Regia di Albert Serra. Un film Da vedere 2013 con Vincenç AltaióClara VisaNoelia RodenasMonte TriolaEliseu HuertasCast completo Titolo originale: Historia de la Meva Mort. Genere Drammatico – Spagna2013, Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Casanova si trasferisce dalla sua villa in Svizzera, dove una corte di amici, artisti e concubine è solita accompagnarlo, a una dimora sperduta nei Carpazi, in compagnia del solo Pompeo, fedele servitore. Qui conosce le tre figlie del fattore, che in breve diventano altrettante amanti. Ma una presenza sovrannaturale è destinata a disturbare la quiete del nobile e a infrangere le sue certezze.
Ha inizio nella soave e rilassante giocosità di un banchetto all’aperto – girato ancora una volta in presa diretta e, kubrickianamente, a lume di candela – il più cupo e ambizioso film del geniale Albert Serra. Un’opera dalla gestazione complessa, in cui il regista catalano ha elevato al massimo la propria poetica del caos: 400 ore di girato che hanno richiesto due anni di montaggio per arrivare a una versione di 160 minuti. All’interno di questi, Serra prova a condensare il suo cinema e insieme a mutarlo, accogliendo elementi spuri, fin qui assenti nella sua parabola artistica. A cominciare da una sceneggiatura vera e propria e da una parvenza di trama, benché intrisa di elementi allegorici.


Dopo due prospettive peculiari su momenti pregnanti sospesi tra Storia e Mito – la fine della cavalleria in Honor de Cavalleria, la nascita di Cristo in El Cant Dels Ocells – l’abbraccio del regista catalano si amplia, nel tentativo di afferrare un’intera epoca, la transizione tra la riflessione illuminista e la spinta del romanticismo. I due insoliti vettori scelti per incarnare altrettante idee contrapposte sono Giacomo Casanova, nobile decadente e decaduto, desideroso di sperimentare fino alla fine i piaceri della carne, e il conte Dracula, incarnazione dell’istinto animale, negazione di ogni razionalità.
L’incontro/scontro tra i due è rimandato il più possibile, mentre gli antagonisti muovono le proprie pedine, tra cui le graziose (e contese) figlie di un fattore. Attraverso i monologhi di Casanova (il titolo del film fa il verso a “Storia della mia vita”, l’opera autobiografica scritta dal nobile veneziano) emerge una visione del mondo anti-cristiana e preveggente, che anticipa la rivoluzione francese e vede il futuro come una conseguenza logica di fatti, i cui presupposti risiedono nel tempo presente. Ogni movimento di Casanova, interpretato magistralmente dallo scrittore Vicenç Altaió, tradisce la sua natura meccanica, che arriva a invadere anche i grotteschi giochi erotici a cui il nobile ama dedicarsi. Ma la sua presunzione di onniscienza è del tutto impreparata di fronte al mistero dell’inspiegabile e al potere del meraviglioso. Sia esso un prodigio da alchimista, come il letame che si trasforma in oro (una sequenza dalla forza suggestiva degna di Dreyer), o la sovversione della vita che prosegue oltre la morte, negando ogni sforzo esplicativo della civiltà dei Lumi. Il riso sardonico di Casanova suona così come l’ultimo bagliore di un’epoca definitivamente sconfessata, l’urlo lacerante di Dracula come il disperato e anarchico prevalere della matta bestialità.

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