Un film di Sylvain Chomet. Titolo originale Les Triplettes de Belleville. Animazione, Ratings: Kids+13, durata 78 min. – Francia 2003. MYMONETRO Appuntamento a Belleville valutazione media:3,67 su 21 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
o orfano che ricorda i genitori scomparsi attraverso una fotografia che li ritrae in bicicletta, e da quella foto nasce l’unica cosa che gli dia gioia: pedalare. Quando Madame Souza, nonna e tutrice del bambino, scopre questa passione, gli regala un triciclo e diviene sua infaticabile allenatrice. Passano gli anni e Champion è pronto per entrare nella leggenda: correre – e magari vincere – il Tour de France. Madame Souza e il fedele cane Bruno gli danno il ritmo della scalata più difficile dal tettuccio del furgoncino del Pronto Soccorso, ma qualcosa va storto. Champion cede alla stanchezza e, assieme ad altri due partecipanti crollati, viene rapito da due loschi figuri e portato oltreoceano, nella megalopoli chiamata Belleville. Madame Souza e Bruno non si danno per vinti e si mettono sulle sue tracce: randagi e perduti nell’enorme città straniera, i due si imbattono in un trio di vecchiette piuttosto bizzarre che danno loro ospitalità. Le tre assurde megere sono delle vecchie glorie della rivista, il trio canterino “Le triplettes de Belleville”: Madame Souza riscopre il suo talento per la musica e si unisce a loro nelle serate musicali che tengono in giro per i ristoranti di Belleville, ed è proprio in una di queste serate che Bruno ritrova le tracce di Champion…
Trionfale a Cannes, Appuntamento a Belleville ha inoltre collezionato il massimo riconoscimento per il cinema d’animazione, vincendo il prestigioso festival di Annecy. E indubbiamente Belleville è un film molto al di sopra della media dei film d’animazione dei nostri giorni. Chomet viene dai fumetti e lo testimonia la cura del disegno, che è strabiliante lungo tutto il film – e non a caso gli ci sono voluti cinque anni per realizzarlo. Il film è ricco di citazioni e di trovate geniali, di momenti spassosi e di personaggi memorabili: le tre megere che pescano rane con le bombe a mano, Madame Souza che cerca di rinverdire le sue origini portoghesi al pianoforte ma scopre di essere un talento naturale per la sperimentazione rumorista, e soprattutto Bruno. Paradossalmente è proprio questa specie di bracco dal ventre gonfio il personaggio meglio caratterizzato del film, soprattutto attraverso la messa in scena dei suoi sogni: incubi in bianco e nero a dir poco memorabili e che faranno certamente riflettere quanti hanno un amico a quattro a zampe e si siano mai domandati cosa sognino i loro cani.
Ma nella bella caratterizzazione di Bruno c’è anche tutto il limite di Appuntamento a Belleville: perché purtroppo gli altri personaggi risultano alla fine solo abbozzati, e le relazioni tra loro al limite dell’inesistente. Champion in particolare, dopo esserci stato introdotto quale protagonista, si perde nel nulla e diviene un’ombra indistinta. Così tutti gli altri, dai malavitosi alle Triplettes, sono personaggi che non lasciano il segno: certo originali, certo caricaturali e grotteschi, ma psicologicamente trasparenti.
Il film è certamente meritevole di ogni lode, per la raffinatezza estetica e per la sua genuinità artistica, ma nell’inseguire citazioni e risvolti “nonsense” perde in ritmo e freschezza, e infatti per tutti gli 80 scarni minuti di Appuntamento a Belleville si ha la sensazione di assistere ad una gigantesca masturbazione intellettuale di un autore che non ha niente di preciso da argomentare. Dunque, le ipotesi sono tre: se il film è una prova di stile, allora è semplicemente superbo; se il film è la storia del cane Bruno, allora è un film acuto ed esilarante, ma non si capisce perché mettere tanti comprimari; se invece il film è la storia di un ragazzo che voleva vincere il Tour de France e di sua nonna che lo allenava, allora deve essere finita la pellicola e Chomet ha potuto girare solo il primo tempo.
In ogni caso speriamo che Appuntamento a Belleville rappresenti un momento di rinascita di certo cinema di animazione: che la smetta di confezionarsi da “cinema per bambini” quando per bambini non è e che abbia il coraggio di presentarsi come cinema adulto e per adulti, di cui Belleville è un bellissimo esempio.
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Che sia un grossolano errore considerare il cinema d’animazione solo destinato ai bambini, lo dimostra ampiamente questo “Appuntamento a Belleville”. Ambientato tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, questo primo lungometraggio di Chomet merita proprio di essere rivisto, soprattutto se si è avuta la fortuna di aver già visto il suo ulteriore film del 2010: “L’illusionista”, a mio parere un vero e proprio capolavoro. “Appuntamento a Belleville” è un film molto raffinato, che tocca molteplici tasti con una grazia e una leggerezza difficilmente riscontrabile di questi tempi. Gli aspetti comici, ironici e autoironici sono esilaranti, anche senza il benché minimo accenno alla volgarità, ma non è altresì secondaria una vena malinconica che pervade tutto il film: il riscontro dell’impietoso scorrere del tempo e l’avvento di un progresso non sempre benevolo. In altre parole, lo spirito e l’arguzia di Chomet non è molto diversa da quella di Jacques Tati, la sua sincera ammirazione per il grande Maestro non è un semplice omaggio, ma una profonda e sorprendente sintonia, come nel “L’illusionista” viene poi indubbiamente esplicitato.