Per questa biografia cinematografica di Ciaikowskij, Russell ha giocato la carta stilistica del romanticismo esasperato. Ne risulta un’opera pregevole, ma discontinua, in cui a sequenze di rara suggestione se ne accostano altre di difficile sopportazione. Di indiscutibile valore sono le scenografie e l’interpretazione.
Gran Bretagna, 1940. È una stagione cupa quella che si annuncia sull’Europa, piegata dall’avanzata nazista e dalle mire espansionistiche e folli di Adolf Hitler. Il Belgio è caduto, la Francia è stremata e l’esercito inglese è intrappolato sulla spiaggia di Dunkirk. Dopo l’invasione della Norvegia e l’evidente spregio della Germania per i patti sottoscritti con le nazioni europee, la camera chiede le dimissioni a gran voce di Neville Chamberlain, Primo Ministro incapace di gestire l’emergenza e di guidare un governo di larghe intese. A succedergli è Winston Churchill, con buona pace di re Giorgio VI e del Partito Conservatore che lo designa per soddisfare i Laburisti.
Avevamo bisogno di un altro film su Winston Churchill? Probabilmente no ma davanti alla performance di Gary Oldman L’ora più buia è la benvenuta. L’Homburg di feltro, il grosso sigaro, il panciotto, la voce grassa, il corpo goffo, il whisky (sempre) alla mano, il mumblingpermanente, lo rendono una sfida irresistibile per qualsiasi attore. Se sei un artista di eminenza e hai raggiunto l’età e la rotondità necessarie allora non puoi sottrarti dall’interpretarlo. Incarnare Winston Churchill per un attore è un rito di passaggio, un privilegio non privo di responsabilità. Richard Burton, Albert Finney, Michael Gambon, Timothy Spall, Viktor Stanitsyn (ben quattro volte), John Lithgow, Brian Cox, per citare soltanto gli esempi più celebri, si sono alzati uno dopo l’altro nella Camera dei Comuni a pronunciare uno dei suoi celebri discorsi, a dettare altrettante celebri lettere, a masticare il tabacco, a ringhiare il proprio disappunto al nemico ai microfoni di Radio Londra.
Da un romanzo di John Haase: la vita di un medico di San Francisco con moglie poco amata e due figli quasi estranei è sconvolta dall’incontro con una giovane donna un po’ svitata e con molti problemi familiari sulle spalle. Più di lui, sicuramente. È, in assoluto, il miglior film di Lester, americano di origine e britannico d’adozione, una delle più significative tragicommedie degli anni ’60, un rapporto brillante e, insieme, dolorosamente inquietante sulla società dei consumi arrivata a un momento di crisi. Il disordine, tema maggiore del cinema di Lester, è impersonato da Petulia (J. Christie). Molte scene memorabili, e una tecnica narrativa di ammirevole brio audiovisivo cui ha dato un importante contributo il direttore della fotografia Nicholas Roeg che passò alla regia in quel ’68 con Performance diretto insieme a Donald Cammell. Uno dei rari casi in cui un film altera la lieta fine del romanzo.
Mentre cercano di far esplodere una bomba al palazzo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di Ginevra, tre terroristi svedesi contraggono un terribile e sconosciuto virus: due di loro muoiono, mentre uno fugge, nascondendosi su un treno diretto a Stoccolma. Appurata la presenza dell’attentatore infetto sul convoglio, i servizi segreti americani ordinano di deviare la corsa verso una zona della Polonia dove si erge un ponte che in pochi sanno essere pericolante, il Cassandra Crossing. Tra i mille passeggeri, il dottor Jonathan Chamberlain e un altro gruppo di risoluti uomini cercheranno di salvare il maggior numero di persone.
Conan in missione, in un viaggio di andata e ritorno disseminato di scontri, cavalcate, sortilegi, crolli e mostri che lo impegnano in duelli spaventosi. Ripresa, con i mezzi di Hollywood, del cinema mitologico italiano degli Ercoli e Maciste, per iniziativa di Dino De Laurentiis, produttore emigrato. Inferiore a Conan il barbaro (1982) di John Milius, con qualche scivolone nel ridicolo involontario.
Un giovane avvocato di Sydney accetta la difesa di un aborigeno accusato di aver ucciso un bianco. Intanto strani fenomeni naturali annunciano, secondo l’interpretazione tribale, la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Dopo Picnic ad Hanging Rock , P. Weir riprende il tema delle antiche civiltà aborigene in chiave fantastica, puntando su una atmosfera di attesa e di angosciosa inquietudine che verso il finale scade nell’artificioso. Suggestivi effetti speciali, ottima fotografia di Russell Boyd.
Un film di Ronald F. Maxwell. Con Tom Berenger, Jeff Daniels, C. Thomas Howell, Richard Jordan, Martin Sheen.Storico, durata 261′ min. – USA 1993. MYMONETRO Gettysburg valutazione media: 3,41 su 13 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dal 1° al 3 luglio 1863 a Gettysburg (Pennsylvania) si svolse la più grande e sanguinosa battaglia (cinquantamila morti) della guerra civile. Le truppe sudiste del generale Robert E. Lee furono sconfitte da quelle nordiste al comando del generale George G. Meade. Scritto dal regista e basato sul romanzo The Killer Angels di Michael Shaara, prodotto dalla società televisiva di Ted Turner, fu messo in onda nei Paesi anglofoni in 3 puntate; esiste una versione per l’homevideo che dura quasi 6 ore. Piuttosto accurato, dal punto di vista storico-militare, nella descrizione della battaglia, ne rimuove sistematicamente la crudeltà e l’orrore: le morti sono tutte gloriose, pulite, istantanee, così come sono tutti valorosi, nobili e in buona fede sia gli unionisti sia i confederati. Sulle ragioni della guerra totale? Silenzio. I personaggi principali sono il generale Longstreet (Berenger), sudista contrario alla schiavitù; il docente Joshua Chamberlain (Daniels), soldato in nome dell’abolizionismo; il capo supremo dei confederati R.E. Lee (Sheen). View full article »
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.