Regia di Chris Smith. Un film con Jim Carrey. Titolo originale: Jim & Andy: The Great Beyond. The Story of Jim Carrey, Andy Kaufman and Tony Clifton. Genere Documentario – USA, 2017, durata 90 minuti.
Durante le riprese di Man on the Moon Jim Carrey chiamò Chris Smith per girare il backstage della realizzazione. Il risultato furono ore di filmati che mostrano come il regista Milos Forman abbia dovuto affrontare la personalità complessa dell’attore protagonista.
La serie racconta l’impatto dell’uragano Katrina e le sue conseguenze su un ospedale locale. Con l’aumentare delle inondazioni, la mancanza di elettricità e il calore divampante, i soccorritori, ormai esausti, in un ospedale di New Orleans sono stati costretti a prendere decisioni che li avrebbero condizionati per gli anni a venire.
Un film di Ken Wiederhorn. Con Jennifer Jason Leigh, Lauren Tewes, John Di Santi Titolo originale Eyes of a Stranger. Thriller, durata 85 min. – USA 1981. MYMONETRO Gli occhi dello sconosciuto valutazione media: 1,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Un maniaco telefona alle belle ragazze e poi penetra nei loro appartamenti massacrandole. Ma un’annunciatrice della tv scopre la sua identità. Il maniaco durante la sua assenza penetra nella casa di lei e tenta di fare la festa alla sua sorellina minorata, che però si difende.
Quando l’amore della sua vita Boris, un camionista di 44 anni dalla personalità forte e accattivante viene ucciso in un incidente, Luna scopre che lui ha condotto una doppia vita da sempre.
Vediamo Orlando nel 1600, giovane bellissimo e glabro che suscita l’interesse della regina d’Inghilterra, che gli lascia in eredità un titolo. Poco dopo Orlando si innamora di una bella, giovane e nobile russa, ma non è ricambiato. Diventa ambasciatore in Oriente. Passano i decenni e i secoli, e una mattina, dopo grande sofferenza e spossatezza, si sveglia donna. Si innamora di un bellissimo giovane romantico che le fa scoprire il sesso (quello maschile). Continua a passare il tempo ed eccoci ai giorni nostri. Orlando è stata privata dei suoi beni e delle sue eredità regali (perché non è identificabile come essere umano, non è uomo, non è donna, non è sposato o sposata). Ha un bambino e deve affrontare la vita da sola. Nell’ultima scena Orlando, che riposa sotto le fronde di un albero, chiama il figlio e gli dice di guardare il cielo. E dall’alto scende una sorta di angelo, naturalmente senza sesso, che canta la morale finale del film: non c’è differenza fra le cose, fra la vita e la morte, fra il tempo e il non tempo, fra i sessi. Un film importante, che prende spunto da un romanzo di Virginia Woolf.
Sceneggiatura di John J. McLaughlin, ispirata al libro di Stephen Rebello Come Hitchcock ha realizzato Psycho . Coprodotto dal regista, il film costò circa 800 000 dollari e soltanto sul mercato USA ne incassò oltre 14 milioni. È risaputo che al regista piacevano le bionde e tali sono, da Grace Kelly a Tippi Hedren, le sue interpreti, ma il film dell’esordiente Gervasi si concentra sui rapporti tra Hitch e la moglie che bionda non era e che per 30 anni, fino all’ultimo, fu la sua più intelligente collaboratrice, non senza screzi e liti. “È un’indagine sull’universo creativo del re della suspense con la sfera sessuale che influenza l’ispirazione e la pratica del cinema che placa le pulsioni dell’inconscio” (M. Gervasini). Distribuito da Fox.
Un giorno e una notte nella vita di 5 coppie, sullo sfondo di un albergo a ore di Tokyo. Un dramedy leggero, girato in 2 settimane, che alterna ironicamente momenti drammatici a punte di erotismo spinto – il softcore è un ambiente caro al regista – senza evitare un certo impegno di fondo. L’amore, con le sue diverse declinazioni, i successi o fallimenti dei rapporti, è la tematica centrale, unita a una denuncia della mercificazione del corpo femminile. Hiroki, però, tocca lievemente anche altri argomenti di attualità molto sentiti in Giappone. L’instabilità nipponica post-tsunami del 2011 si percepisce tutt’ora e ha portato una chiusura sempre più palpabile, xenofoba e razzista. Le ferite dirette di quell’evento, invece, emergono in un personaggio marginale, la sorella del protagonista che, dopo aver visto i propri cari trascinati via dalla corrente, ha scelto una carriera nel porno. L’addio a Kabukichô – quartiere a luci rosse di Tokyo – del titolo originale vuole essere un monito, ma anche un assunto di speranza.
Scritto dal regista con Anna Boden. Un sensibile e idealista prof in una scuola media si fa di eroina per sopportare le delusioni e le frustrazioni della sua vita. Un’allieva di 13 anni scopre il suo segreto. Tra i due nasce una cauta e intensa amicizia. Un tema difficile e delicato che poteva scadere nella retorica didascalica, ma i due protagonisti – lei con la sua precoce saggezza di adolescente in crescita, lui nella sua ambivalente e dolorosa psicologia – sono scritti e diretti con tale grazia leggera che risultano credibili e appassionati. Non a caso Gosling ebbe per questo ruolo una candidatura all’Oscar. Avrebbe meritato di vincere.
Un sergente in licenza incontra sul treno Mary, in carcere per omicidio e in permesso premio. I due s’innamorano. Quando apprende la verità è perplesso, ma per amore aspetterà la fine della pena. È una gradevole commedia americana del dopoguerra traboccante buoni sentimenti e un ingenuo moralismo. Contano la recitazione dei 3 bravi protagonisti e l’ambientazione.
Un ragazzo dalla natura ribelle e violenta trova sempre il modo di dare libero sfogo ai suoi impulsi distruttivi. Una notte, nel corso di una festicciola in una casa sperduta, trova pane per i suoi denti.
In un villaggio normanno, vicino a Evreux, un orticoltore che ha molte ragioni per odiare la moglie, una megera, consulta un avvocato penalista, confessandogli di averla uccisa, e poi, seguendo i suoi consigli, la uccide. Grazie a lui, sarà assolto. Il primo, il migliore e il più misogino film del terzo Guitry postbellico, non di origine teatrale. Nel ritratto di un inferno coniugale e nella descrizione della provincia rurale l’umorismo caustico della storia sconfina talvolta in una ferocia che non manca di lucidità. Rapido come una schioppettata. Un Simon impareggiabile. Girato in 11 giorni. Rifatto nel 2001 con Omicidio in paradiso .
Un incidente d’auto fa incontrare ex-scassinatrice che guida un taxi di notte e la ragazza di un gangster che gestisce una bisca di lotte di cani. Per entrambe sarà l’occasione per fuggire da violenze e debiti: organizzano un piano per rubare i soldi delle scommesse, ma non sono le uniche interessate al malloppo. Trama fitta di intrecci, situazioni e consequenzialità temporali spesso di difficile decifrazione. E botte da orbi dispensate da tutti, perché non esiste gangster movie alla coreana senza scazzottate estreme, nonostante il tono semi-serio che attraversa l’intero film. Tanti – forse troppi – i personaggi di contorno, ma la scena è tutta per la coppia di donne.
Le 4 stagioni nella Sardegna del 2000. “Primavera”: quattro ragazzini arrivano in camion dai monti al mare mai visto prima; “Estate”: un pastore è iniziato al sesso da una aviatrice francese; “Autunno”: una giovane suora di clausura torna a casa per una festa di matrimonio; “Inverno”: presente alla festa, un vecchio muore solo in un appartamentino di città. 1° film del nuorese S. Mereu, premiato alla Settimana della Critica di Venezia 2003 e con un David al regista esordiente. Senza esplicite ambizioni metaforiche conta per le emozioni visive, narrative e poetiche che trasmette, sia pure con esiti diseguali (i primi 2 episodi sono i migliori) e per l’adesione convincente alla realtà antropologica e culturale dell’isola. Il titolo si riferisce al tradizionale “ballu tundu” sardo.
Nella Londra degli anni Sessanta, scossa dalla crisi dei missili di Cuba, Ginger e Rosa vivono la loro adolescenza. Ginger ha lunghi capelli rossi, la passione per la poesia, una madre sopportata e un’ammirazione smisurata per il padre, intellettuale pacifista che si fa chiamare per nome. Rosa ha invece lunghi capelli neri, il sogno di un amore per sempre e una madre abbandonata troppo presto dal padre. Uguali nella mise ma diverse nelle intenzioni, Ginger e Rosa spendono le giornate nelle corse verso il mare e nei baci profondi rubati ai coetanei dentro vicoli bui. La vita di Ginger riceve una battuta d’arresto quando Roland, il padre, si separa dalla madre, stanca della sua indifferenza e delle sue notti trascorse altrove. Destabilizzata, Ginger chiede consiglio ai suoi padrini e poi decide per il padre e la sua vita bohémien in una soffitta decadente. Con la convivenza le cose però si complicano. Rosa, invaghitasi di Roland, lo seduce sotto gli occhi dell’amica. La gelosia di Ginger, sempre più ossessionata dalla minaccia atomica e dalla militanza politica, esplode improvvisa, investendo i genitori e rivelandone l’inadeguatezza.
Walking Back è un film muto del 1928 diretto da Rupert Julian e, non accreditato, da Cecil B. DeMille. La sceneggiatura si basa su A Ride in the Country, un racconto di George Kibbe Turner pubblicato a puntate dal 6 all’8 agosto 1927 su Liberty[1].
Smoke Thatcher, al quale il padre rifiuta la macchina, “prende in prestito” l’auto di un vicino di casa per portare a ballare la sua ragazza, Patsy. I due, però, hanno un incidente quando Smoke si mette a gareggiare con un rivale e l’auto si prende una bella botta. È talmente rovinata che i meccanici del garage dove Smoke porta il veicolo gli propongono di dargli un’altra auto se accetterà di fare l’autista per loro durante una rapina. Il garage, infatti, è il covo di una banda, e le automobili sono tutte rubate.
Divertentissimo fumettone scanzonato che non si prende un minuto sul serio e straripa delle migliori pin up.Meyer(che cura anche il forsennato montaggio e appare brevemente come direttore del motel)tratta il sesso in chiave parossistica, come pure la violenza(l’estenuante duello finale a dinamite)e racconta le impossibili avventure di un macho dall’aria tonta con piglio allegramente spudorato
2009: ragazzi coinvolti in una rissa sulla metropolitana tra San Francisco e Oakland sono fermati da 2 poliziotti e messi al muro. Il 22enne Oscar Grant dichiara l’innocenza sua e degli amici: la sua reazione è ritenuta resistenza a pubblico ufficiale e l’agente Mehserle gli spara. Il ragazzo muore in ospedale. Il poliziotto è condannato a 2 anni per omicidio involontario. Premiato da pubblico e giuria al Sundance Festival 2013, esordio alla regia e alla sceneggiatura di Coogler, racconta le 24 ore precedenti nella vita di questo giovane qualunque, che ha una compagna e una figlia piccola, qualche precedente penale trascurabile e un’energia irrequieta ma positiva. Ben recitato dai 3 personaggi principali – Grant (Jordan), sua madre (Spencer) e la sua ragazza (Diaz) -, perde un po’ di colpi nella cronaca delle ultime ore, filmata con i cellulari dei testimoni, con qualche eccesso di patetismo, ma non a scapito di un sincero impegno sociale di fondo. Distribuisce Wider.
In un centro commerciale di Gothenburg, cinque ragazzini di colore approcciano tre coetanei bianchi con la scusa di voler sapere l’ora ma con l’intento di rubare loro il cellulare. Senza violenza, ricorrendo alla minaccia che la loro semplice apparenza è in grado di suscitare per ragioni di diffuso pregiudizio, i cinque imbarcano gli altri tre in un viaggio lungo un giorno fino ai margini della città, sfruttando l’incredibile incapacità degli adulti di comprenderli e di essere d’aiuto.
Sono passati più di trent’anni da quando Top Gun uscì al cinema segnando un grande successo di botteghino e lanciando Tom Cruise nell’Olimpo hollywoodiano. Ora il pilota Pete “Maverick” Mitchell è pronto a tornare per scontrarsi con le sfide del futuro. Abbandonata la lotta alla concorrenza russa da Guerra Fredda, Maverick dovrà infatti vedersela con l’avvento dei droni e da ricorrenti ritorni dal passato. Vecchi e nuovi protagonisti saranno impegnati con quello che viene chiamato “dogfight”, ovvero il combattimento tra caccia, con il protagonista che pilota un F/A-18 Super Hornet.
Ritratto di affarista intrallazzatore con moglie sull’orlo del suicidio, amante senza scrupoli, figlia drogata e figlio nella lotta armata. Un buon Gassman, una satira anticapitalistica con sapore umoristico che sarebbe di buona lega se non fosse indebolita da una deplorevole inverosimiglianza. Le convenzioni della commedia italiana mal si addicono al tema del terrorismo. Il 24enne S. Madia fu il 1° e unico italiano a vincere a Cannes il premio (poi un Donatello) come attore non protagonista.
Le richieste di reupload di film deve essere fatto SOLO E ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.
Visto il poco spazio su Mega (2 terabyte) NON caricherò più serie tv e fumetti.
Se interessati a serie o fumetti contattatemi via email che vi spiego un metodo alternativo