Regia di Chris Smith. Un film con Jim Carrey. Titolo originale: Jim & Andy: The Great Beyond. The Story of Jim Carrey, Andy Kaufman and Tony Clifton. Genere Documentario – USA, 2017, durata 90 minuti.
Durante le riprese di Man on the Moon Jim Carrey chiamò Chris Smith per girare il backstage della realizzazione. Il risultato furono ore di filmati che mostrano come il regista Milos Forman abbia dovuto affrontare la personalità complessa dell’attore protagonista.
La serie racconta l’impatto dell’uragano Katrina e le sue conseguenze su un ospedale locale. Con l’aumentare delle inondazioni, la mancanza di elettricità e il calore divampante, i soccorritori, ormai esausti, in un ospedale di New Orleans sono stati costretti a prendere decisioni che li avrebbero condizionati per gli anni a venire.
Giappone, dalle parti di Hiroshima. Tre cugini adolescenti vivono con la nonna Kane. I ragazzi vestono in jeans, scarpe da ginnastica e sembrano davvero dei giovani americani. La vecchia naturalmente è del tutto diversa e anche se un suo fratello è emigrato negli Stati Uniti non può dimenticare la bomba atomica e suo marito morto proprio a Hiroshima nell’agosto del ’45. Kane ha un suo modo di intendere la vita e la memoria; è tradizionale, mistica e fantasiosa, e non intende altro che la sua terra e le sue tradizioni.
Un film di Ken Wiederhorn. Con Jennifer Jason Leigh, Lauren Tewes, John Di Santi Titolo originale Eyes of a Stranger. Thriller, durata 85 min. – USA 1981. MYMONETRO Gli occhi dello sconosciuto valutazione media: 1,50 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Un maniaco telefona alle belle ragazze e poi penetra nei loro appartamenti massacrandole. Ma un’annunciatrice della tv scopre la sua identità. Il maniaco durante la sua assenza penetra nella casa di lei e tenta di fare la festa alla sua sorellina minorata, che però si difende.
Dopo la scoperta di un’orribile morte in un palazzo dell’Upper West Side, tre inquilini dell’edificio estranei tra loro sospettano subito che si tratti di omicidio e si uniscono per indagare sull’accaduto. Mentre registrano un podcast per documentare il caso, i tre scoprono i segreti del palazzo che riguardano eventi accaduti molto tempo prima.
Quando l’amore della sua vita Boris, un camionista di 44 anni dalla personalità forte e accattivante viene ucciso in un incidente, Luna scopre che lui ha condotto una doppia vita da sempre.
Vediamo Orlando nel 1600, giovane bellissimo e glabro che suscita l’interesse della regina d’Inghilterra, che gli lascia in eredità un titolo. Poco dopo Orlando si innamora di una bella, giovane e nobile russa, ma non è ricambiato. Diventa ambasciatore in Oriente. Passano i decenni e i secoli, e una mattina, dopo grande sofferenza e spossatezza, si sveglia donna. Si innamora di un bellissimo giovane romantico che le fa scoprire il sesso (quello maschile). Continua a passare il tempo ed eccoci ai giorni nostri. Orlando è stata privata dei suoi beni e delle sue eredità regali (perché non è identificabile come essere umano, non è uomo, non è donna, non è sposato o sposata). Ha un bambino e deve affrontare la vita da sola. Nell’ultima scena Orlando, che riposa sotto le fronde di un albero, chiama il figlio e gli dice di guardare il cielo. E dall’alto scende una sorta di angelo, naturalmente senza sesso, che canta la morale finale del film: non c’è differenza fra le cose, fra la vita e la morte, fra il tempo e il non tempo, fra i sessi. Un film importante, che prende spunto da un romanzo di Virginia Woolf.
Sceneggiatura di John J. McLaughlin, ispirata al libro di Stephen Rebello Come Hitchcock ha realizzato Psycho . Coprodotto dal regista, il film costò circa 800 000 dollari e soltanto sul mercato USA ne incassò oltre 14 milioni. È risaputo che al regista piacevano le bionde e tali sono, da Grace Kelly a Tippi Hedren, le sue interpreti, ma il film dell’esordiente Gervasi si concentra sui rapporti tra Hitch e la moglie che bionda non era e che per 30 anni, fino all’ultimo, fu la sua più intelligente collaboratrice, non senza screzi e liti. “È un’indagine sull’universo creativo del re della suspense con la sfera sessuale che influenza l’ispirazione e la pratica del cinema che placa le pulsioni dell’inconscio” (M. Gervasini). Distribuito da Fox.
Un giorno e una notte nella vita di 5 coppie, sullo sfondo di un albergo a ore di Tokyo. Un dramedy leggero, girato in 2 settimane, che alterna ironicamente momenti drammatici a punte di erotismo spinto – il softcore è un ambiente caro al regista – senza evitare un certo impegno di fondo. L’amore, con le sue diverse declinazioni, i successi o fallimenti dei rapporti, è la tematica centrale, unita a una denuncia della mercificazione del corpo femminile. Hiroki, però, tocca lievemente anche altri argomenti di attualità molto sentiti in Giappone. L’instabilità nipponica post-tsunami del 2011 si percepisce tutt’ora e ha portato una chiusura sempre più palpabile, xenofoba e razzista. Le ferite dirette di quell’evento, invece, emergono in un personaggio marginale, la sorella del protagonista che, dopo aver visto i propri cari trascinati via dalla corrente, ha scelto una carriera nel porno. L’addio a Kabukichô – quartiere a luci rosse di Tokyo – del titolo originale vuole essere un monito, ma anche un assunto di speranza.
Scritto dal regista con Anna Boden. Un sensibile e idealista prof in una scuola media si fa di eroina per sopportare le delusioni e le frustrazioni della sua vita. Un’allieva di 13 anni scopre il suo segreto. Tra i due nasce una cauta e intensa amicizia. Un tema difficile e delicato che poteva scadere nella retorica didascalica, ma i due protagonisti – lei con la sua precoce saggezza di adolescente in crescita, lui nella sua ambivalente e dolorosa psicologia – sono scritti e diretti con tale grazia leggera che risultano credibili e appassionati. Non a caso Gosling ebbe per questo ruolo una candidatura all’Oscar. Avrebbe meritato di vincere.
Un modesto avvocato di provincia difende con successo un ufficiale dell’esercito accusato di aver ucciso il proprietario di un bar che gli ha violentato la moglie. Sorpresa finale. Nonostante la lunghezza, è uno dei più avvincenti drammi giudiziari mai usciti da Hollywood. Il suo nocciolo è nell’ambiguità dei personaggi e dei fatti. Grande compagnia di attori. 7 nomine agli Oscar.
Angels in America è una miniserie televisiva prodotta dalla HBO nel 2003, tratta dall’opera teatraleAngels in America – Fantasia gay su temi nazionali di Tony Kushner. La serie vanta un cast all-star (tra gli altri Al Pacino, Meryl Streep ed Emma Thompson) e tratta, in modo perlopiù onirico, la condizione degli omosessuali negli Stati Uniti d’Americareganiani, focalizzandosi sulle reazioni a seguito del diffondersi dell’AIDS. Con pesanti riferimenti biblici (gli angeli, la colpa e la condanna), ma con un tono anche sdrammatizzante, Angels in America vuole porre — conservando lo spirito della pièce originale — difficili interrogativi esistenziali e sociali. Le stesse apparizioni dell’angelo, nel loro essere catastrofiche, non rinunciano a una certa dose di ironia; ad esempio tramite le erezioni del protagonista o il suo rapporto sessuale con l’angelo. La miniserie consta di due parti, a loro volta divise in capitoli: Il nuovo millennio si avvicina (Millennium Approaches) e Perestroika.
23 giugno 2018. Dodici ragazzi di una squadra di calcio restano intrappolati assieme al loro allenatore nella grotta thailandese di Tham Luang, che è stata allagata dall’arrivo dalle piogge monsoniche durante la loro visita. Per cercare di salvarli, vengono mobilitati i Navy Seals locali, oltre diecimila volontari provenienti da tutto il mondo e un team di esperti sommozzatori di cui fanno parte Richard Stanton e John Volanthen.
Un sergente in licenza incontra sul treno Mary, in carcere per omicidio e in permesso premio. I due s’innamorano. Quando apprende la verità è perplesso, ma per amore aspetterà la fine della pena. È una gradevole commedia americana del dopoguerra traboccante buoni sentimenti e un ingenuo moralismo. Contano la recitazione dei 3 bravi protagonisti e l’ambientazione.
Un ragazzo dalla natura ribelle e violenta trova sempre il modo di dare libero sfogo ai suoi impulsi distruttivi. Una notte, nel corso di una festicciola in una casa sperduta, trova pane per i suoi denti.
In un villaggio normanno, vicino a Evreux, un orticoltore che ha molte ragioni per odiare la moglie, una megera, consulta un avvocato penalista, confessandogli di averla uccisa, e poi, seguendo i suoi consigli, la uccide. Grazie a lui, sarà assolto. Il primo, il migliore e il più misogino film del terzo Guitry postbellico, non di origine teatrale. Nel ritratto di un inferno coniugale e nella descrizione della provincia rurale l’umorismo caustico della storia sconfina talvolta in una ferocia che non manca di lucidità. Rapido come una schioppettata. Un Simon impareggiabile. Girato in 11 giorni. Rifatto nel 2001 con Omicidio in paradiso .
Un incidente d’auto fa incontrare ex-scassinatrice che guida un taxi di notte e la ragazza di un gangster che gestisce una bisca di lotte di cani. Per entrambe sarà l’occasione per fuggire da violenze e debiti: organizzano un piano per rubare i soldi delle scommesse, ma non sono le uniche interessate al malloppo. Trama fitta di intrecci, situazioni e consequenzialità temporali spesso di difficile decifrazione. E botte da orbi dispensate da tutti, perché non esiste gangster movie alla coreana senza scazzottate estreme, nonostante il tono semi-serio che attraversa l’intero film. Tanti – forse troppi – i personaggi di contorno, ma la scena è tutta per la coppia di donne.
Sulla storia, ambientata nel 1979 a Chautry (Pakistan), incombe il 1947 quando accaddero ignobili misfatti, subito coperti e poi rimossi: in India 50 000 donne musulmane furono rapite, violentate o uccise mentre 30 000 donne indù e sikh subirono la stessa sorte in Pakistan. Ayesha, vedova sikh convertita alla fede di Allah, ha il figlio Saleem invischiato nel fanatismo. 1ª fiction della documentarista TV pakistana Sumar, di chiara attualità: interessante a livello descrittivo e informativo, scandito con sagacia a quello drammaturgico, appare schematico e dimostrativo nel discorso storico-ideologico. Pardo d’oro a Locarno 2003 e premio per la migliore attrice alla Kher.
Le 4 stagioni nella Sardegna del 2000. “Primavera”: quattro ragazzini arrivano in camion dai monti al mare mai visto prima; “Estate”: un pastore è iniziato al sesso da una aviatrice francese; “Autunno”: una giovane suora di clausura torna a casa per una festa di matrimonio; “Inverno”: presente alla festa, un vecchio muore solo in un appartamentino di città. 1° film del nuorese S. Mereu, premiato alla Settimana della Critica di Venezia 2003 e con un David al regista esordiente. Senza esplicite ambizioni metaforiche conta per le emozioni visive, narrative e poetiche che trasmette, sia pure con esiti diseguali (i primi 2 episodi sono i migliori) e per l’adesione convincente alla realtà antropologica e culturale dell’isola. Il titolo si riferisce al tradizionale “ballu tundu” sardo.