Regia di Andrea Jublin. Un film Da vedere 2015 con Marco Todisco, Beatrice Modica, Giselda Volodi, Ascanio Balbo, Anna BonaiutoGiorgio ColangeliCamilla FilippiCast completo Genere Commedia – Italia2015durata 90 minuti. Uscita cinema giovedì 15 gennaio 2015 distribuito da Good Films. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: – MYmoro 3,14 su 17 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Giovanni ha 14 anni ed è innamorato di Jessica, compagna di classe in odore di bocciatura. Nel ruolo di portiere della squadretta della scuola si è guadagnato il soprannome di Banana, per quel destro incapace di tirare in porta e forse anche per la mania di indossare dentro e fuori dal campetto la maglia gialloverde del Brasile. Perché per Banana la vita va vissuta “alla brasiliana”, ovvero con coraggio, determinazione, volontà di rischiare. Peccato che Banana si muova nell’Italia di oggi, in cui tutti hanno paura di sognare: compresi i genitori del ragazzo, che ormai non comunicano più, e la sorella Emma, bilaureata disposta a rinunciare ad un futuro di ricercatrice e all’uomo che ama, e che lei definisce un “fallito bipolare” perché lui non ci sta ad abbandonare i suoi principi.

3.14


Anche gli insegnanti di Banana sono rinunciatari e depressi, in primis una prof di italiano, la temutissima Colonna, che è anche la depositaria del futuro accademico di Jessica, cui Banana tiene al punto da offrirsi come volontario per un ciclo intensivo di ripetizioni. Come il ragazzo invisibile di Salvatores, Banana è un supereroe all’italiana, pronto a combattere contro ostacoli insuperabili perché da grandi poteri (nel suo caso di coerenza etica) derivano grandi responsabilità.
Banana è il lungometraggio di esordio del quarantenne Andrea Jublin, reduce dalla nomination agli Oscar per il suo corto Il supplente, anch’esso ambientato nel mondo della scuola. È una commedia dolorosissima, un excursus amaro e tragicomico nell’Italia di oggi, con punte di cattiveria degne della tradizione monicelliana ma con una forma filmica più debitrice del cinema per ragazzi d’oltralpe. L’originalità profonda di Banana sta, fra le altre cose, nel dipingere una contemporaneità in cui gli uomini sono irriducibilmente romantici e le donne involontariamente ridotte ad un cinismo che non fa parte della loro natura, ma è il risultato devastante del condizionamento socioeconomico e subculturale dell’Italia di oggi.
Nel panorama cinematografico italiano contemporaneo Banana è davvero un’anomalia, e questa è la sua forza, anche se, per un racconto che mette al centro la purezza d’animo del protagonista e la sua visione candida (nel senso di Candide) del mondo, certi dialoghi e certe svolte narrative denotano un tocco di furbizia che l’intervento di un produttore accorto avrebbe dovuto smorzare. Anche la confezione apparentemente naif è contraddetta dal team di professionalità affermate che affianca Jublin nella sua veste di regista e sceneggiatore: Gherardo Gossi alla fotografia, Esmeralda Calabria al montaggio, Nicola Piovani alle musiche, Ginevra Elkann e Luigi Musini alla produzione.
Quel che allontana Banana dal sospetto di “conventicola”, come direbbe Virzì, è lo spirito profondamente e genuinamente anarchico di Jublin, già evidente ne Il supplente, che lo rende mina vagante e scheggia impazzita. Dunque anche certi dialoghi da corso di sceneggiatura rivelano sprazzi di genuina crudeltà, ai congiuntivi appiattiti “ad arte” si alternano espressioni colloquiali esilaranti, ai sermoni edificanti sui buoni sentimenti fanno da correttivo le acidissime viperate della Colonna, interpretata da una Anna Bonaiuto che giganteggia su un film in cui tutti gli interpreti sono capaci (e ben guidati dal regista): fra gli altri spiccano Beatrice Modica nel ruolo di Jessica, bella di periferia senza speranza e senza redenzione, e lo stesso Jublin nel ruolo di Gianni, il grande amore di Emma, deviante irriducibile dalla fisicità ingombrante che sarebbe piaciuta a Lucien Freud.
“Ma tu ce la fai a continuare?” è la domanda che si pongono i personaggi di Banana. E intendono: a continuare in questa Italia qui, che ammazza le speranze e qualunque traccia di “filosofia brasiliana”. Auguriamo a Jublin di continuare a sgomitare nel nostro cinema ristretto e autocensorio tirando fuori sempre di più la sua verve iconoclastica, e lasciandosi bacchettare, quando serve, da un produttore che lo tenga al di qua di qualsiasi tentazione di autocompiacimento.

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