Strano rapporto protettivo e amoroso tra un “gagio” (sorvegliante in un grande magazzino di Milano) e una rom. Divisa in 3 movimenti (Milano, il viaggio, Ancona), la storia si fonda sulla dialettica tra normalità e diversità, sul difficile incontro tra culture diverse. L’amore è qui anche un rapporto di reciproca conoscenza e di scambio, quasi di osmosi. Premio del migliore attore per Bentivoglio a Venezia 1993. Grolla d’oro per la regia.
Prima della pubblicazione del romanzo, Crichton si accorda con gli Studios sulla sua parcella, 1.500.000 $ per i diritti e un ulteriore versamento sugli incassi. In contemporanea all’avvicinamento degli Studios, Crichton viene contattato dalla Warner Bros., Columbia Pictures e 20th Century Fox.
La Universal riesce comunque ad ottenere i diritti grazie all’aiuto di Spielberg, e Crichton viene stipendiato di 500.000$ per scrivere un abbozzo di sceneggiatura da cui partire. L’incredibile successo che ottiene il film lo posiziona ai primi posti nella classifica delle pellicole che hanno incassato di più nella storia del cinema e aiuta lo studio cinematografico a risanare i conti in bilancio salvandolo da un sicuro fallimento.
Sull’onda del successo di Jurassic Park, gli Studios fanno pressione su Crichton affinché egli lavori su un nuovo romanzo o una sceneggiatura per il cinema, ma lo scrittore viene convinto solo da Spielberg. Al secondo film viene avvicinato Joe Johnston, che però troverà posto come regista solo al terzo film.
Harlem, 1968. Frank Lucas, gangster nero e “ricercato”, ama la famiglia, prega in chiesa e fa la guardia a Bumpy Johnson, un “padrino” che accoglie le suppliche di Harlem e distribuisce tacchini il Giorno del Ringraziamento. Richie Roberts, detective ebreo e incorruttibile della contea di Essex, sta divorziando dalla moglie, ha dimenticato di dire le preghiere e dà la caccia ai malavitosi e ai distributori di tacchini. Alla morte di Johnson, Lucas, più moderno e manageriale del vecchio padrino, subentra nelle sue attività, elimina gli avversari e diventa in pochi anni un potente boss della droga. Scavalcando le famiglie mafiose e rifornendosi di eroina direttamente nel sud-est asiatico, Lucas accumula una fortuna e attira l’attenzione di Richie Roberts. I loro percorsi, opposti e paralleli, si incontreranno sotto il ring del match del secolo: Alì-Frazier. Soltanto uno resterà in piedi, vincendo ai punti.
Danny e Matthew sono figli dello stesso padre, Harold, ma di madri diverse. Le loro vite hanno seguito direzioni divergenti. Danny è un loser che ha abbandonato una carriera da musicista, è terrorizzato dal mondo ed è privo di fiducia in se stesso; Matthew è un manager di successo che ha lasciato la via indicata dal genitore, scultore il cui talento non è mai stato riconosciuto.
Un bimbo prodigio, che possiede inspiegabili poteri, decide di non crescere per reagire all’insulso mondo degli adulti. Ridicolizza una parata nazista antecedente allo scoppio della guerra; poi vive i momenti tragici del conflitto in cui perde un cugino, la madre e il padre (lui stesso ne ha provocato la morte all’invasione sovietica).
Un giorno Mitsuha, ragazza che vive a Itomori, sogna di essere un ragazzo che vive a Tokyo. Taki, ragazzo di città, a sua volta sogna di essere una ragazza in un paesino tradizionale in montagna. Presto scopriranno che l’esperienza di vivere nel corpo dell’altro è reale. E la ricerca dell’altro da sé, di cui è impossibile ricordare il nome, diverrà un’ossessione.
È raro incontrare un film il cui titolo termini con un punto fermo. Un segno che ha il preciso scopo di rafforzare ciò che viene prima e chiuderne il concetto, prima di passare ad altro. Your Name., ovvero “Il tuo nome”. O, ancora, la ricerca disperata di ciò che più ci aiuta a riconoscere l’altro, e che si traduce anche in un viaggio nella comprensione della propria identità.
Una storia distribuita su differenti piani spazio-temporali e ricca di complesse interconnessioni, che sorprendentemente si è tradotta in un risultato commerciale senza precedenti in Giappone e in Cina. In genere un successo come quello di Your Name. è il frutto di una combinazione di fattori: da un lato il fatto di sapersi prendere qualche rischio, dall’altro quello di rendere il tutto fruibile da parte del maggior numero possibile di persone. Il segreto di questa formula vincente è chiaro fin dai primi minuti del film. Shinkai Makoto gioca su un topos come lo scambio di anime e corpi, nonché di sessi: il cosiddetto body swap. Un espediente antico, quasi consunto, del cinema, la cui origine nella terra del Sol Levante risale addirittura a un testo millenario come il Torikaebaya Monogatari, anche se è soprattutto I Are You, You Am Me di Obayashi Nobuhiko a influenzare il mondo degli anime.
Uno dei più dei film d’animazione che abbia mai visto. Grafica incredibile, storia originale. Non lasciatevelo scappare.
Il capo della Squadra Mobile di Torino è un uomo buono e comprensivo. I suoi superiori però lo trasferiscono quando egli scopre un losco giro di droga e prostituzione in cui è coinvolta la Torino bene. Anche un giornalista, suo amico e collaboratore, è messo a tacere. Ma i due non si daranno per vinti.
Un astronauta riceve un messaggio dalla piattaforma che ruota intorno al pianeta Solaris. Stanno accadendo cose inspiegabili. Si decide di inviarlo in missione. Trova così che a bordo ci sono state morti violente ma, soprattutto, che il pianeta ha la forza di materializzare l’inconscio degli umani facendo comparire le persone che vivono nella loro mente. Ricompare cosi’la moglie e per lui sarà sempre più difficile liberarsi dalla sua presenza che sa essere non umana. Ispirato allo stesso libro da cui Andrei Tarkovski trasse materia per il suo grande film questo remake è la prova definitiva che Steven Soderbergh non riesce più a sperimentare negli stretti ambiti della standardizzazione americana ma ha bisogno di altri respiri tematici e visivi. Ecco allora che confeziona un film troppo cerebrale per il pubblico americano anche se ‘spinto’ da una star del calibro di Clooney. Ma fa di più: si libera dalla presenza del regista russo (omaggiandolo con la presenza della pioggia che nell’originale era simbolica e qui a volte sembra di occasione) costruendo un finale nettamente divergente dal suo (con qualche accenno anche a Blade Runner) e puntando la sua attenzione sul rapporto di coppia più che sulle ossessioni del collettivo di astronauti. Questo dà nuova linfa alla vicenda e può costituire un’interessante riflessione sulle strategie dei remake.
Sono passati diversi anni da quando un boss della mafia irlandese ha spedito un suo giovane protetto nei ranghi della polizia, a fare da infiltrato. Più o meno contemporaneamente, un giovane poliziotto era passato dall’altra parte della barricata, con lo scopo di incastrare l’associazione a delinquere. I due finiranno col fronteggiarsi…
Duramente sconfitte in Tunisia, le forze americane si prendono la rivincita sotto la guida di Patton. Conquistata la Sicilia, il generale al comando della III Armata vince a Bastogne e nelle Ardenne, infliggendo duri colpi ai tedeschi. Grazie anche a un eccellente G.C. Scott, il film ha una 1ª parte ammirevole, ma poi il ritratto critico diventa agiografico. 7 Oscar: film, regia, Scott attore protagonista, sceneggiatura (di F.F. Coppola e E.H. North), scenografia, montaggio, suono.
Il suo primo libro da protagonista (1971) ha venduto oltre un milione di copie[1] mentre il primo film della serie cinematografica (1975) fu campione d’incassi del biennio 1974-75, successo bissato l’anno successivo dal secondo capitolo (1976);[2] per i quarant’anni dall’esordio del personaggio al cinema, nel 2015, i primi due film sono stati restaurati e nuovamente riproposti nelle sale.[3][4] Il personaggio, nato come raffigurazione dell’uomo inetto e sfortunato vittima della prepotenza, è entrato nell’immaginario collettivo per la sua grottesca attitudine alla sudditanza psicologica verso il potere e come esempio di uomo medio vessato dalla società e alla continua ricerca di un riscatto, «Il prototipo del tapino, ovvero la quintessenza della nullità, il massimo della mediocrità eccezionale», come lo definì lo stesso Villaggio.
Totale … è l’adesione di Sjöström al mondo di Körkarlen. Il determinismo etico della Lagerlöf trova risonanze profonde nello spirito del cantore di Terje Vigen. L’armamentario del racconto è noto: la cornice cimiteriale, l’alcoolismo e l’Esercito della Salvezza, la leggenda macabro-istruttiva del Carrettiere della morte, le virtù redentrici dell’amore. In tutto questo, Sjöström individua lucidamente i lineamenti di una superiore retorica e, insieme, le ragioni contingenti di una “nordicità” sostanziale. Dopo gli approcci visionari di Holger-Madsen, è il primo appuntamento del cinema scandinavo col grande tema libertà-peccato. Tema, la cui inanità non ha bisogno di dimostrazione.
Un ritratto affascinante e umano di un pilota di caccia un tempo famoso e fedele stalinista di nome Nadezhda Petrovna. Ora una maestra provinciale di 41 anni, ha così interiorizzato le idee militari di servizio e obbedienza che non può adattarsi alla vita in tempo di pace.
Un film di Seijun Suzuki. Con Jô Shishido, Koji Nanbara, Isao Tamagawa Titolo originale Koroshi no rakuin. Hard boiled, Ratings: Kids+13, b/n durata 92 min. – Giappone 1967.MYMONETRO La farfalla sul mirino valutazione media: 3,13 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari
Hanada è sicario di un’organizzazione criminale di cui per le sue capacità è considerato il n. 3, ma, quando fallisce una missione (al momento dello sparo una farfalla gli si è posata sul mirino), deve morire. L’incarico viene affidato prima a sua moglie che non ci riesce, poi alla bella Misako che rinuncia per amore. Recatosi dal suo capo per vendicarsi, lo trova morto e capisce che dovrà regolare i conti con il n. 1. È l’ultimo dei 39 film che Suzuki diresse per la Nikkatsu in undici anni, uno dei più originali per la forte coscienza formale e la stilizzazione straniante con cui manipola una materia narrativa da cinema popolare, impregnato di violenza, erotismo, irrealismo. Qui la stilizzazione arriva a toni parodici (specialmente nella colonna musicale) e a prestiti dai film underground. Il titolo giapponese sta per Il marchio dell’assassino , il tatuaggio che i sicari esibiscono prima di colpire il nemico. È l’unico suo film distribuito sul mercato italiano.
Tratto dal romanzo di Robert Musil (1880-1942), Il film effettua una minuziosa registrazione dei rituali sadici che scandiscono la convivenza fra studenti, dei meccanismi di sopraffazione e del disprezzo per la libertà dell’individuo, che automaticamente dividono il mondo adolescenziale in carnefici e vittime, legati tra loro da morbose e torbide passioni.. Attraverso il paradigma del collegio, il regista tedesco vuol guardare al baratro nel quale erano sprofondati i popoli di lingua tedesca sotto il nazismo.
Lena Nyman, la protagonista, intervista personalità quali Gustavo di Svezia o Martin Luther King e gente della strada per cogliere i diversi aspetti della società presente e futura e ironizzare sulle contraddizioni della socialdemocrazia, sulla presunta libertà di cui godiamo, sul Terzo Mondo, sui costumi sessuali del suo paese. Tra una considerazione e l’altra, Lena, che si prepara a girare un film, proprio in base a queste interviste, si innamora di un uomo che ha già una compagna e una figlia, lo abbandona e lo riprende.
Settembre 1967, la compagnia Bravo 2 americana agisce in Vietnam vicino al confine con la Cambogia. Tra i soldati c’è anche il nuovo arrivato Chris Taylor, partito volontario “perché non trovavo giusto che a combattere fossero solo i poveri o gli uomini di colore”. Al suo fianco ci sono il brutale e cinico sergente Bob Barnes e il più comprensivo e umano sergente Elias Grodin, che combatte già da tre anni, in continua lite sul da farsi. Il soldato è così iniziato alle marce estenuanti nella giungla, alle trincee da scavare, alle notti di guardia, alle imboscate dei vietcong e alle droghe per sostenere le atrocità. Diventato amico di Grodin, vendicherà lui e le tante crudeltà inflitte dall’altro ufficiale agli abitanti dei villaggi.
Ho rivisto questo film dopo tanti anni e mi ha colpito come e più della prima volta. Capolavoro. Willem Dafoe in stato di grazia.
Noriko e sua sorella Yuka provano un avversione adolescenziale per l’educazione costrittiva del padre. Ad un certo punto nemmeno l’amore della madre riesce ad impedirle di finire in una setta. Noriko, la maggiore, è la prima a lasciare la propria casa. Incontra una giovane donna di nome Kumiko in una chat e decide di andare a Tokyo per conoscerla. Yuka, la più giovane, la segue qualche mese dopo. Sotto Kumiko le due subiscono una profonda trasformazione, possiedono nuovi nomi e nuove vite, ma non sono le uniche. Il padre è determinato a riprendersele ma si trova a lottare contro una cospirazione.
Hirata sogna di diventare regista e, in attesa della sua grande occasione, gira ovunque con la sua videocamera interferendo con la vita privata di gente comune, così come di yakuza che si picchiano in strada. Una di queste occasioni porta lui e la sua troupe improvvisata a incrociare i propri destini con la guerra in corso tra i clan Muto e Ikegama, che a sua volta ruota attorno alla giovane Mitsuko, figlia del boss Muto e attrice mancata. Quando Muto assume Hirata per fargli girare il primo film con Mitsuko protagonista, l’incontro di queste vite parallele converge definitivamente. Dopo un ingresso a pieno titolo nel novero degli autori più interessanti degli ultimi anni, grazie a opere come Himizu e Land of Hope, Sono Sion sembra volutamente giocare la carta dissacrante per sfuggire al cliché. Why Don’t You Play in Hell riprende un copione di quindici anni prima e sa inevitabilmente di progetto tenuto in naftalina per troppo tempo e solo frettolosamente rielaborato.
Nel quartiere dei love hotel di Tokyo, vengono rinvenuti due corpi. Indagando sulle persone scomparse, la detective Kazuko Yoshida si sofferma su due donne: Izumi, moglie impeccabile di un affermato scrittore e Mitsuko, docente di Letteratura all’università. Ancora una volta Son Siono racconta l’atroce ambiguità della condizione umana nel Giappone contemporaneo, il disagio di un’intera società e la ricerca di un’impossibile catarsi, l’isolamento e la solitudine che si esprimono nella fuga nella prostituzione. Come in Suicide Club (2001), In Noriko’s Dinner Table (2005) in Love Exposure (2008) o nel più recente Cold Fish, la risposta all’alienazione è sempre paradossale. Guilty of Romance sfodera da subito i toni dell’incubo con una brutale ferocia. Percorsi alieni, oscuri e deformi si generano nel seno di un Paese in cui accade troppo poco, in una società che prevede che tutto sia precostituito dall’inizio. Il Giappone è il sepolcro imbiancato suggellato dall’algida espressione della testa di un manichino che al suo interno marcisce e pullula di vermi; uno Stato che ha ingessato la parola e mutilato l’azione. Il castello agognato, ripetuta citazione kafkiana, rimane distante e inaccessibile. La ricerca di un senso sfocia nella negazione di un senso, non vi è percorso né volontà di cammino, poiché non esiste una destinazione.
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