Regia di Bas Devos. Un film con Cesar De Sutter, Koen De Sutter, Mira Helmer, Raf Walschaerts. Genere Drammatico – Belgio, 2014, durata 82 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione.
Jesse è l’unico testimone dell’omicidio del suo amico Jonas, quindicenne come lui. Mentre elaborano faticosamente il lutto, i compagni del gruppo di BMX, così come gli adulti del quartiere, cercano in lui una risposta impossibile. Jesse, in questo modo, si ritrova ancora più isolato, alle prese con un peso insostenibile.
L’esordio di Bas Devos è un film complesso e opaco, che tratta una materia difficile come la morte di un adolescente per mano di un altro ragazzo. Non c’è, dunque, nessuna evidenza in quest’opera, tutto è sentito, soggettivo, e ogni visione è sottoposta a un processo di problematizzazione.
In principio le immagini sono rigorosamente filtrate, che si tratti di un monitor, di una vetrina o di una finestra: filtri non umani che si frappongono fra il soggetto che guarda e l’oggetto della sua visione (e raddoppiano con lo schermo cinematografico), come a voler ribadire tanto l’impossibilità di vedere bene dentro il mistero della vita quanto la dis-umanità di una morte come questa. Anche la luce e il colore seguono una non logica e si affacciano nel film come forze naturali e incontrollabili, ricacciando il cinema di Devos nella sua origine squisitamente ottica, dentro una genesi che non conosce ancora l’avvento del senso.
Adulti e ragazzi sono annichiliti allo stesso modo. A tratti la produzione stessa delle immagini è affidata agli oggetti – il riflesso di un monitor spento, uno specchietto retrovisore – quasi a mettere in discussione l’esistenza stessa di un regista-demiurgo.
Il giovane Jesse è al centro di questa maledizione dello sguardo: l’aver visto lo rende diverso rispetto al gruppo di amici innocenti, al punto che diventa lui stesso l’oggetto di uno sguardo differente, che lo accomuna al fantasma di Jonas e lo fa sentire irrazionalmente e dolorosamente responsabile. Solo concedendo a questa presenza-assenza un coraggioso e disperato giro in bicicletta, Jesse potrà scendere a patti con questo capitolo della sua vita.
Nei commenti dei ragazzi all’uscita da un concerto, di quei concerti che confondono suono e rumore e sembrano parlare più volentieri alle viscere del pubblico che alla sua parte cerebrale, sembra di intuire una muta dichiarazione di regia: Violet, infatti, non è certamente un film per tutti i gusti, ma è un film che parla con l’anima e che ha il grandissimo merito di provare a tradurre nella lingua del cinema l’esperienza che tutti facciamo, prima o poi, di sentire la realtà farsi improvvisamente irreale, dopo che un trauma ha squarciato per un periodo le certezze del quotidiano.
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