Fu diretto da Franco Rossi, insieme con Piero Schivazappa e a Mario Bava. È stato uno degli sceneggiati RAI di maggior successo, per il livello di spettacolarità superiore a quello delle precedenti produzioni televisive. Di rilievo il cast, tra cui spiccano Bekim Fehmiu nel ruolo di Ulisse e Irene Papas nel ruolo di Penelope.
Location principale furono gli studi cinematografici di Dino De Laurentiis, a Roma, mentre le riprese in esterna si svolsero prevalentemente in Jugoslavia[1][2].
Edizioni in DVD Nel 2002 la Elleu Multimedia lanciò in DVD due cofanetti contenenti ciascuno quattro puntate restaurate e rimasterizzate con biografie e filmografie negli extra. All’inizio di ciascun DVD vi è un prologo che narra le ragioni della guerra di Troia e nel secondo disco il viaggio e l’aspetto multiforme di Ulisse.
La mattina di Natale, Gawain che sogna di essere nominato cavaliere dall’anziano Re Artù. Spronato dalla madre Morgana a partecipare al ricevimento alla corte di Camelot, il giovane dissoluto assiste all’arrivo del misterioso e imponente Cavaliere Verde, che mette alla prova la corte. Gawain si offre di raccogliere la sua sfida e per tanto può colpirlo per primo, un anno dopo però dovrà recarsi in una remota chiesa per ricevere indietro il colpo sferrato. Gawain decapita la creatura, ma questa riprende la propria testa e ripete la sua profezia, che ora suona come una condanna a morte. Il ragazzo viene nominato cavaliere e passa un anno di scellerati piaceri, ma il nuovo Natale si avvicina…
L’unico tema comune in entrambi i film, è la guerra degli yōkai: il primo film utilizzava la figura di un demonebabilonese in viaggio verso il Giappone per punire le popolazioni indigene; nel lungometraggio moderno vengono utilizzate figure di rigetto per punire la popolazione.
L’ultimo film di Brandon Lee, figlio di Bruce, morto sul set per un colpo di pistola. Alcune scene sono state lavorate col computer per permettere di far “resuscitare” l’attore. Tratto dal fumetto omonimo. Grande videoclip, con ottima musica che va dai Cure agli Stone Temple Pilots. Tecnicamente ineccepibile ma freddo e un tantino manieristico. Un cantante rock è stato assassinato con la propria ragazza. Torna in vita per vendicare l’amata. E a uno a uno trova i responsabili e li uccide. Ad aiutarlo ci sono un agente della polizia e la sorella dell’amata. Nonostante il personaggio non sia “morale”, è prodigo di consigli didascalici su droga e fumo. Grande successo di pubblico.
Un film di Hall Bartlett. Titolo originale Jonathan Livingston Seagull. Fantastico, durata 120 min. – USA 1973. MYMONETRO Il gabbiano Jonathan Livingston valutazione media: 3,84 su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Jonathan è un gabbiano diverso dagli altri: non si accontenta infatti delle normali attività che gli competono e aspira alla perfetta conoscenza delle cose. Incontrata la riprovazione dei compagni, che lo cacciano, Jonathan gira il mondo e, divenuto saggio, affida prima di morire ad un altro gabbiano il compito di perseguire i suoi intenti. Il film è tratto dall’omonimo racconto di Richard Bach.
Un fantasma vaga per campi e strade fino ad arrivare ad una casa di periferia: è qui che, in vita, abitava l’anima sotto a quel telo candido, insieme alla moglie. Una vita ordinaria, piena di tenerezza, consumata quotidianamente all’interno di quell’abitazione a cui lui era molto affezionato ma che lei, inutilmente, voleva cambiare. Fino alla morte, improvvisa, del marito proprio nella strada che costeggia la stessa casa: da quel momento in poi il suo spirito sarà destinato a vagare per sempre (o forse no?) all’interno di quelle mura: nella teoria di un universo ciclico che nasce, muore e rinasce dovrà fare i conti con il suo futuro che sarà, contemporaneamente, anche il suo passato.
Tornano i maghi dell’harrypotteriana penna di J.K. Rowling, che qui esordisce alla sceneggiatura mettendo mano al suo libro (2001, profitti in beneficenza) sulla storia di un testo scolastico adottato nella scuola di magia di Hogwarts, scritto da Newt Scamander, allievo di Albus Silente. Dove sono questi meravigliosi, buffi e assurdi animali fantastici? Molti sono nascosti nella valigia di Newt, “magizoologo” inglese che, dopo un viaggio intorno al globo, approda nella New York del 1926. Ma in America l’atmosfera è tesa, si stanno verificando oscuri episodi e le cose vanno male per i maghi, non accettati dalle autorità No-Mag (nome USA dei babbani). I maghi sono soggetti al severo controllo del MACUSA, l’organo di governo americano del mondo dei maghi, che si assicura che i 2 mondi non collidano mai. Ma la guerra sembra inevitabile. Dopo la regia di 4 storie di Harry Potter, Yates dirige il 1° giocoso film della nuova saga (che a quanto pare sarà di 5 capitoli). Personaggi sfavillanti, sceneggiatura immaginosa, trovate visive deliziose, spiritose e surreali, trucco e parrucche, costumi (premiati con l’Oscar), scenografie, musiche, effetti speciali: tutto è al massimo livello. 3D (una volta tanto) clamoroso e coinvolgente.
New York, 1927. Sono passati pochi mesi dalla cattura da parte del MACUSA del perfido e potente Grindelwald e, come da minaccia, il Mago Oscuro sfugge presto alla detenzione, nel corso di una sequenza aerea che stabilisce da subito le caratteristiche dello spettacolo visivo che sta per seguire: vertiginoso, inquieto e acrobatico. Grindelwald ha piani estremi, sul mondo dei maghi e su quello dei non maghi, e si dirige a radunare i suoi seguaci, pescando tra le fila degli scontenti per i metodi repressivi e violenti del Ministero della Magia. Ma in particolare cerca Credence, l’Obscuriale miracolosamente scampato alla morte. Anche Newt Scamander, il timido magizoologo, è sulle tracce del ragazzo, per conto di Albus Silente. E naturalmente anche il Ministero, e l’Auror Tina, con la quale Newt ha un malinteso sentimentale in sospeso.
L’ascesa al potere di Grindelwald va fermata. Il suo proposito di trasformare il mondo magico in una platea di ciechi sottoposti e di dichiarare guerra aperta al mondo dei non maghi non deve andare in porto. Ma Silente non può attaccarlo: glielo impedisce un patto di sangue stretto in giovane età, quando il suo peggior nemico era la persona a lui più cara. Tocca dunque a Newt Scamander e alla sua squadra agire per conto di Silente: insieme al fratello Theseus, all’assistente Bunty, alla collega Lally, a Yussuf Kama e al più coraggioso dei non maghi, il pasticcere Jakob Kowalski, Newt dovrà impedire che l’inganno e il terrore abbiano la meglio nell’elezione del nuovo leader del mondo magico.
Nella Praga del Cinquecento, sotto il regno di Rodolfo II d’Asburgo, il rabbino Löw costruisce con l’argilla un potente automa, dandogli la vita – ma non la parola – con una formula magica. La creatura, però, si ribella al creatore. La storia è ispirata ad antiche leggende giudeo-cabalistiche che simboleggiano la creazione dell’uomo che vuole imitare Dio, creando un essere a propria immagine. Più volte rielaborate da scrittori dell’Europa centrale, furono messe a punto dal viennese Gustav Meyrink in un famoso romanzo (1915) fantastico. Sceneggiato dal regista – che v’interpreta il ruolo del Golem – con Henrik Galeen, rimane il miglior film sull’argomento per un concorso di fattori espressivi e tecnici: le originali scenografie di Hans Pölzig, la fotografia di Karl Freund, la potenza dinamica delle scene di massa, l’efficacia dei trucchi, la forza suggestiva del Golem stesso che influenzò non poco James Whale nel suo Frankenstein del 1931. Lo stesso Wegener aveva messo a punto storia e personaggio nei precedenti Der Golem, und wie er auf die Welt kam (1915) e Der Golem und die Tänzerin (1917). L’argomento fu ripreso nel 1935 da J. Duvivier in Le Golem e nel 1952 dal cecoslovacco Martin Fric in L’imperatore della città d’oro.
Sarah, adolescente sognatrice, una sera in cui rimane sola a casa con il fratellino e innervosita dai suoi pianti, invoca il re degli gnomi Jareth, pregandolo di portarlo via. Toby scompare. Sarah, pentita, corre a riprenderselo affrontando ogni sorta di pericoli: nani, paludi, porte magiche. Quando rivede finalmente Toby… si risveglia.
Dean Corso, esperto di libri antichi, è assunto dal collezionista Boris Balkan, studioso di occultismo che possiede una copia del volume Le nove porte del regno delle tenebre (1666), scampata ai roghi dell’Inquisizione. Ne esistono altre due e sospetta che una delle tre sia falsa. Quale? Il viaggio-inchiesta che porta Corso da New York in Europa è funestato da segni inquietanti e morti misteriose. Dal romanzo El Club Dumas (1993) di Arturo Pérez-Reverte, adattato con Enrique Urbizu e John Brownjohn, è derivato un film polanskiano a 18 carati. Storia di una investigazione (forse l’unica sullo schermo) imperniata su un libro e impregnata di soprannaturale, è un film laico sulla falsità delle apparenze e delle credenze che non si preoccupa più di tanto di prendere le distanze dalla sua materia perché “preferisce la reticenza, l’affidarsi all’intelligenza dello sguardo più che alla visione” (G. Cremonini). Tolto il debole finale, la costruzione narrativa è ingegnosa.
Santiago del Cile, al debutto degli anni Cinquanta. Alejandro Jodorowsky ha vent’anni e il desiderio di diventare poeta contro il parere del padre che lo sogna medico, ricco e borghese. Intrappolato nell’ennesima riunione di famiglia, recide (letteralmente) l’albero genealogico e ripara in una comune di artisti avanguardisti per coltivare finalmente il desiderio ardente. Ispirato dai più grandi maestri della moderna letteratura Latino Americana (Enrique Lihn, Stella Díaz, Nicanor Parra) e immerso nella sperimentazione poetica, Alejandro farà la sua rivoluzione culturale. Con Poesia senza fine, Alejandro Jodorowsky invita lo spettatore al viaggio. Un viaggio introspettivo che pesca ancora una volta nella sua biografia e nel suo universo fantasmatico, dischiudendo la stagione rocambolesca dell’adolescenza e muovendo verso l’età adulta delle prime espressioni artistiche, dei primi turbamenti sentimentali.
Opera immensa, audace e generosa, Poesia senza fine comincia dove si interrompe La danza della realtà, cronaca dell’infanzia cilena dell’autore. Se la madre canta sempre il suo ruolo come in un film di Jacques Demy e il padre, tiranno domestico, vende ancora lingerie umiliando i poveri, a ‘crescere’ è Alejandrito, eroe adolescente, esaltato e scapigliato che chiude coi genitori e abbraccia la carriera di poeta.
Jodorowsky prosegue il racconto giocoso e caricaturale della sua esistenza, inventando e reinventando un altro cinema, personale, libero, senza limiti. Un cinema taumaturgico abitato da creature fantastiche che sembrano fuggite dall’immaginario felliniano. Poeti, clown, nani, ballerine e giocolieri scendono in pista per salvare quello che possono con un atto poetico prodigioso. Su tutti dominano Stella Díaz (Pamela Flores), poetessa dai seni opulenti e i capelli rossi, che inizia Alejandrito al sesso e alla bellezza aggrappata a un’erezione senza fine, Enrique Lihn (Leandro Taub) compagno di notti liriche ed alcoliche che interpreta la poesia in azione e prosegue ‘tutto dritto’ fino al mattino, Pequeñita (Julia Avedano), nana che vuole crescere con l’amore. L’incontro del protagonista con gli amici poeti ridefinisce la sua vita e ridimensiona il terrore e l’orrore del quotidiano. Perché per Jodorowsky l’immaginario è nostro amico e aiuta a riconciliarsi col dolore. Il nostro, il suo. E a questo titolo Brontis e Adan Jodorowsky, figli di Alejandro, impersonano nel film i padri e figli in divenire, l’emanazione simbolica (e incarnata) che contiene la soluzione del trauma. Vero e proprio atto psicomagico, l’autore stana il conflitto e lo scioglie intervenendo fisicamente nel film, prendendo per mano il tormento dei personaggi e gettando una luce sentimentale sull’ombra tumultuosa della sua creazione. Tra fantasmi e realtà, per Jodorowsky nessuna verità può essere enunciata fuori da questa alleanza, l’autore abbraccia il giovane uomo che fu col padre, convertendo in poesia i gesti di violenza e le parole odiose che segnarono il loro congedo. Perché lo scopo della poesia è fare del mondo un posto migliore, anche molto tempo dopo, anche quando è troppo tardi. La poesia è tutto quello che crea, e per estensione quello che ci crea.
Elisa, giovane donna muta, lavora in un laboratorio scientifico di Baltimora dove gli americani combattono la guerra fredda. Impiegata come donna delle pulizie, Elisa è legata da profonda amicizia a Zelda, collega afroamericana che lotta per i suoi diritti dentro il matrimonio e la società, e Giles, vicino di casa omosessuale, discriminato sul lavoro. Diversi in un mondo di mostri dall’aspetto rassicurante, scoprono che in laboratorio (soprav)vive in cattività una creatura anfibia di grande intelligenza e sensibilità. A rivelarle è Elisa. Condannata al silenzio e alla solitudine, si innamora ricambiata di quel mistero capace di vivere tra acqua e aria. Ma il loro sentimento dovrà presto fare i conti con una gerarchia ostile incarnata dal dispotico Strickland. In piena corsa alle stelle contro i russi, gli Stati Uniti non badano a spese e a crudeltà. Per garantirsi e garantire al suo Paese un futuro stellare, Strickland è deciso a tutto.
In una grande casa dove tutti indossano costumi del Settecento vive un nano, famoso per le sue magie che, in realtà, sono provocate dagli avidi parenti. 1° film di Avati: ricco d’estri e di fantasia, ma basso di peso specifico, contiene in nuce molte componenti del suo cinema.
Nel ‘700 in una casa isolata delle valli di Comacchio, abitata da Giove e i suoi 4 figli, arriva la bella Olimpia che vi porta l’amore, e la morte. Film a basso costo e di piccolo incanto come quello del melodico, struggente motivo sul violino (inventato dal clarinettista Avati) che fa da conduttore di una favola per adulti, genere raro nel cinema italiano che rischia il poeticismo. Film di molti pregi: la luce dei paesaggi (fotografia di Franco Delli Colli, cugino di Tonino); l’arcaico e raffinato estro delle incursioni nel fantastico popolare; l’affiatata direzione degli attori e soprattutto la modulazione della voce di Avati in una favola sospesa senza morale definita, ma dotata di senso. 1° premio al Festival di Valladolid 1970.
Requiem pour un Vampire ( inglese : Requiem for a Vampire , noto anche come Caged Virgins ) è un film horror / fantasy erotico del 1971 diretto da Jean Rollin.
Due donne vestite da pagliacci e un autista vengono inseguiti per la campagna, per ragioni sconosciute. Mentre l’uomo guida, le donne sparano ai loro inseguitori. Quando l’uomo viene colpito, le donne sono costrette a bruciare l’auto con il suo corpo all’interno e una volta tolti i costumi, corrono attraverso una foresta, e poi un cimitero, in cui una delle donne, Michelle, è quasi sepolta viva. Attraversando un campo, arrivano all’esterno di un castello gotico.
Harry Potter è una serie di romanzi fantasy scritta da J. K. Rowling, incentrata sulle avventure del giovane mago Harry Potter e dei suoi migliori amici Ron Weasley e Hermione Granger, studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Il mondo magico nel quale è ambientata la saga consiste in una società parallela che vive celata al resto del mondo reale, quello delle persone comuni, che vengono definite “babbani“. L’arco narrativo segue principalmente lo scontro tra il protagonista e il mago oscuro Lord Voldemort, desideroso di conquistare il mondo magico e l’immortalità.
Nella Mosca contemporanea umani dotati di poteri straordinari e vampiri si affrontano per mantenere la tregua ormai millenaria tra le forze della Luce e le forze delle Tenebre. I guardiani della notte sorvegliano le gesta dei vampiri impedendo che possano uccidere persone innocenti, allo stesso tempo gli esseri notturni controllano i guardiani della luce. Un’antica profezia prevede che, all’arrivo di un Eletto, l’equilibrio tra i due poteri sia destinato a spezzarsi in favore di una delle due fazioni che, in seguito a una guerra apocalittica, dominerà l’altra. Quel momento è ormai giunto e il messia dovrà scegliere da che parte stare. Tratto dall’omonimo romanzo di Sergej Luk’janenko, il fanta-horror che non ti aspetti arriva dalla Russia e si appresta a conquistare l’America visto che sono già stati messi in cantiere due seguiti che verranno distribuiti dalla Fox (I guardiani del giorno e I guardiani del crepuscolo). Piccolo caso in patria, stupisce per la riuscita realizzazione tecnica nonostante il modesto budget a disposizione e per la spettacolarità di alcune scene. Nel Bene si annida il Male e anche nel Male è possibile trovare un po’ di umanità e di bontà: è questo che ci racconta il film di Bekmambetov e il tema della contrapposizione non manichea tra i due poteri è uno degli aspetti più interessanti di tutto il film che, pur non brillando per originalità, trascina lo spettatore in un mondo affascinante e oscuro; un cammino a volte reso difficoltoso da una trama così complessa, da essere di ostacolo alla comprensione della vicenda.
Howard è un giovane papero che sta godendo il meritato riposo dopo un’intensa giornata di lavoro nella sua casa nel pianeta dei paperi, davanti alla Tv con una rivista in mano. Improvvisamente una forza incontenibile lo rapisce e lo catapulta nello spazio profondo in un viaggio verso l’ignoto.
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