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Regia di William D. Russell, Jesse Hibbs, Christian Nyby, Jerry Hopper, Arthur Marks. Una serie con Raymond Burr, Barbara Hale, William Hopper, William Talman, Ray Collins. Titolo originale: Perry Mason. Genere: Drammatico, Poliziesco, Giudiziario, Giallo. Paese: USA. Anno: 1957 – 1966. Durata: 50 min (per episodio). Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 8.3.

Basata sui romanzi di Erle Stanley Gardner, la serie segue l’implacabile e brillante avvocato difensore penalista Perry Mason, con studio a Los Angeles. Ogni episodio segue una formula ben definita: un crimine, solitamente un omicidio, la falsa accusa di un innocente (spesso il cliente di Mason), e l’impegno dell’avvocato, supportato dalla segretaria fedele Della Street e dall’investigatore privato Paul Drake, a scagionare il suo assistito. Il culmine narrativo è quasi sempre il drammatico confronto in aula, durante il quale Mason, con il suo acume legale, riesce a smascherare il vero colpevole con una confessione inattesa, spesso sotto gli occhi del ricorrente e frustrato Procuratore Distrettuale Hamilton Burger.

La serie è un pilastro della televisione americana e ha definito il genere del legal drama procedurale. La sua forza risiede nella struttura narrativa infallibile e nella magistrale interpretazione di Raymond Burr, che incarna la quintessenza dell’integrità e dell’intelligenza legale, un difensore pronto a tutto per la giustizia. La regia è solida e funzionale, mirata a massimizzare la tensione emotiva durante le scene in tribunale, che costituiscono il cuore pulsante e l’innovazione stilistica della serie. Perry Mason ha avuto un impatto culturale duraturo, stabilendo il modello per il “procedurale da aula di tribunale” e rendendo iconici i suoi personaggi di supporto. Nonostante la ripetitività della formula, il suo successo pluriennale è la prova della sua capacità di intrattenere e rassicurare il pubblico con la promessa di una giustizia impeccabile e trionfante.

I 30 film anni ’80 sono di bassa qualità e in inglese

Ideatore: Dan Fogelman. Una serie con Sterling K. Brown, James Marsden, Julianne Nicholson, Sarah Shahi, Nicole Brydon Bloom. Titolo originale: Paradise. Genere: Drammatico, Thriller, Politico, Poliziesco. Paese: USA. Anno: 2025 – in corso. Durata: 48 min (per episodio). Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 8.0 (dato non ufficiale, basato su recensioni iniziali).

Xavier Collins, interpretato da Sterling K. Brown, è un agente speciale a capo della sicurezza presidenziale, un uomo metodico e instancabile, incaricato di proteggere il Presidente degli Stati Uniti Cal Bradford, interpretato da James Marsden. La vita e la carriera di Collins vengono sconvolte quando il Presidente Bradford viene trovato misteriosamente assassinato nei suoi alloggi, nonostante il sofisticato sistema di sicurezza implementato proprio da Collins. L’agente della sicurezza, che era l’ultima persona ad aver visto il Presidente in vita, si ritrova immediatamente al centro di un’indagine ad alto profilo. La serie si sviluppa come un thriller di mistero e cospirazione, con Collins costretto a indagare per scoprire la verità e scagionarsi, mentre l’uso di flashback offre spunti sulla sua vita personale e sul complesso rapporto che lo legava al defunto Presidente.

Creata da Dan Fogelman, già autore di successi emotivamente complessi, Paradise si distingue per la sua capacità di innestare un solido impianto thriller, incentrato su un omicidio e un’indagine politica, con una profonda esplorazione dei temi umani e psicologici. La regia è volutamente tesa e utilizza una struttura narrativa non lineare, ricca di flashback, che è ormai una cifra stilistica di Fogelman e che arricchisce il racconto svelando il background dei personaggi e gli snodi cruciali. Sterling K. Brown offre una performance intensa e sfumata nel ruolo del protagonista tormentato. Il dramma politico si trasforma in un viaggio psicologico che analizza la fragilità dei potenti e la corruzione dietro le apparenze. La serie è stata lodata per la sua scrittura, che riesce a mantenere un alto livello di suspense pur riservando spazio alla riflessione emotiva. È un’opera che ha avuto un notevole impatto sin dal debutto, affermandosi come un esempio di come il thriller istituzionale possa essere utilizzato per commentare le dinamiche di potere e fiducia contemporanee.

Regia di Jon Favreau, Seth MacFarlane, Brannon Braga, Jonathan Frakes, Althea Jones. Una serie con Seth MacFarlane, Adrianne Palicki, Penny Johnson Jerald, Scott Grimes, Peter Macon. Titolo originale: The Orville. Genere: Fantascienza, Avventura, Commedia. Paese: USA. Anno: 2017 – in corso. Durata: 45-66 min (per episodio). Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 8.0.

Quattro secoli nel futuro, l’Unione Planetaria ha formato una flotta di esplorazione spaziale interstellare. Seth MacFarlane interpreta Ed Mercer, un ufficiale della flotta in disgrazia dopo un divorzio difficile, al quale viene inaspettatamente offerto il comando dell’U.S.S. Orville, un’astronave di media grandezza. La sua prima ufficiale è, con sua grande sorpresa, la sua ex moglie, Kelly Grayson, interpretata da Adrianne Palicki. Insieme a un equipaggio eterogeneo composto da umani e diverse specie aliene, tra cui il pilota Scott Grimes, il capo della sicurezza Peter Macon e l’ufficiale scientifico Penny Johnson Jerald, la serie segue le missioni dell’Orville mentre esplora settori inesplorati della galassia, affrontando fenomeni cosmici, civiltà sconosciute e questioni etiche complesse che riflettono problemi sociali contemporanei.

Creata da Seth MacFarlane, The Orville inizia come una parodia esplicita di Star Trek, ma evolve rapidamente in un’opera di fantascienza drammatica e avventurosa che onora profondamente il genere, in particolare il tono ottimista della Generazione Next. La serie si distingue per la sua capacità di bilanciare umorismo leggero e satira con l’esplorazione di dilemmi morali e sociali seri, toccando temi come l’identità di genere, la religione e la politica interstellare, che sono trattati con profondità inaspettata. Le prime stagioni si appoggiano maggiormente alla commedia, ma con l’avanzare degli episodi e in particolare con il passaggio di produzione, la serie ha alzato significativamente gli standard di produzione, con effetti speciali e scenografie di alta qualità. Il punto di forza è la scrittura che, pur mantenendo un tono familiare, offre una prospettiva positiva e riflessiva sul futuro dell’umanità e sul valore dell’esplorazione. È un valido e sentito omaggio a un certo tipo di fantascienza “umanista” da tempo assente.

Regia di Brian Desmond Hurst. Un film con Alec Guinness, Jack Hawkins, Anthony Steel, Muriel Pavlow, Flora Robson. Titolo originale: Malta Story. Genere: Guerra, Drammatico. Paese: Regno Unito. Anno: 1953. Durata: 103 min. Consigliato a: da 13 anni. Valutazione IMDb: 6.9.

Nel 1942, durante l’assedio di Malta da parte delle forze dell’Asse nella Seconda Guerra Mondiale, il pilota ricognitore della RAF Peter Ross è costretto a fermarsi sull’isola, rotta la sua destinazione originaria in Egitto, a causa della distruzione del suo aereo. In un clima di incessanti bombardamenti e resistenza disperata, Ross si adatta alla vita del presidio militare e si innamora di Maria Gonzar, una ragazza del posto la cui famiglia è coinvolta nelle attività di controspionaggio. L’ufficiale viene incaricato di effettuare missioni di ricognizione vitali per la sopravvivenza dell’isola, fondamentali per localizzare i convogli e gli obiettivi nemici, mentre si intreccia la sua storia personale con le dinamiche di lealtà e tradimento che agitano la popolazione maltese.

Il film è un classico del cinema bellico britannico che commemora la strenua resistenza dell’isola di Malta, insignita della George Cross, contro gli attacchi aerei e navali. L’analisi concisa si concentra sulla mescolanza riuscita del racconto di guerra con una sottile storia d’amore, unendo l’epica del conflitto alla dimensione umana del sacrificio. La regia di Brian Desmond Hurst è solida e convenzionale per l’epoca, ma efficace nel trasmettere la tensione dell’assedio, grazie anche all’uso di filmati d’archivio e scenari autentici. Il valore del film risiede nella performance misurata ma incisiva di Alec Guinness, nel ruolo dell’eroe riluttante, e di Jack Hawkins, nel ruolo del comandante saggio. Sebbene aderente alle tematiche patriottiche tipiche della produzione post-bellica, Una storia di guerra (titolo originale Malta Story) rimane un importante documento storico-cinematografico che sottolinea l’importanza strategica e il costo umano della battaglia di Malta.

Risultato immagini per Allegro non troppo

Regia di Bruno Bozzetto. Un film con Maurizio Micheli, Nestor Saied, Isabella Celani, Osvaldo Cavandoli, Felice Manazza. Titolo originale: Allegro non troppo. Genere: Animazione, Commedia, Musicale. Paese: Italia. Anno: 1976. Durata: 85 min. Consigliato a: Per tutti. Valutazione IMDb: 7.7.

Il film è una singolare parodia del celebre Fantasia della Disney, strutturato come un’antologia di sei segmenti animati intervallati da sequenze in live action in bianco e nero che fungono da raccordo comico. Un malcapitato e autoritario direttore d’orchestra, interpretato da Maurizio Micheli, è incaricato di dirigere un gruppo di anziane signore musiciste per accompagnare le animazioni disegnate da un timido e sottomesso animatore (interpretato da Osvaldo Cavandoli). Le sei animazioni, realizzate da Bruno Bozzetto e il suo team, offrono interpretazioni visive di brani di musica classica di compositori come Debussy, Ravel, Sibelius, Stravinsky, Vivaldi e Dvořák, affrontando tematiche che spaziano dall’ironia sociale alla malinconia esistenziale, dal mito della creazione alla distruzione.

Bruno Bozzetto realizza un’opera innovativa e stilisticamente eterogenea, che rappresenta uno dei vertici dell’animazione italiana e un classico del cinema satirico. L’analisi si concentra sulla brillante interazione tra le sequenze animate, che spaziano dall’eleganza grafica all’umorismo slapstick, e il grottesco del live action, che commenta con ironia l’atto stesso della creazione artistica e la pretesa intellettuale. La qualità dell’animazione è notevole, in particolare nell’adattamento visivo di brani come il Boléro di Ravel o il Valse Triste di Sibelius, in cui si manifesta la vena malinconica e al contempo umoristica di Bozzetto. Il film ha avuto un grande impatto culturale, dimostrando come l’animazione d’autore potesse competere con i grandi studi americani, offrendo una visione più adulta e corrosiva, ed è universalmente lodato per la sua originalità e per il perfetto connubio tra musica classica e satira visiva.

Regia di Bruno Barreto. Un film con Sônia Braga, José Wilker, Mauro Mendonça, Dinorah Brillanti, Nelson Xavier. Titolo originale: Dona Flor e Seus Dois Maridos. Genere: Commedia, Fantasy, Erotico. Paese: Brasile. Anno: 1976. Durata: 106 min. Consigliato a: da 18 anni. Valutazione IMDb: 6.9.

Nella Bahia degli anni Quaranta, Florípedes Paiva, nota come Donna Flor, è una rispettabile e appassionata insegnante di cucina, sposata con Vadinho, un uomo affascinante, volubile e irresponsabile, dedito al gioco d’azzardo e ai piaceri della carne. Nonostante i tormenti e le infedeltà, Flor è perdutamente innamorata del marito per la sua esuberante vitalità e la sua abilità amatoria. La sua vita viene stravolta quando Vadinho muore improvvisamente durante il Carnevale. Dopo un periodo di lutto, Flor si risposa con il Dottor Teodoro, un farmacista metodico, onesto e prevedibile, che le offre la sicurezza e la stabilità tanto desiderate. Tuttavia, la sua tranquilla felicità è disturbata dal desiderio e dal ricordo, finché Vadinho non torna in vita sotto forma di fantasma, reclamando i suoi diritti coniugali nel letto di Flor.

Tratto dal celebre romanzo di Jorge Amado, il film di Bruno Barreto è un’esplosione di vitalità, colore e sensualità, diventato un cult e un record d’incassi per il cinema brasiliano. L’analisi si concentra sul tema centrale della dualità del desiderio femminile: la protagonista è combattuta tra la sicurezza affettiva e la noia rappresentate da Teodoro, e la passione sfrenata, benché caotica, incarnata dal fantasma di Vadinho. La regia è vivace e ricca di dettagli che dipingono un ritratto esuberante di Bahia, mescolando sapientemente la commedia di costume con elementi di realismo magico, tipici dell’opera di Amado. Sônia Braga, nel ruolo iconico di Donna Flor, offre un’interpretazione che la proietta a livello internazionale, incarnando con naturalezza un’eroina complessa che sceglie la propria libertà sessuale e affettiva senza sensi di colpa. Il film è importante per aver portato con audacia temi erotici e la cultura popolare brasiliana sullo schermo in un momento storico delicato.

Locandina Flandres

Regia di Bruno Dumont. Un film con Adélaïde Leroux, Samuel Boidin, Henri Cretel, Jean-Marie Boutry, Patrice Venant. Titolo originale: Flandres. Genere: Drammatico, Guerra. Paese: Francia. Anno: 2006. Durata: 91 min. Consigliato a: da 16 anni. Valutazione IMDb: 6.8.

Demester è un giovane contadino taciturno che vive una vita semplice e isolata nelle desolate e ventose campagne delle Fiandre, nel nord della Francia. Il suo rapporto con Barbe, una ragazza del posto che lo ama, è freddo e quasi disinteressato. La tranquilla routine viene interrotta quando Demester e i suoi amici vengono arruolati e inviati a combattere in una guerra straniera in un paese mediorientale non specificato. L’esperienza del conflitto è brutale e disumanizzante, esponendo i giovani soldati a una violenza estrema che li segna profondamente. Quando Demester torna finalmente a casa, deve confrontarsi con le ferite invisibili e tangibili della guerra, e con la difficoltà di riallacciare il legame emotivo con Barbe, un rapporto ora complicato dal trauma e dalla distanza emotiva.

Vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes, questo film è una riflessione nichilista e profondamente disturbante sulla guerra e sulle sue conseguenze psicologiche, in linea con l’approccio austero di Bruno Dumont. L’analisi si concentra sulla giustapposizione brutale tra la placida, quasi primordiale, vita rurale delle Fiandre e l’orrore caotico del conflitto. Dumont utilizza la guerra non tanto per ragioni politiche, ma come catalizzatore per esplorare la natura umana nella sua forma più elementare, dove violenza e desiderio sessuale si mescolano in modo torbido. La regia è implacabile e priva di compiacimenti, con una fotografia livida che esalta il grigiore morale dei personaggi. Il cast di attori non professionisti contribuisce a un realismo crudo e anti-spettacolare. Nonostante la sua severità e la difficoltà dei temi trattati, l’opera è di notevole importanza per il modo in cui destruttura il cinema di guerra, concentrandosi sul trauma post-bellico e sull’impossibilità di tornare alla normalità.

Regia di Bruno Dumont. Un film con Julie Sokolowski, Karl Sarafidis, Yassine Salim, David Dewaele, Brigitte Mayeux-Claeys. Titolo originale: Hadewijch. Genere: Drammatico. Paese: Francia. Anno: 2009. Durata: 105 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 7.1.

Céline, una giovane novizia dal fervore mistico quasi estremo, vive in un convento a Parigi, dove la sua ossessiva devozione la porta a digiuni e penitenze così severe da spingere la Madre Superiora a allontanarla, ritenendo la sua fede troppo radicale per la comunità. Tornata alla sua vita borghese con il nome di Hadewijch, la ragazza, figlia di un diplomatico, cerca di conciliare la sua intensa spiritualità con il mondo esterno. Incontra Yassine, un giovane arabo-musulmano che lavora come manovale, e suo fratello, aspirante terrorista. Attraverso questi incontri, Hadewijch si ritrova coinvolta in un percorso complesso che la pone di fronte ai limiti e alle manifestazioni estreme sia della fede religiosa che di quella ideologica.

Bruno Dumont prosegue la sua esplorazione del misticismo, della fede e della violenza in questo film che prende il nome da una poetessa fiamminga medievale. L’analisi concisa si concentra sulla figura di Hadewijch come archetipo della purezza fanatica e della ricerca di un Assoluto in un mondo secolarizzato. La regia è caratterizzata dalla tipica estetica dumontiana: piani lunghi e statici, inquadrature che prediligono il paesaggio come specchio dell’interiorità e l’uso di attori non professionisti che conferiscono un’autenticità viscerale alle performance, in particolare quella della protagonista Julie Sokolowski. Il film mette in discussione i confini tra l’amore divino e la passione terrena, l’estremismo religioso e quello politico, suggerendo che le forme più intense di devozione possano facilmente sfociare nell’alienazione e nella violenza. L’opera è stilisticamente rigorosa e tematicamente complessa, un esempio significativo di cinema d’autore che invita a una riflessione profonda sulla spiritualità nel XXI secolo.

Risultato immagini per hors satan

Regia di Bruno Dumont. Un film con David Dewaele, Alexandra Lematre, Aurore Broutin, Valérie Mestdagh, Juliette Bacquet. Titolo originale: Hors Satan. Genere: Drammatico. Paese: Francia. Anno: 2011. Durata: 110 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 6.9.

La vicenda si svolge in un paesaggio aspro e isolato sulla Côte d’Opale nel nord della Francia. Un misterioso vagabondo, chiamato semplicemente “Le Gars”, vive in solitudine, dormendo tra le dune e i boschi. La sua unica connessione con il mondo è una giovane donna del posto, “Elle”, che vive in una vicina fattoria e gli offre cibo, riconoscendo in lui una forza inspiegabile. Quando la ragazza rivela di essere vittima degli abusi del padre, il vagabondo interviene in modo radicale. Questo evento innesca una serie di azioni enigmatiche e violente, ma anche apparentemente miracolose, che suggeriscono che l’uomo non sia un semplice eremita, ma forse un veicolo di forze che trascendono la moralità umana, un catalizzatore che costringe il bene e il male a manifestarsi.

Bruno Dumont dirige un’opera austera e intensamente visiva che prosegue la sua esplorazione dei temi spirituali e metafisici, in particolare la coesistenza di santità e brutalità nella natura umana. Il film si concentra sul dualismo tra il sacro e il profano, interrogando la natura del Bene e del Male in un contesto primordiale, quasi biblico. La regia è essenziale e contemplativa, caratterizzata da lunghi piani fissi che esaltano il paesaggio desolato, trasformandolo in un personaggio muto e potente. Il suono in presa diretta e la quasi totale assenza di musica amplificano l’immersione nella dimensione sensoriale. Gli interpreti non professionisti (David Dewaele e Alexandra Lematre) offrono performance di notevole intensità, la cui inespressività si sposa perfettamente con la cifra stilistica del regista. È un cinema che respinge le convenzioni narrative e morali, costringendo lo spettatore a confrontarsi con una spiritualità cruda e ambigua, rendendo l’opera un pezzo significativo nel cinema d’autore contemporaneo francese.

Regia di Bruno A. Gaburro. Un film con Irene Papas, Philippe Leroy, Gabriele Tinti, Frank Wolff, Marco Stefanelli. Titolo originale: Ecce Homo – I sopravvissuti. Genere: Fantascienza, Drammatico, Thriller. Paese: Italia. Anno: 1969. Durata: 90 min. Consigliato a: da 14 anni. Valutazione IMDb: 6.9.

Dopo una catastrofe nucleare che ha spazzato via la civiltà, un piccolo nucleo di sopravvissuti lotta per la propria esistenza su una desolata spiaggia. Il gruppo è inizialmente composto da Jean, sua moglie Anna e il loro figlioletto Patrick. La precarietà della loro pace viene turbata dall’arrivo di altri due uomini: Len, un ex militare più istintivo, e Quentin, un intellettuale. La convivenza forzata tra i cinque, in particolare la presenza di Anna, l’unica donna fertile, fa emergere immediatamente tensioni latenti e un conflitto brutale legato non solo alla mera sopravvivenza ma anche al futuro della razza umana.

Il film è un’opera post-apocalittica italiana che si distingue per il suo impianto minimale e profondamente pessimista, concentrando la riflessione sulle conseguenze psicologiche e sociali di una fine del mondo. La regia di Gaburro è ambiziosa, optando per un’ambientazione scarna – quasi interamente una spiaggia – per amplificare il dramma esistenziale e i temi del maschilismo primordiale e della lotta per la procreazione. Nonostante i limiti di budget siano evidenti nella staticità dell’azione, la pellicola è sostenuta dalla presenza magnetica di Irene Papas e da un Philippe Leroy intenso, che incarnano rispettivamente l’oggetto del desiderio e l’uomo svuotato e impotente. L’opera è un interessante esempio di cinema di genere italiano che, pur non raggiungendo forse la scorrevolezza dei grandi classici, offre una visione cinica e matura sulla natura umana, ritraendo una rinascita della società che riproduce immediatamente gli antichi vizi e pregiudizi, rendendolo un documento storico rilevante per la fantascienza distopica italiana.

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