Harry e Moe, uno italo-americano, l’altro ebreo-italiano, due criminali di piccolo calibro, vivacchiano alle dipendenze di un boss che li usa come cavie (assaggiano i cibi o avviano il motore dell’auto per proteggerlo da eventuale omicidio) e sognano di avere un ristorante. Un giorno scappano con l’ingente somma che dovevano puntare, per il capo, su un altro cavallo. Ne vedranno di tutti i colori ma poi riusciranno a recuperare i fondi per il loro ristorante.
All’età di 8 anni, John Bennett è un bambino solo e impopolare, il cui unico amico è un orsetto di peluche. Tale è la forza con la quale John desidera che Ted possa parlare, che la sua speranza si avvera e l’orso prende vita. Trent’anni dopo, i due sono ancora migliori amici, fan scatenati di Flash Gordon e coinquilini dediti ad alcol e fumo da mane a sera. Uno stile di vita, questo, che rischia però di mettere seriamente a repentaglio la relazione sentimentale che John ha intrapreso da qualche anno con Lori. La ragazza, esasperata, arriva dunque a porgli il terribile ultimatum: crescere, abbandonando l’orsetto al suo destino, o rinunciare per sempre a lei. Il creatore dei Griffin trasferisce il suo umorismo irriverente dalla tv al cinema, dalla formula seriale a quella unitaria (anche se di questi tempi non è mai detto e probabilmente il sequel è già alle porte), senza per questo annacquare l’inchiostro: nulla sfugge alla sua ironia, né gli ebrei né l’11 settembre, non c’è tabù che regga. L’orsetto di peluche prende il posto della famigliola animata e gioca lo stesso gioco, ovvero sfruttare l’apparenza innocua e infantile per rendere ancora più speziate le cattiverie e il turpiloquio. Nonostante alcune siano più riuscite ed altre meno, sarebbe stupido e impossibile non ammettere che Ted è imbottito di scene esilaranti. Siano quelle a sfondo sessuale o quelle che coinvolgono Sam Jones alias Flash, ce ne sono per tutti i gusti: gratuite, fastidiose, facili, perverse o irresistibili. Sul versante del racconto-contenitore il film non ha invece la stessa carica inventiva e si appoggia alla classica favoletta di fantasia del desiderio magicamente esaudito (e la seconda volta è davvero poco credibile) e del bambinone che non ha voglia di crescere (un po’ come nel recente film dei Muppet con Jason Segel). Si obietterà che non è questo il punto, che la commedia è nella polpa e il resto è pura spina dorsale, però la sensazione che Seth MacFarlane potesse fare qualche metro in più, nella sua operazione di deragliamento, da qualche parte rimane. Funziona certamente il buddy movie della strana coppia resa ancora più strana dall’appartenenza di uno dei due membri ad un altro mondo, e fa ridere e riflettere il finale, nel quale, ipotizzando un futuro per alcuni personaggi, il film ci ricorda che di stranezze ce ne sono già parecchie in giro, ma le prendiamo per buone, ne facciamo addirittura delle star. E allora perché non un orsetto di peluche?
Nove anni dopo il fallimento della missione americana del Discovery (2001: Odissea nello spazio di Kubrick) parte per Giove una missione di sovietici e americani a bordo dell’astronave Leonov per ritrovare il Discovery e il misterioso monolite che racchiude i misteri del cosmo. Gli scienziati scoprono che la missione era fallita perché lo stesso computer era andato in tilt quando si era messo in contatto con il monolite. Intanto dalla Terra ricevono l’ordine di separarsi perché sta per scoppiare una terza guerra mondiale, ma prima i russi e gli americani assistono ad un’immane deflagrazione che distrugge Giove e fa nascere un nuovo sole.
Per L’impagliatore – titolo di un romanzo noir (2000) di Luca Di Fulvio, sceneggiato da Franco Ferrini e Gabriella Blasi col regista – il tempo è imprigionato negli occhi di una bambola o di un animale morto. E in quelli delle vittime di un suo progetto demente e mostruoso. La chiave sta nel passato di un bambino molto speciale. Tocca all’ispettore Giacomo Arnaldi fermarlo, risalendo la fila dei fantasmi che lo perseguitano. Incompreso dai critici che talvolta si sono ridotti a banali calembours (“più Thanatos che Eros”), è uno dei film italiani di genere più sottovalutati della stagione 2004-05. Ha un’atmosfera malata e intrigante. Specialmente nella 1ª parte la suspense tiene. C’è un lavoro sull’immagine (fotografia: Luca Coassin) persino superiore a quello che, nel thriller, esercita Alex Infascelli. Si sente al meglio l’influenza – e non soltanto per la presenza degli attori – del contemporaneo horror ispanico. Come spesso succede, il suo lato debole è la sceneggiatura: poca fiducia nell’azione e nel comportamento, sostituito dall’intento didattico di motivare e spiegare i personaggi.
Per sfuggire ai creditori e al pubblico inferocito per l’ennesima pagliacciata presentata sul ring, l’impresario di lotta libera Raimondo Rusteghin e il suo socio salgono a bordo di una macchina del tempo decisi a raggiungere un futuro migliore. Ma, sbagliando a manovrare i comandi, si ritrovano catapultati nell’antica Grecia, dove, scambiati per maghi, vengono coinvolti, loro malgrado, nella rivalità tra Ercole e Maciste e, quando due ancelle li aiutano a recuperare la macchina del tempo, sono ben felici di tornare nel presente.
Shango è un ranger del Texas in lotta contro un possidente messicano e un bandito che gli fa da sicario. Catturato e liberato a più riprese da amici e nemici, Shango rischia tante volte di rimetterci la pelle.
Due cacciatori di taglie seguono le tracce di una banda che ha derubato la banca cittadina. Prima per conto proprio, poi insieme, cercano i fuorilegge.
Tratto dalla famosa serie televisiva. Le avventure del delfino Flipper che coi suoi amici vigila sulle isole incontaminate, proteggendole dai cattivi antiecologisti.
Dal best-seller di Martin Cruz Smith, ecco una spy-story geniale e complessa come un vero rompicapo. In una gelida mattina d’inverno, nel parco Gorky di Mosca, vengono ritrovati tre cadaveri: due uomini e una donna, sfigurati e con i polpastrelli abrasi per impedirne l’identificazione. Le indagini vengono affidate a un giovane e solerte ispettore, suo malgrado seguito anche dagli agenti del Kgb. Colpi di scena e tensione ben dosata: un piccolo capolavoro nel suo genere.
Un film che lascia senza parole e non perché si abbandoni solo alla musica, ma perché la prima reazione che suscita, per chi non abbia avuto la furbizia di fuggire dopo la prima mezz’ora, è il silenzio. Un silenzio pregno però di domande, prima fra tutte: come è possibile che un film del genere sia stato prodotto? Ancora: come hanno potuto artisti del livello di Alejandro Jodorowsky, ma anche un Fabrizio Gifuni e una Sonia Bergamasco, parteciparvi come attori? Ma soprattutto come pensare di farlo uscire nelle sale cinematografiche? Dopo il primo, ben più promettente Perduto Amor, Franco Battiato è andato a impelagarsi in una storia senza capo né coda, al limite fra verosimiglianza e comicità (ma inevitabilmente più vicino a questa). A parte la qualità (volutamente?) amatoriale della fotografia, del montaggio, le battute improbabili dei personaggi, l’imbarazzo più pesante sta nelle vicende della coppia di autori televisivi protagonista. Alla ricerca di studiosi, scienziati e filosofi da intervistare per il loro programma in giro per il mondo, i due incontrano uno sciamano che sottopone la Bergamasco a una seduta di ipnosi regressiva. Lei, nella vita ossessionata da Beethoven, scopre di esserne stata, in una vita precedente, il principe mecenate. Da qui un lungo flash back sugli ultimi anni di vita, le manie e le follie di questo Beethoven-Jodorowsky. E poi il finale: il ritorno alla “realtà” con la tv dell’albergo dove alloggia la troupe televisiva che annuncia il colpo di stato di un fantomatico partito democratico mondiale. A tratti didascalico, a tratti enigmatico, sempre pretenzioso e inutilmente intellettualistico.
Bette Davis in uno dei suoi tradizionali ruoli di terribile arpia. Qui è anche guercia. Fa la matriarca di una famiglia che ogni anno usa riunire i suoi congiunti per una festa che più che altro è occasione per metterli sotto i piedi. Stavolta però uno dei figli (l’unico che è riuscito a formarsi una famiglia per conto suo) spinto dalla giovane moglie, si ribella.
Una serie di brevi episodi, nel classico stile di Godard, intercalati dalle prove di registrazione dei Rolling Stones. Il gruppo è alle prese con un unico brano, Simpathy for the Devil, che avrebbe fatto parte di Beggar’s Banquet, uno dei capolavori assoluti della loro carriera. In seguito però la canzone sarebbe divenuta tristemente famosa, perché durante la sua esecuzione ad un concerto un ragazzo fu pugnalato da un “Hell’s Angels”, incaricato del servizio d’ordine. Un po’ prolisso, il film è consigliato ai fan del gruppo, quelli più resistenti.
Simon si è suicidato dopo che l’amico Paul ha ottenuto un grosso successo letterario sfruttando una sua storia. La di lui vedova, Linda, si fa assumere come segretaria da Paul per ucciderlo.
Un film di Peter Walker. Con Anthony Sharp, Susan Penhaligon, Stephanie Beacham Titolo originale House of Mortal Sin. Giallo, durata 104 min. – Gran Bretagna 1965.MYMONETRO La casa del peccato mortale valutazione media: 2,25 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Padre Meldrim, un prete cattolico pieno di inibizioni, è stato forzato alla scelta ecclesiastica dalla madre, che sperava in questo modo di tenerlo legato meglio a sé. Ma ora la sessualità repressa di Meldrim si manifesta con spaventosa aggressività. Il sacerdote incomincia a registrare le confessioni delle giovani penitenti, le ricatta e le corteggia, uccidendo con gli strumenti del ministero sacerdotale tutti coloro che lo ostacolano.
Un film di Joe May. Con Margaret Lindsay, George Sanders Titolo originale House of the Seven Gables. Drammatico, b/n durata 89 min. – USA 1940. MYMONETRO La casa dei sette camini – La maledizione della morte valutazione media: 2,00 su 1 recensione.
Nella casa dei sette camini rivive lo spirito di un vecchio cattivone che fece condannare un innocente. Intrighi vari, finché il figlio del cattivone, che è della stessa pasta del padre in quanto a perfidia, muore fulminato da paralisi.
Un film di William Castle. Con Vincent Price, Alan Marshall Titolo originale House on Haunted Hill. Horror, b/n durata 75 min. – USA 1958. MYMONETRO La casa dei fantasmi valutazione media: 2,40 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Loren, eccentrico proprietario di un castello isolato, offre una forte somma a chi trascorrerà un’intera notte in casa sua. Accettano due giovani bisognosi di denaro, una anziana giornalista in cerca di notizie e uno psicologo. Sarà una lunga notte di terrore: Loren è un pazzo omicida. All’alba si conteranno i morti.
2001: gran parte della Terra è coperta dal ghiaccio. In una città fatiscente gli ultimi superstiti si cimentano in un gioco mortale. Il vincitore ha diritto di vita e di morte sugli altri e il suo premio è quello di poter continuare a giocare. Appartiene al filone occulto e fantastico di Altman e può offrire molte delizie a chi sappia guardarlo e accoglierlo senza troppe preoccupazioni di decifrazione. L’ambientazione quasi rinascimentale lascia il segno.
Tratto dal ramanzo Un ragazzo sveglio di Stephen King. Un giovane, appassionato di nazismo, riconosce per caso su un autobus un ex ufficiale delle SS che si è nascosto per anni. Incuriosito lo contatta. Non lo denuncerà se l’altro gli racconterà i particolari dei campi, eccetera. L’ex è costretto ad accettare. Il film ha due ottime referenze, oltre a King anche I soliti sospetti, grande successo di Singer. Precedente parzialmente tradito.
Un film di Godfrey Grayson. Con Glynis Johns, Jack Hulbert, John Justin Titolo originale The Spider’s Web. Giallo, Ratings: Kids+13, durata 90′ min. – Gran Bretagna 1960. MYMONETRO La tela del ragno [2] valutazione media: 2,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Per evitare che la figlia venga incriminata per omicidio, moglie di diplomatico occulta il corpo con l’aiuto di tre amici. Tratto da un dramma (1954) di Agatha Christie, è un discreto giallo con una suspense che tiene fino alla fine.
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