra di Venezia.
Juan Villegas ha lavorato, per quasi tutta la sua vita, in una stazione di servizio, su una strada deserta della Patagonia, ma è stato licenziato. Durante un pomeriggio assolato, il Caso offre a Juan un lavoretto: la riparazione di una vecchia automobile in una fattoria. La proprietaria è un’anziana signora che, invece di pagare Juan in denaro, gli consegna un cane – di nome Bombòn e di razza Dogo Argentino. Da quel momento la sorte di Juan comincia a cambiare: l’uomo trova un lavoro provvisorio in un magazzino di lana; in seguito, conosce Walter che prepara i cani per le esposizioni e proprio Bombòn vincerà il terzo premio. Un racconto dolce-amaro di personaggi poveri e semplici; una storia ancora minimalista e interpretata da attori non professionisti, per il regista di Piccole storie. Un road-movie dai ritmi lenti come sono i pensieri di Juan che – silenzioso – osserva il mondo disincantato e crudele che lo circonda e come Bombòn, il cane che tutti giudicano forte e aggressivo e che, invece, non riesce ad avvicinarsi ad una femmina. Dicono che i Dogo non provano neanche dolore. Ma non è così: Bombòn, come il suo padrone, è semplicemente estraneo all’insensibilità e alla volgarità.. Bombòn, Juan e tutti quelli come loro sono davvero di “un’altra razza”.
Ennesimo prodotto drammatico-avventuroso basato sul mistero del triangolo “maledetto” delle Bermude (dove inspiegabilmente spariscono natanti e persone). È una pellicola che unisce l’elemento “giallo” allo sfruttamento delle bellezze turistiche del luogo. Di un certo pregio sono le riprese subacquee.
Spagna, 1937. Arruolato a forza nella milizia di Franco, il Clown Stupido fa col machete una strage di franchisti in divisa. Nel 1973, due anni prima della morte del dittatore, suo figlio Javier trova lavoro come Clown Triste in un circo dove incontra Sergio. Spinti da rabbia, disperazione, desiderio i due si battono a morte per la trapezista Natalia, bella e crudele. 7ª regia del basco de la Iglesia che l’ha scritto e prodotto, è una riflessione grottesca e parossistica sulla tetra atmosfera di morte del quarantennio franchista. In altalena tra pop e trash , melodramma, riflessione storica e humour nero, gli omaggi a Fellini e quelli a Tim Burton, non lascia scelta allo spettatore: prendere o lasciare. Leone d’argento e premio alla sceneggiatura a Venezia 2010.
Azur ha gli occhi azzurri, Asmar ce li ha neri come la notte. Il primo è figlio di un nobile gelido, il secondo di un’amorevole balia, che cresce i pargoli come fratelli, raccontando a entrambi, ogni sera, alle porte del sonno, la leggenda della fata dei Jinns, che attende, da una prigione nascosta, il giovane che la libererà. Ma un giorno il padre di Azur lo manda lontano da casa per studiare e scaccia dalla sua dimora francese la nutrice e il piccolo Asmar. Solo una volta adulto, Azur si imbarcherà in direzione dell’Oriente per ritrovare i suoi cari e liberare la fata dei Jinns.
Madrid: José Sirgado, regista di horror di serie B, è in contrasto con il montatore del suo ultimo film, incentrato sulla vita di una vampira; il pomo della discordia è il finale della pellicola, tanto soddisfacente per il regista quanto deludente e tecnicamente poco valido per il montatore. Al suo ritorno a casa, José trova la sua ex fidanzata nonché attrice Ana, con cui aveva litigato e da cui si era separato, in stato d’incoscienza per un probabile uso di droghe; José, anche lui tossicodipendente, si inietta una dose. Aperto un pacco che aveva appena ricevuto, contenente un nastro, una pellicola super 8 ed una chiave, José decide di ascoltare il nastro: la voce narrante è di Pedro, una sua vecchia conoscenza con cui aveva avuto a che fare in due occasioni, entrambe nella casa di campagna di Pedro.
Cesàr è un giovane di successo che cambia continuamente amanti: una sera, a una festa, conosce e si innamora follemente di Sofia, ma il destino ha in serbo per lui un tragico scherzo: tornando a casa si imbatte infatti in una sua ex delusa, Nuria, che esce volontariamente di strada con la sua macchina, trovando la morte, e lasciando Cesàr sfigurato per sempre. In ospedale, il protagonista comincia però ad avere strane visioni e la sua vita cambia radicalmente quando Nuria torna a farsi viva, asserendo di essere Sofia. Clamoroso successo di pubblico in patria, film amatissimo da Tom Cruise che girerà il remake meno riuscito Vanilla Sky (durante la cui lavorazione inizierà la liason con la Cruz che porterà alla dissoluzione del suo decennale matrimonio con Nicole Kidman), Apri gli Occhi è l’affascinante e complessa opera seconda del talentuoso Amenabar: difficile da seguire e comprendere, per il continuo alternarsi di piani narrativi differenti e passaggi tra finzione e realtà, il film rappresenta un’affascinante incursione nel mondo del subconscio, dell’amore, della sfera emozionale che ognuno di noi possiede e che spesso fatica a emergere, affossata com’è dalla banalità del quotidiano: qui un evento tutto sommato comune, ma al contempo straordinario, come una storia d’amore si trasforma in efficace volano per riflettere sulle mille maschere che indossiamo ogni giorno e sui dubbi e le incertezze che attanagliano la nostra società. Impeccabile il cast, Noriega e Cruz in testa, e grande fotografia di Hans Burmann: tra forma e filosofia, vince il sentimento.
Il capitano Hopper (Saxon) libera da un campo di prigionia vietcong i marines Bukowski e Thompson che per sopravvivere agli stenti e alle torture si sono abbandonati perfino ad atti di cannibalismo. Qualche anno dopo, Bukowski, dimesso dall’ospedale psichiatrico di Atlanta dove è stato curato per liberarsi dall’incubo della tragica esperienza, cade improvvisamente vittima dell’irresistibile impulso di nutrirsi di carne umana. Aggredita una donna in un cinematografo, si barrica in un supermercato e soltanto l’intervento di Hopper – accorso in aiuto della polizia – lo dissuade dal commettere una strage. Nuovamente ricoverato in ospedale, Bukowski incontra l’ex commilitone Thompson, tutt’ora affetto da smanie cannibalesche, e insieme con lui scatena il terrore tra le corsie.
Una storia intima, il ritratto di uno spaccato di vita nei Paesi Baschi. Valle d’Arratia, 1999. Ander è un contadino oltre i 40 anni, conduce un’esistenza monotona in un angolo sperduto della Biscaglia con sua sorella Arantxa e la loro vecchia madre. Pensa solo al lavoro, tra i campi e presso la locale fabbrica di biciclette. Il momento in cui dovrà badare da solo alla madre è vicino, perché Arantxa è prossima al matrimonio. Un giorno Ander si rompe una gamba in un incidente e deve restare ingessato per due mesi. Per assisterlo nei suoi lavori, contro il parere della mamma, la famiglia assume un lavoratore immigrato, il peruviano José. L’arrivo dell’uomo sconvolgerà le loro relazioni personali e familiari.
La mafia italo americana vuole mettere le mani sulla macchina del tempo di un geniale inventore! I 3 fantastici Supermen si confronteranno, tra i vicoli e i minareti dell’esotica Istanbul, con pericolosi gangsters per vanificare il criminale piano dei cattivi e portare a termine la missione.
Il transiberiano Pekino-Mosca trasporta l’eccezionale reperto del professor Alexander Saxton: il corpo di un uomo preistorico, risalente a due milioni di anni fa, che testimonierebbe la discendenza dell’uomo dalla scimmia. Durante il viaggio, il rinvenimento del cadavere di un ladro che aveva tentato di forzare la cassa immaginandovi forse nascosto un tesoro – gli occhi della vittima sono prive di pupille – spinge il dottor Wells, rivale di Saxton, e la sua assistente Mrs. Jones ad indagare. Ma le morti si susseguono.
Il titolo originale è Le couperet, che è semplicemente la mannaia. La mannaia che cade spietatamente su chi lavora in un’azienda quando qualcuno decide la ristrutturazione, che significa mandar via più gente possibile. Bruno Davert, chimico cartaceo, molto qualificato, apprezzato, apparentemente al sicuro, si trova dunque senza lavoro. Quarantenne, tenore di vita alto, villetta, cambio biennale di macchina, famiglia felice.Bruno ritiene che si tratti di un intervallo quasi propizio, si guarderà intorno, riposerà, sarà riassunto da un’altra parte. Ma dopo tre anni è ancora disoccupato. E disperato.
Un film di Vittorio Cottafavi. Con Antonella Lualdi, Mark Damon, Mario Feliciani, Gastone Moschin, Wolfgang Preiss. Avventura, durata 125′ min. – Italia, Spagna 1964. MYMONETRO I cento cavalieri valutazione media: 3,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. In Spagna intorno all’anno 1000 un gruppo di cavalieri musulmani, guidati da uno sceicco, occupano pacificamente un villaggio della Castiglia, ma presto rivelano le loro vere intenzioni: assoggettarne gli abitanti che, però, abbandonate le case, si organizzano e, sotto la guida di un frate esperto in imprese militari, scacciano gli invasori. Straordinario e sfortunato tentativo di trasformare dall’interno un film di genere storico-avventuroso per farne, all’insegna di B. Brecht, una vivace e colorita parabola sulla guerra, il potere, il colonialismo, la lotta partigiana ricca di allusioni al presente. Godibilissimo per ritmo, sagace disegno dei personaggi (con un eccellente A. Foà), belle invenzioni figurative, fu un insuccesso commerciale. Ultimo film di Cottafavi per il cinema.
Dopo aver visto il film il Dottor Frankenstein, la piccola Anna è interessata morbosamente ai mostri, che identifica in alcune persone. Incontrando un fuggiasco lo crede un mostro, e lo aiuta in tutti i modi. Quando la Guardia Civil lo ucciderà, lei ritornerà alla realtà.
Augustín, medico rabdomante, sua moglie e sua figlia Estrella abitano a La Gaviota, nel sobborgo di una città nel nord della Spagna. La ragazza cresce, e divenuta adolescente inizia a sospettare che ci sia un segreto nascosto nella vita del padre, forse un’altra donna.
Spagna 1944. L’esercito franchista sta piegando le ultime frange di resistenza alla “normalizzazione” del paese, ormai quasi totalmente sotto il controllo di Franco. Carmen, una giovane vedova, ha sposato Vidal, un capitano dell’esercito, e lo raggiunge assieme alla figlia dodicenne Ofelia. La bambina soffre per la presenza dell’arrogante patrigno e cerca di aiutare la madre che sta affrontando una gravidanza difficile. Il suo rifugio è costituito dal mondo delle fiabe che si materializza con la presenza di un fauno che le rivela la sua vera identità. Lei è la principessa di un regno sotterraneo. Per raggiungerlo dovrà superare tre prove pericolose. Guillermo Del Toro lavora ormai stabilmente su due fronti. Su quello hollywoodiano (vedi Blade 2) prova a ‘inserire caviale negli hamburger’, come ama dire. Si permette di rinunciare alla chiamata per Harry Potter e il prigioniero di Azkaban per completare il progetto di Hellboy e poi torna ai suoi amati racconti che rileggono la realtà storica in chiave fantasy-horror. Il franchismo in modo particolare lo appassiona in quanto messicano cresciuto sotto il tallone di una nonna ultraconservatrice in materia religiosa. Senza i mezzi delle megaproduzioni statunitensi ma con un’ accuratezza e sensibilità che spesso a quelle dimensioni produttive finiscono con lo sfuggire, Del Toro ci parla di soprusi e di innocenza, di ricerca di un mondo ‘altro’ in cui trovare la pace senza però rinunciare alla propria integrità di essere umano in formazione. Un film per giovani-adulti e per adulti-giovani il suo, meno facile da ‘vendere’ a un pubblico ben definito ma, anche per questo, più interessante.
La famigerata Milady, che fu moglie del moschettiere Athos, va in Inghilterra per uccidere Lord Buckingham su ordine di Richelieu. Ci riesce, poi uccide Costanza, amata da D’Artagnan. Il quale però non glielo perdona. Milady finisce decapitata dal boia.