In seguito alla misteriosa scomparsa di una ragazza, il sergente Howie arriva su un’isola remota per indagare, ma la comunità pastorale guidata dallo strano Lord Summerisle non è ciò che sembra.
Un film di Ken Russell. Con Robert Powell, Georgina Hale, Lee Montague, Richard Morant Titolo originale Mahler. Biografico, durata 115 min. – Gran Bretagna 1974. MYMONETRO La perdizione valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Il celebre musicista Gustav Mahler, reduce da una serie di concerti, torna dopo molto tempo a Vienna accompagnato dalla giovane moglie. La salute del compositore sta peggiorando e il matrimonio è in crisi. Durante il viaggio, Mahler ha orribili incubi, rivede il passato e vede il futuro (con la premonizione dell’avvento del nazismo). Alla fine il treno arriva a destinazione. I medici dicono a Mahler che ha solo poche settimane di vita.
Tornato dal servizio nel corpo militare di stato, Laci è costretto a vivere con la moglie operaia Irén e la figlioletta nell’angusto appartamento dei suoi genitori, in attesa che il piano alloggi gliene fornisca uno. Il padre di Laci mal sopporta la nuora, imputandole l’incapacità tanto di educare la bambina quanto di mettere da parti soldi per far fronte alle spese comuni. Le incomprensioni crescenti porteranno all’inevitabile frattura del nucleo famigliare. Prodotto dai Béla Balázs Studio, l’esordio nel lungometraggio del giovane Béla Tarr affronta una problematica di stretto carattere politico-sociale, com’è la carenza di case nel sistema comunista ungherese, mediante il linguaggio di un cinéma-vérité aggressivamente polifonico. A conferma dell’interesse pubblico di quanto si vedrà sullo schermo, ad aprire è una didascalia inequivocabile nella sua chiarezza: «È una storia vera, non è accaduta ai personaggi del nostro film, ma sarebbe potuta accadere anche a loro». L’effervescenza dell’impianto di un lavoro tanto fisico sta nell’impiego di attori non professionisti, nel suono in presa diretta, nella macchina a spalla orientata – come la lente di un microscopio – a focalizzare stralci di frasi, dialoghi sovrapposti, reazioni mimiche, spostamenti improvvisi dei corpi. Affine alle sperimentazioni di altre cinematografie, il primo metodo di Béla Tarr costituisce, invero, il punto d’incontro tra il vivo desiderio di ancorarsi alla realtà e la pochezza dei mezzi a disposizione, in un’intercambiabilità tra programma estetico e politico dove è già possibile scorgere quella deriva della condizione umana che sarà tema prediletto dei titoli maturi. Al di là del filtro di un “cassavetismo incolpevole”, allora Tarr non conosceva l’opera del cineasta americano, il dramma personale e ugualmente pubblico di Laci e Irén acquista sottigliezza psicologica caricandosi di credibilità ad ogni nuovo scontro-dialogo, fino alla resa dei conti delle due, splendide, confessioni finali in cui è palese il sapore schiacciante della sconfitta. Con un titolo che rimarca, per antifrasi, l’inferno della convivenza, Nido familiare costituisce, insieme a The Outsider, Rapporti prefabbricati e, in parte, Almanacco d’autunno, il periodo realista del regista prima della svolta stilistica segnata da Perdizione.
Palma d’oro al Festival di Cannes 1981. Marta, una giovane violinista polacca, forse figlia di un grande direttore d’orchestra, Jan Lasocki, emigrato a New York, sposa un modesto direttore, Adam, il quale riceve l’incarico di dirigere la Quinta Sinfonia di Beethoven per festeggiare il ritorno di Lasocki in patria. Ma Adam si innervosisce e combina disastri, abbandonando la direzione. È Lasocki allora a prendere in mano la bacchetta, conducendo gli orchestrali della modesta formazione di provincia ad un’esecuzione memorabile. Dopo la quale il maestro muore, mentre Marta lascia l’imbelle marito.
Ambientato al tempo delle guerre napoleoniche, mostra come le guerre hanno travolto lo sfortunato paese polacco all’inizio del XIX secolo. La storia ruota attorno alla legione polacca sotto il comando del generale Dabrowski, che poi combatté al fianco di Napoleone con la speranza della rinascita della Polonia.
Con sei statuette, alla cerimonia di premiazione degli Orly, i premi al cinema polacco, tra le quali quelle per il miglior film, regia, sceneggiatura e attore (Marian Dziedziel), il regista, classe 1963, si impone come uno dei più promettenti della sua generazione. Prodotto da Grupa Filmowa e coprodotto da Telewizja Polska, Filmi It e Agencja Produkcji Filmowej, Wesele racconta la storia di una disastrosa giornata di nozze. Il padre della sposa tenta di impressionare gli invitati in ogni modo, ma la sua organizzazione fa acqua da tutte le parti.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Per rifarsi una vita, le madri di due giovani condannati a morte aprono a Hollywood nel 1934 una scuola di danza. Una s’innamora di un ricco vedovo, l’altra dà segni di grave squilibrio psichico. Scritto e sceneggiato da Henry Farrell _ autore del racconto da cui fu tratto Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) di Robert Aldrich _ è uno psicodramma trucido e grottesco con 2 protagoniste in gara di bravura e con interessanti note sulla Hollywood degli anni ’30.
Divertentissimo fumettone scanzonato che non si prende un minuto sul serio e straripa delle migliori pin up.Meyer(che cura anche il forsennato montaggio e appare brevemente come direttore del motel)tratta il sesso in chiave parossistica, come pure la violenza(l’estenuante duello finale a dinamite)e racconta le impossibili avventure di un macho dall’aria tonta con piglio allegramente spudorato
Dopo la strana morte di un’amica, chirurgo in sottana decide di indagare sull’ospedale in cui è avvenuto il decesso. Sospetta che molti pazienti vengano deliberatamente mantenuti in coma per essere usati per il trapianto degli organi. Molti guai. Dal romanzo di Robin Cook, sceneggiato da Crichton, un giallo fantamedico di un realismo accentuato che tiene lo spettatore inchiodato alla poltrona fino all’ultimo minuto. Brevi apparizioni di Tom Selleck ed Ed Harris.
Dopo la morte del secondo marito, cantante italoamericana parte da New York per l’Italia col figlio adolescente Joe, quasi alla ricerca delle proprie radici, cercando vanamente di proporle a Joe perché ci si aggrappi. A Roma scopre che il ragazzo si droga e, nel disperato tentativo di recuperarlo, ha con lui un rapporto incestuoso. Incontro finale col padre del ragazzo. Film sul rapporto madre-figlio e sulla pulsione incestuosa che ne è il sottofondo fantastico, è fondato sul tema della mancanza (della figura paterna, ma anche materna, dunque dell’amore) e sul giuoco di specchi tra realtà e finzione, vita e spettacolo nelle forme del melodramma lirico (G. Verdi). La sua tessitura melodrammatica, che sfocia nell’appassionata conclusione di canto spiegato, ha il suo contrappunto in una corposa dimensione umoristica e ironica cui, forse, hanno contribuito Clare Peploe in sceneggiatura e J. Clayburgh, attrice di commedia. I suoi difetti sono per eccesso: sconfinamenti, fratture, accensioni liriche, sperperi romantici, rimandi simbolici troppo ostentati. Edizione originale bilingue. Dedicato a Franco (Kim) Arcalli, collaboratore e montatore del regista, morto nel 1978.
Tre ragazze che hanno lasciato la campagna da vent’anni per cercare fortuna a Mosca affrontano il bilancio della propria vita: l’amore, la carriera, i figli, tra speranze, successi e delusioni. Piacevole sorpresa della cinematografia sovietica, il film fa leva su situazioni universali, immerse in una realtà moscovita qui coraggiosamente trattata in modo non sempre conforme alle censure generalmente imposte dal regime.
Jean-Jacques Annaud, il regista de Il nome della rosa, si fece clamorosamente notare alla metà degli anni Settanta, con questo denso, beffardo apologo sul colonialismo francese (che ottenne l’Oscar 1978 per il miglior film straniero). Protagonisti sono i militari di una piccola guarnigione, che allo scoppio della prima guerra mondiale devono dar battaglia ai soldati tedeschi divenuti improvvisamente nemici.
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Un bimbo prodigio, che possiede inspiegabili poteri, decide di non crescere per reagire all’insulso mondo degli adulti. Ridicolizza una parata nazista antecedente allo scoppio della guerra; poi vive i momenti tragici del conflitto in cui perde un cugino, la madre e il padre (lui stesso ne ha provocato la morte all’invasione sovietica).
Il ‘dottore’, appena promosso da capo della Sezione Omicidi a capo della Sezione Politica, uccide, sgozzandola, l’amante con cui aveva un rapporto sadomasochistico e che, come ha scoperto, lo tradiva con uno studente che appartiene alla contestazione attiva. Invece di cercare di occultare le prove le rende sempre più evidenti, convinto come è che il Potere gli può consentire di continuare ad essere al di sopra di ogni sospetto. Premio Oscar al miglior film straniero più che meritato quello andato a un film che, se risentiva a tratti del clima politico del tempo, ha purtroppo assunto una dimensione sempre più profetica nelle cronache politico-giudiziarie dei decenni successivi.
Il capo della Squadra Mobile di Torino è un uomo buono e comprensivo. I suoi superiori però lo trasferiscono quando egli scopre un losco giro di droga e prostituzione in cui è coinvolta la Torino bene. Anche un giornalista, suo amico e collaboratore, è messo a tacere. Ma i due non si daranno per vinti.
Nel 1931 a New York la figlia di un multimilionario viene rapita dalla famiglia Grissom. Uno di loro la vuole per sé. Dal romanzo (1939) di James Hadley Chase Niente orchidee per Miss Blandish , già filmato pessimamente nel 1948 in Inghilterra. Storia di una Bella e una Bestia, entrambe colpevoli in un’America della Depressione dove la violenza dei miserabili non è superiore a quella dei ricchi: miseria, violenza, prostrazione fisica e mentale sono palpabili. Quello di Aldrich è un cinema di antieroi.
Un film di Wes Craven. Con Virginia Vincent, Susan Lanier, Martin Speer Titolo originale The Hills Have Eyes. Horror, durata 89 min. – USA 1977. – VM 14 – MYMONETRO Le colline hanno gli occhi valutazione media: 2,26 su 15 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un capofamiglia, poliziotto in pensione, durante una gita con la famiglia in roulotte decide di abbandonare l’autostrada per avventurarsi verso le colline dove si possono trovare le miniere d’argento degli antichi apaches. Ma i gitanti vengono assaliti da una famiglia di selvaggi famelici e sanguinari. Intrappolati dai bestiali abitatori delle colline, i poveri cittadini devono difendersi disperatamente. Riusciranno ad avere la meglio, ma a prezzo di morti e feriti.
Un film di Sergio Bergonzelli. Con Anna Maria Pierangeli, Fernando Sancho, Eleonora Rossi Drago, Alfredo Mayo, Gaetano Imbrò.Giallo, durata 90 min. – Italia 1970. MYMONETRO Nelle pieghe della carne valutazione media: 2,00 su 1 recensione. La governante Lucille abita un vecchio castello insieme al nipote Colin e alla figlia del padrone di casa, Falaise. Tutti gli ospiti della villa vengono sistematicamente uccisi da loro tre, dopodiché vengono saponificati nelle segrete del castello. Falaise è convinta di aver ucciso il padre Andrè Gardère, scomparso diversi anni prima. L’arrivo al castello di un uomo che si spaccia per Andrè che ha fatto una plastica facciale risolverà l’arcano…
Dall’omonimo dramma (1972) di Peter Shaffer, anche sceneggiatore. Perché, pur amante dei cavalli, il giovane Alan ne ha accecati sei? Uno psichiatra l’aiuta a scoprire dentro sé stesso le origini del malessere, sebbene anch’egli abbia le sue angosce. Film esemplare per mostrare come non si deve adattare un testo teatrale per lo schermo. Ha un solo merito: rivela i limiti, i vizi, i prestiti, i temi orecchiati di Shaffer. Burton e Firth l’avevano già recitato a teatro.
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