Il film si articola su quattro storie ambientate nella Versilia di fine stagione. Nella prima un bambino di nome Simone si innamora di una ragazza e si allontana dalla colonia per seguirla. Nella seconda un sindaco conservatore si scontra con il figlio di tutt’altre idee e comportamenti. Nella terza l’ubriacone del paese viene fatto oggetto di uno scherzo decisamente pesante facendogli trovare in una bara un morto al posto del vino che lui pensava vi fosse contenuto. Nella quarta un bagnino di buon cuore salva dal fallimento la proprietaria del “Bagnomaria”. In attesa dei più che buoni ascolti televisivi, Panariello si cuce addosso un film di serie B che non va al di là di una serie di sketch. È quello che fanno da (quasi) sempre i Vanzina.
Peppino è sposato da 10 anni con Amalia quando arriva Antonio, primo marito di lei, disperso in Russia. Liti a non finire. Totò e Peppino si contendono l’amore (e il letto) di N. Gray, come primo e secondo marito. La sceneggiatura di Continenza e Steno è un po’ scarsa, ma i due comici rimediano con i loro lazzi.
Un povero travet di banca trova una maschera che lo trasforma in un eroe imprendibile e invulnerabile in grado di combattere la criminalità organizzata che domina su Edge City. Derivato dal personaggio del fumetto creato nel 1982 da Mike Richardson e sorretto dagli effetti della Industrial Light & Magic, garantisce 100 minuti di spasso continuo, invenzioni gustose, effetti speciali che colpiscono il bersaglio. La carta vincente è Carrey, straordinario per mimica, dinamismo, eleganza, varietà di registro recitativo. Accorta sceneggiatura, invenzioni originali, regia fluida e persino una morale sui problemi dell’identità. Il regista lo firmò col nome di Charles Russell. 1° film della 22enne Diaz.
L’idea della famiglia Simpson venne applicata da Matt Groening e James L. Brooks nel 1987, in una serie di corti animati di un minuto da mandare in onda durante il Tracey Ullman Show. La loro prima apparizione nel talk show avvenne il 19 aprile di quello stesso anno, in un corto intitolato Good Night. Da quel momento, fino al 1989, I Simpson andarono in onda durante gli intermezzi pubblicitari dello show, ottenendo un buon successo di pubblico. La serie debuttò in prima serata, sotto forma di episodi di mezz’ora, il 17 dicembre 1989.
I Simpson sono subito diventati uno show di punta della 20th Century Fox, grande casa produttrice di film; nel corso degli anni, infatti, hanno vinto numerosi e importanti premi televisivi.[1] Il numero del magazineTIME del 31 dicembre 1999 lo ha acclamato come “miglior serie televisiva del secolo”,[2] mentre il 14 gennaio 2000 lo show ha ottenuto una stella nella Hollywood Walk of Fame. Ad oggi è la più lunga sitcom[3] e serie animata[4] statunitense mai trasmessa. Come prova dell’influenza che lo show ha avuto nella cultura popolare, l’esclamazione contrariata di Homer Simpson, “D’oh!“, è stata introdotta nell’Oxford English Dictionary. I Simpson hanno inoltre influenzato diverse altre serie animate per adulti prodotte dalla metà degli anni novanta in poi.[5] Nel 2002 la rivistaTV Guide ha classificato I Simpson all’8º posto tra I migliori 50 spettacoli televisivi di tutti i tempi,[6]miglior posizione tra le serie animate.
La famiglia Addams è un telefilm comicostatunitense andato in onda fra il 1964 e il 1966 sul network statunitense ABC.La serie creata, da David Levy, è ispirata all’omonimastriscia a fumetti creata da Charles Addams (1912–1988), e pubblicata sul New Yorker. La famiglia in questione è composta da Gomez Addams (John Astin), ricchissimo e distinto gentiluomo amante dei sigari e con l’hobby di far saltare trenini elettrici, da sua moglie Morticia (Carolyn Jones), fascinosa dark lady sempre pallidissima e vestita di nero, e dai loro due figli, la piccola e sadica Mercoledì e il pingue Pugsley. Vivono in una enorme e fatiscente villa di stile vittoriano, decisamente sinistra, che ospita anche lo strampalato zio Fester (l’ex bambino prodigio Jackie Coogan), una non meglio specificata ma altrettanto bislacca nonnina ed un cugino, chiamato Itt, che parla un grammelot incomprensibile e di cui niente si vede a parte un enorme ammasso di capelli che ne copre interamente la figura. La famiglia ha come maggiordomo un gigantesco surrogato del (cinematografico) mostro di Frankenstein, chiamato Lurch (Ted Cassidy), mentre da vari anfratti della casa talvolta esce una Mano (mozza), a cui la famiglia si rivolge col medesimo nome. L’enorme e smisurata ricchezza della famiglia consente ai protagonisti di non lavorare mai e di coltivare le proprie stranezze.
Justin è un ragazzo che ha perso la sua fidanzata April per colpa di un demone e farebbe di tutto per riaverla. Justin userà un vecchio libro, un grimorio avuto come regalo dalla ragazza, per evocare il demone “Lo”, demone di grande potenza, per farsi riportare indietro la sua fidanzata. Quando gli si presenterà, Justin vedrà Lo come un povero storpio con le gambe spezzate che si trascina sul pavimento, che tuttavia si rivelerà un demone con uno strano senso dell’umorismo. Justin cerca di prendere una posizione di comando sul demone evocato, ma Lo, anziché obbedire, cercherà di convincerlo a lasciare il mondo dei demoni e ritornare nel mondo umano.
A New York l’ex detenuto Ray convince l’amatissima consorte Frenchy, ex spogliarellista, a investire i risparmi nel finanziamento di un colpo ladresco (svaligiare una banca, con tre amici lestofanti balordi come lui, scavando un tunnel). Come copertura lei apre un negozio di biscotti. Il colpo fallisce, ma i biscotti di Frenchy fanno furore. L’improvvisa ricchezza rischia di mandare a monte il loro matrimonio. Dopo 3 tiepidi successi di cassetta, al suo 31° film W. Allen torna al comico (quasi) puro: una gag dietro l’altra, battute spiritose a raffica, situazioni buffonesche sull’orlo dell’inverosimiglianza. S’intrecciano imperfettamente, fino a un epilogo rasserenante, 3 storie: il quartetto dei balordi con la loro sgangherata impresa; l’analisi satirica dell’alta società pseudoculturale di Manhattan; il patetico sbandamento di una signora di mezza età, corteggiata da un giovane, avido e ipocrita mercante d’arte. La confezione farsesca cela un’altra parabola aguzza sul successo made in USA. La trovata di partenza è presa in prestito da I tre furfanti (1942) di L. Bacon, a sua volta di origine teatrale. Sbarazzarsene, come molti critici italiani hanno fatto, perché la trovata di partenza è presa in prestito da I soliti ignoti , appare un ingeneroso gesto di goffo sciovinismo. Per la 2ª volta la fotografia è del cinese Zhao Fei. Godibile e raro il contributo di Elaine May.
Armando (M. Carotenuto) allena la squadra di calcio di Cerignola e mira in alto. Il barone Fontana (Totò) che ne è il presidente, bada solo ai soldi e vorrebbe vendere i due calciatori migliori a un industriale milanese. Uno dei due ama la figlia del barone. La squadra nazionale viene ad allenarsi e la squadretta del posto la supera in bravura. Il barone, lusingato, apre la borsa. È un film con Totò ma Totò c’è poco e quel poco è mal servito. Uno dei tanti infelici film italiani sullo sport nazionale n. 1.
Un film di Jerry Lewis. Con Jerry Lewis, Bob Clayton, Alex Jerry Titolo originale The Bellboy. Comico, b/n durata 72 min. – USA 1960. MYMONETRO Ragazzo tuttofare valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il film punta sull’abilità mimica di Jerry Lewis in veste di lift d’albergo, un pasticcione pieno di buone intenzioni, cui tocca venire incontro ai capricci dei clienti, portare a spasso cagnolini eccetera. La trama è debole.
Minacciato di licenziamento, Pignon, contabile diligente e uomo mite senza qualità, si finge gay su consiglio di un vicino di casa. Ha successo a tutti i livelli, in ufficio, in società e in casa. Temi di fondo: il “politicamente corretto” trasformato in strumento di autopromozione; presa per il bavero della cultura del piagnisteo. Il veterano F. Veber vale come sceneggiatore più che come regista, ma la scelta e la direzione degli attori sono ineccepibili: D. Auteuil è infallibile, gli fa da spalla G. Depardieu, il suo fallocratico persecutore che va fuori di testa.
Il personaggio attorno al quale costruì larga parte delle sue sceneggiature, e che gli diede fama universale, fu quello del “vagabondo” noto al pubblico italiano come Charlot (in realtà il personaggio non aveva nome, e in inglese era chiamato semplicemente The Tramp).[1] La rivolta umanistica, talora nostalgica e sentimentale, talora comica e beffarda, contro le ingiustizie della società capitalistica moderna fece della maschera di Charlot l’emblema dell’alienazione umana (in particolare delle classi sociali più emarginate) nell’era del progresso economico e industriale.
Bombetta, bastoncino e scarpe di Charlot, esposte dalla Fondation de Musée Chaplin, presso Chaplin’s World, Corsier-sur-Vevey, Vaud, Svizzera
Chaplin fu una delle personalità più creative e influenti del cinema muto. La sua vita lavorativa nel campo dello spettacolo ha attraversato oltre 76 anni. Fu influenzato dal comico francese Max Linder, a cui dedicò uno dei suoi film. Star mondiale del cinema, fu oggetto di adulazione e di critiche serrate, anche a causa delle sue idee politiche. Nei primi anni cinquanta, durante le persecuzioni del cosiddetto Maccartismo, le sue idee di forte stampo progressista furono infatti avversate dalla maggior parte della stampa; fu inviso anche al governo federale statunitense. In viaggio con la famiglia verso Londra (settembre 1952), dove si sarebbe tenuta la prima mondiale di Luci della ribalta e successivamente un periodo di vacanza, fu raggiunto dalla notifica del procuratore generale degli Stati Uniti in base alla quale gli veniva annullato il permesso di rientro negli USA: visse il resto della sua esistenza in Svizzera, nella tenuta de “Manoir de Ban”,[2] nel comune di Corsier-sur-Vevey, fra Losanna e Montreux, sul lago di Ginevra.
Il Muppet Show (The Muppet Show) è una trasmissione televisiva ideata dallo statunitenseJim Henson, andata in onda dal 1976 al 1981. I protagonisti sono dei curiosi pupazzi detti Muppet, dalla fusione tra le parole inglesi marionette (marionetta) e puppet (pupazzo). Jim Henson (animatore materiale anche di alcuni dei protagonisti), già presenza importante del programma Sesame Street (in Italia come “Sesamo apriti”), che ha in parte rivoluzionato il mondo della televisione per bambini, riuscì con questo programma a collocare i suoi pupazzi in una cornice rivolta ad un pubblico di adulti. Ogni puntata della serie ha come ospite speciale un artista che interagisce con i muppet, alla maniera di un famoso show televisivo americano, l’Ed Sullivan Show. Il Muppet Show è stato sicuramente il più grande successo dei Muppet essendo andato in onda in più di 100 paesi. Nonostante il programma sia stato prodotto negli Stati Uniti, lo spettacolo viene trasmesso per la prima volta nel Regno Unito
Aldo, Giovanni e Giacomo, tre commessi di una ferramenta milanese – una delle tante di una catena appartenente al suocero di Aldo e Giovanni che hanno sposato due delle figlie del padrone – partono in auto per Gallipoli (Lecce) dove Giacomo deve sposare la terza sorella, trasportando una gamba di legno, pregiata opera d’arte sulla quale il suocero intende speculare. Esordio sul grande schermo di un trio comico, reduce dal successo in TV (“Su la testa”, “Mai dire gol”). Intessuto di disavventure di viaggio (anche se per ragioni di economia è stato girato a Roma e dintorni) e di tre shorts parodistici fuori testo, il frammentario film – affidato al collaudato schema della commedia sentimentale con risvolti amari – è tenuto insieme dal gioco di squadra degli attori/personaggi. Poche parolacce, e funzionali, senza volgarità intellettuali. Successo a sorpresa nella stagione 1997-98: 4° posto nella classifica degli incassi.
Dante, autista di uno scuolabus per bambini down, non sa di essere sosia di Johnny Stecchino, mafioso siculo pentito barricato in casa per paura di essere ucciso. Dante conosce Maria, la donna di Stecchino, s’innamora e, convinto di essere ricambiato, la segue in Sicilia dove rischia di essere eliminato. I difetti di questo 4° film di Benigni regista sono tanti, ma è una commedia degli equivoci – scritta dallo stesso Benigni con Cerami soprattutto per far ridere – di una buffoneria irresistibile e una storia d’amore tenera e candida che non cade mai nel sentimentalismo.
Registrazione parziale dello spettacolo teatrale portato in giro nella stagione 2005-06 con più di 250 000 spettatori. Il prologo dei quattro alieni che sbarcano sulla Terra in una città simile a Milano, è un pretesto per legare la catena delle scenette comiche. Da non perdere i fuoriscena sui titoli di coda. L’umorismo frizzante (con risvolti surreali) prevale sulla satira, ma non mancano i rimandi agli umori antimeridionali della Lega nordista. La solita ripartizione dei ruoli nel trio dà spazio soprattutto alla buffoneria sopra le righe di Aldo, impegnato anche nel cantare in platea una passionale “My Way”. È apprezzabile, comunque, l’onestà dell’operazione che non soltanto sottolinea la natura teatrale dello spettacolo, ma ne amplifica il fascino. Il merito è anche di R. Gaspari che sfrutta a dovere le invenzioni di A. Brachetti. Nella vita S. Fallisi è moglie di Aldo.
In un sol giorno John perde lavoro, casa, macchina e ragazza. Non gli resta che arruolarsi. Pur non arrivando mai a una satira vera sul mondo militare è pieno di trovate, divertenti scene d’azione. Doppiaggio dei meno riusciti.
Stanlio e Ollio partono per la prima guerra mondiale, dalla quale, dopo una serie di peripezie, tornano sani e salvi. Al loro rientro, si mettono a cercare la nonna della figlia di un loro commilitone disperso. Ma l’impresa si rivela ardua.
La società vista e raccontata da Gene Gnocchi non può che essere assurda, quasi surreale, e indubbiamente senza senso. Nel suo ultimo spettacolo, “Cose che mi sono capitate a mia insaputa”, il comico originario di Fidenza racconta con graffiante ironia una realtà che oggi sfugge alla comprensione. Lo fa portando in teatro un personaggio cinico e flemmatico, quasi distaccato da ciò che lo colpisce e che si ritrova, a sua insaputa, ad affrontare una serie di situazioni impossibili. Questo il contesto per portare in scena un monologo composto da graffianti ragionamenti sulla società. I problemi sono gli stessi di sempre: la disoccupazione, la carenza di lavoro, la classe politica, il dibattito sull’energia…il protagonista, in cerca di un’occupazione, si vede a malincuore costretto a comprare la tessera della loggia P3 per coronare il suo sogno di esibirsi sul palco di qualche prestigioso teatro. Questo il motivo per cui, ad esempio, dal 18 al 20 Marzo è presente al Teatro Parioli di Roma, a raccontare al suo pubblico tutto quello che gli è capitato, a sua insaputa appunto, intermezzandolo con stacchetti promozionali che la sua condizione di lavoratore precario lo obbliga a fare. “Cose che mi sono capitate a mia insaputa” è stato scritto dal comico con la collaborazione di Ugo Cornia, SimoneBedetti e Maurizio Giambroni e sta avendo forte successo in numerosi teatri italiani. Gene Gnocchi, all’anagrafe Eugenio Ghozzi, ha sulle spalle oltre trenta anni di carriera ma la sua graffiante ironia è rimasta sempre la stessa. Una satira che racconta la realtà e le sue mille contraddizioni, cercando di trovare un appiglio per comprendere quello che accade e che di solito sfugge ai più.
Un film di Harry Edwards. Con Joan Crawford, Harry Langdon, Edward Davis Titolo originale Tramp Tramp Tramp. Comico, b/n durata 65 min. – USA 1926. MYMONETRO Di corsa dietro un cuore valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dopo aver interpretato numerosi cortometraggi, nel 1926 Harry Langdon arriva a interpretare il suo primo lungometraggio, Di corsa dietro al cuore, diretto da Henry Edwards e codiretto da un giovane Frank Capra che ne cura anche la sceneggiatura e la produzione.Il sodalizioCapra-Langdon sarebbe in seguito proseguito con La grande sparata e Le sue ultime mutandine. Nel film, al fianco del comico, all’epoca all’apice della popolarità, appare una giovane esordiente di appena 21 anni, destinata a divenire una delle stelle più sfavillanti e controverse di Hollywood, Joan Crawford. Harry (Langdon) partecipa a una maratona podistica da New York alla California per conquistarsi i favori di una ragazza, Betty (Joan Crawford), figlia dell’organizzatore della corsa. Dopo innumerevoli gag, per Harry arriverà con la vittoria anche la scoperta che Betty è già fidanzata.
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