Vecchia attrice ritrova il primo amore dopo quarant’anni. Dapprima finge indifferenza, ma cede all’amore. Film prodotto per la televisione inglese da George Cukor che diresse la coppia Hepburn-Tracy nella loro ultima apparizione insieme: Indovina chi viene a cena? Regista e attori lavorano magistralmente: ascoltarli e vederli è una festa.
Amleto, principe di Danimarca, sospetta che la madre e lo zio abbiano ucciso il padre. Per smascherarli si finge pazzo. Lo zio contrattacca mandandogli contro un rivale con la spada avvelenata. Amleto muore, ma fa in tempo a uccidere lo zio. Laurence Olivier porta sullo schermo Shakespeare con risultati portentosi (aiutato moltissimo dalla fotografia di Desmond Dickinson). All’uscita (festival di Venezia) fu criticata la scelta di Eileen Herlie (coetanea di Olivier) troppo giovane per il ruolo della madre. Ma il futuro lord l’aveva scelta appositamente. Per sottolineare la componente edipica del tormento del principe di Danimarca.
Dal romanzo Cime tempestose (1847) di Emily Brontë. Grande amore, avvelenato dalla vendetta, tra il selvaggio Heathcliff, trovatello adottato dal padre di Cathie, e la bella, intrepida ragazza che sposa un ricco proprietario della zona, ma muore d’amore per il fratellastro. La selvaggia potenza del romanzo della Brontë è un po’ troppo addomesticata. Gli sceneggiatori ne hanno impoverito l’intensità e attutito il romanticismo gotico, ma il film rimane egualmente memorabile. Robusta interpretazione di Olivier. 7 nomination e 1 solo Oscar alla fotografia di Gregg Toland. Rifatto nel 1970 da Robert Fuest e nel 1985 in Francia con la regia di J. Rivette.
Dal romanzo (1952) di Howard Fast: nel 73 a.C. il gladiatore trace Spartaco promuove una rivolta di schiavi contro il governo di Roma, sconfigge una legione e si dirige verso il sud. È sconfitto dall’armata di Crasso che fa crocifiggere seimila schiavi sulla via Appia. Come film di S. Kubrick è un ibrido: troppe paternità (lo sceneggiatore Dalton Trumbo e soprattutto il produttore-attore K. Douglas che in un primo tempo aveva ingaggiato il regista Anthony Mann) e una certa eterogeneità stilistica. È poco kubrickiano il richiamo a una nozione di progresso di cui la vicenda del “primo rivoluzionario della storia” è simbolica portatrice. Gli appartiene per le scene di battaglia e di violenza (cui collaborò il grafico Saul Bass), la mescolanza di ragione e passione nei personaggi principali, la splendida direzione degli attori tra cui spiccano L. Olivier e C. Laughton. È, comunque, il migliore – e il più adulto – dei colossi storici di Hollywood. Ridistribuito nel 1991 in un’edizione restaurata con l’aggiunta di una quindicina di minuti. 4 Oscar: fotografia (Technirama 70) di Russell Matty, Ustinov attore non protagonista, scene e costumi.
Dal romanzo (1813) di Jane Austen col tramite di un adattamento teatrale (1935) di Helen Jerome: in una cittadina britannica di provincia all’inizio del 1800 la preoccupazione principale della famiglia Bennet è quella di trovare un marito alle 5 figlie. Arrivano in paese due ricchi giovanotti e uno di loro s’innamora di Elisabeth, una delle fanciulle. Maldicenze, equivoci e lieta fine. Discreto esempio di cinema illustrativo che rispetta il modello letterario e lo traspone in immagini con garbo elegante. Affiatata compagnia d’attori angloamericana, un Oscar per le scenografie degli interni, l’illustre contributo dello scrittore Aldous Huxley alla sceneggiatura. “Il fim è più Dickens che Austen” (New Yorker, 1980). Rifatto con perizia nel 2005.
Deforme di corpo e feroce d’animo, Riccardo di Gloucester dà la scalata al trono del fratello Edoardo IV con intrighi, omicidi, falsi processi. Diventa re, ma rimane solo. È sconfitto a Bosworth. “Il mio regno per un cavallo!” Nel ridurre in film la tragedia giovanile (1592-93) di Shakespeare, L. Olivier sfronda il testo con vigorosa disinvoltura, sbalordisce come attore, persuade meno, ma rischia di più, come regista con una messinscena di taglio espressionista. I Sir del teatro inglese Gielgud, Richardson e Hardwicke gli fanno corona.
La timida seconda moglie di Maxim de Winter, facoltoso gentiluomo della Cornovaglia, è ossessionata nella dimora di Manderley dall’immagine della prima moglie defunta. Dal romanzo (1938) di Daphne du Maurier. Dopo Intrigo internazionale il più lungo film di Hitchcock – qui al suo esordio a Hollywood – che gli valse 8 nomination e 2 premi Oscar (miglior film, fotografia di G. Barnes). Soprattutto nella 1ª parte una romantica, angosciosa, disperata mystery story. Nel racconto gotico è una vetta.
Dal dramma (1598-99) di W. Shakespeare: nel 1603 al Globe Theater di Londra si mette in scena Henry V , dramma storico in cui si rievocano le gesta del re che nel 1415, durante la guerra dei Cent’anni, sconfisse l’esercito francese, numericamente superiore, nella battaglia di Azincourt. Splendido esordio nella regia di Olivier in quello che, secondo molti, è il suo miglior film scespiriano e una grande tappa nell’uso del colore nel cinema (fotografia di Robert Krasker) di grande suggestione nel passaggio dalla finzione teatrale alla spazialità solenne degli esterni in Francia, con sapienti agganci alla tradizione pittorica, da Paolo Uccello alle miniature dei Livres d’Heures. Si può leggere a 3 livelli: rievocazione di uno spettacolo al Globe; rappresentazione del modo con cui i contemporanei di Shakespeare immaginavano la campagna di Enrico V in Francia; opera di allusiva propaganda ideologica sulla 2ª guerra mondiale. Trionfo di colore, musica, grande spettacolo, poesia eroica, costumi, scenografie. 1 Oscar speciale per Olivier e 4 nomination tra cui quella per le musiche a William Walton che collaborò anche per Amleto e Riccardo III .
Dalla commedia The Sleeping Prince (1953) di T. Rattigan: arrivato a Londra nel 1911 per assistere all’incoronazione di Giorgio V, il granduca Carlo di Carpazia vuole compagnia galante per la serata. La trova in una ballerina americana, ma la situazione si complica. Il copione è un po’ moscio, irrimediabilmente coperto di polvere teatrale, ma la messinscena di Olivier è di un accademismo impeccabile e la Monroe, anche produttrice, sfolgora. Domanda: chi delle due star ha più sfruttato l’altra?