Archive for Aprile 14th, 2024


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Happy Days (Giorni Felici) è una situation comedy televisiva statunitense di grande popolarità e successo andata in onda in prima visione negli Stati Uniti dal 15 gennaio 1974 al 24 settembre 1984 sulla rete televisiva ABC. La serie, creata da Garry Marshall, presenta una visione idealizzata della vita americana, a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta.[2]
La serie, ambientata a Milwaukee, è imperniata sulle vicende quotidiane della famiglia Cunningham.
La serie narra le vicende di una famiglia borghese degli anni cinquanta e sessanta (il periodo va, presumibilmente, dal 1953 al 1963) che vive nella città di Milwaukee, nel Wisconsin. Vi viene rappresentata la vita, l’amicizia, l’amore, le feste, il cinema, la cultura, la musica, l’esilarante divertimento e lo stile di vita di quella generazione di adolescenti americani che hanno vissuto il “Sogno Americano” nella luminosa e prospera epoca degli Anni ’50 (e primi ’60), quella stessa epoca compresa fra la fine del coinvolgimento statunitense nella Guerra di Corea e la vigilia di quello della Guerra del Vietnam. In maniera forse un po’ stilizzata, viene presentato il modello dell’American Way of Life nei suoi aspetti più positivi, immerso in questa coloratissima serie imperniata sulle innumerevoli avventure di Richie, Potsie, Ralph Malph, il famigerato Fonzie, la famiglia Cunningham ed una miriade di altri personaggi che compaiono con l’avanzare della serie.

Happy Days (1974) on IMDb

Gli episodi che mancano non li ho trovati, non richiedetemeli.

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Un film di Henry Hathaway. Con Lucille Ball, Clifton Webb Titolo originale The Dark Corner. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 99′ min. – USA 1946. MYMONETRO Il grattacielo tragico * * * - - valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


Scontata una pena per una colpa non commessa, detective privato si trasferisce a New York e scopre una trama ai suoi danni. Dramma svelto, efficace ed eccitante con una Ball insolita. Hathaway era nel suo periodo realistico.

The Dark Corner (1946) on IMDb
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Un film di Bennett Miller. Con Brad Pitt, Jonah Hill, Robin Wright, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt. Titolo originale Moneyball. Drammatico, durata 126 min. – USA 2011. – Warner Bros Italia uscita venerdì 27 gennaio 2012. MYMONETRO L’arte di vincere * * * 1/2 - valutazione media: 3,75 su 44 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Gli Oakland Athletics sono una buona squadra di baseball che però non può competere con i budget stratosferici di squadre come ad esempio i New York Yankees. Quando al termine di una buona stagione il general manager Billy Beane si vede portar via i suoi tre migliori giocatori,la loro sostituzione diventa impossibile, soprattutto con i pochissimi soldi a disposizione. A questo punto però Beane incontra Peter Brand, giovane laureato in economia che gli dimostra come si possa costruire una squadra vincente basandosi sulle statistiche invece che sui nomi altisonanti. Beane abbraccia la filosofia del ragazzo e rifonda la squadra con nomi sconosciuti o apparenti scarti, lasciando basiti tutti i collaboratori degli Oakland Athletics, compreso l’allenatore Art Howe. All’inizio le cose non sembrano funzionare, ma pian piano il “sistema” messo in piedi da Beane Brand comincia a dare frutti insperati…

 L'arte di vincere
(2011) on IMDb

Colombo (Columbo) è una serie televisiva statunitense di genere giallopoliziesco, prodotta dal 1968 al 2003.

La serie ha per protagonista il personaggio del tenente Colombo, interpretato da Peter Falk, che fu anche regista di alcuni episodi. Premiata quattro volte con l’Emmy Award, fecero partecipazioni straordinarie attori famosi come Leslie NielsenLeonard NimoyDonald Pleasence e il cantautore Johnny Cash, mentre alcuni episodi furono diretti da noti registi come Patrick McGoohanSteven SpielbergBen GazzaraJonathan Demme e John Cassavetes, che interpretò anche il ruolo dell’antagonista.

Gli episodi, tranne poche eccezioni, sono strutturati nel medesimo modo: all’inizio si assiste all’omicidio e alla strategia che l’assassino elabora per simulare la propria innocenza (per esempio, alterando l’ora presunta della morte o gettando la colpa su un innocente). Dopo di che entra in gioco Colombo, che comincia a indagare, in genere con domande insistenti e apparentemente sconclusionate poste ai sospettati. In un’intervista, Peter Falk ha confidato che per sapere il momento in cui Colombo capisce chi possa essere l’assassino basta osservare quando il tenente fa il primo riferimento a sua moglie. Intuito chi sia l’assassino, avvia con lui un lungo confronto, approfondendone la conoscenza per capire il contesto in cui è maturato l’omicidio e, di conseguenza, il movente. L’assassino, ingannato dall’aspetto trasandato e goffo dell’investigatore, tende in genere a sottovalutarne l’abilità, assumendo inizialmente nei suoi confronti un atteggiamento di condiscendenza e falsa cortesia.

 Una ghigliottina per il tenente Colombo
(1989) on IMDb

La Palma d’oro (in francese: Palme d’or) è il premio principale assegnato nel corso della manifestazione cinematografica del Festival di Cannes, che è, insieme alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e il Festival internazionale del cinema di Berlino, uno dei più importanti festival cinematografici del mondo.

La Palma d’Oro viene assegnata al miglior film tra quelli in competizione. Fu introdotta nel 1955 dalla commissione organizzatrice.

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Regia di Kore’eda Hirokazu. Un film Da vedere 2018 con Lily FrankySakura AndôMayu MatsuokaKirin KikiJyo Kairi, Miyu Sasaki, Kengo KoraCast completo Titolo originale: Shoplifters. Genere Drammatico, – Giappone2018durata 121 minuti. Uscita cinema giovedì 13 settembre 2018 distribuito da Bim Distribuzione. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 4,07 su 22 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

In un umile appartamento vive una piccola comunità di persone, che sembra unita da legami di parentela. Così non è, nonostante la presenza di una “nonna” e di una coppia, formata dall’operaio edile Osamu e da Nobuyo, dipendente di una lavanderia. Quando Osamu trova per strada una bambina che sembra abbandonata dai genitori, decide di accoglierla in casa.

La famiglia, per definizione, non si sceglie. O forse la vera famiglia è proprio quella che si ha la rara facoltà di scegliere. Libero arbitrio parentale: un tema niente affatto nuovo nel cinema di Kore-eda Hirokazu, dallo scambio di figli di Father and Son alla sorellanza estesa di Little Sister.

Ma Un affare di famiglia percorre solo in apparenza binari antichi, nascondendo una differente declinazione della materia, che guarda al sociale come l’autore non faceva dai tempi di Nessuno lo sa. In un’opera brutalmente separata in due atti, che lavora molto sul dialogo con lo spettatore. Il primo segmento sembra esaudire appieno le aspettative di quest’ultimo, introducendolo a un gruppo di ladruncoli che, per interesse prima e per affetto poi, si ritrova a festeggiare un colpo, simulando di avere dei rapporti effettivi di parentela. Tutto sembra procedere nella direzione più attesa, sino alla svolta narrativa che riapre il vaso di Pandora e rimette tutto in discussione. “Buoni”, “cattivi”, giusto e sbagliato, diventano concetti ribaltati sullo spettatore e sui suoi dubbi, con una padronanza della narrazione – già intravista nel “rashomoniano” The Third Murder – che guarda al relativismo di Kurosawa Akira, ancor più che al consueto termine di paragone di Ozu.

Kore-eda è ormai talmente padrone della propria poetica, elaborata attraverso una lunga e pregevole filmografia, da poterne disporre a piacimento, rivoltandola come un guanto per offrire nuovi punti di vista, nuove ricerche di verità.

Il conflitto tra legge morale e legge sociale trasforma i toni quasi da commedia della rappresentazione della famiglia fittizia in un dramma colorato di nero, che colpisce come una sferzata, dopo aver aperto il cuore al sentimento. Lo scontro tra legge e natura raggiunge il suo apice nell’epilogo di Un affare di famiglia, dimostrando l’invincibilità della prima – che ostruisce la costruzione di un modello alternativo – ma ribadendo con forza le ragioni della seconda.

Shoplifters (2018) on IMDb

Il Grinta - Film (1969)Un film di Henry Hathaway. Con John Wayne, Glen Campbell, Kim Darby, Jeremy Slate, Robert Duvall. Titolo originale True Grit. Western, durata 128′ min. – USA 1969. MYMONETRO Il grinta * * 1/2 - - valutazione media: 2,94 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Vecchio sceriffo monocolo è assoldato da giovane proprietaria per catturare l’assassinio del padre. Dal romanzo Un vero uomo per Mattie Ross di Charles Portis, un western consueto in funzione del gigionismo di Wayne che, infatti, ebbe un Oscar. Verboso, godibile quando schiaccia il pedale al grottesco. “Lo sceriffo che ammazza senza preavviso stabilisce una continuità storica tra la bandiera nera di Quantrell e i berretti verdi nel Vietnam” (T. Kezich). Idealmente seguito da Torna il Grinta. Il personaggio del guercio Rooster Cogburn fu ripreso da Warren Oates in un film TV del 1978. Rifatto nel 2010 dai fratelli Coen.

True Grit (1969) on IMDb
Locandina italiana Il grinta

Un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld, Barry Pepper. Titolo originale True Grit. Western, Ratings: Kids+16, durata 110 min. – USA 2010. – Universal Pictures uscita venerdì 18 febbraio 2011. MYMONETRO Il grinta * * * 1/2 - valutazione media: 3,75 su 139 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Mattie Ross è una quattordicenne fermamente intenzionata a portare dinanzi al giudice, perché venga condannato alla pena capitale, Tom Chaney l’uomo che ha brutalmente assassinato suo padre. Per far ciò ingaggia lo sceriffo Rooster Cogburn non più giovane e alcolizzato ma ritenuto da tutti un uomo duro. Cogburn non vuole la ragazzina tra i piedi ma lei gli si impone. Così come, in un certo qual modo, gli verrà imposta la presenza del ranger texano LaBoeuf. I tre si mettono sulle tracce di Chaney che, nel frattempo, si è unito a una pericolosa banda.
“I malvagi fuggono quando nessuno li insegue”. Con questo passo dal Libro dei Proverbi si apre il film che rappresenta l’ennesima sfida dei Coen. Questa volta i due registi decidono di confrontarsi al contempo con un genere che hanno (seppure a modo loro) già esplorato (il western) e con un’icona del cinema di nome John Wayne. Non era un’impresa facile realizzare un remake del film di Henry Hathaway che fece vincere l’Oscar al suo protagonista. Ma, come sempre, i Coen riescono a costruire un’opera totalmente personale pur rispettando (più dell’originale) lo spirito del romanzo di Charles Portis a cui la sceneggiatura si ispira.
Già la citazione biblica ne è un segno. Mattie è spinta a cercare giustizia da un carattere assolutamente determinato e lontano dall’iconografia della donna del West (Calamity Jane, Vienna/Joan Crawford e pochi altri esempi a parte) ma anche da un fondamentalismo che ha radici religiose. I Coen eliminano visivamente il prologo proponendo la vicenda come un flashback della memoria della donna Mattie. Una donna divenuta troppo precocemente tale perché nata in un mondo in cui dominano l’ignoranza (“Mia madre sa a malapena fare lo spelling della parola cat”) e la morte.
È un film sul distacco, sulla perdita, sulla separazione Il Grinta. Mattie non bacerà il cadavere del padre (per quanto sollecitata) ma assisterà all’impiccagione di tre condannati due dei quali potranno esprimere il loro pentimento o la loro rabbia. Il terzo non potrà farlo: è un nativo pellerossa. La stessa Mattie però dormirà nella stanza mortuaria accanto ai cadaveri degli impiccati. Da quel momento avrà inizio un lungo percorso in cui Rooster Cogburn, detto Il Grinta, sarà una sorta di disincantato ma al contempo dolente Virgilio pronto a raccontare di sé e del suo confronto quotidiano con una morte inferta o subita. Mattie lo vedrà per la prima volta non mentre arriva in città con i malfattori catturati (come nel film del 1969) ma emergere progressivamente alla visione mentre in tribunale gli viene chiesto conto degli omicidi (a favore della Legge certo ma sempre omicidi) compiuti. Jeff Bridges è perfetto nel rendere quasi tangibile questa figura di uomo della frontiera cinematograficamente in bilico tra la classicità e lo spaghetti-western.
Si lascia The Duke Wayne alle spalle e affronta un viaggio in un genere destinato a proporre, incontro dopo incontro e scontro dopo scontro, una riflessione su un modo di concepire il confronto sociale non poi troppo distante da quello in atto in questi nostri difficili tempi. Perché, non dimentichiamolo, anche il più apparentemente astratto film dei Coen morde sempre (e con grande lucidità) sul presente.

True Grit (2010) on IMDb

Regia di Joel CoenEthan Coen. Un film Da vedere 1987 con Nicolas CageHolly HunterTrey WilsonJohn GoodmanWilliam ForsytheFrances McDormandCast completo Titolo originale: Raising Arizona. Genere Comico – USA1987durata 93 minuti. – MYmonetro 3,26 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Considerata una prova registica minore dei fratelli Coen, la pellicola non è avulsa da intenti pedagogici che sfociano a tratti in una visione statica, non tanto dell’interiorità dei protagonisti, quanto dell’assenza di una serrata fluidità avvincente tra le varie sequenze. Qui, come ovunque, troviamo la capacità singolare di travalicare i generi filmici e come rumore di sottofondo quel costante odore di western misto a uno sconfinato orgoglio di frontiera, dove il solo limite per la sempre cantata America (in questa pellicola celebrata nello stesso titolo) è data da un confine che è l’antinomia stessa del concetto di confine: l’Oceano. Allo stesso modo i loro personaggi (spesso cuciti su attori professionisti di nota fama) sembrano “strabordare” di continuo. Ma se il paradosso diviene più che una chiave di lettura il leit motiv dell’intento registico dei geniali fratelli, violando sempre le colonne d’Ercole della credibilità e verosimiglianza (dato restituitoci da una sinossi che sposa un criminale con una sbirra americana), questa pellicola è il riverbero di personaggi che si incastrano in una legenda di significati folkloristici, talmente surreali da divenire archetipi ma pur sempre fuori dall’apnea dei luoghi comuni del cinematografo da botteghino. Plot eccessivo nella sua dicotomica linearità (da un lato Nathan Arizona, magnate dei divani e capace di inseminazioni da parto plurigemellare, dall’altro un comunissimo criminale da due cents perdente dapprima nella fecondità e poi nel lavoro e nella credibilità) e non privo di un certo eco reazionario in cui l’avversione dei fratelli Coen al governo dell’epoca si staglia sulla rappresentazione esasperata di due ceti agli antipodi, sullo sfondo degli anni ’80. L’opera rimane ancora oggi una promessa più che una partita chiusa e le pellicole successive ne sono l’esatta conferma.

Raising Arizona (1987) on IMDb

Regia di Ethan CoenJoel Coen. Un film Da vedere 2016 con Josh BrolinGeorge ClooneyAlden EhrenreichRalph FiennesScarlett JohanssonCast completo Titolo originale: Hail, Caesar!. Genere Commedia nera, – USA2016durata 106 minuti. Uscita cinema giovedì 10 marzo 2016 distribuito da Universal Pictures. – MYmonetro 3,27 su 7 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

1951, teologia e comunismo a Hollywood. E tante risate. Un produttore cattolico (Brolin in formissima, fusione di 2 pezzi da 90 della Hollywood degli anni d’oro: Eddie Mannix, vicepresidente della M-G-M, e il suo capo ufficio stampa Howard Strickling) manda abilmente avanti e preserva l’illusione di quella fabbrica di sogni che è Hollywood. Nell’arco di una giornata, si destreggia tra la repressione morale, lo sconvolgimento socio-politico, la black list di McCarthy, e riconduce sulla retta via le star sotto contratto del suo Studio. Lo scopo è evitare scandali da prima pagina (deliziosa Swinton nel doppio ruolo di reporter). Clooney è un centurione romano convertito sotto la croce di Cristo nella produzione Ave, Cesare! La Johansson fa il verso a Esther Williams in La ninfa degli antipodi , mentre Tatum danza sulle orme di Gene Kelly. I Coen hanno fabbricato una commedia spensierata. Un’ironia colta con memorabili citazioni rende omaggio alla produzione cinematografica degli anni d’oro di Hollywood. Un’ironia dissacrante prende in giro un’epoca che non c’è più con quella catena di montaggio di film in costume… da bagno, da cowboy, da ballerino, da antico romano… dove l’atmosfera surreale di metacinema è resa magicamente da una assortita galleria di personaggi irresistibili e (con)vincenti. Come per i loro film passati, i 2 fratelli utilizzano una voce fuori campo (Michael Gambon) per dare una brezza fiabesca.

Hail, Caesar! (2016) on IMDb

Regia di Ethan CoenJoel Coen. Un film con Tom HanksIrma P. HallMarlon WayansJ.K. SimmonsTzi MaRyan HurstCast completo Titolo originale: The Ladykillers. Genere Commedia – USA2004durata 104 minuti. – MYmonetro 3,06 su 19 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Devota della chiesa battista, una vecchia e vispa vedova nera prende a pigione nella sua villetta di una cittadina in riva al Mississippi un finto professore di logorroica eloquenza che prepara un colpo grosso in un vicino casinò con quattro complici di scadente competenza tecnica. Lei li scopre, loro progettano di eliminarla… I fratelli Coen, anche coproduttori, hanno estrapolato dall’ottima sceneggiatura di William Rose per La signora omicidi (1955) la spina dorsale e l’umorismo nero, eliminando tutto il resto (anche la dimensione caustica, purtroppo) e sostituendolo con l’ambientazione diversa, personaggi altrimenti caratterizzati, non poco stereotipati, e una colonna musicale straripante di gospel. Oltre a un corvo e a un cane con maschera antigas, fanno parte dell’azione Pickles, gatto rossiccio, e il ritratto di Othar, defunto marito dell’impagabile signora Munson cui rimane il bottino a dimostrazione che la fede in Dio e i principi morali pagano. Hanks (doppiato da Massimo Rossi) si diverte col linguaggio fiorito e le poesie di Poe del suo facondo ciarlatano, ma la Hall gli ruba spesso la scena.

The Ladykillers (2004) on IMDb

Mister Hula Hoop - Film (1994) - MYmovies.it

Regia di Joel Coen. Un film Da vedere 1994 con Jennifer Jason LeighPaul NewmanTim RobbinsCharles DurningJohn MahoneyBruce CampbellCast completo Titolo originale: The Hudsucker Proxy. Genere Commedia, – USA1994durata 111 minuti. Uscita cinema lunedì 1 agosto 1994 distribuito da Warner Bros Italia. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: Film per tutti – MYmonetro 3,13 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.
 
Un giovane ingenuo e inesperto viene messo a capo di una multinazionale dopo il suicidio del titolare: lo scopo è che provochi il fallimento dell’azienda, cosicché gli autori dell’intrigo possano rilevarla per nulla e farla tornare a prosperare.
 Mister Hula Hoop
(1994) on IMDb
Poster A Serious Man

Regia di Joel CoenEthan Coen. Un film Da vedere 2009 con Michael StuhlbargRichard KindFred MelamedSari LennickAdam Arkin.Cast completo Genere Commedia – USAGran BretagnaFrancia2009durata 105 minuti. Uscita cinema venerdì 4dicembre 2009 distribuito da Medusa. – MYmonetro 3,98 su 171 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Da qualche parte nel Mid West, 1967. Larry Gopnik è un professore di fisica con poche pretese e molti guai. La moglie gli preferisce il più serio Sy Ableman e vuole un divorzio rituale per (ri)sposarsi nella fede, il figlio fuma spinelli e ascolta i Jefferson Airplane in attesa di celebrare il suo Bar mitzvah, la figlia lava principalmente i capelli e gli ruba il denaro per rifarsi il naso, il fratello russa sul suo divano e redige un diario sul calcolo delle probabilità, uno studente coreano lo corrompe col denaro e lo minaccia di diffamazione, una bella vicina si offre nuda ai raggi del sole e al suo sguardo, un vicino di casa taglia la sua erba sempre meno verde. Travolto da una messe di guai, Larry si rivolge a uno, due e tre rabbini per ascoltare la parola di Hashem e interpretare la sua volontà. In attesa di una cattedra all’Università, dell’esito delle lastre e dell’arrivo dell’uragano, Larry insegue la strada per diventare un mensch, un uomo serio.
Come sempre, dietro e prima di ogni storia coeniana c’è un piccolo evento, un incontro fortuito, una notizia di cronaca, un romanzo o addirittura un poema in versi, insomma ogni cosa può diventare pretesto e scintilla per avviare la giostra dell’assurdo e lo splendore registico dei fratelli di Minneapolis. Questa volta il sipario si alza su uno shtetl polacco dove un uomo, una donna e un supposto dybbuk (un’anima posseduta) interagiscono e parlano una lingua antica e minoritaria, l’yiddish. Un secolo dopo e in un continente altro, i Coen voltano pagina e piombano nel Mid West attraverso un auricolare che suona “Somebody to love” nell’orecchio di un indisciplinato studente ebreo. Il prologo, avulso dalla storia che segue ma iscritto nel corpo del film, favorisce il gioco interpretativo e lo impone come strumento necessario e come parte integrante della sceneggiatura. Frammento estraneo alla vicenda dominante che tuttavia la presenta e la connota in senso ebraico. 
Come già dimostrato da Marge, l’agente incinta di Fargo, nel più stupido dei mondi possibili che annichilisce i soggetti, c’è spazio anche per “l’uomo ordinario” per il quale la realtà non è a tutti i costi il peggior mondo possibile. Per questa ragione il dio-regista a due teste si diverte a tormentare Larry Gopnik, a giocargli irridenti scherzi (la morte di un grasso avvocato), rovesciandone repentinamente prospettive ed attese.
A serious man si impegna a raccontarci l’impossibilità di una famiglia (e di una vita) perfetta e l’irraggiungibilità di una felicità inattaccabile. La telefonata di un medico o l’occhio di un ciclone possono abbattersi impietosi, costringendo nella riserva onirica dell’immaginazione gli impossibili desideri di un uomo semplice, di un marito improbabile ma probabilmente innamorato. 
Il professore ebreo di Michael Stuhlbarg come il drugo Lebowski e il barbiere “che non c’era” vengono trascinati in un’incredibile sciarada di disavventure contro la propria radicale apatia. Sospeso tra l’orrore per il caos della vita e la noia esistenziale, Larry si rivolge a tre rabbini per non precipitare nel vuoto e in un movimento insensato. La risposta è un grande buco di senso intorno al quale i Coen fanno scorrere le azioni dei personaggi. L’yiddish e l’ebraico diventano lingue morte di un rituale ormai privo di significato che il rabbino Marshak converte nel linguaggio e nei versi rock dei Jefferson Airplane prima dell’uragano e della fine (del film? Di tutto?). 
Ancora una volta i Coen tendono fino all’estremo la corda, sfiorando un happy end, per poi capovolgere tutto con il colpo di coda dell’ultima battuta e dell’ultima inquadratura. Battuta e inquadratura che azzerano e (insieme) moltiplicano qualsiasi dubbio sul senso ultimo del film. Cabalistico.

A Serious Man (2009) on IMDb
Poster A proposito di Davis

Un film di Joel Coen, Ethan Coen. Con Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Ethan Phillips, Robin Bartlett. Titolo originale Inside Llewyn Davis. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 105 min. – USA, Francia 2013. – Lucky Red uscita giovedì 6 febbraio 2014. MYMONETRO A proposito di Davis * * * 1/2 - valutazione media: 3,73 su 99 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


C’era una volta la capitale indiscussa del folk, quel Greenwich Village a partire dal quale Bob Dylan avrebbe cambiato la storia della musica. Ma questa storia comincia prima, quando la musica folk è ancora inconsapevolmente alla vigilia del boom e i ragazzi che la suonano provengono dai sobborghi operai di New York e sono in cerca di una vita diversa dalla mera esistenza che hanno condotto i loro padri. Llewyn Davis è uno di questi, un musicista di talento, che dorme sul divano di chi capita, non riesce a guadagnare un soldo e sembra perseguitato da una sfortuna sfacciata, della quale è in buona parte responsabile.
Anima malinconica e caratteraccio piuttosto rude, Llewyn è rimasto solo, dopo che l’altra metà del suo duo ha gettato la spugna nel più drastico dei modi, e ha una relazione conflittuale con il successo, condita di ebraici sensi di colpa, purismo artistico e tendenze autodistruttive. Appartiene alla categoria più fragile e più bella dei personaggi usciti dalla mente dei fratelli Coen, come Barton Fink o Larry Gopnik (A serious man), così come il film appare immediatamente come il ritorno ad un progetto più intimo rispetto all’ultimo Il Grinta. E tuttavia A proposito di Davis, nei confini di uno spazio limitato a pochi ambienti (l’unica possibilità di fuga si rivela un altro fallimento) e di una sola settimana di tempo (arrotolata in una circolarità tipicamente coeniana), è una celebrazione dell’arte – della musica, ma anche e più che mai del cinema – amara e sentita, tutt’altro che contenuta.
Per quanto il lavoro di rievocazione storica dell’ambiente musicale e degli ambienti in generale (è il 1961, l’anno di Colazione da Tiffany, qui omaggiato dalle finestre che si aprono sulle scale antincendio e da un gatto senza nome, destinato a riuscire nell’impresa giusto per far sentire Llewyn ancora più perdente) sia uno dei protagonisti indiscussi del film, è in un una scena molto diversa che si nasconde il suo cuore. Su un palco in penombra, senza appigli che non siano una sedia e una chitarra, e ad un certo punto più nemmeno quest’ultima, Llewyn canta la sua struggente ballata per il produttore. È un momento di emozione pura, al termine del quale, il potente interlocutore guarda il protagonista e sentenzia: non si fanno soldi con quella roba. E in questa chiusa comica e micidiale, i Coen dicono tutto, dell’arte e dell’industria, forse anche del loro stesso film, con la consueta ironia e il consueto cinismo.
Ispirato in parte al memoir del folk singer Dave Van Ronk (“The Mayor of MacDougal Street), A proposito di Davis è anche una piccola summa del cinema precedente dei fratelli di Minneapolis, fatto di incontri enigmatici, facce incredibili, bizzarre riunioni canore attorno ad un microfono, tragicomici doppi. Perché in due è meglio.

Inside Llewyn Davis (2013) on IMDb
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Locandina L'amore

Un film di Roberto Rossellini. Con Anna Magnani, Sylvia Bataille, Lia Corelli, Gabrielle Fontan, Jucci Kellerman.Drammatico, b/n durata 78 min. – Italia 1948. MYMONETRO L’amore * * 1/2 - -valutazione media: 2,83

Il film si divide in due episodi. Il primo si intitola Una voce umana ed ha al centro una serie di telefonate che una donna riceve dall’uomo che ama e che la sta lasciando per un’altra. Nel secondo (Il miracolo) Nannina, una pastora considerata matta dai compaesani, incontra un vagabondo che crede sia San Giuseppe (a cui lei è molto fedele) che ha deciso finalmente di comparirle davanti. L’uomo, dopo averla fatta bere abbondantemente, approfitta di lei. Così Nannina si ritrova incinta e dileggiata da tutti.
“Questo film è un omaggio all’arte di Anna Magnani” così recita un cartello a firma Roberto Rossellini prima dell’inizio del secondo episodio de L’amore. Si può però affermare che entrambi, anzi in modo particolare il primo, siano due grandi omaggi all’attrice. Cocteau, alla cui pièce fa riferimento diretto con alcune varianti il primo episodio, ricordava: “Ho lavorato al film “La voix humaine” con Rossellini e la Magnani. Due belve. Una che sonnecchia. L’altra che tira fuori gli artigli. Conservo della nostra collaborazione il ricordo di una sorta di miracolo amichevole.” Rossellini realizza sulla base del testo un film che si può definire sperimentale. Sperimenta sui suoni: le voci che giungono dall’appartamento accanto, le repliche dell’interlocutore al telefono che ogni tanto si percepiscono quasi distintamente, i rumori ambientali. Ma soprattutto è su lei, su Anna Magnani che esercita una sorta di gioco che va dal dominio alla sottomissione alternativamente. Da un lato le scelte di inquadratura, che talvolta si rivelano difficili da sostenere per l’uso del fiato da parte della protagonista e dall’altro l’infinita tavolozza di sfumature vocali ma soprattutto mimico-facciali e corporee che l’attrice gli regala e/o gli impone. Nel secondo episodio la situazione si modifica profondamente. Da un’unità di tempo e spazio in interni si passa a una vicenda che si sviluppa quasi totalmente in esterni che marcano fortemente la solitudine esistenziale di Nannina. Anna Magnani le offre tutti i tratti fisiognomici popolari che aveva abilmente sottratto alla schermaglia drammatica delle telefonate. Il suo è un corpo che diventa progressivamente sempre più sgraziato mentre le sue parole si perdono nel vociare crudele e irridente della folla. Parole a cui inizialmente ha fatto da gelido contrasto il silenzio dello sconosciuto (interpretato da un misterioso Fellini) pronto a sfruttare la sua ingenua credulità. Rossellini sta esplicitamente dalla sua parte, non ne mette mai in ridicolo la fede primitiva mentre invece giudica in poche inquadrature sia l’ignoranza del ‘popolino’ sia quella arrogante e presuntuosa dei giovani studenti.

Love (1948) on IMDb

Regia di Ruben Östlund. Un film Da vedere 2022 con Harris DickinsonCharlbi Dean KriekWoody HarrelsonVicki BerlinHenrik DorsinCast completo Titolo originale: Triangle of Sadness. Genere Satirico, – Svezia2022durata 149 minuti. Uscita cinema giovedì 27 ottobre 2022 distribuito da Teodora Film. – MYmonetro 3,10 su 35 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

I modelli Carl e Yaya, dopo aver discusso di denaro una sera al ristorante, vengono invitati ad una crociera di lusso, tra milionari soli e accompagnati di varie provenienze e anziani e gentili fabbricanti d’armi. Ma la sera della cena col capitano una terribile mareggiata getta ospiti e equipaggio nel caos più totale, e i due bellissimi si ritrovano spiaggiati su un’isola, senza essere in grado di procurarsi aiuto né cibo.

Triangle of Sadness (2022) on IMDb

Regia di Julia Ducournau. Un film Da vedere 2021 con Vincent LindonAgathe RousselleGarance MarillierLais SalamehDominique FrotCast completo Genere Drammatico, – FranciaBelgio2021durata 108 minuti. Uscita cinema venerdì 1 ottobre 2021 distribuito da I Wonder Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 18 – MYmonetro 3,10 su 30 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Alexia ha una placca di titanio conficcata nel cranio a causa di un incidente passato. Ballerina in un ‘salone di automobili’, le sue performance erotiche la rendono preda facile degli uomini, che l’approcciano senza mezze misure. Ma Alexia uccide con un fermaglio chi si avvicina troppo e colleziona omicidi che la costringono a fuggire e ad assumere l’identità di un ragazzo, Adrien, il figlio scomparso dieci anni prima di un comandante dei pompieri. Lei è una macchina programmata per uccidere che cerca un rifugio, lui una divisa programmata per salvare vite che ha disperatamente bisogno di prenderla per qualcun’altro. Tutto li separa ma poi qualcosa improvvisamente li unisce per sempre.

Titane (2021) on IMDb

Regia di Ruben Östlund. Un film Da vedere 2017 con Claes BangElisabeth MossDominic WestTerry NotaryChristopher LæssøCast completo Titolo originale: The Square. Genere Commedia drammatica, – SveziaDanimarcaUSAFrancia2017durata 142 minuti. Uscita cinema giovedì 9 novembre 2017 distribuito da Teodora Film. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 3,56 su 5 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Christian è il curatore di un importante museo di arte contemporanea di Stoccolma. Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Al museo, intanto, lui e la sua squadra stanno lavorando all’inaugurazione di una mostra, che prevedere l’installazione dell’opera “The Square”: un quadrato delimitato da un perimetro luminoso all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri, un “santuario di fiducia e altruismo”. Su suggerimento di un collaboratore, Christian scrive una lettera in cui reclama i suoi averi rubati, innescando una serie di conseguenze che spingono la sua rispettabile ed elegante esistenza in una vertigine di caos.

 The Square
(2017) on IMDb
Locandina italiana Dheepan - Una nuova vita

Un film di Jacques Audiard. Con Vincent Rottiers, Marc Zinga, Jesuthasan Antonythasan, Kalieaswari Srinivasan.Titolo originale Dheepan. Thriller, Ratings: Kids+13, durata 109 min. – Francia2015. – Bim Distribuzione uscita giovedì 22 ottobre 2015. MYMONETRO Dheepan – Una nuova vita * * * - - valutazione media: 3,25 su 24 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Dheepan deve fuggire dalla guerra civile dello Sri Lanka e per farlo si associa con una donna e una bambina. I tre si fingono una famiglia e riescono così a scappare e rifugiarsi nella periferia di Parigi. Anche se non parlano francese nè hanno contatti. Trovati due lavori molto semplici (guardiano tuttofare e badante) i due scopriranno la vita da periferia, le bande e le regole criminali che vigono nel posto che abitano. Quando arriverà inevitabile lo scoppio della violenza e degli spari occorrerà prendere una decisione, se rimanere insieme o separarsi.
Qualsiasi storia nel cinema di Audiard per raggiungere il paradiso del sentimentalismo, quella punta emotiva che suscita nello spettatore l’irrazionale sensazione di partecipazione alle vicende dei personaggi, deve passare per l’inferno della violenza. Come se le due forze fossero inscindibili nei suoi film si attraggono a vicenda: gli atti violenti o criminali chiamano amore e ogni amore per concretizzarsi prima o poi richiede di essere legittimato dalla violenza, altrimenti sembra non poter essere davvero tale.
Destinato a mettere a confronto e a sovrapporre questi due estremi, questa volta Audiard decide di eliminare ancora più del suo solito il primo livello di comunicazione. I protagonisti di Dheepan fanno molta fatica a parlarsi, non solo spesso non si capiscono per problemi di lingua ma anche quando parlano lo stesso idioma è come se non riuscissero ad essere chiari gli uni con gli altri. In un cinema in cui l’unica legge che conta è quella dei corpi, strusciati o impattati, non sarà mai con le parole che si potrà risolvere qualcosa, in storie in cui l’unica verità è quella espressa dagli istinti non è con il ragionamento che si può cambiare la propria vita.
I protagonisti di Dheepan hanno solo i fatti e le azioni per spiegarsi ma per Audiard bastano e avanzano. Il regista non teme di scrivere una scena di dialogo, forse la più bella ed intensa del film, tra due persone che parlano ognuno una lingua che l’altro non conosce, eppure sembrano stranamente sulla stessa lunghezza d’onda. Si tratta forse dell’unico momento nel film in cui si intravede un lampo della capacità quasi ottocentesca che quest’autore ha di raccontare gli uomini attraverso lo stordimento.
Questa volta la riluttanza con cui il protagonista cerca di non farsi trascinare in un mare di efferatezza e di scegliere di costruire il suo opposto con una donna sembra però meno potente del solito. Coadiuvato da due interpreti decisamente meno abili e virtuosi di quelli cui Audiard ci ha abituato e caratterizzati con molta meno umanità del solito, il suo ultimo film appare come il più lieve, quello che con più difficoltà riesce ad accendere un fuoco sfregando i legnetti del suo arsenale.
Dall’altra parte però Dheepan involontariamente conferma cosa sia ad attirarci verso questa storia e questo stile di racconto, anche quando meno riuscito. Si tratta della continua esistenza di un rumore di fondo tetro, la netta sensazione che in ogni momento emotivo esista una sottile paura della morte, la consapevolezza che tutta la passione mostrata possa prendere la strada del sangue come quella dell’amplesso e forse non esiste differenza.
Del resto nell’inferno del palazzone grigio e indifferente in cui si svolge il film si consumano sparatorie e guerre fra bande nelle quali striscia la possibilità di tramutare una famiglia finta in famiglia vera. L’ultima possibile eredità del cuore pulsante del noir (inseguire un amore nei luoghi e nelle situazioni che rendono più difficile rimanere vivi) è forse davvero questa.

Dheepan (2015) on IMDb

Regia di Clint Eastwood. Un film Da vedere 1976 con Clint EastwoodSondra LockeChief Dan GeorgeBill McKinneyJohn VernonPaula TruemanCast completo Titolo originale: The Outlaw – Josey Wales. Genere Western – USA1976durata 135 minuti. – MYmonetro 3,18 su 1 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Josey Wales è un tranquillo contadino del Missouri cui una banda di vigilantes nordisti ha trucidato la moglie e il figlio. Arruolatosi nelle file dei sudisti, al termine della guerra di Secessione non accetta di deporre le armi e attraversa il Paese da est a ovest per ritrovare e giustiziare chi ha distrutto i suoi cari. Strada facendo, raccoglie alcuni sbandati – l’indiano, la nonna, la nipote, alcuni messicani e un cane – che diventano la sua nuova famiglia, nonostante lui opponga resistenza.
Quinto film e secondo western di Clint Eastwood regista, Il texano dagli occhi di ghiaccio prende a pretesto la storia nordamericana per entrare in un universo tematico particolare, quello della violenza. Il movente è chiaro e ribadito, il respiro epico, il viaggio metafora dell’itinerario esistenziale di Josey, costretto a sopravvivere.
La motivazione del protagonista riecheggia quella del magistrale Sentieri Selvaggi di John Ford, ambientato nello stesso periodo, ma le somiglianze si arrestano in partenza.
Parabola di un uomo pacifico, costretto a divenire fuorilegge, che ritorna lentamente ad una vita normale quasi contro la sua volontà, è un film che, per parlare di violenza, la mette in scena costantemente: la sua giustificazione, ma anche il suo limite.
Seguito, nel 1986, da The return of Josey Wales.

The Outlaw Josey Wales (1976) on IMDb

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