Il personaggio della protagonista, Concha, è tratto dal romanzo di Pierre Louÿs La femme et le pantin: gli uomini sono burattini nelle mani di questa affascinante sigaraia sivigliana. Prima il maturo Don Pasquale, poi il giovane amico di questo, Antonio, vanno in rovina per i suoi capricci e si battono a duello.
Un sottomarino atomico minaccia di bombardare le coste degli Stati Uniti qualora non venga versato un astronomico riscatto. Il governo incarica un gruppo di tecnici e militari di approntare un piano di emergenza. Durante una perlustrazione del fondo marino gli uomini del comandante Franklin si imbattono nel mitico Nautilus e scoprono nel suo interno il corpo del capitano Nemo, tenuto in vita grazie ad un processo di ibernazione. Franklin non esita a rianimare il leggendario eroe convinto che soltanto lui potrà aiutarlo contro Waldo Cunningham, il folle criminale. Nemo, naturalmente, non si tira indietro e, per nulla a disagio con le nuove tecnologie computerizzate, ingaggia una lunga battaglia, nel corso della quale, trova perfino il tempo di concludere una sua vecchia missione: liberare il nobile popolo di Atlantide da una oltraggiosa schiavitù. Se non ci si lascia sopraffare dall’incredibile accostamento di personaggi, luoghi e situazioni e dall’ammiccamento all’epica di Guerre stellari, il film può anche risultare divertente. Nel cast spiccano attori un tempo famosi, tra gli sceneggiatori (una vera e propria squadra!) il celebre Robert Bloch, e, agli effetti speciali, il veterano L.B. Abbott in una delle sue ultime prove.
Rimasto orfano dopo un incidente, un bambino di otto anni va a vivere a Demopolis, in Alabama, con la nonna. È il 1968, per gli afroamericani la vita non è semplice, ma per nonna e nipote il pericolo viene soprattutto dalla scoperta che le streghe – creature malvagie e orribili che odiano i bambini sopra ogni cosa – sono tornate. Convinti di sfuggire alla persecuzione, si rifugiano in un hotel di lusso dove lavora un loro cugino, senza sapere, però, che proprio in quel luogo sfarzoso si terrà l’annuale raduno delle streghe. E che la tremenda Strega suprema ha intenzione di trasformare tutti i bambini del mondo in topi.
Dolcetto, scherzetto e una nota di amarezza. Il maestro degli incubi ha un sogno nel cassetto: qualcosa di nuovo. Jack Skeletron, re del decadente mondo di Halloween, è stanco di urla e paura. Così, mentre i mostri riemergono dalle bare per terrorizzare il mondo, Jack sprofonda in un’amletica crisi esistenziale. Assuefatto dal terrore e insoddisfatto di una realtà sempre uguale a se stessa, si perde in una foresta cercando ispirazione. La trova in una porta magica che lo catapulta nel mondo del Natale. Calore, colore, gioia. Finalmente lo stupore che cercava. E poi una missione: sostituirsi a Babbo Natale e gestire i preparativi della festa più attesa da tutti i bambini. Tim Burton’s The Nightmare Before Christmas si muove leggiadro come lo scheletrico Jack, sulle note della fantasia più pura ed ispirata, mosso con cura e dedizione dal regista burattinaio Henry Selick. Ma nel film girato in stop motion, il ripieno è tutto della zucca di Tim Burton, tanto da insinuarsi persino nel titolo. Stile riconoscibile per l’impronta gotica dei toni e soprattutto per lo scontro tra realtà opposte, in cui il difforme svetta sul banale per coraggio e ingegno. Sull’esempio del malinconico Edward mani di forbice e dell’esperienza del suo creatore, anche Jack punta goffamente all’integrazione, dimenticando che il bene da preservare è invece la differenza.
Norman è un bambino introverso e appassionato di horror che fatica a fare amicizie, in questo di certo non lo aiuta il fatto di essere l’unico del suo paese a vedere i fantasmi. Tutti i trapassati che hanno ancora questioni irrisolte sulla Terra gli appaiono e gli parlano, costantemente, nonna inclusa. In più da qualche tempo è preda di visioni che sembrano catapultarlo nel passato. Per questo motivo gli altri lo credono un po’ scemo, nonostante il piccolo paese in cui vive secoli prima sia stato teatro di diversi roghi di streghe e ancora se ne vanta come fosse un’attrazione turistica. Tutto cambierà quando un suo zio ritenuto matto gli comunicherà poco prima di morire che ora tocca a lui tenere lontani, ogni anno, i morti viventi e la maledizione di una delle streghe bruciate secoli prima.
Tre streghe riescono a ringiovanire succhiando la linfa vitale da una fanciulla e trasformando suo fratello in un gatto. Vengono catturate e impiccate, ma dichiarano che un giorno torneranno. Queste sono le origini di Halloween ma, ovviamente, c’è chi si dichiara scettico in materia. Avrà modo di ricredersi perché le tre streghe, effettivamente, torneranno. Film Disney che potrebbe far leva solo sugli effetti speciali mentre si prende il gusto di fare ironia sul genere horror trasformandolo in una simpatica satira di costume.
È la notte di Halloween e tre ragazzini incuriositi da una tetra casa al di là del viale, decidono di avventurarsi nella sinistra dimora alla ricerca dei mostri che la abitano.
Dal romanzo The Executioners (1958) di John D. MacDonald. Dopo 14 anni di carcere uno stupratore terrorizza a fuoco lento la famiglia del suo avvocato difensore. 1° film di genere e 1° remake di Scorsese, da Il promontorio della paura (1962). Il suo fascino perverso nasce dal fatto che, nonostante tutto, si è portati a provare simpatia per il criminale più che per la vittima, moralmente spregevole quanto lui, almeno fin quando verso il finale la violenza, prima latente, esplode con isterica e magniloquente frenesia. Sapiente costruzione drammatica nell’alternarsi di tempi forti e deboli, ottima squadra di attori, notevoli contributi di F. Francis (fotografia), E. Bernstein (che ha arrangiato la partitura originale di B. Herrmann), Saul e Elaine Bass (titoli di testa). Brevi apparizioni di Robert Mitchum, Gregory Peck, Martin Balsam, interpreti del film precedente
Un cattivo soggetto vuole vendicarsi di un avvocato la cui testimonianza gli ha fatto passare molti anni in galera. È uno psicopatico e annuncia al suo nemico che, prima di fargli la festa, farà passare un brutto quarto d’ora alla moglie e alla figlioletta. L’avvocato decide di far perdere le sue tracce, portando la famigliola in un posto fuori mano. Ma il suo persecutore lo ritrova. Scontro terribile fra i due, alla fine del quale l’avvocato ha fortunosamente la meglio.
Donna, un’adolescente, torna a casa una sera con un’amica. Entrata nell’abitazione scopre, uno dopo l’altro, il padre e il fratello uccisi. Nascostasi sotto il letto vedrà massacrare la madre. Ora è passato qualche tempo e, grazie anche al sostegno del suo ragazzo Ronnie, può pensare di andare alla classica festa in cui si eleggono Re e Regina tra i coetanei. Donna è felice anche se la paura le rimasta dentro, Non sa però che chi ha compiuto quella strage era ossessionato dal desiderio di lei e che ora è fuggito dal carcere e ha raggiunto l’hotel in cui Donna e i suoi amici festeggeranno. Il recente passato sta per ripresentarsi davanti ai suoi occhi.
Nel 1957, mentre Mary Lou veniva uccisa dal suo ex fidanzato durante il ballo di fine anno scolastico, Padre Jonas, un prete fanatico religioso, venne accusato di aver ucciso alcuni ragazzi in quello stesso giorno, e fu così che gli altri preti lo narcotizzarono e lo rinchiusero nella cantina del monastero.
Trentacinque anni dopo un gruppo di studenti liceali, per trascorrere gli ultimi momenti del ballo di fine anno, decidono di passare la notte dentro il monastero. Sfortunatamente libereranno il prete assassino, e sarà per loro l’inizio di un incubo…
Mary Lou Maloney, la ragazza uccisa nel 1957 dal suo ex ragazzo durante il ballo di fine anno, fugge dall’Inferno in cerca di altre vittime da uccidere alla Hamilton High School. Lì incontra Alex Grey, uno studente poco brillante che sogna di diventare dottore. Il ragazzo s’innamora del fantasma, non prendendosi cura della sua ragazza Sarah e Mary Lou comincerà ad approfittare del ragazzo per compiere una nuova strage.
Nel 1957, la diciassettenne Mary Lou Maloney entra in una chiesa, dove confessa i suoi peccati al sacerdote, sostenendo di aver disobbedito ai suoi genitori, pronunciato il nome di Dio invano e di aver avuto rapporti peccaminosi con vari ragazzi. Il sacerdote le dice che ha commesso dei peccati gravi e che dovrà prepararsi a subirne le conseguenze. Prima di andarsene, Mary Lou dice al sacerdote che ha goduto a commettere quei peccati e lascia il suo numero di telefono nel confessionale insieme al messaggio “Se vuoi spassartela chiama Mary Lou.”
Ottimo film di controinformazione storica con radici nel passato remoto: dal XIII sec. l’Irlanda fu la prima colonia inglese. Fallita l’insurrezione armata nel 1916, nel 1920 reparti mal armati dell’IRA (Irish Republican Army) appoggiati dal partito di Sinn Fein, cominciano azioni di guerriglia contro le truppe britanniche e i Black and Tans (polizia ausiliaria) che reagiscono con una feroce repressione sui civili. Il 6-12-1921, grazie a Michael Collins, si firma un trattato che concede l’indipendenza e una sovranità limitata per 26 delle 32 contee dell’isola. Scritto da Paul Laverty, da 10 anni collaboratore di Loach, il racconto affronta la spaccatura tra riformisti e rivoluzionari (nel film: utopisti e realisti) che si condensa nel conflitto letale tra i fratelli Damien e Teddy O’Donovan. Evidenti sono le qualità che gli valsero la Palma d’oro a Cannes. Come in ogni opera valida del passato, ha palesi agganci col presente. Coniuga l’energia del cinema d’azione con l’approfondimento psicologico dei personaggi. Tutti bravi gli attori con Murphy/Damien primus inter pares . Restituisce l’aria del tempo (costumi di Eimer Ni Mhaoldomhnaigh) e riassume con efficacia l’intricato retroterra sociopolitico. Sposa l’emozione con la lucidità, il pessimismo con la volontà di lotta. Infine ha una qualità rara, una dimensione drammatica: nella 2ª parte diventa una tragedia moderna in cui la storia sostituisce il fato. Tra i due fratelli chi è Abele e chi Caino? Entrambi sono l’uno e l’altro. Loach e Laverty lasciano libero lo spettatore di scegliere e di schierarsi, se ci riesce. Titolo preso dal poeta irlandese Robert Dwyer Joyce.
A Seattle cinque uomini con il volto coperto fanno irruzione in una banca e prendono in ostaggio clienti e impiegati. Accerchiato dalla polizia Lorenz, il capo della banda, chiede di trattare con una sola persona, l’ispettore Quentin Conners, recentemente sospeso dal servizio per un grave errore. Conners accetta l’incarico a malincuore, soprattutto dopo aver saputo che dovrà lavorare in squadra con il giovanissimo ispettore Dekker.
Un uomo è in piedi in un vagone della metropolitana con la faccia sporca di fuliggine. Nella mano destra stringe una borsa di plastica che contiene dei documenti, o meglio, i loro resti carbonizzati. In un corridoio un uomo si aggrappa alle gambe del suo capo che l’ha appena licenziato. In un bar qualcuno sta aspettando il padre che ha appena bruciato la sua fabbrica di mobili per ottenere i soldi dell’assicurazione. Ingorghi stradali e agenti di borsa riempiono le strade mentre un economista, alla disperata ricerca di una soluzione ai suoi problemi fissa la sfera di cristallo di un veggente. Tutti stanno andando da qualche parte, ma nessuno sa più qual è la vera ragione.
Un film di Ermanno Olmi. Con Jun Ichikawa, Sally Ming Zeo Ni, Bud Spencer, Yang Li Xiang, Camillo Grassi, Makoto Kobayashi Drammatico, durata 90 min. – Italia 2003. MYMONETRO Cantando dietro i paraventi valutazione media: 2,85 su 16 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un giovane ed ingenuo studente si ritrova per errore in un teatrino fuori mano, tra le cui sale è possibile inoltre comprare trasgressioni e favori sessuali. Il Vecchio Capitano – un Bud Spencer inedito – dal palcoscenico situato nell’ampia sala centrale sta raccontando le gesta di Ching, piratessa ai tempi della Cina imperiale. Ching era sposa di un prode corsaro che, per aver accettato di collaborare con l’Imperatore, era stato ucciso a tradimento. La vedova, incapace di accettare questo oltraggio, si era dunque messa a capo della flotta del defunto marito ed era divenuta il pirata più temuto della Cina. Olmi torna a misurarsi con la fiaba (ricordate “Il segreto del bosco vecchio”?) ma volge lo sguardo all’Oriente. E’ una sperimentazione interessante quella che mette in atto il regista.
Thelma ha ricevuto un’educazione rigidamente cristiana: quando finalmente si affaccia al mondo degli uomini l’impatto è complicato. Dopo aver subito una violenta crisi, apparentemente epilettica, Thelma è avvicinata dalla bella e spigliata Anja, che la aiuta a integrarsi con i propri coetanei. L’approdo al soprannaturale non corrisponde a un mutamento di pelle per Joachim Trier. Benché Thelma mostri abbastanza presto che qualcosa di strano si nasconde sotto le pagine della sceneggiatura, i temi rimangono quelli cari al regista norvegese. A partire dalla difficile adolescenza e altrettanto ardua integrazione nella società di Thelma, cresciuta in un isolamento tale da rendere ogni approccio con altri esseri umani un azzardo, basato su un fragile equilibrio.
Sciagurato esempio di come non realizzare un thriller erotico, In The Cut, basato sul romanzo best seller di Susanna Moore, rappresenta il nadir delle produzioni cinematografiche, di quello che, si può affermare con certezza, essere il peggior Natale filmico degli ultimi anni. Privo di trama, costruzione dei personaggi e spessore drammaturgico, il film sembra montato ad arte solo per creare un risibile effetto di attesa per la prova di Meg Ryan, finalmente, anzi, troppo tardi, slegata al cliché di commediante romantica e sognatrice. Purtroppo mai come in questo caso, l’espressione “tanto rumore per nulla”, è veritiera. La tanto strombazzata performance “hard” di Meg Ryan si riduce ad una squallida scena in penombra, durante la quale l’attrice mostra le sue grazie al bovino e pelossisimo Ruffalo, altra macchietta inventata da una critica compiacente.
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