Tre amici che non navigano nell’oro decidono di mettere insieme i pochi soldi che hanno e di acquistare un biglietto della lotteria nazionale rumena. Nel momento in cui scoprono di avere vinto una cifra astronomica, quello di loro che aveva in custodia il biglietto pensa che gli sia stato sottratto da due malviventi incontrati per caso. È ora necessario scoprire chi sono per poterlo recuperare.
Da un lato c’è il comandante Sinclair, non molto ligio ai regolamenti, umano con i subalterni, perché lui stesso è stato subalterno; dall’altro il colonnello Barrow, che prende il posto di Sinclair e che si mostra duro con il reggimento. (trama cancellata per evitare spoiler)
Per rubare una preziosa scultura cinese ci si mettono in tre: un avventuriero, uno scultore e una donnina allegra. Sorpresa finale. Un meccanismo molto scorrevole sui toni comico-giallo-rosa. Una S. MacLaine eurasiatica non si era mai vista.
Radio e televisione trasmettono un crescendo di allarmanti notizie sull’acuirsi della tensione internazionale tra Russia ed Occidente, ma a Lawrence, nel Kansas, come in altre parti dell’America, nessuno sembra farvi troppa attenzione. Mentre la gente è alle prese con i piccoli problemi quotidiani, le basi militari ricevono messaggi in codice che allertano i sistemi di sicurezza ed innescano le misure di ritorsione contro un’aggressione nucleare. Quando il cielo si squarcia in due accecanti bagliori, per un attimo la vita si ferma come sospesa: i motori non funzionano più, le radio ammutoliscono, poi la gente per le strade, in viaggio nelle macchine o all’interno delle abitazioni è investita dall’urto formidabile dell’esplosione. L’onda radioattiva polverizza uomini e cose. Coloro che si salvano scoprono una distesa di macerie e campi fumanti ricoperti da cenere bianca. Nell’unico ospedale ancora funzionante si organizzano i primi soccorsi, ma la situazione diventa insostenibile per l’ininterrotto affluire di feriti e per la scarsezza dei mezzi necessari a fronteggiare l’emergenza. All’esterno chi tenta di allestire campi di accoglienza non ha altra indicazione che quella dei manuali di sopravvivenza stilati tempo addietro dalle autorità locali, logori e inutilizzabili nella loro assurda impostazione burocratica. Il racconto intreccia il destino di un pugno di personaggi (il dottor Oakes, l’agricoltore Dahlberg, lo studente Klein e pochi altri) cogliendoli dapprima nella loro dimensione quotidiana e trasfigurandoli poi, nel dramma dell’olocausto, in figure emblematiche di una umanità allo sbando, priva delle certezze di un’intera vita, impotente di fronte al dolore e alla morte dei propri cari, senza la prospettiva di un futuro. Il regista e romanziere Meyer costruisce il racconto del “giorno dopo” intervallando con buona abilità situazioni da soap-opera con i meccanismi del filone catastrofico e del documentario-inchiesta, e chiudendo con due sequenze che in qualche modo riassumono il senso della trascorsa civiltà: la nascita di un bambino fortemente voluta da una madre, e l’abbraccio silenzioso tra due sopravvissuti sulla polvere di quella che un tempo era stata una casa.Prodotto per la televisione, il film ha riscosso grande successo presso il pubblico americano, ma non altrettanto presso la critica – specialmente europea – che ne ha fatto un piccolo “caso”, condannando l’intera operazione come una delle più astute spettacolarizzazioni dell’orrore, secondo un deprecabile gusto tipicamente hollywoodiano.
Il dottor Hollinston (Rock Hudson) è un genetista vedovo e solitario, che riesce a sviluppare un cane manipolandone i geni, partendo dal feto di una cagna che ha trovato morente. Il successo lo spinge a fare lo stesso con gli esseri umani e, quando gli capita il feto di una donna morta per un incidente, ci prova. Il risultato è Victoria (Barbara Carrera), che in pochi giorni si sviluppa sino a diventare donna. Hollinston si innamora di lei, ma Victoria non si dimostra in grado di condurre una vita normale, con conseguenti terribili complicazioni. Rielaborando il tema di #Vedi#Frankenstein, l’esperto Ralph Nelson (Soldato blu) riesce a dare un sincero senso di tragedia alla vicenda, caratterizzando in modo umano lo scienziato protagonista – non un pazzo, ma un individuo segnato dalla sorte – e la sua creatura. Questa uccide, ma è un’incolpevole disadattata. Il clima plumbeo e triste che, un po’ alla volta, prende il sopravvento sulla positività dell’inizio è appropriato per accompagnare i protagonisti verso il loro destino. Rock Hudson non è mai stato un attore particolarmente sottile, ma qui è bravo nel dare umanità al suo personaggio, mentre Barbara Carrera, ex modella, destinata a una lunga e poco appariscente carriera, colpisce per l’algida bellezza in tono con il personaggio. Qualche momento di stanca mina la narrazione
A un carpentiere viene offerto un lavoro che potrebbe cambiargli la vita. Sfortunatamente, però, gli viene rubata la cassetta degli attrezzi e se non riesce a rintracciare i ladri entro il fine settimana, potrebbe perdere il lavoro.
Tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto, il film narra la storia di Ruth Ellis, condannata al capestro e giustiziata nel 1955. Ruth, divorziata e con un figlio di una decina d’anni, fa l’entraîneuse. Conosce David, un giovane nobile ma squattrinato, ed è subito attrazione fatale: lui è fidanzato con una ragazza del suo ceto, ma si lega morbosamente a Ruth, la cerca e l’abbandona, la ama e la picchia, spingendola sempre più verso il baratro della follia.
Non ho trovato sottotitoli per questo film, se qualcuno li trova anche in inglese me li metta nei commenti, grazie.
Francesco vive a Prato, nell’impero dei telai, è disoccupato, ha un difficile rapporto con la madre (che vive in un appartamento di fronte al suo sullo stesso pianerottolo), il vuoto di un padre morto quand’era bambino (che non si capisce bene se sia stato un operaio od un viaggiatore in Sud America) e un pizzico di sfortuna in amore… Strade silenziose, soste al caffe’, incontri surreali
Strage familiare: il giovane Orin uccide l’amante della madre Cristina che a sua volta ha avvelenato il marito Ezra, e la madre si suicida dal dolore. Unito da un morboso affetto alla sorella, Orin si uccide a sua volta.
Shuji è un giovane regista intransigente, cultore del cinema del passato e appassionato testimone del verbo cinematografico. Un giorno, il ragazzo scopre che suo fratello, uno strozzino che si è indebitato per finanziare i suoi film, è stato giustiziato da una banda affiliata alla yakuza, per non aver pagato quanto doveva. Il debito, maggiorato, pesa ora sulla testa di Shuji stesso, che prova ad estinguerlo in un fight club clandestino allestito in un bagno pubblico, prestando il proprio ventre ai pugni degli avventori. Girato come un film giapponese in tutti sensi, dalla scelta delle location al movimento di macchina all’utilizzo di tre camere alla maniera di Kurosawa, il film non è in realtà un’incursione nell’esotismo per Naderi ma, al contrario, un ritorno ad una cultura più prossima a quella iraniana, soprattutto nella concezione dell’arte. Ai grandi maestri del cinema giapponese, tra gli altri ma forse più degli altri, a Ozu, Mizoguchi (I racconti della luna pallida d’agosto), Kurosawa e colleghi, Naderi attribuisce una linfa vitale da recuperare assolutamente, pena la morte del cinema come arte e la sua conversione in prostituta o in buffone di corte.
Incapace di esprimersi correttamente per via di un trauma infantile, un giovane è costretto a declinare la propria vocazione al sacerdozio: viene così assunto come autista da una baronessa, di cui presto si innamora. Convintala della possibilità di un miracolo, si reca a Lourdes insieme al figlio di lei Parsifal, anche lui impedito da un’infermità alle gambe. Durante il viaggio Parsifal si affeziona ad una giovane che, finito il viaggio, l’ex seminarista non esita a sedurre in una camera d’albergo.
Un miliardario adotta una ragazza francese orfana e la fa studiare in un elegante collegio rimanendo nell’ombra. Ma la ragazza scopre il suo benefattore e se ne innamora. Da un romanzo di Jean Webster. Buone le coreografie, ma manca il feeling nei duetti Astaire-Caron.
Un armatore viene trovato assassinato nel suo ufficio: poco prima aveva avuto un alterco col futuro genero che era andato a chiedergli la mano della figlia. Il ragazzo viene arrestato e processato. Ma una giovane giornalista si rivolge ad un celebre poliziotto cinese.
A metà degli anni Novanta, venti giovani danzatori si riuniscono per una prova di tre giorni in un collegio in disuso. Presto l’atmosfera diventa elettrica e una strana follia li travolge. Si renderanno conto di essere stati drogati ma non sanno da chi o perché. La situazione segue un continuo crescendo e mentre alcuni si sentono in paradiso, molti di loro vivono l’inferno.
Da un romanzo di Raymond F. Jones. Una coppia di scienziati terrestri è rapita da misteriosi visitatori alieni e trasportata in un remoto pianeta, devastato da una guerra interplanetaria. Hanno bisogno di loro. Li aiutano e poi scappano. Uno dei migliori SF degli anni ’50, e uno dei meno reazionari a livello ideologico. “… al di là dei suoi molti meriti… merita una menzione… per il suo strepitoso BEM (Bug Eyed Monster il mostro extraterrestre della narrativa pulp) per quanto gli siano riservati meno di cinque minuti.” (Andrea Ferrari). Fu fonte d’ispirazione per innumerevoli personaggi tra cui i marziani del Mars Attack! delle figurine Topps e del film di Tim Burton.
Ritroviamo il terzetto che dava il titolo al precedente Io, Chiara e lo Scuro, del quale Casablanca Casablanca rappresenta il seguito. La scena si sposta appunto in Marocco, dove la sassofonista Chiara (De Sio) è in tournée e dove lo Scuro si trova a partecipare al campionato mondiale di biliardo. Francesco (Nuti) li raggiunge: litiga con Chiara, ormai lanciata nel firmamento musicale, e vince il campionato grazie all’aiuto dello Scuro. Protagonista, regista e sceneggiatore, Francesco Nuti confeziona una commedia gradevole e godibilissima, tutto sommato superiore a tanti scadenti prodotti italiani dello stesso periodo.
Lorenzo Caruso, vedovo da tredici anni, ha una figlia, Giulia, che ha allevato da solo sin dalla più tenera età. Caruso è uno psicologo, ha avuto una compagna, Olga, per tre anni e ora la vorrebbe lasciare, ma lei continua a interferire con la sua vita. Un giorno i carabinieri lo chiamano: Giulia fa parte di una baby gang. Caruso comincia a pedinarla e a immaginarsi le cose peggiori su di lei, anche perché le ha trovato nello zaino dei preservativi. Il dialogo tra i due langue, fino a che fa la comparsa sulla scena una pistola. Il problema di Nuti è che non ha assolutamente idea di come sviluppare il tema centrale del film, quello dal rapporto tra padri e figli.
La città di Juarez, al confine tra Messico e Stati Uniti, è una delle principali vittime del BAFTA, il trattato che avrebbe dovuto portare lavoro nello stato latinoamericano limitando l’immigrazione negli States. Qui un personale a prevalenza femminile produce televisori, computer… che verranno poi venduti a prezzi contenuti negli Usa e nel mondo. Queste donne, in gran parte giovani, godono di poche garanzie sul piano lavorativo, e di nessuna su quello della dignità della persona. Centinaia di loro sono state infatti rapite, stuprate e uccise senza che le autorità locali andassero oltre le formalità di rito. Gregory Nava, regista che afferma di essere nato nell’unica area al mondo in cui il Primo e il Terzo Mondo confinano, ha deciso di raccontare una storia di violenza quotidiana partendo da uno dei tanti casi venuti alla luce. Ci sono voluti sette anni perché il progetto divenisse un film finito;
L’astronave Palomino viaggia nell’universo alla ricerca di forme di vita. La missione ha dato esiti infruttuosi ed il capitano Dan Holland pensa di invertire la rotta e far ritorno sulla Terra quando le strumentazioni di bordo avvistano la stazione spaziale Cygnus, data per dispersa 20 anni prima, in prossimità di un “buco nero”. Rischiando il pericolo di essere risucchiato, il Palomino si aggancia al Cygnus e Holland incontra il dottor Hans Reinhart, unico sopravvissuto dell’equipaggio, il quale ha affidato il governo della nave ad uno stuolo di robot che egli dice aver programmato durante gli anni di lunga solitudine.
3° film ispirato al popolare personaggio di Giulio Cesare Croce (1550-1609), il villano (scarpe grosse e cervello fino) che, alla corte di re Alboino, dà lezione e rischia la vita. Come spasso, è modesto. Come moralità, è innocuo, senza grinta né irriverenza. Come favola, non ha scatti né voli nell’immaginario. Brancaleone è lontano. La recitazione, un minestrone di dialetti. Lello Arena è il migliore.
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